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Autore: SenseAndSensibility    26/06/2008    2 recensioni
[Esme/Carlisle]
Qual è la storia di Esme prima del suo idillio con il dolce, affascinante e biondissimo Carlisle? Qual è la vita che conduceva prima?
Aveva una famiglia, una casa, un amore? Com'è finita tra le braccia del nostro dottore preferito?
E Carlisle? Perchè?
Una storia in cui si alternano momenti tristi e felici, un po' come la vita. Ma con un finale che la vita riserva solo a pochi...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Carlisle Cullen, Esme Cullen
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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i'm only a doctor capitolo1 Note iniziali: Ho scritto questa fan fiction circa tre anni fa. Avevo più o meno 16 anni, ed è la mia prima in assoluto. Sì vede anche dal tema scelto, dopotutto. Io, l'innamorata del classico ottocentesco e novecentesco, quella fissata con la grande letteratura, che scrivo su Twilight! Ma tant'è. Lo lessi e mi incuriosì, libro per ragazzi ancora agli esordi letterari. Per cui ecco qui quello che vi ho ricamato sopra. Magari il primo capitolo è un po' cortino, ma perdonate la mia ingenuità del tempo ;D Spero comunque che vi piaccia, che vi possa incuriosire. Sebbene non mi soddisfi pienamente, posso dire che a me è piaciuto davvero molto scriverla.
Se volete insultarmi, sono qui. Se volete complimentarvi, per quanto la veda come un'ipotesi improbabile, sono comunque qui xD A voi la scelta!
Ps: ho inventato il cognome di Esme, per sottolineare l'effetto "What if..?"

.I'm only a Doctor.

Capitolo 1. Song to say goodbye.

Ho sempre avuto paura del buio. Il buio mi terrorizza.
Ricordo che quando ero adolescente la notte, anche se era tardissimo, non mi azzardavo a spegnere definitivamente la luce. Rimanevo lì, appoggiata al cuscino, con una mano sull'interruttore, a osservare con terrore i mobili della mia stanza, che a un solo movimento delle mie dita sarebbero stati inghiottiti dall'oscurità, per trasformarsi in qualcosa di completamente diverso.

Il buio, la penombra, trasformano gli oggetti. Li rendono grigi, informi. Li rendono un pericolo per la mia mente che cerca di mantenersi sana.

Mi chiamo Esme DesChanel, e ho quasi 26 anni. Sono incinta. L'uomo al di là della mia porta, che sento camminare pesantemente, forse alla ricerca dell'ennesima bottiglia di vodka della giornata, è mio marito. Quello è l'uomo che sull'altare ha giurato di proteggermi, nel bene e nel male. Quello è l'uomo che mi ha rinchiusa qui, in questo sgabuzzino buio, in preda al dolore e alla fame.

E dire che non ho mai smesso di amarlo... Quante, quante volte ormai ho pensato alla mia morte, alla mia definitiva scomparsa dal mondo, solo per non farlo più soffrire? E quante volte ormai ci ho provato? Ma in fondo... forse non ci credo nemmeno io.
Anche adesso, che sono qui seduta su questo pavimento di pietra così freddo da gelarmi fino alle ossa.. una piccola parte di me è ancora attaccata alla vita. Al dolore, alla gioia, all’emozione, all’amore... alla luce....
La luce che filtra da sotto la porta, e si disegna sulla pietra come una lama. La luce che ho cercato così tante volte di raggiungere, graffiandomi e ferendomi le mani a forza di batterle sul legno. La luce, che nonostante tutto, è rimasta irraggiungibile... così come il cuore di quell’uomo che ancora cammina dietro la porta.

Il dolore alla pancia si è fatto più forte ora. Quasi non riesco a muovermi, ho bisogno di appoggiare la schiena ad uno scaffale. Sento le mie mani accarezzare quasi meccanicamente il mio bambino.
L’oscurità, che quella lama di luce e di speranza ancora non riesce a sconfiggere, mi preme sulle braccia e sulle palpebre chiuse.

Ma.

Il mondo intorno a me si modifica. La porta, quella porta tinta di desiderio e aspettativa, si apre. Si apre insieme ai miei occhi increduli, che abbagliati dalla luce non riescono a scorgere nulla della stanza che improvvisamente mi appare davanti.
E' la mia camera da letto.
Ma è così estranea ormai.... che cosa c’è di mio ancora in questo luogo? I portafoto che avevo sistemato con cura, quelli che racchiudono l’immagine di quello che doveva essere il più bel giorno della nostra vita, sono a terra, i vetri infranti. I miei vestiti sono gettati in angolo, brutalmente tolti dall’armadio. Perfino il letto.... quel letto che avevamo condiviso quando ancora ci amavamo, era rotto. Spezzato in due parti distinte da furiosi colpi d’ascia.

Quando ancora ci amavamo.... ma che cosa avevo pensato? Non amo forse ancora quell’uomo? ...No.

Non lo amo più.
Qualcosa ormai in me si è rotto.

Raggiungo la porta. è appena socchiusa. La libertà è così vicina... così desiderabile da non sembrare neppure vera. La libertà è mia.

Eccole, le scale... le scale che scendono giù, direttamente davanti alla porta della piccola cucina. Quanti ricordi legati a quella stanza... quante piccole cose dette e vissute a quel tavolo, a quel telefono. Quante risate... forse, se chiudo gli occhi e ascolto col cuore...forse...riesco ancora a sentirle. A sentire l'eco sbiadita della felicità che ancora permea quei muri, costruiti con le nostre mani.

Apro gli occhi. I miei piedi adesso si muovono da soli sul tappeto colorato un po' consunto. La camicia da notte che indosso accarezza silenziosamente le mie caviglie nude. Mi sto aggirando come un fantasma, cauta e silenziosa. Mi rendo conto improvvisamente che i miei sguardi, i miei gesti persino i miei passi... sono quelli di una persona che si prepara a dire addio.

Addio a tutto ciò che ha conquistato, amato.. e poi perso miseramente. Addio a tutto quello che ha vissuto. Addio a una parte della sua vita.
E infine... addio a quello che era stato il suo angelo.

E che ora è solo il suo demone.

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