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Autore: Stella_Del_Mattino    03/03/2014    3 recensioni
Pansy Parkinson non ha mai accettato la fine della sua storia con Draco Malfoy, ma quando Daphne Greengrass le mostra una partecipazione all'imminente matrimonio di Draco e Astoria, la realtà non può più essere negata e tutto ciò che rimane sono i ricordi legati a un plico di vecchie fotografie.
{Questa one shot partecipa al contest "All you need is love..." di S.Elric_ sul forum}
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie '§ Love in Slytherin World §'
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Nome su forum e su EFP: Evelyne13211
Titolo: Photos of us
Rating: Verde
Coppia e Tipo di coppia: Draco/Pansy (het)
Lunghezza storia: One shot
Pacchetto: Riddikulus (Molly Prewett in Weasley; “Devi capire: capire è il primo passo per accettare, e solo accettando si può guarire.”)
Avvertimenti: Missing Moments
Note autore: la storia ha una struttura a cornice, le parti con la scrittura regolare si svolgono nel presente della storia, ossia il 2005, mentre le parti in corsivo sono tutti flash back, ricostruiti tramite i ricordi che delle vecchie foto suscitano nella protagonista.
Il personaggio del pacchetto è citato nel secondo flash back (lo specifico sennò in dieci pagine di word si potrebbe non notare), mentre la citazione è alla fine. Sempre nel secondo flash back, ho seguito il libro e non il film, perciò il vestito di Hermione è blu e non rosa.
 
                                      Draco Malfoy                                                                        Astoria Greengrass
                                                                        Annunciano il loro matrimonio
                                                                                   17 ottobre 2005
                                                                             Malfoy Manor, ore  10
                                                                                         R.S.V.P.

 Pansy Parkinson rigirò tra le dita il cartoncino color avorio, rimuginando su quelle poche righe formali, mentre Daphne Greengrass se ne stava in un angolo, ancora con il braccio teso, aspettando  di riavere la propria partecipazione. Dunque Draco e Astoria si sposavano e la futura signora Malfoy non gradiva la presenza dell’ex ragazza di Draco, visto che nessun gufo le aveva lasciato un invito al matrimonio dell’anno, com’era prevedibile. Pansy non sapeva perché era rimasta ugualmente sorpresa.
— Pan? — bisbigliò Daphne, chiedendosi seriamente se non fosse stato un grosso errore mostrarle quella partecipazione. Le aveva sbandierato davanti la felicità di sua sorella, convinta che Pansy dovesse sapere che Draco si sarebbe impegnato definitivamente con Astoria, ma non le era venuto in mente che sarebbe stato come darle una nuova pugnalata nella schiena, dopo quella che le aveva inflitto proprio Malfoy, quando l’aveva lasciata. Erano passati ormai tre anni, ma Pansy non l’aveva mai superata del tutto e quella casa sciatta alla periferia di Londra ne era la prova. Pansy vi si era trasferita da quasi un anno, eppure diversi scatoloni, nascosti in bella vista sotto il divano sfatto e dietro le tende, davano l’impressione che il trasloco non fosse ancora finito. Il soggiorno, dove si trovavano le due donne, era la stanza più grande, che si affacciava con due finestre rettangolari su un fazzoletto di terra abbandonato che nessuno osava chiamare giardino e si fondeva con la cucina, ridotta a un isolotto in disordine. Le pareti trasudavano umidità e, sebbene fosse una giornata estiva e soleggiata, due spesse tende verde smeraldo lasciavano filtrare appena un briciolo di luce. Ricordavano vagamente quelle della Sala Comune dei Serpeverde, ma, nonostante questo dettaglio familiare, Daphne, abituata allo sfarzo della tenuta di famiglia dei Parkinson dove era solita fare visita all’amica durante l’adolescenza, si sentiva sempre a disagio in quell’abitazione.
Non riusciva a capire come Pansy, storica fidanzata di Draco durante gli anni di scuola e implacabile Prefetto, si fosse ridotta così.
— Tieni.— La voce di Pansy la riscosse dai suoi pensieri. La mora le stava allungando il suo invito al matrimonio di Draco e Astoria, che Daphne riprese fulminea, evitando il suo sguardo orgoglioso ma ferito.
— Ci vediamo, Daph. — Pansy la accompagnò bruscamente all’uscio, quasi cacciandola di casa, poi chiuse di scatto la porta, restando sola.
Come in trance, salì le scale che portavano al secondo piano, dove un pianerottolo spoglio introduceva a due porte chiuse. Pansy entrò nella prima a destra. Era una stanza lunga e stretta, occupata per un terzo da un letto singolo, ai piedi del quale un tappeto polveroso riempiva l’ambiente di acari, che la attraversava longitudinalmente, mentre un armadio dominava la parete accanto all’entrata e le solite tende scure coprivano la finestra sul muro opposto. Alla sinistra del letto c’era un piccolo comodino. Pansy aprì il primo cassetto e vi rovistò per alcuni minuti, finché non trovò ciò che cercava: un plico di vecchie foto. Sciolse lo spago che le legava l’una all’altra e le dispose a ventaglio sul letto. Risalivano quasi tutte ai tempi della scuola. Alcune ritraevano Pansy con tutti i Serpeverde del suo anno, mentre in altre comparivano solo alcuni di loro, quelli a cui lei si era più legata negli anni: Blaise, Millicent, Goyle, Daphne e Draco.
Draco.
Pansy mise da parte una decina di fotografie, che poi sparpagliò in ordine cronologico sul cuscino, dalla più vecchia alla più recente.
La prima a sinistra, in bilico sul bordo della federa, era consunta e strappata agli angoli. In primo piano c’era un letto vuoto dell’infermeria di Hogwarts, mentre sullo sfondo, su un’altro letto, due ragazzini sedevano vicini. Pansy prese in mano la foto e istintivamente sorrise, osservando con un misto di tenerezza e amarezza la sua versione tredicenne.
 
