La scala verso l'inferno.
La pioggia scende copiosa su
Londra questa sera.
Non che le altre sere siano serene e la luna la faccia da
padrone, ma questa sera piove più del solito, forse
perché è novembre.
Halloween è stato ieri sera, Jack ha fatto il giro del
quartiere con i suoi amici e ha raccolto un discreto quantitativo di
caramelle.
È abbastanza soddisfatto in effetti, come possono esserlo
solo i bambini per le piccole cose.
Mi manca essere bambina e subito il mio pensiero corre a
mia nonna, quella che mi chiamava il suo piccolo cielo, giocando con il
mio
nome, Skye.
È morta un anno dopo che io mi sono sposata con Mark, un
tumore fulminante se l’è portata via e per me
è stato difficilissimo accettare
la sua morte. Era il mio membro della famiglia preferito,
l’unica che abbia
accettato Mark, nonostante l’aria da scemo e i capelli rossi.
“Sei sicura di volerti sposare un ragazzo che ha corso
nudo per Los Angeles, fa continue battute sciocche e sembra si voglia
scopare
il suo compagno di band?”
Mi ha chiesto mia madre, io ho detto fieramente di sì.
Mia nonna invece ha abbracciato Mark e gli ha detto che
lo trovava carino e sperava che io e lui le dessimo presto un nipote o
una
nipote.
Non ha mai conosciuto Jack, purtroppo ed essendo sepolta nel New
Jersey non posso andare a trovarla troppo spesso.
Mark sta sistemando alcune cose in valigia, tra due
giorni parte per New York per registrare Hoppus on Music per la Fuse tv.
“Mark!”
“Sì, Skye?”
“Posso venire anche io a New York?”
Mark mi guarda sorpreso, poi annuisce.
“Vuoi goderti lo shopping sulla quinta strada o
l’estate
indiana?”
Io rido.
“Nessuna di queste cose, voglio andare a trovare mia
nonna, poi ovviamente se mi concedi un giro di shopping non ti
dirò di no.”
Rispondo ammiccando.
“Va bene, va bene. Viene anche Jack?”
“Ovvio. Non ha ancora conosciuto sua nonna.”
Jack mi guarda sorpreso, distogliendo per un attimo
l’attenzione dalla tv.
“Ma la nonna è morta.”
“Sì, infatti andremo a visitare la sua tomba e tu
potrai
parlarle se hai voglia, lei ti sentirà.”
“Wow!”
Esclama lui impressionato, poi torna a guardare con aria
meditabonda la tv.
“Ok, visto che venite anche voi prenoto altri
biglietti.”
Mark lascia perdere le valigie e si attacca al computer,
ci rimane fino alle due di notte e di sicuro non ha solo comparato i
nostri
biglietti, ma anche qualcos’altro o si sarà messo
a giocare a qualche gioco di
ruolo.
Alle due gli picchietto sulla spalla.
“Ehi, ci fumiamo una sigaretta e poi andiamo a letto?
Domani devo accompagnare Jack a scuola e tu devi
sistemare un paio di cose in quella canzone.”
Lui si stiracchia.
“Sì, hai ragione. Sono uno stramaledetto
nerd.”
Spegne il computer ed esce in terrazza con me, la pioggia si
è un po’ attenuata
ma la gente continua ad andare in giro.
“Secondo te dove vanno tutti?”
Chiedo a Mark.
“Non ne ho idea, forse vanno a casa, forse vanno a fare
cose che gli permettano di dimenticare almeno un po’ quanto
siano soli.”
“Non c’è più solitudine
più grande di quella di una
città, vero?”
“Vero.”
Finiamo di fumare e andiamo a letto, Jack sta russando
leggermente nella sua stanza.
Il giorno dopo lo accompagno a scuola e quando torno a
casa trovo la colazione pronta e Mark che sta lavorando al
computer.
“ ‘Giorno, amore. Come va la canzone?
“Bene! stasera dobbiamo preparare i bagagli, il volo
parte domani mattina presto e ti avviso che, purtroppo o per fortuna,
avrai
delle ore libere quando registro.”
“Io e la mia carta di credito stiamo ballando la
conga.”
Lui fa una smorfia.
“Beh, immagino. Non riducetemi
sul lastrico, sono solo un povero bassista,
non un miliardario.”
“Sì, amore.”
Gli rispondo sorridendo, lui scuote la testa.
“Oggi per te sono una banca, lo vedo nei tuoi occhi, Skye
Everly.”
Io rido e lo bacio
“Ma no, non esagerare! Farò solo qualche
spesuccia, nulla
di più.”
Lui sospira e riprende a lavorare, io accendo il mio pc e
mi metto a scrivere una relazione per MTV.
Due giorni dopo è un
caos.
