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Autore: violet112    03/03/2014    3 recensioni
Storia nei limiti della decenza,che non cade nel volgare.
I cliché saranno tanti e il mio amore per Jane Austen sarà quantomeno evidente.
Elizabeth Brooks,studentessa diciannovenne colta,intelligente e arrogante; William Darcy,professore ventisettenne colto,intelligente e arrogante. Una bomba ad orologeria,dunque.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Capitolo 4 - Words

Forse,se fossi un tantino meno pretenziosa realizzerei il sogno,o meglio,l’ossessione di mia madre,trovando e quindi incastrando un ragazzo dal portafogli pieno e dalla testa vuota al fine di permettere ai “poveri nervi” della signora Brooks di battere in ritirata,perlomeno per qualche breve ma gioioso istante.
Ma la mia morale,il mio cervello e in primis il mio cuore mi suggeriscono che solo ed esclusivamente il vero amore potrà condurmi al fidanzamento,ragion per cui,considerati i miei continui insuccessi,persisterò nell’evitare come la peste ogni essere vivente di sesso opposto al mio e,cosa più importante,rimarrò zitella a vita. E la questione,personalmente,non mi arreca alcun dispiacere. Sono da sempre una ragazza indipendente ed autonoma,priva di quei bisogni d’amore,affetto e dolcezza che caratterizzano gran parte delle donne. Mi è sufficiente leggerne di sovente nei libri,nelle riviste,nei muri e nelle panchine dei parchi. Non ho dunque la necessità di avere un uomo al mio fianco per considerarmi completa. Sono piuttosto la lettura e la scrittura che mi permettono di raggiungere quella sensazione di completezza a cui,in un modo o nell’altro,tutti aspirano. Amo i libri,le copertine,le pagine e perfino l’inchiostro che ne compone ad una ad una le parole. Il solo odore mi inebria e la sensazione della carta sotto le dita mi provoca un piacere che di certo un uomo non riuscirebbe a darmi. Non è difficile da immaginare,allora,il motivo per cui ho deciso di iscrivermi al corso extra di scrittura creativa indetto dalla professoressa De Bourgh in collaborazione col supplente: Darcy,naturalmente. E,a dispetto del sonno,dell’incertezza sull’identità di Mr Who e della presenza di un cucciolo di cane dentro la borsa,mi ritrovo entusiasta e vispa al pensiero di iniziare.

Affidato Ringhio a Charlotte e risistemata la maglia precedentemente indossata al contrario,raggiunsi il bar,concedendomi una meritata pausa dalle sei ore di lezione. Addentai un sandwich e mi voltai verso le imponenti vetrate che davano sul giardino. Il pomeriggio era ormai giunto e il sole si faceva basso nel cielo. Adoravo quel momento della giornata. Il cielo roseo,le nuvole definite e schiacciate l’un l’altra,la sensazione di pace e serenità trasmessa dalla sfera di fuoco che si prepara a cedere il posto alla sorella luna.  
Il nuovo corso stava per iniziare,e con lui nasceva per me una nuova possibilità di apprendimento,una nuova chance di crescere professionalmente e non solo scolasticamente. Al termine del corso,difatti,sarebbero stati scelti i due studenti più brillanti per partecipare ad un prestigioso stage della durata di un mese presso il The Sun,uno dei più importanti giornali britannici.