Pansy corse a perdifiato fino all’infermeria, spingendo da una parte due Tassorosso che ostruivano l’entrata.
Draco era disteso su uno di quei letti odoranti di medicinali, con il braccio ferito fasciato e il volto più pallido del solito.
— Devono uccidere quella bestia — disse in automatico, non appena vide la ragazza.
Lei annuì vigorosamente e si sedette sul bordo del letto, iniziando a ciarlare in modo convulso, quasi isterico, di come lei stessa avesse fatto valere quella proposta, dopo che lui era stato portato da Madama Chips, ma omise la parte in cui avrebbe dovuto dire che quasi nessuno le aveva dato retta.
Draco la zittì con un gesto stizzito del braccio sano. — Mio padre sistemerà tutto.
— Oh, certo.
Il ragazzo provò a tirarsi su e una smorfia di dolore gli deturpò il viso.
— Draco! Resta giù! — esclamò Pansy, saltando giù dal letto e incrociando le braccia al petto con aria determinata. L’occhio le cadde sulla fasciatura che copriva tutto l’avambraccio sinistro di Draco. Emanava un odore acre e sgradevole, ma ciò non bastò a farla desistere dallo sfiorarla con un dito. — Ti fa tanto male?
Lui si ritrasse di colpo, rivolgendo a Pansy uno sguardo truce. — Non toccare. Certo che mi fa male, hai visto che zampe ha quella bestiaccia? Credi forse che sia stato divertente quando ha cercato di uccidermi?
Pansy si affrettò a scuotere ripetutamente la testa, tentando di rimediare, ma con scarsi risultati.
— Perché sei ancora qui? Non mi serve un’altra infermiera, una è già abbastanza petulante. — Draco accennò con la testa a Madama Chips, che stava aiutando Colin Canon a fermare un abbondante fiotto di sangue che gli colava giù dal naso. — Vattene, Parkinson.
Pansy, ferita nell’orgoglio e ancora di più nei sentimenti, esitò per qualche attimo, sperando con tutto il cuore che lui cambiasse idea e le chiedesse di restare, ma, quando si accorse che non sarebbe successo, si avviò verso la porta.
Sull’ultimo letto notò la macchina fotografica che quell’insopportabile Grifondoro portava sempre al collo e che doveva aver lasciato lì quando era entrato in infermeria. Dalla fessura fuoriusciva una foto tremolante. Pansy la osservò, poi la estrasse e la mise in tasca. 
 
