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Autore: Lys3    04/03/2014    1 recensioni
Tutti a Capitol City amano gli Hunger Games. Tutti tranne Leo.
Lui è diverso, lo è sempre stato fin da piccolo, ma nessuno comprende le sue ragioni. E in un mondo così grande, così forte, lotterà nel suo piccolo per far valere le sue idee in una società travagliata da questi Giochi mortali.
Martia era una ragazza come tante altre. Questo prima di vincere gli Hunger Games. Ora lotta per non perdersi nei suoi incubi, per mantenere la sua famiglia che sta cadendo verso l'oblio e per dare a sé stessa una speranza di una vita migliore.
Dal testo:
“Siamo diversi. Apparteniamo a due mondi diversi. E questa cosa non cambierà mai. [...] Vuoi un ragazzo che ti salvi dagli Hunger Games, non uno il cui padre ha progettato la tua morte.” [...]
“Ti sbagli. Tu mi salvi dagli Hunger Games. Mi salvi dagli Hunger Games ogni volta che mi guardi, ogni volta che mi stringi la mano, ogni volta che mi sorridi. Ogni singola volta in cui tu sei con me, mi sento libera di nuovo, come se nulla fosse mai accaduto. [...]”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Nuovo personaggio, Strateghi, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21 – Ritorno a casa
 
 
Il mattino seguente, dopo che Leo tornò a casa, Martia andò a far visita a Mags.
L’avevano rimessa in sesto, come facevano con tutti i vincitori, ma poté vedere che dentro la ragazza era a pezzi. La guardava con sguardo vacuo e sembrava non capire appieno cosa stava succedendo.
La guidò all’albergo e le fece compagnia mentre il suo staff faceva le prove per il vestito, il trucco e i capelli per la premiazione di quel pomeriggio. La sera, poi, sarebbero partite.
“Come hai fatto?” disse ad un tratto Mags, lo sguardo fisso nello specchio mentre le sistemavano l’acconciatura. “Più mi guardo in questo specchio e più non mi riconosco. Come mi ripresenterò a casa? Con questa faccia?”
Sembrava sul punto di piangere. Ma Martia capiva perfettamente cosa intendeva. “Sai, anche io me lo chiesi. Credevo che la morte di quei ventitre ragazzi fosse colpa mia, credevo che loro non c’erano più perché ad essere viva ero io. E invece col tempo ho capito che non avevo scelta, perché avevo qualcuno che mi aspettava a casa e dovevo tornare per loro. Tu hai qualcuno?”
La ragazza esitò. “Mia madre, mio padre…”
Si chiese com’era possibile che quella ragazza fosse per lei una completa sconosciuta. Vivevano nello stesso Distretto, avevano la stessa età ma a malapena si erano incrociate qualche volta per strada. “Saranno contenti di vederti” disse. “Non importa quanto tu ti senta diversa, loro ti vorranno bene lo stesso.”
Trascorse tutta la giornata con lei, fin quando dopo mangiato non iniziò a prepararsi a sua volta per l’ultima cerimonia prima del ritorno a casa.
 
