Tutto il mio affetto e il mio
ringraziamento a 3ragon
che
ha caritatevolmente
acconsentito a farmi da Beta. Tutti uniti in un minuto di silenzio per
il suo ancora
presente coraggio!!
I’m
not a Murderer
08
Timore,
Paura, Panico, Terrore
«Che
cosa vuoi?» il tono di Max era gelido – sarebbe
sembrato perfettamente padrone
di sé, non fosse stato per quel tremolio sulle ultime
sillabe «Perché sei qui?
Mi stai pedinando?»
«Max!»
Bach si avvicinò all'amico, cercando di mettergli una mano
sul braccio, per
placarlo. Era furibondo: i pugni serrati con forza, le nocche sbiancate
e i
polsi tremanti, le braccia rigide e i muscoli in tensione, per non
parlare
delle guance rosse e i denti stretti.
Con
uno
scrollone l'altro evitò il contatto, fulminandolo.
Cosa
ci
faceva lì, Castor?, gli stava chiedendo con gli occhi.
Perché si trovava lì
dove non sarebbe dovuto essere?
«Questo
negozio è mio» rispose con calma il rosso,
cercando di celare l’improvvisa
fitta allo stomaco – sul serio, non poteva trattarsi di
ulcera? – che l’aveva
colto nel tornare a guardarlo negli occhi per la prima volta da una
lunga
settimana «della mia famiglia» ci tenne a
precisare, non ricevendo null’altro
in risposta, se non un’occhiata spenta e una smorfia
diffidente.
«Capisco,
allora immagino tu sia qui per farmi saldare il conto dei vestiti che
ho
comprato la volta scorsa» il sarcasmo, sulla labbra di Max,
per quanto secche e
mordicchiate, sembrava sempre fuori luogo «mezzo prezzo per prima e poi pieno se non soddisfa le
aspettative».
Castor
trasalì come fosse stato colpito.
Anche
Bach sgranò gli occhi, sorpreso dalla reazione dell'amico.
Ci era rimasto male,
era più che comprensibile, ma non pensava così tanto. Quella era una reazione esagerata,
persino per una
situazione come quella.
«Cos’è?
Vesti i tuoi clienti, li porti a letto e poi quando hai finito li cacci
via?
Sono certo che le tue numerose amanti sono state ampiamente rifornite
di
vestiti da qui» sputò a bassa voce, troppo bassa
per essere udita dalla maggior
parte dei clienti, fortunatamente.
Castor
strinse istintivamente gli occhi, una nuova fitta. Com'era possibile si
trovasse a sentirsi così a disagio, così
sbagliato, per una persona appena
conosciuta?
In
un angolo
del suo animo, si rafforzò la convinzione di volerlo
conoscere meglio.
Desiderava potersi riscattare ai suoi occhi, cancellare quella mattina
infelice
e l'ultima settimana di inspiegabile agonia.
Perché
non si era reso conto prima di quanto profondamente quel ragazzo lo
avesse
colpito?
Perché
ci si accorge del vero valore di quello che si è posseduto
solo dopo averlo
perso?
Non
trovò le parole per rispondergli e continuò a
fissarlo mentre si sfogava, gli
occhi febbrili.
«E
dimmi, anche a loro facevi il prezzo scontato come hai fatto con me,
oppure
prezzo pieno e colazione prima di metterle alla porta?»
sarcasmo, sarcasmo e
ancora sarcasmo.
Come
stonava, su di lui.
«Immagino
poi che ti sarai divertito, a vedermi alle prese con la tua famiglia.
Simpatico
tuo fratello, cosa fa di mestiere? Lo strozzino?»
«Max»
riprovò Bach, provando nuovamente a placarlo, afferrandogli
con maggiore forza
il polso «datti una calmata, non puoi fare una scenata qui
dentro».
Il
ragazzo si scrollò nuovamente di dosso il tocco dell'amico,
continuando a
fulminare Castor con tutta la rabbia e la delusione accumulate durante
l'ultima
settimana.
Shit.
Faceva
fatica a pensare ad altro.
Shit.
Poteva
pensarlo, dirlo e urlarlo dalla punta dei suoi capelli cangianti fino
alle
scarpe firmate che portava, passando per le sopracciglia aggrottate, la
piega
amara delle labbra, le braccia incrociate a difesa e i pantaloni
attillati.
Eppure,
nonostante tutto, non poteva fare a meno di ricordare.
Non
poteva permettersi di provare quello che stava provando, non per uno
come
Castor!
Gli
stata venendo voglia di piangere.
Fuck You.
«Max»
Castor fece un passo avanti, nell'ennesimo tentativo di farsi
ascoltare, ma
l'altro si spostò indietro di due.
«No»
disse solamente, alzando una mano.
Doveva
andarsene. Quello era l'unico pensiero che poteva permettersi di avere.
Non
voleva, non poteva farsi vedere
ancora in lacrime.