Mark si è dimenticato di mettere la sveglia e io –
pensando l’avesse messa lui – non l’ho
messa, così siamo in mega ritardo per
l’aeroporto. Io faccio del mio meglio per svegliare Jack
mentre Mark chiama un
taxi, con qualche bestemmia riesco a farlo uscire dal letto e farlo
vestire.
Portiamo dabbasso le valigie e chiudiamo l’appartamento,
cinque minuti dopo arriva il taxi.
“All’aeroporto, più veloce che
può!”
Mark lo urla al taxista prima che si metta in moto.
È una corsa contro il traffico di Londra e noi la
vinciamo per un pelo, prendiamo l’aereo per New York
all’ultima chiamata
correndo come matti.
Tiriamo un sospiro di sollievo solo quando siamo seduti
sui sedili, legati in fase di decollo. Solo allora ci rilassiamo e
decidiamo di
dormire un po’, più tardi faremo colazione.
Jack è il primo a dormire, il secondo è Mark che
si
addormenta con la testa contro il finestrino e poi viene il mio turno:
dormo
appoggiata alla spalla di mio marito.
Circa due ore dopo siamo tutti svegli e affamati, così
quando passa la ragazza con il carrello ordiniamo due cappuccini, un
latte con
il cioccolato e tre brioches.
Lei ci serve sorridendo, addirittura il suo sorriso si
allarga di più alla vista di Mark, deve essere una fan.
“Lei è Mark Hoppus?”
Gli chiede con un filo di voce.
“In persona.”
“Ecco, non potrebbe farmi un autografo? Vi ascolto da quando
andavo alle
medie!”
Mark sorride, mi chiede una penna e un pezzo di carta,
scrive il nome della ragazza e poi lo firma, lei se ne va camminando
tre metri
sopra il corridoio persa nella gioia della fan girl appagata.
“Cavolo, hai fan ovunque!”
“Eh, già!”
Mangiamo in silenzio quello che ci ha portato e poi i due
maschietti di casa si mettono a giocare con uno dei loro aggeggi e io
mi metto
a leggere un libro.
Dopo non so quanto tempo una voce metallica ci invita ad
allacciare le cinture, visto che siamo in fase di atterraggio.
Ok.
Metto il libro nella borsa e allaccio diligentemente la
mia cintura, siamo arrivati a New York.
Atterriamo senza problemi e notiamo che la pioggia di
Londra qui è scesa sotto forma di neve, un manto bianco
ricopre tutto, Mark è
sulle spine.
“Riuscirò ad arrivare al lavoro puntuale con
questa
neve?”
“Ma sì, dai. Non ti preoccupare.”
Lui grugnisce e dà un calcio alla neve, io cerco un taxi.
Trovato uno carico le nostre cose e poi entriamo, Mark gli detta
l’indirizzo
della Fuse Tv e l’uomo annuisce.
Mio marito sembra calmarsi un po’.
Il taxista fa del suo meglio e Mark non arriva in ritardo
per il suo show.
Scendiamo tutti e paga il taxi.
“Bene, adesso ne avrò per due o tre ore, voi fate
come
volete.”
Io annuisco e lui entra velocemente nella sede del
canale.
“Noi cosa facciamo, mamma?”
“Non è ovvio? Shopping!”
Lui sbuffa e calcia via un po’ di neve.
“Beh, immagino mi tocchi.”
“Esattamente, pensa a quando avrai una fidanzata e vedi
questa seduta come un allenamento.”
“Pft! La mia ragazza sarà come Avril Lavigne
all’inizio, non avrà bisogno di
queste cose!”
Io gli scompiglio i capelli e cominciamo a camminare per
la città coperta di neve. Alcune vetrine hanno ancora le
decorazioni di
Halloween, altre hanno già decorato per Natale.
Fa un effetto un po’ strano perché Natale
è tra due mesi,
ma immagino che questo non importi ai commercianti,
l’importante è vendere, no?
Che sia per Halloween o Natale è uguale.
Ci infiliamo in un grande magazzino, la prima tappa è un
bar, io mi prendo un cappuccino, lui una tazza di cioccolata con panna.
“Potremmo prendere dei vestiti anche per te, stai crescendo
a vista d’occhio.”
“Basta che li scelga io. È il colmo che io debba
comprare
dei vestiti quando mio padre ha una linea di abbigliamento!”
La cosa mi fa scoppiare a ridere, è propr6io vero che il
figlio del ciabattino è sempre quello con le scarpe messe
peggio.
“Sì, li sceglierai tu, è ovvio. Ormai
non posso più
importi nulla.”
Finiamo la nostra colazione ed entriamo nel primo negozio
che vende cose per skater e Jack non fa altro che provare e riprovare
felpe,
jeans e maglie.
Alla fine usciamo con un bel bottino di roba, lui è molto
soddisfatto, adesso però tocca me e lui si sorbisce
stoicamente i miei duecento
cambi di vestiti.