“Allora? Vuoi mangiare si o no? La cuoca ha cucinato apposta il tuo piatto preferito” disse sua madre fulminandolo con lo sguardo.
“Non ho molta fame…” rispose Leo rigirando il cibo nel piatto.
Odiava stare a casa quel giorno: primo, suo padre, finiti gli Hunger Games, se ne stava tutto il tempo lì; secondo, non poteva vedere Martia; terzo, era l’ultimo giorno che lei rimaneva a Capitol City.
“Ti faccio preparare altro?” domandò sua madre.
“No, grazie… Voglio solo… Andare a stendermi un po’…” e dicendo così si alzò da tavola, pronto a sgattaiolare in camera sua.
“Allora, visto che non stai bene, forse è il caso che tu non venga alla premiazione stasera” disse suo padre, con finto tono neutro. A quanto pare sua sorella aveva ragione: aveva capito qualcosa.
“Io sto bene” protestò lui voltandosi di scatto.
“Allora dovresti mangiare” continuò il padre con un sorriso maligno sul volto.
Leo aprì la bocca per rispondere ma dalla sua gola non uscì neanche un suono. Cosa doveva dirgli? Nemmeno lui lo sapeva. Non aveva voglia di inventare scuse, compromessi o altro per fare quello che gli pareva.
“Ehi, ehi, ehi. Fermi tutti” intervenne Lana addentando una grossa mela verde. “Lui stasera viene, anche in coma. Non m’interessa quale grave malattia ha. Mi hai capito bene?” disse poi rivolgendosi a lui.
Leo annuì, ma l’intervento del padre fu repentino. “Penso tu mi debba qualche spiegazione.”
“Verin doveva farmi vedere una cosa e se lui non esce probabilmente non lo farà nemmeno lei, quindi addio a quel fantastico prodotto per capelli. Quindi scordatevi tutti la possibilità che lui rimanga qui stasera. Viene anche da cadavere a quella festa.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Leo disse: “Lana ti aspetto in camera mia. Così mi dai una mano a scegliere qualcosa per stasera.”
Mentre andava nella sua stanza sentì sua sorella strillare: “Evviva, finalmente mi chiede una mano per il look! Il suo è davvero pietoso…”
L’aspettò con ansia e, quando varcò la soglia, chiuse in fretta la porta per bloccare poi la sorella con un braccio contro al muro: “Quali sono le tue intenzioni, parla!”
Lei rise, quel sorriso pieno di diamanti che lui tanto odiava. “Stai calmo, fratellino. Ti stavo solo aiutando.”
“Perché mi aiutavi? Cosa diavolo vuoi ancora?” sibilò lui con rabbia.
“Nulla. Anche se vedere la reazione di papà che scopre tutto sarebbe qualcosa di impagabile ho preferito mandare la cosa per le lunghe. Dopotutto è l’ultima sera che puoi vedere la tua amata o sbaglio?”
Leo sentì l’istinto di darle un pugno in faccia e spaccarle quel sorriso beffardo. Tutto quello che fece fu lasciarla andare. “Sparisci.”
 