«Sono
certo che tu ti sia preparato un bel discorsetto, convincente e
ragionevole, ma
la sai una cosa? Non voglio sentirlo. Non mi interessa! Sei solo un
ipocrita».
Bach
vide Castor sussultare lievemente e chiudere istintivamente gli occhi.
Era la
prima volta, notò, che sembrava tanto ferito. Aggrottando le
sopracciglia il
moro si chiese se, per caso, non avesse sottovalutato il reale
interesse del
rosso per l'amico.
Tutto
accadde in un attimo.
Max
voltò le spalle ad entrambi e uscì spedito del
negozio, gettandosi in strada
senza curarsi di guardare le macchine in arrivo.
Castor,
dopo un attimo, si lasciò sfuggire un'imprecazione
estremamente colorita – che
Bach si appuntò per il futuro – e si
gettò al suo inseguimento, biascicando a
mezza voce insulti e ringraziamenti per il semaforo verde ai pedoni.
Bach
osservò vagamente allibito la reazione di entrambi prima di
fissarsi sulla
schiena in allontanamento dell'amico.
Non
poteva lasciarlo solo, non dopo quello sfogo e quell'espressione che
aveva
messo su prima di andarsene, Max sembrava sul punto di piangere, ancora.
E
Castor non sembrava intenzionato a lasciarlo andare tanto facilmente.
Con
un
sospiro seguì il loro esempio, uscendo a propria volta e
incespicando in un
tombino mal fissato – lo stesso, registrò
distrattamente nello sbilanciarsi,
che Castor aveva saltato per darsi lo slancio e allungare il passo di
modo da
raggiungere l'altro.
Con
la
coda dell'occhio li vide vicini, dall'altra parte della strada.
Parlavano a
voce talmente alta che poteva sentirli ancora chiaramente da sopra i
rumori
della strada.
«Maledizione,
Maximillian aspetta!»
Max
si
sentì afferrare il polso con forza e, nuovamente, fece del
proprio meglio per
liberarsi, ma l'altro non sembrava intenzionato a lasciarlo vincere
facilmente.
Con uno strattone più deciso degli altri lo fece voltare
verso di sé e gli
serrò entrambe le mani sulle braccia.
Cercò
di divincolarsi, ma l'unico risultato fu quello di sentire la presa
farsi più
stretta e il corpo più vicino. Con un'imprecazione gli
assestò una ginocchiata
sulla coscia, incapace di mirare meglio.
Poi
alzò
lo sguardo furibondo su di lui.
Castor
aveva i capelli completamente arruffati per la corsa e il vento, gli
occhi
lucidi dal freddo e le guance rosse. Non avrebbe saputo dire se di
rabbia o in
reazione alla temperatura all'esterno.
Il
respiro era accelerato e data la vicinanza Max sentì
chiaramente l'odore di
menta dovuto al dentifricio, oppure ad una caramella.
«Quello
poteva farmi male» lo sentì ironizzare sul colpo
appena sferrato.
Serrò
con forza le palpebre nella vana speranza di far scomparire tutto. Il
freddo,
il dolore improvviso al petto, quella fitta di desiderio e quel brivido
provato
nel momento in cui lo aveva afferrato.
Tuttavia,
un improvviso colpo di clacson lo costrinse a guardare da sopra le
spalle
dell'altro.
L'ultima
cosa che riuscì a vedere chiaramente, prima di venire
risucchiato in un inferno
fatto di sirene, luci accecanti, braccia indesiderate e ginocchia
sbattute
pesantemente sull'asfalto, fu una persona venire scaraventata via da
un'auto
bianca. Una Corvette, registrò meccanicamente.
Il
corpo rotolò brevemente a terra, strisciando dolorosamente
sulla strada,
strappando i jeans chiari sulle ginocchia sfilacciando il maglione blu
scuro. I
capelli neri, arruffati e bagnati, si posavano come spuntoni in una
macchia di
sangue che andava via via allargandosi sotto la testa.
Max
sentì la gambe cedere e la vista annebbiarsi, mentre un
grido agghiacciante gli
rendeva sordo tutto il resto del mondo.
Fu
solo
quando sentì la gola farsi secca e dolorante che si rese
conto di essere lui ad
emetterlo.
«BACH!»
°°°
Tom
stava facendo due conti sulle tabelle di allenamento dei suoi ragazzi.
I
preliminari non erano andati come previsto, ma in un modo o nell'altro
erano
riusciti a piazzarsi in tutte le categorie. Per la sessione successiva
– che
sarebbe iniziata di lì a qualche giorno –
avrebbero dovuto dimostrarsi ben più
abili.
Segnalando
esercizi e aggiunte alimentari, spuntò mentalmente un altro
punto dalla lista.
Ordinare
una nuova macchina del caffè per l'ufficio, fatto.
Portare
a far revisionare il pullmino della squadra, fatto.
Sistemare
le schede di esercizio, fatto.
Cosa
mancava?