Pansy ricordava bene il suo terzo anno, i pomeriggi passati dietro a Draco, a studiare con lui e Blaise, ad aggregarsi a Tiger e Goyle per seguirlo; le notti perse a cercare qualcosa di intrigante da dirgli il mattino successivo, a coltivare fantasie di scene che puntualmente non si concretizzavano; i momenti di sconforto dopo ogni suo rifiuto e la caparbietà quasi masochista con cui, nonostante tutto, ogni volta ci riprovava.
A distanza di anni, la voglia di tentare di nuovo dopo l’ennesima sconfitta si era dissipata da un pezzo e, per quanto fosse stata male per quell’amore non ricambiato, il dolore di una tredicenne era di gran lunga migliore della rassegnazione di una venticinquenne. A tredici anni non aveva mai perso la speranza e, l’anno successivo, per una notte i suoi sogni si erano realizzati.
Pansy prese in mano la seconda foto. Una ragazza mora, avvolta in un vestito verde smeraldo, sorrideva radiosa, vorticando elegantemente con un giovane dall’aria composta e degli inconfondibili capelli biondo platino. Pansy non avrebbe mai dimenticato quella serata e, dovendo fare un bilancio degli anni di scuola, al suo quarto anno associava un unico, elettrizzante avvenimento: il Ballo del Ceppo.
 
— Nere o bianche? — Pansy teneva sollevate sulla testa due scarpe diverse, mentre cercava nel baule la compagna di ognuna.
— Direi quelle nere — sentenziò Daphne, seduta sul letto e circondata da almeno tre strati di organza, che ricopriva quasi interamente la gonna del suo vestito azzurro. Sembrava tranquilla, a differenza di Pansy che era un fascio di nervi.
— Va bene, ho tutto sotto controllo — borbottò tra sé, infilandosi le scarpe e zoppicando verso la porta.
— Dove vai? — la fermò Daphne. — È ancora presto, non lo sai che le vere signore si fanno sempre aspettare? Devi arrivare con almeno venti minuti di ritardo.
Pansy raddrizzò le spalle, segno che aveva sentito, ma spinse ugualmente la maniglia e uscì: con Draco quei giochi di potere non funzionavano.
Percorse i corridoi che separavano i sotterranei dalla Sala Grande con un andamento altalenante, prima correndo, poi rallentando e imponendosi di limitarsi a camminare velocemente - non voleva sembrare così tanto impaziente di arrivare - e infine correndo di nuovo, perché l’emozione era troppa e ogni tentativo di trattenersi era vano.
Draco la stava aspettando appena fuori dalla Sala Grande, dove anche altri cavalieri solitari attendevano le proprie accompagnatrici.
― Daphne si sta preparando ― disse Pansy a Theodore Nott, appoggiato al muro poco lontano, più per guadagnare qualche secondo e permettere al respiro affannato di tornare regolare che per altro.
Nott si staccò dalla parete, scrollando le spalle con l’aria rassegnata di chi ha compreso di dover aspettare ancora un bel po’ e Pansy trasse un ultimo, profondo respiro.
― Ciao ― borbottò rivolta a Draco.
― Ciao ― rispose lui, facendole cenno con un braccio di precederlo in Sala Grande.
A Pansy quel piccolo gesto di cavalleria parve un inequivocabile segno di interesse nei suoi confronti e, mentre entrava nella Sala addobbata per l’occasione, nella sua testa Malfoy era già il suo principe azzurro, con tanto dello smoking perfetto che indossava quella sera.
Seguirono alcuni di minuti di trepidante attesa, poi gli insegnanti ordinarono di sgombrare la pista per lasciare spazio ai Campioni. Entrò Fleur Delacour con la sua bellezza raffinata che fece voltare la maggior parte dei ragazzi presenti, poi Cedric Diggory e Cho Chang riscossero una buona dose di applausi dagli studenti di Hogwarts, mentre alcuni fischi accompagnarono Harry Potter e Calì Patil.
