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Autore: Marguerite Tyreen    05/03/2014    3 recensioni
John ed Edward si erano conosciuti e amati al fronte. E si erano promessi che – se la guerra li avesse risparmiati – si sarebbero rivisti il 18 marzo 1946 sul binario 3 della stazione di London Waterloo, alle 6:02 del pomeriggio.
Ora, dopo quasi dieci anni, John ha un appuntamento. Stessa ora, stessa stazione, stesso binario.
***
- Il treno da Leicester? Amico mio, non ferma più qui da dopo la guerra.
- Ne è sicuro? Ma dieci anni fa...
- In dieci anni può cambiare ogni cosa.
- Quindi dove ferma?
- Non ferma. - gli fece l'uomo, allontanandosi – Non per lei.
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad Aika,
come promesso

 

 

Waterloo, 6:02 p.m.



 

22 febbraio 1956.

I contorni di Londra si stavano sciogliendo nella pioggia, come acquerelli troppo diluiti sulla tela.
Nella britannica quiete dei venerdì pomeriggio, il traffico dei ritorni era una lunga colonna immobile che riempiva Park Lane e scorreva indifferente accanto alle sale da tè affollate.
Suonò il clacson – una volta, due, insistentemente – ma la vecchia Ford che lo precedeva non accelerò; anzi, scrollando la testa stizzito, il conducente si fermò con largo anticipo davanti al semaforo, nell'ostentata intenzione di fargli perdere altro tempo.
E lui non poteva perderne. Soprattutto, non poteva perdere quel treno. Tamburellò le dita sul volante. L'orologio segnava le cinque e trentasei.
Tardi.
Era in ritardo. Suonò di nuovo il clacson, con l'unico risultato di far spazientire ulteriormente il tizio sulla Ford.
Verde.
Quando il semaforo tornò verde, si ritrovò a costeggiare il Tamigi ed il suo corso monotono, addormentato, come sarebbe diventata la città stessa nel fine-settimana. Odiava quella tranquillità che sembrava rallentargli il viaggio, anche se in realtà stava correndo.
L'appuntamento era previsto per le sei e due minuti, al binario tre, dove si fermava il treno da Leicester.
Le sei e due minuti. Come dieci anni prima.

 



- John! - Edward l'aveva chiamato dalla scaletta del vagone, prima di saltare giù con un balzo allegro e infilarsi tra la folla di passeggeri, lasciando visibile di sé soltanto la coppola di panno e la destra che si agitava nel saluto. Poi era riapparso davanti a lui: un abbraccio trattenuto, una stretta di mano formale, nient'altro.
Ogni cosa, ogni persona, ogni gesto – dentro la stazione – si era fermato, nella sensazione inebriante di essere vivi, di potersi sfiorare in uno spazio e in un tempo non violentati dalle bombe, non contaminati dalla morte.
Senza la divisa, mentre rabbrividiva nell'aria fresca di marzo, Edward sembrava ancora più esile, ancora più giovane di come l'aveva lasciato. Sotto le luci verdastre e anonime, tra i riccioli biondi, biancheggiava sulla gota la cicatrice che si era procurato a Villers-Bocage.
- John, non ci speravo più!
- Te l'avevo promesso. Non potevo mancare, Ed.
Sì, gliel'aveva promesso, prima della battaglia.

Se sopravviviamo, alla fine della guerra fatti trovare a Londra, alla stazione di Waterloo, nel giorno del tuo compleanno. Ti porto via con me.

Si sentì in colpa per quelle parole, adesso. Si sentì in colpa per quella valigia che l'altro aveva portato con sé. Si sentì in colpa mentre uscivano dall'edificio, mentre si rifugiavano in albergo, mentre facevano l'amore per la prima volta, con desiderio, con sollievo, con disperata frenesia. Con i corpi, ora, non più soltanto con le anime.
Poi erano stati capelli dorati sparsi sul petto, dita che si intrecciavano alle dita, profumo lieve di sudore, sesso e colonia, che non si mescolava più – finalmente – con l'odore ferale della polvere da sparo e dei corpi dilaniati dagli assalti.
- Allora, dove andremo, John?
- Edward, non posso.
L'aveva guardato con quegli occhi azzurri, grandi, da bambino, fiduciosi fino all'ultimo: - Perchè non puoi?
- Emily è incinta.
- Da quando?
Non riuscì a sostenere il suo sguardo: - Da quando sono tornato.
Era stato sufficiente per capire.
- L'hai sposata.
- Ho dovuto.