Mentre si preparava avvertiva un’ansia crescente dentro di sé. Aveva voglia di piangere mentre si guardava allo specchio: giacca, cravatta, capelli allungati all’indietro, scarpe tirate a lucido…
Non era mai stato così elegante.
Un peccato, dato che tutto sarebbe stato rovinato dalla fine di quella serata.
“Mamma, io esco” disse avviandosi verso l’uscita.
“Sbaglio o mancano ancora due ore all’inizio della serata?” intervenne il padre.
“Sì, ma volevo passare prima da Verin” si scusò lui.
“Va bene. Ci vediamo lì.”
Uscì di casa velocemente, fiondandosi verso l’albergo di Martia. Non avrebbe perso un solo altro minuto di quelli che poteva trascorrere con lei.
La ragazza lo aspettava, già vestita e truccata. Indossava un abito blu che risaltava perfettamente sulla sua pelle candida e che si sposava magnificamente con il colore dei suoi occhi. “Sei bellissima” disse lui chiudendo in fretta la porta e tirandola a sé per un bacio.
“Grazie” disse lei con un grande sorriso. “Tu stasera sei ancora più elegante, o sbaglio?”
“Non sbagli. Posso usare il telefono?” domandò Leo correndo verso l’apparecchio. Martia fece spallucce e lui compose in fretta il numero del centralino, per poi invitarlo a chiamare a casa della sua amica. “Ciao, Verin” disse quando la ragazza rispose. “Stasera verrai alla serata? Ti conservo un posto accanto a me.”
La sua felicità fu immensa quando la ragazza rispose che ne sarebbe stata entusiasta. Una volta terminata la conversazione spiegò a Martia il perché la presenza della sua compagna era fondamentale. “Mio padre non deve sospettare nulla.”
Per tutta la serata, però, gli fu difficile non guardarla troppo, non baciarla, non tenerle la mano o altro. Se ne stavano dapprima l’uno di fianco all’altra, poi seduti vicini, ma senza mai un contatto.
Ma proprio adesso che sapeva che non l’avrebbe rivista più voleva stringerla forte.
Invece si limitò a parlarle, sorriderle e guardarla per tutto il tempo.
La festa per l’incoronazione di Mags terminò verso le nove circa e in molti si diressero alla stazione, per dare l’ultimo saluto alla Vincitrice.
Verin rinunciò all’opportunità, ma Leo fece finta di tenere molto a quella ragazza e seguì Martia.
Sentiva un enorme groppo alla gola, un dolore allo stomaco come se qualcuno lo avesse colpito.
La folla era grande e Mags a stento riusciva a passare, zigzagando tra le persone e firmando autografi con Julio al suo fianco. Martia se ne stava più dietro, aspettando che la folla si allargasse un po’ per poter passare col vestito e i tacchi, per paura di cadere.
Leo invece era fermo all’ingresso della stazione e fissava la sua schiena scoperta e i suoi capelli senza distogliere un secondo lo sguardo.
Mancava poco, Mags stava quasi per salire. Leo capì che se voleva salutarla quello era l’unico momento che aveva a disposizione.
S’incamminò verso di lei con passo sicuro, attento a non urtare nessuno. Le passò accanto e, in un soffio, le sussurrò all’orecchio: “Vieni con me.”
La ragazza si voltò, sorpresa, ed esitò prima di seguirlo in disparte, nel corridoio che portava alla sala d’attesa e poi ai bagni. “Pensavo fossi andato già via” disse lei quando il ragazzo si fermò.
“Senza salutarti? Mai” rispose lui aggiustandole una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla pettinatura.
Martia abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Leo. “Mi mancherai.”
“Anche tu” disse lui abbracciandola forte.
La ragazza ricambiò l’abbraccio ma poco dopo si discostò, per poi alzarsi sulle punte e baciarlo.
Leo cercò di fissare nella mente quel momento: le labbra morbide di lei, il profumo dei suoi capelli, la sua pelle liscia e calda e la stretta delle sue braccia intorno al collo. Voleva ricordarli, in modo da avere qualcosa a cui aggrapparsi quando sarebbe stato solo.
“Tornerò, non appena possibile. Te lo prometto” disse Martia, stavolta guardandolo negli occhi.
Avrebbe ricordato anche quelli: blu come il mare, blu come le ciocche che aveva fatto ai suoi capelli e blu come il suo colore preferito. Avrebbe voluto dirle che avrebbe cercato anche lui di andare da lei il prima possibile, ma non credeva sarebbe mai capitata un’occasione.
“Devo andare” disse lei allontanandosi.
Leo sentì come una scossa lungo tutto il suo corpo, il panico che prendeva il sopravvento su ogni suo muscolo, l’irrefrenabile desiderio di correre via con lei, nascondersi dal mondo per sempre e vivere felice. E poi due parole nella sua testa. Rimbombavano senza dargli pace, facendogli battere il cuore a mille. Ora o mai più, pensò.
“Aspetta!” disse fermando la ragazza. “Io…”
Quelle due parole gli stavano sconquassando il cervello.
Lei ora lo guardava, interdetta, pronta a sentire quello che aveva da dire e poi andare via.
Due parole: ti amo.
Voleva dirglielo, perché lo sentiva davvero. Lo sentiva in quel momento più che mai perché si era accorto di quanto fosse importante ora che andava via. E se era la paura a parlare? L’ansia? E se quelle parole l’avessero spaventata? Se non fosse stata ancora pronta? No, non poteva dirglielo.
“Io… Ti aspetterò” concluse con un sospiro.
Le parole non detto gli lasciarono un sapore amaro in gola mentre lei gli sorrise, per poi andarsene.
La guardò salire sul treno, le porte chiudersi, la folla esplodere in un boato. Martia accanto a Mags, vicine al finestrino, salutavano la folla con finti sorrisi.
“Ti amo” sussurrò Leo guardandola da lontano, le mani lungo i fianchi, impotente. Lei da dietro il vetro guardava dritto verso lui, ma era troppo lontana per capire cosa aveva da dire.
Un secondo dopo il treno era partito e i loro sguardi si separarono.





Eccomi di nuovo! Tornata alla carica con questo capitolo che non sapevo se continuare o far finire qui. Volevo aggiungere un altro pezzo, anzi altri due, ma credo che poi sarebbe diventato uno sproloquio noioso e strappalcrime in quanto ci saranno più momenti di riflessione ora e avevo paura che il tutto diventasse troppo noioso. Inutile dire che mi stavo quasi commuovendo nello scrivere questo capitolo che spero vi sia piaciuto perché ci ho messo davvero il cuore scrivendolo. Dico questo capitolo in particolare perché anche io ho una relazione a distanza e so quanto è dura salutare qualcuno che sta andando via (stupidi treni, aggiungerei).
Fatemi sapere cosa ne pensate. Spero di pubblicare il seguito prima, magari venerdì. A presto ^^

 
  
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