― Potter fa schifo! ― gridò Draco, facendo trasalire Pansy al suo fianco. Alcuni Serpeverde, disseminati in diversi punti della Sala, diedero vita a un piccolo coro, ma quando entrò Viktor Krum con Hermione Granger, tutti si zittirono. Persino Pansy strabuzzò gli occhi: la Granger sembrava quasi carina con quel vestito blu che la fasciava in vita, i capelli acconciati in una pettinatura sensata, anziché nel consueto cespuglio crespo, e i denti liberi dalla mostruosa macchina babbana che portava.
― Mpf, tutta robaccia. Il vestito è chiaramente babbano e i capelli saranno acconciati con uno dei loro prodotti insulsi. Solo i denti sono sistemati con la magia e, visto com’erano orribili, non potrebbe essere altrimenti. ― Il commento sprezzante di Draco giunse come un salvagente alle orecchie di Pansy, la quale, già in paranoia per l’attenzione di tutti rivolta a quella faccia di castoro, tirò un sospiro di sollievo.
Iniziarono le danze e un silenzio imbarazzante calò tra i due Serpeverde. Pansy, impossibilitata dai battiti troppo veloci e ravvicinati del cuore a trovare qualcosa di sensato da dire, sparò sciocchezze alla rinfusa per circa mezz’ora, poi tacque, fissando delusa il nodo della cravatta di Draco, che invece guardava un punto oltre le spalle della ragazza.
― Hai visto l’abito di Weasley?― ridacchiò a un certo punto lui. ― È ridicolo.
Pansy girò la testa quanto bastava per scorgere Ron Weasley, che, con il completo pacchiano, chiaramente di seconda mano, che indossava, sembrava  un’imitazione scadente di un damerino ottocentesco.
― Davvero ridicolo.
― C’era da aspettarselo, con i genitori squinternati che si ritrova ― continuò Draco. ― Mio padre dice che non erano normali nemmeno ai tempi della scuola.
Pansy, seppur per niente interessata alle stravaganze dei signori Weasley, lo lasciò andare avanti, decisa a prolungare il più possibile la prima, nonché unica, pseudo - conversazione che avevano intrapreso dall’inizio della serata.
― Arthur Weasley era già fissato con le diavolerie babbane e simpatizzava per quella gente inferiore, mentre Molly Prewett, a quanto dice papà, sapeva il fatto suo, ma era insopportabilmente chiacchierona e impicciona. Insomma, una perfetta coppia di sciagurati.
Da quel momento in poi, l’argomento principale dei discorsi di Draco e Pansy divennero i Grifondoro, che i due schernirono e derisero in tutti i modi possibili e immaginabili.
Le ore passarono in allegria, senza l’imbarazzo iniziale né la vena di solennità tipica degli appuntamenti, fin quando Draco, ridendo a una battuta di Pansy sui genitori di Potter,  inavvertitamente le pestò un piede, perdendo l’equilibrio e rischiando di caderle addosso.
Pansy, presa alla sprovvista, istintivamente cercò di afferrarlo per la giacca, ma quella era fatta su misura e la stoffa era troppo aderente alle spalle per poter essere carpita, così dovette arrangiarsi e prenderlo per la cravatta all’ultimo secondo, prima che la travolgesse e finissero entrambi a terra come due idioti. Nella confusione del momento, lei, cercando di farlo rimanere in piedi, senza quasi accorgersene lo tirò verso di sé e il loro visi si scontrarono, le bocche finirono l’una sull’altra. Pansy rimase immobile, come pietrificata. Draco si allontanò quasi subito e iniziò a guardarsi febbrilmente intorno, poi, quando ebbe appurato che nessuno li aveva notati, si rilassò e allentò la cravatta. ― Stavi forse cercando di strozzarmi, Parkinson?
 