“Le parole sono nella mia non modesta opinione la nostra massima e inesauribile fonte di magia,in grado sia di infliggere dolore,che di alleviarlo. Miss Brooks,sa da chi è tratta questa frase?” chiese Mr Darcy,arrivando di soppiatto e posizionandosi sulla sedia opposta alla mia.
“Come,scusi?” chiesi a mia volta,presa alla sprovvista e disorientata dalla sua improvvisa apparizione.
“La frase. Di chi è?” si riposizionò sulla sedia,voltandola e aprendo le gambe per farle aderire allo schienale. Sorrise sghembo e inclinò leggermente la testa su un lato,facendo ricadere qualche ciuffo sul viso. I suoi occhi indagatori mi squadrarono mentre lui,divertito forse dalla mia noncuranza,attendeva una risposta.
“Non capisco che importanza o scopo possa avere la sua domanda” risposi allora,sistemando distrattamente i capelli su una spalla.
“Risponda” insistette il professore.
“Albus Silente in Harry Potter?” mimai con la mano il gesto della bacchetta,facendo sorridere il mio interlocutore. Annuì con il capo e parve perdersi a riflettere.
“Dunque?” chiesi ancora,sperando di cogliere il fine della domanda e,specialmente,della sua presenza lì.
“Non credo lei sia adatta a questo corso” esordì poi,lasciandomi interdetta “Non mi fraintenda,ha una mente brillante. Ma generalmente le donne sono propense ad essere troppo fragili,troppo sentimentali e troppo deboli per accedere a questo mondo. Il mondo della scrittura,intendo” assottigliò lo sguardo attendendo,probabilmente,uno scatto d’ira da parte mia. Ma,al contrario,mantenni la calma,riflettendo sulla sua precedente affermazione.
“Le parole sono la nostra massima e inesauribile fonte di magia” dissi “in grado sia di infliggere dolore,che di alleviarlo e aggiungerei,se mi permette,in grado di risollevare qualcuno o di annientarlo” continuai,mostrando un sorriso di circostanza. “Mi reputo piena di difetti ed effettivamente ne ho davvero tanti,professore,fuorchè la debolezza. Io,Mr Darcy,non mi reputo una debole. Non sono una debole. Lei,piuttosto? Fino a prova contraria è lei ad adempiere all’insulto compito di supplente in un’insulsa scuola. Dunque,chi è il debole tra noi?” conclusi,alzandomi in fretta e voltandomi verso l’uscita. A metà del mio percorso però mi voltai ancora,in attesa. Mi guardò intensamente per qualche secondo,mostrandosi indifferente alle mie parole,presto però cedette ed io,naturalmente,colsi al volo l’occasione presentatami. “Oh,quasi dimenticavo; quando è in difficoltà distoglie lo sguardo. E’ debolezza,questa,non conviene?” sorrisi soddisfatta e uscii definitivamente dal bar.

Al corso Darcy non si presentò. E questo mi diede la possibilità di conoscere meglio la professoressa De Bourgh,una vecchia bisbetica con la puzza sotto al naso che,mostrandosi ben poco clemente,ci assegnò come primo compito un tema di 2000 parole. “Scrivete di voi,dei vostri sogni,delle vostre paure. Scrivete dei vostri amori,delle vostre antipatie. Insomma,l’importante è che scriviate qualcosa di decente e sensato o il The Sun lo vedrete esclusivamente sui tavolini dei bar” disse. Nessuno osò dire nulla per contraddire il suo volere.
Terminate finalmente le tre ore uscii dall’aula,ansiosa di raggiungere la macchina e felice di tornare a casa. Giunta al parcheggio mi guardai attorno,disorientata: il buio era calato e l’auto non c’era. La mia mente aveva infatti rimosso il pensiero di averla prestata a Charlotte ore prima “Prendi la mini e porta Ringhio con te. Io chiamerò mio padre,verrà a prendermi lui”. Mi diedi una pacca sulla fronte e,esasperata e stanca,mi maledissi mentalmente per la mia dimenticanza. Presi il cellulare dalla borsa,rendendomi conto troppo tardi della batteria morta e dunque dell’inutilità di quest’ultimo. “Dannazione” protestai,cominciando a camminare velocemente nella speranza di raggiungere la metro in tempo.
Durante il tragitto notai un’imponente auto scura affiancarsi a me più volte; inizialmente non me ne curai,ma l’insistenza del conducente mi insospettii e fu allora che cominciai a provare timore.
“Ascolta” dissi,bloccandomi sul marciapiede e arretrando di qualche passo per raggiungere l’auto “Ho un coltello in borsa e pratico la boxe da quando avevo tre anni” lo minacciai,mentre il finestrino si abbassava “Per il tuo benessere ti consiglio di sparire,o ti disintegro”. Dall’interno del mezzo udii una risata convulsa e,non appena il vetro tra noi si abbassò completamente,guardai il maniaco negli occhi.