“Bravo, piccolo uomo!”
Lo elogio quando finalmente abbiamo finito, ci resta solo
un po’ di tempo per comprare delle decorazioni natalizie per
la casa.
Dopo tre ore ci presentiamo fuori dalla Fuse Tv, Mark ci
sta aspettando, saltellando sul posto per il freddo.
“Finalmente siete arrivati! Forza, mangiamo qualcosa e
poi andiamo in New Jersey.”
Annuiamo ed entriamo nella prima pizzeria che
incontriamo, una volta mangiato Mark noleggia una macchina e finalmente
partiamo per andare a salutare mia nonna.
Il viaggio è lungo e
noioso.
Più volte io e Jack ci addormentiamo e nella macchina
cala il silenzio, Mark invece sembra di buon umore. A un certo punto mi
offro
di guidare al suo posto, ma lui rifiuta, dicendo che gli piace guidare
e che a
Londra non lo può fare spesso.
Accetto la sua risposta e torno nel mio coma, a metà tra
il sonno e la veglia. A un certo punto qualcuno mi scuote gentilmente e
mi
accorgo che siamo arrivati.
“Grazie, Mark.”
Compriamo un mazzo di fiori dal venditore ambulante fuori
dal cimitero ed entriamo, io e Jack
ci
dirigiamo subito verso la tomba di mia nonna, mio marito invece
gironzola un
po’ tra le tombe.
“Questa è la nonna.”
Dico a Jack indicando la foto di una donna con corti capelli grigi e
con il
nome Marie Everly stampato a lettere d’oro accanto.
“Nonna, ti presento Jack, tuo nipote.
È il figlio di Mark e, non ti sbagliavi, è lui
quello
giusto per me. Mi tratta come una principessa.”
Parlo per un po’ con la tomba di mia nonna aggiornandola
sulle ultime novità e scusandomi per non essermi fatta viva
prima. Ogni tanto
interviene anche Jack e la cosa mi fa molto piacere.
Lo so che è assurdo, ma io credo davvero che lei ci possa
sentire ed essere felice che le cose ci vadano bene.
Credo in un aldilà con una forza e una fede che non ho
per altre cose, sono certa che quando morirò la
rivedrò e la potrò abbracciare
e lei sarà lì con il suo profumo da signora e un
piatto di biscotti.
Dio, quanto mi manca!
Quanto mi mancano le estati trascorse a casa sua a fare i
compiti il mattino e poi a scorazzare in bici per la cittadina dove
viveva il
pomeriggio!
Dopo un ultimo saluto ce ne andiamo e mi chiedo dove sia
finito Mark.
“Mamma, c’è una qualche leggenda
interessante legata a
questo cimitero?”
Io mi gratto la testa.
“Sì, ce n’è una. Me la
raccontava sempre la nonna quando
andava a far visita alla tomba di sua madre.”
“Raccontala un po’!”
“Diceva che nella zona delle vecchie tombe c’era
una
scala molto particolare, non
esteticamente perché erano dei semplici gradini
di pietra con un
corrimano in ferro decorato solo all’inizio, ma magica.
La chiamava la scala verso l’inferno, diceva che su
quella scala sostavano le anime del dannati, cacciati
dall’inferno e in attesa
di venire in questo mondo.
C’era sempre qualcuno di strano attorno a quella scala e
cercava di convincerti a salire la scala, cosa che non andava
assolutamente
fatta o altrimenti si rimaneva intrappolati per sempre al posto del
dannato.”
Jack annuisce.
“Mamma, ma da che parte è andato
papà?”
“Nella parte vecchia del cimitero….
Forse è meglio raggiungerlo.”
Aggiungo nervosa.
Curioso e sfigato com’è Mark sarà
finito davanti alla
scala senza saperlo e poi dobbiamo andare via.
Affretto il passo e io e mio figlio ci arrampichiamo
nella parte più vecchia del cimitero che è stata
costruita sul fianco di una
bassa collina.
Qui ci sono solo mausolei in disuso, statue rotte di
angeli che ancora dopo secoli si protendono verso il cielo, tombe dalle
iscrizioni illeggibili e scheggiate.
Amano venirci gli pseudo satanisti della zona e le
coppiette che cercano una location un po’ diversa al loro
pomiciare.
“Mamma, per caso la scala è piuttosto ripida,
fatta di
gradini di pietra e con un corrimano arrugginito che si arrotola su
sé stesso
all’inizio?”
“Sì, perché?”
“Papà è davanti a una scala del genere
e sembra stia
parlando con qualcuno.”
“Merda!”
Digrigno i denti e corro verso la scala.
“Mark!”
Urlo, ma lui non si gira, così non mi resta altro che
quasi travolgerlo quando arrivo da lui.
“Skye, c’è una vecchietta che ha bisogno
di aiuto per
scendere dalla scala, devo aiutarla.”