Una lacrima solitaria bagnò le labbra di Pansy. In quella lontana notte di Natale del 1994 aveva davvero creduto che l’amore fosse tutto risate e baci dati per sbaglio e anche se Draco nei giorni successivi non l’aveva più cercata, tutto era tornato come prima e non si erano fidanzati quell’anno, la felicità per quel piccolo inconveniente aveva persistito e aveva dato nuova linfa alla sua speranza.
Un’altra foto catturò l’attenzione della donna: Pansy era in piedi in mezzo a un gruppo di Serpeverde, di cui molti del suo anno, mentre una donna bassa e tozza fissava sulla divisa di ognuno di loro una spilla, che attestava la loro appartenenza alla sua Squadra d’Inquisizione.
 
La Umbridge si fermò davanti a Pansy e premette sul suo petto una delle spille della Squadra d’Inquisizione. Lei rimase impassibile come tutti gli altri e solo quando anche Gazza, che per un motivo noto solo a lui si era infiltrato nel gruppo, ebbe fatto una foto alla Squadra e ricevuto la sua spilla e la Umbridge ebbe ricordato loro l’importantissimo compito a cui dovevano adempiere, si voltò e uscì dall’ufficio. Tiger e Goyle sgattaiolarono immediatamente via, in direzione delle Cucine, mentre Draco e Blaise rientrarono in Sala Comune. Pansy li seguì, prestando attenzione ai loro discorsi, ma senza intervenire: Blaise era cinico come pochi, sarebbe stato in grado di ribattere in maniera sagace a ogni sua osservazione e lei non ci teneva a fare la figura della stupida o dell’ingenua davanti a Draco.
Ben presto la conversazione divenne ripetitiva e Blaise se ne tirò fuori dicendo che doveva ancora finire il tema di Trasfigurazione che la McGranitt aveva assegnato per l’indomani.
Draco, tuttavia, sembrava non averne ancora abbastanza di parlare di come i Grifondoro fossero spacciati, ora che Silente era stato messo fuori gioco.
― Non hanno scampo, scopriremo tutte le loro attività illecite, qualunque esse siano ― disse a Pansy, con un entusiasmo che la ragazza gli aveva visto solo poche altre volte. 
― Ma certo.
― Voglio proprio vedere la faccia di Potter quando verranno beccati e anche quella della Granger. Anzi, non ho intenzione di aspettare, voglio cominciare subito la nostra attività. ― Malfoy scattò in piedi e Pansy lo guardò perplessa.
― Forza, Parkinson, alzati da quel divano. Prima cominciamo le indagini, prima possiamo sperare di scoprire qualcosa, quindi basta poltrire. ― Draco si diresse a passo di carica verso la porta della Sala Comune e la ragazza dovette correre per raggiungerlo prima che uscisse.
― Draco, non possiamo uscire, il coprifuoco è già scattato.
― L’unico in giro a quest’ora è Gazza e lui è dalla nostra parte, basta che gli diciamo che abbiamo visto qualcosa di sospetto e che siamo andati a controllare. Inoltre sono pronto a scommettere che Potter e i suoi agiscono perlopiù dopo il coprifuoco, perciò se facciamo una piccola ronda di controllo adesso, avremo almeno il doppio di opportunità di trovare almeno qualcuno di loro fuori dal dormitorio.
Il ragazzo era talmente euforico che Pansy non osò contraddirlo, così si ritrovò a seguirlo nei corridoi bui dei sotterranei e poi più in alto, vicino alla Torre dei Grifondoro.
― Qui non c’è nessuno, Malfoy. ― Dopo venti minuti di infruttuoso appostamento vicino all’entrata della Sala Comune dei Grifoni, Pansy non riuscì a fare a meno di farglielo notare.
― Avranno scelto un altro punto di raccolta, forse la Torre dei Corvonero, magari li sta aiutando anche quella squilibrata della Lovegood. Andiamo a vedere.
I due Serpeverde si diressero rapidamente verso l’ala ovest del castello, ma la  rampa di scale che stavano salendo cambiò improvvisamente direzione, portandoli alla Torre sbagliata.
― Dannate scale, siamo finiti alla Torre di Astronomia, dobbiamo tornare indietro ― inveì Draco.
Pansy fece dietrofront, ma si fermò immediatamente: un rumore simile a un cigolio proveniva da qualche parte alle sue spalle.
― Draco ― mormorò. ― Credo ci sia qualcuno… qualcosa… dietro… la Torre…
Malfoy si arrestò subito. ― Sei sicura di…
Non riuscì a finire la frase perché il suono si ripropose, più forte e vicino.
― Draco… ― ripeté Pansy, iniziando a sentire nello stomaco la stretta della paura.
― Per la barba di Merlino. Andiamo... a… a… vedere… ― balbettò lui, tutt’altro che convinto.
Al rumore in questione si aggiunsero anche dei passi e ciò, insieme all’aria terrorizzata della compagna di Casa, bastò a far cambiare idea a Draco. Afferrò Pansy per un polso e la strattonò via, correndo il più velocemente possibile verso i sotterranei. Arrivati nei dintorni delle Cucine, tuttavia, la luce di una candela li fece svoltare dalla parte opposta.
― C’è Vitious, dobbiamo nasconderci ― ansimò il ragazzo, spingendo Pansy dietro un’armatura.
I due si appiattirono contro il muro, mentre l’insegnante di Incantesimi gettava occhiate guardinghe nel corridoio. ― Chi è là?   
Pansy trattenne il respiro e, intontita dalla vicinanza, istintivamente serrò le dita intorno al polso di Draco. Lui, senza alcun preavviso, la baciò.
― A mia madre piaci ― iniziò, dopo che Vitious si fu allontanato. ― Dice che a tuo modo sei intelligente e mio padre è in affari con il tuo.
Lei sgranò gli occhi e impiegò diversi attimi a capire che quello era il modo in cui un Malfoy diceva “Adesso sei la mia ragazza”.
 