Chiedere
a Bach cosa fosse effettivamente successo a Max.
Lasciandosi
andare contro lo schienale della poltrona, chiuse gli occhi,
concentrandosi sul
colloquio avuto con il moro, poco prima delle gare.
Gli
aveva fatto capire, nel suo solito modo scostante e di mezze parole,
che Max
non era entrato in un brutto giro e che non si sarebbe dovuto
preoccupare.
Aveva persino trovato il modo di spiegare quei strani segni sulla pelle
– non
aveva dovuto pensarci troppo, in effetti, ma era strano
pesare al ragazzo in quei termini.
Max,
forse proprio perché lo aveva conosciuto sin da bambino, gli
aveva dato l'idea
di purezza, in qualche modo, ti castità. Per
carità, sapeva della sua ex, ma
non era bastato a togliergli dalla mente quella patina di innocenza con
cui lo
aveva sempre ricoperto.
Sapere
che poteva fare certe cose… faceva seriamente fatica ad
immaginarselo.
Poteva
essere una donna più grande? Un dominatrice.
Oppure
era veramente un maschio, il suo – primo, lo sperava con
tutto il suo cuore di role-in-father
– partner.
Allungò
la mano per prendere il cellulare e comporre il numero di Bach. Basta,
rimuginarci non serviva a niente: avrebbe chiamato, preteso una
spiegazione e
scoperto il motivo scatenante del malumore, la tristezza e i segni di
Max.
Lasciò
squillare a lungo e più volte, senza una risposta.
Infastidito
fece un altro tentativo.
Per
carità, Bach era un ragazzo adulto e vaccinato, giovane e
tutto il resto,
quindi era perfettamente normale che non rispondesse la telefono.
Quello che lo
infastidiva maggiormente, però, era il poco controllo che
riusciva ad avere su
di lui in particolare.
Tom
non
pretendeva di conoscere i dettagli della vita dei suoi atleti, ma
almeno
qualcosa in più di molti altri sì. Li preparava,
seguiva la loro vita in ogni
aspetto in previsione delle gare e non era mai riuscito a conoscere
Bach con la
stessa profondità degli altri. Ma forse questo dipendeva
dalla naturale
riservatezza del moro.
Ma
il
fatto che non rispondesse al telefono non gli piaceva per niente.
Semplicemente
non gli piaceva che quel ragazzo – con cui lavorava a stretto
contatto a quasi
sette anni – fosse poco più che un conoscente, per
lui. Non si fidava forse
abbastanza?
Venne
distratto da un lieve bussare alla porta.
«Ah,
Brook, entra» sorrise rilassato, vedendo il ragazzo indugiare
sulla porta «dimmi».
Brook
spostò il peso sulle gambe in maniera inquietante per uno
come lui, facendo
svanire il sorriso dal volto di Tom. Era raro vederlo tanto a disagio
–
arrabbiato, raramente; preoccupato, qualche volta; serafico, la maggior
parte
del tempo. A disagio, mai.
Il
ragazzo fece un passo avanti, ruotando la testa per invitare qualcun
altro a
seguirlo.
Lionel,
ugualmente irrigidito e inspiegabilmente nervoso, spintonò
il compagno per
entrare e si rivolse all'uomo con esitazione – dopo essere
stato adeguatamente
invogliato da un'occhiataccia di Brook.
«Cosa
sta succedendo?» chiese Tom, alzandosi in piedi. Per un
qualche strano motivo
faticava a stare ancora seduto.
«Ha
chiamato Castor…» s'interruppe, indeciso su come
continuare.
L'allenatore
aggrottò un sopracciglio. Chi diavolo era Castor?
«E chi
è?» chiese infatti.
«Il-»
ennesima interruzione, mentre l'altro si chiedeva quanto o come potesse
rivelare il fatto «il ragazzo di Max,
suppongo…»
Il ragazzo di Max!?
«E cosa
vuole da noi?» domandò sempre più
perplesso e anche un po' scosso.
Il
ragazzo di Max.
Dear God.
«Mister»
la voce di Lionel si abbassò ulteriormente «Bach
ha avuto un incidente. Si
trova in ospedale adesso».
…
Ehm, per
chi se lo stesse chiedendo,
sarebbe questa la grande modifica alla storia… Bach!
E pensare
che si tratta del mio
personaggio preferito. Siam messi bene!
Come
già detto, non era l'idea
originale (affatto, proprio per niente!) che mi è venuta in
mente quando ho
iniziato a pensare che la storia lasciata lineare come era stata
creata,
sarebbe risultata un po' noiosa – certo che a parte la mia
stalker di fiducia
(ebbene sì animelover, ti sei
appena guadagnata il primo
posto!!!) non mi aiutate molto eh? (me che cerca di scaricare la colpa
del
ritardo su qualcun altro).
Cmq…
vabbè, proverò ad essere meno in ritardo la
prossima
volta XD
Buona
giornata
baci
NLH