Io guardo la scala e vedo una donna gobba e vestita di nero che
somiglia in
modo inquietante a mia nonna e mi sorride maligna.
“È tua nonna Marie, la devo aiutare,”
“Nonna è morta prima che Jack nascesse, non
c’è nessuno
su quella scala, Mark.
Andiamocene, si sta facendo tardi e fa freddo.
Rischiamo di passare la notte nel cimitero.”
Mark continua a fissare la scala con uno sguardo un po’
vacuo, come se fosse ipnotizzato e temo che sia proprio
così. L’anima sulla
scala deve esercitare una certa influenza su di lui e questo non va
affatto
bene.
“Mark, andiamo.”
Lo afferro per un braccio, ma non si muove, al contrario tenta
di dirigersi di nuovo su quella dannata scala.
“La devo aiutare.”
“Non c’è nessuno! Diglielo anche tu,
Jack!”
Il sorriso della donna si allarga in maniera inquietante,
come se sentisse che è prossima alla libertà.
Non ci penso nemmeno a sacrificare mio marito per lei!
“Non c’è nessuno, papà. Ha
ragione la mamma, è meglio
andare.”
Gli lancio uno sguardo eloquente e anche lui afferra
Mark.
“Ma vi dico che c’è e la devo
aiutare!”
Si dirige verso la scala, ma io e Jack lo blocchiamo
cercando di tenerlo lontano con tutte le nostre forze.
“E dai, fatemi fare una buon azione!
Quella povera donna ha bisogno di aiuto!”
“Non c’è nessuna povera donna e tu hai
già fatto la tua buona azione portandomi
qui, andiamocene Mark.”
Lo tiro verso di me con forza e sento che un po’ della
forza che lo tiene legato alla scala sta cedendo. Un’altra
spinta verso di noi
e Mark mormora parole intelligibili su una povera donna imprigionata
che deve
aiutare o finirà all’inferno.
Attraversiamo la parte vecchia del cimitero con lui in
queste condizioni, per fortuna che Jack l’ha visto!
“Tra poco saremo fuori.”
Mormoro a Jack.
“E questa
storia
sarà finita.”
Attraversiamo anche la porta nuova, mentre la neve inizia
a scendere, e finalmente siamo fuori dal cimitero.
“Avete rischiato di rimanere chiusi dentro, non sapevo ci
fosse qualcuno.”
Ci dice sorridendo il custode.
“Cos’ha suo marito?”
“È stato quasi risucchiato dalla scala verso
l’inferno.”
Rispondo io, il volto dell’uomo si distorce in una
smorfia.
“Succede con i forestieri, vostro marito non è di
qua,
vero?”
“No, è californiano.”
“Capisco.”
Ci salutiamo con un cenno, io vado verso la macchina
presa a noleggio e lui verso il cimitero.
Arrivati lì io mi metto alla guida e lego ben stretto
Mark al sedile passeggeri, Jack sale dietro.
Bene, siamo tutti in macchina.
Io parto sgommando e cerco di mettere più chilometri
possibile tra me e la scala maledetta, in modo che anche Mark si senta
meglio
il prima possibile.
Dopo dieci chilometro nel bel mezzo di una tempesta di
neve lui torna in sé.
“Come mai siamo in macchina?”
Mi chiede.
“Ho finito di parlare con mia nonna.”
“Sì, l’avevo capito. Ma
perché l’ultimo ricordo che ho
prima di essere qui è di essere nella parte vecchia del
cimitero?”
Io e Jack ci scambiamo un’occhiata.
“Mettiamola così, Mark, volevi tanto andare
all’inferno.”
“Non ti capisco.”
“Beh, nel cimitero c’è una vecchia
leggenda che racconta
di una scala che va verso l’inferno su cui sostano le anime
espulse verso
l’inferno. Le anime cercano di corrompere le persone per
aiutarle, ma non
appena si mette piede sulla scala si viene risucchiati in un altro
mondo e
l’anima è libera.
Tu avevi una gran voglia di salire quella scala.”
Lui rabbrividisce e so che non è per il freddo.
“Ma perché stando con te si finisce sempre in
queste
situazioni?”
Geme lui, facendomi sbuffare.
“Invece di ringraziarci per averti riportato qui ti
lamenti?”
“Grazie a tutti e due.”
“Così va meglio.
Cavolo, mi sa che dovremo fermarci, questa nevicata sta
diventando una vera e propria tormenta!”
Mark annuisce.
“C’è un motel lì,
fermiamoci.”
Io annuisco, metto la freccia ed entro nel parcheggio del
motel, pieno di macchine.
Abbiamo tutti bisogno di riposo.
Ignoro che lì non troveremo né pace né
riposo.
Angolo di Layla
Ringrazio DeliciousApplePie per la recensione.