Le lacrime sul viso di Pansy aumentarono. Alla commozione per il ricordo del suo primo vero bacio si aggiunse il dolore per tutti quei momenti che erano seguiti e passati, che, nonostante lo volesse con tutte le sue forze, non poteva rivivere.
Da quella notte in corridoio la situazione era cambiata, quello per Draco da cotta adolescenziale, amore non ricambiato era diventato una storia reale, ciò che aveva sempre sognato. Draco non aveva mai detto esplicitamente che erano fidanzati, non si era mai prestato a effusioni o gesti romantici in pubblico, né, quando erano con gli altri Serpeverde, aveva mai mostrato di avere maggior riguardo per lei, ma Pansy all’epoca non se n’era curata, convinta che fosse solo una questione di orgoglio. Con il senno di poi, aveva iniziato a nutrire il dubbio che lui si vergognasse di lei, ma per alcuni mesi erano stati felici ed era bastato un unico gesto speciale a fugare ogni sospetto.
Tra le altre c’era una foto piccola, macchiata un po’ ovunque e lisa ai bordi. Gliel’aveva scattata Daphne a Mielandia e ritraeva Pansy che spalancava la bocca di fronte all’involucro di una Cioccorana e un attimo dopo si gettava tra le braccia di Draco.
Non ebbe bisogno di guardare la scritta sul retro per sapere che era il 14 febbraio 1996.
 
Pansy e Draco camminavano vicini, senza tenersi per mano, lungo il sentiero che portava a Hogsmeade. Le panchine sporadiche erano occupate da coppie intente a scambiarsi biglietti di San Valentino e, benché tentasse di fare il contrario, Pansy finiva sempre con il fissarle, non riuscendo a non provare nemmeno un po’ di invidia. Sapeva che Draco non amava il romanticismo e considerava il giorno degli innamorati come la festa dei deboli, ma era rimasta ugualmente delusa quando Daphne aveva ricevuto da Blaise un enorme mazzo di rose rosse, mentre lei non aveva avuto neppure un insulso bigliettino.
Quando arrivarono a Mielandia, la vista di tutti quei cuori in vetrina - persino i dolci erano a tema - le diede quasi il voltastomaco e sarebbe tornata indietro, se solo Draco non fosse già entrato.
― Aspettami qui ― le disse, indicandole un tavolo libero. ― Prendo qualcosa da mangiare.
Il ragazzo si diverse verso il bancone e nell’attesa Pansy iniziò a sminuzzare una delle margherite del piccolo centrotavola.
― Ma quanto ci mette? ― borbottò a bassa voce dopo un po’, constatando che Draco stava confabulando con il commesso come se dovesse organizzare un attentato al Ministero e non comprare qualche dolce.
Fu di ritorno cinque minuti dopo con due Cioccorane. Ne porse una a Pansy, la quale restò di stucco nel constatare che la figurina che aveva trovato non raffigurava un mago famoso, ma proprio lei, con tanto di caschetto sbarazzino e divisa dei Serpeverde.
― Girala ― le suggerì Draco.
Lei lo fece e sotto i suoi occhi comparve una scritta: “I love you”.
Pansy spalancò la bocca, incredula, poi si gettò addosso a Draco, abbracciandolo di slancio.
In quel momento credé che la loro storia sarebbe durata per sempre.
 
Il “per sempre”, tuttavia, era durato solo alcuni mesi, poi gli avvenimenti li avevano travolti.
Pansy aveva solo ricordi frammentati dell’estate tra il quinto e il sesto anno: una lettera di Draco che la informava della loro rottura, lacrime, disperazione e ancora lacrime.
Quello che ricordava benissimo, invece, erano gli inutili tentativi di rimettere le cose a posto, una volta ricominciata la scuola, e una foto di Draco solo, inquieto e pensieroso in riva al Lago Nero, che lei stessa aveva scattato con la vecchia macchina fotografica del padre di Goyle, li riportò a galla.
 