Ambra.

“Darcy?” esordii,arretrando di un passo.
“Ha davvero un coltello in borsa,Miss Brooks?” chiese,continuando a ridere mentre spalancava lo sportello del passeggero. “Se giura di non disintegrarmi sferrandomi un pugno o accoltellandomi le assicuro che raggiungerà casa sua senza incidenti”.
“Mi stava seguendo?” chiesi io,inorridita e non poco confusa.   
“Se mi permette di accompagnarla,le spiegherò tutto” si asciugò col dorso della mano una lacrima provocata dalla risata e mi fece nuovamente cenno di salire.
Notando la mia titubanza continuò “Non si fida di me,signorina?”.
“No. Buona serata,signor Darcy” conclusi seria,riprendendo la mia camminata e scuotendo la testa.
Il mio insegnante di lettere mi stava davvero seguendo? Che razza di persona sana di mente seguirebbe in modo così inconsueto e fraintendibile la propria studentessa?
“Brooks” disse ancora ad alta voce,afferrandomi d’improvviso il braccio “Non sono un maniaco. L’ho vista per caso e ho pensato di scortarla” allentò la presa “La sicurezza prima di tutto,non conviene? Salga in macchina,l’accompagno” il suo tono mutò,non ammettendo più repliche.
Durante il tragitto verso casa il gelo tra noi era palpabile.
“Perché non è venuto?” mi sfuggii alla fine “Al corso. Perché non è venuto al corso?” chiesi,tormentandomi le mani.
  • Perché diamine glielo sto chiedendo?  - Pensai,furiosa con me stessa.   
Si voltò,forse per la sorpresa,e mi guardò brevemente le mani. Accennò un sorriso,sospirando “Debolezza”.
Rimasi sorpresa dalla sua risposta. Stava ancora pensando alla nostra precedente discussione?
Sorrisi a mia volta,segretamente compiaciuta di aver lasciato il segno.
“E’interessante” dissi,distendendomi sul sedile.
“Cosa?” chiese lui,sollevando distrattamente una manica della maglia e mostrando i muscoli ben definiti del braccio.  Mi fermai un attimo a guardarlo,deglutendo. Non potevo pensare a lui. Non potevo pensare a lui in quel senso.
“Come le parole possano mutare i nostri così volubili pensieri” riacquistai la compostezza,voltandomi e concentrando la mia attenzione sulla strada.
“Le parole di coloro che stimiamo,o amiamo” mi corresse,sfiorandomi la coscia mentre cambiava la marcia. Il contatto fu breve,ma entrambi ci voltammo,folgorati.
Distogliemmo lo sguardo nello stesso istante e il silenzio calò nell’abitacolo.
“La professoressa De Bourgh ci ha assegnato un tema” dissi infine,cambiando argomento e rompendo il ghiaccio “Ma non so proprio di cosa potrei scrivere”.
“Le risposte arrivano per chi sa aspettare” rispose il professore,sovrappensiero “Siamo arrivati” disse,avendo colto perfettamente le mie indicazioni.
“La ringrazio. Buonanotte,Mr Darcy” mi congedai,aprendo lo sportello e richiudendomelo alle spalle.
Per qualche assurdo motivo,il mio cuore batteva all’impazzata e il mio corpo tremava,come in preda agli spasmi.

“Miss Brooks?” urlò dall’auto,abbassando il finestrino scuro.
Trattenni il respiro e mi voltai un’ultima volta.
“Scriva di noi”.
  
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