Pansy si avvicinò con cautela, cercando di non fare rumore, però un ramo spezzato sotto la sua scarpa la tradì.
Draco voltò impercettibilmente il viso, ma continuò a lanciare sassolini nel Lago, ignorandola.
― Draco ― lo chiamò lei, quasi sussurrando.
Lui sembrò non sentire.
― Draco ― ripeté Pansy a voce più alta, ma lui non si girò.
― Vattene ― le disse dopo qualche minuto, un tempo che a lei parve interminabile.
La ragazza rimase immobile, con le lacrime agli occhi e le guance arrossate in parte per la rabbia e in parte per la disperazione.
― Ti ho detto di andartene, Parkinson ― ribadì Draco, con una durezza che la ferì ancora di più.
 ― Hai un’altra? ― Pansy parlò senza prendere fiato, buttando fuori in un momento solo la domanda che l’aveva tormentata per tutta l’estate.
― Non sono affari tuoi. ― Malfoy strinse i pugni e spinse lontano un altro sasso. ― In ogni caso tra noi è finita, non possiamo più stare insieme.
― Perché?! ― Lei gridò, senza prendere in considerazione gli altri studenti presenti al Lago. ― Che cos’ho sbagliato?
―  Quest’anno non posso perdere tempo in sciocchezze. ― Draco si alzò e se ne andò, lasciandola sola.
Pansy notò che non aveva risposto alla sua domanda e pensò che fosse il suo modo di dirle che sì, aveva un’altra. Distrutta e amareggiata, si piegò su se stessa e pianse per ore, incurante anche della brezza gelida che, verso sera, gelava il Lago Nero.
 
Un singhiozzo sommesso risuonò nella camera silenziosa. Pansy non avrebbe mai dimenticato come si era sentita al sesto anno: abbandonata, persa, distrutta. Esattamente come adesso, con la differenza che l’anno successivo aveva scoperto che Draco non aveva affatto un’altra, ma era stato reclutato dai Mangiamorte e la paura aveva avuto la meglio su di lui. La speranza era tornata e tutto era ricominciato.
Una foto cadde dal cuscino, fluttuò nell’aria per un secondo e poi si posò sul pavimento, ai piedi di Pansy. Lei la raccolse e la osservò. Era molto sfocata e le immagini apparivano confuse e più traballanti del normale, ma si poteva ugualmente riconoscere uno studente a terra, che si contorceva dilaniato da una Maledizione Cruciatus che Goyle gli stava infliggendo, sotto lo sguardo soddisfatto di Amycus Carrow. Dietro Goyle, altri studenti terrorizzati attendevano il loro turno.
 
Pansy guardò con orrore il Grifondoro del primo anno che gridava per il dolore. Chissà cosa aveva fatto per essere scelto come cavia per le esercitazioni sulla Maledizione Cruciatus. Forse aveva cercato di aiutare Paciock nelle sue ultime azioni rivoluzionarie, oppure era sospettato di simpatizzare per Potter e in questo caso era fortunato a essere ancora vivo.
Goyle sembrava provare gusto nel torturarlo e Carrow lo lasciava proseguire, dandogli addirittura dei consigli per aumentare l’intensità dell’incantesimo.
Pansy contò gli studenti che erano in fila davanti a lei: cinque. Non conosceva quel ragazzino, ma le sue urla le facevano accapponare la pelle e il fatto che fosse un Grifondoro non le bastava per volerlo cruciare. Sapeva benissimo che, se non l’avesse fatto, all’ora successiva ci sarebbe stata lei al suo posto e, sebbene tenesse più alla propria vita che alla sua, la paura di non farcela cresceva ogni minuto.
Quando Goyle tornò al suo banco, il Grifondoro restò esanime a terra. Carrow lo scosse con un piede senza tanta delicatezza e, vedendo che non si risvegliava, aprì la porta dell’aula, mise la testa fuori e strillò il nome di Gazza. Il guardiano arrivò immediatamente, sollevò il primino svenuto e lo portò via. Carrow allora uscì dalla classe e tornò qualche minuto dopo, portando con sé una nuova cavia. Stavolta era una ragazzina di Tassorosso, forse del secondo o terzo anno.
― Che cos’avete da guardare? Forza, il prossimo ― sbottò l’insegnante ai Serpeverde.
Millicent fece un passo avanti, posizionandosi davanti alla Tassorosso, che nel frattempo aveva iniziato a pregare e supplicare in una maniera straziante.
― Avanti, Bulstrode, falla stare zitta ― biascicò Carrow.
Millicent pronunciò la formula con poca convinzione e non successe niente. Riprovò, ma i risultati furono gli stessi. Il suo insuccesso fece imbestialire il professore, il quale iniziò a sbraitare, a urlare e fu un miracolo che non si dilettò in una dimostrazione anche su di lei.
La paura di Pansy aumentò esponenzialmente e istintivamente fece un passo indietro, sbattendo contro qualcuno.
― Scus… ― iniziò a dire, prima di rendersi conto che si trattava di Draco.
Lui la stava fissando e lei per un momento pensò che anche lui avesse paura e che volesse quasi starle vicino. Draco, tuttavia, guardò altrove e Pansy tornò a voltarsi verso Millicent, ma nei minuti successivi continuò a percepire il suo sguardo sulla schiena.
― Diamo un po’ di brio a questa lezione, Greengrass.
Daphne si avvicinò a Carrow e Pansy realizzò che dopo sarebbe toccato a lei.
Il terrore ricominciò a farsi sentire e fingere un malore per evitare la prova iniziò a sembrare la cosa migliore da fare. Avrebbe messo in pratica questo proposito, senza bisogno di simulare molto, se non avesse sentito il braccio di Draco urtare il suo. Senza pensarci intrecciò le dita con le sue, come quando stavano insieme. Lui non si ritrasse e si tennero per mano finché non fu il turno di Pansy.
 
Draco e Pansy erano tornati definitivamente insieme dopo la guerra ed era sembrata la volta buona per essere felici: Draco l’aveva presentata a tutti come sua fidanzata ufficiale, avevano fatto dei progetti per il futuro e per un periodo Pansy si era persino trasferita a Malfoy Manor.
Ricominciare era stato difficile, c’erano stati dei processi da affrontare e l’essersi trovati dalla parte sbagliata non aveva aiutato, ma ce l’avevano fatta, insieme.
Pansy non riusciva a capire cosa fosse andato storto. Com’era possibile che, dopo tutto quello che avevano passato, lui l’avesse davvero lasciata? Non lo sapeva, ma guardando una foto del matrimonio di Blaise, risalente circa a tre anni e mezzo prima, si chiese se avrebbe dovuto interpretare i segnali.
 
La funzione si protraeva ormai da un’ora e, mentre gli sposi seguivano il sacerdote, l’attenzione degli invitati iniziava a scemare, passando ora all’abito della sposa, ora alle decorazioni floreali, ora alle vetrate colorate della chiesa.   
― Guarda che fiori meravigliosi, Draco ― Pansy indicò una grossa corona di calle, che copriva quasi completamente la parte inferiore dell’altare.
― Carini ― commentò lui in tono distaccato.
― Quando ci sposeremo inserirò sicuramente delle calle nel mio bouquet, che ne pensi? ― insisté lei.
Quella che ottenne non fu una vera e propria risposta, bensì un grugnito, che preferì interpretare come un assenso.
― Anche la chiesa non è male, però per il mio matrimonio preferirei un ambiente più luminoso ― continuò Pansy, decisa a far parlare Draco dell’argomento matrimonio.
Lui, tuttavia, non parve interessato e continuò a leggere il foglietto della messa.
― Anche la disposizione delle panche poteva essere fatta meglio, io avrei optato per delle sedie, così i parenti dello sposo e quelli della sposa non sarebbero così pigiati in prima fila ― Pansy non era decisa a arrendersi.
Draco rispose con un nuovo grugnito.
― Inoltre ho intenzione di scegliere un colore alternativo per l’abito, il bianco è troppo ordinario, meglio il lilla o l’azzurro, non credi, Draco?
― Ci penseremo più avanti, Pansy.
Pansy arricciò il naso, delusa. Draco non voleva saperne del matrimonio e qualche mese dopo avrebbe capito perché.
       
Pansy accartocciò la foto che aveva in mano e fece lo stesso con tutte le altre che aveva guardato.
L’intera storia con Draco cadde stropicciata ai suoi piedi.
“Devi capire: capire è il primo passo per accettare, e solo accettando si può guarire” le aveva detto Daphne, quando Draco l’aveva lasciata.
A tre anni di distanza, Pansy non aveva capito come fosse potuta finire, né perché fosse successo, ma ora l’unica cosa che capiva era che la parola fine alla loro storia l’aveva messa la firma di un’altra donna su quella partecipazione.
Guardando la pioggia fuori dalla finestra, Pansy si chiese se fosse sempre possibile guarire.




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                                                                                                                                                   Evelyne.
                                               

 
  
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