 

 

Non ricordava che Waterloo fosse sempre tanto affollata: il flusso di persone lo fagocitò senza che potesse rendersene conto. Cercò di farsi largo, ma era come galleggiare tra le immagini ovattate di un sogno. Era freddo. Era tardi e quella lentezza esasperata non faceva che ricordarglielo. La testa gli girava, se guardava gli archi del soffitto. La sua voce, tra le altre, gli fu restituita in una sorta di eco spettrale.
Si riscosse, quando credette di riconoscere un viso, via via più chiaro, via via più definito, nonostante si stesse allontanando dalla sua vista. Lo inseguì, finché non fu totalmente scomparso; non era stato che l'inganno di un gioco di luce con la sua crudele inconsapevolezza. Ma, almeno, era riuscito a districarsi e aveva preso a correre, alla ricerca del binario tre.

 

 

Ti prego, Ed, perdonami. Ho sbagliato. Ho dovuto. Ti amo. Perdonami. Non partire, ti amo.
Le parole rimasero una sterile, sconnessa sequenza incastrata nella gola. Ebbe soltanto la forza di battere con il palmo contro il finestrino del treno, ricevendo in risposta una sdegnosa immobilità. Edward era tornato il Tenente Hastings, fermo, irremovibile – nella posizione come nel giudizio.
I suoi occhi, nonostante la foschia sui vetri, lo passarono da parte a parte, come la stilettata di una baionetta.
Ma se il suo codice d'onore non tollerava il tradimento, quello di John non consentiva di fuggire davanti alle responsabilità. Se fosse stato fortunato, Edward l'avrebbe compreso: si sarebbe ripiegato su se stesso, sul suo dolore di non essere più una priorità, sulla condanna di sbiadire come una fotografia, ma non l'avrebbe odiato. A lui, invece, sarebbe rimasta l'amarezza di assistere all'appassire del loro sentimento sotto il fuoco delle passioni umane, dopo averlo visto sopravvivere persino a quello delle armi.
Forse si sarebbero incontrati di nuovo, un giorno, ed il tormento sarebbe cessato.
Forse.

 

 

Sul binario tre, si scontrò con un uomo che sembrava sostare da ore in un'attesa priva di quella noia tipica dei pendolari o di quell'ansia dei viaggiatori occasionali. Attendeva e basta. Il pastrano scuro che indossava era mosso appena da un vento di cui non si sarebbe potuta stabilire la direzione.
- Mi perdoni.
- S'immagini. - sorrise appena – Sta aspettando anche lei?
- Sì, il treno da Leicester.
Il sorriso si trasformò in una risata cupa, che lo inghiottì come un buco nero: - Il treno da Leicester? Amico mio, non ferma più su questo binario da subito dopo la guerra.
- Ne è sicuro? Ma dieci anni fa...
- Io le ho viste tutte, da Maratona a Montecassino. Ma anche in soli dieci anni può cambiare ogni cosa.
- Quindi dove ferma?
- Non ferma. - gli fece l'uomo, allontanandosi – Non per lei.
- E allora chi aspettava, qui? - gli gridò con la voce che tremava.
- Lei, John. Ha un ultimo treno su cui salire, non è vero?
- Si sbaglia: non devo andare da nessuna parte.
- Sì, invece, ha il biglietto in tasca.
John affondò le mani nel cappotto, ma vi trovò soltanto la lettera ricevuta quella mattina. Lo sconosciuto aveva ragione, aveva un ultimo treno da prendere. Un fischio: stava passando proprio adesso. Era tutto finito, ormai da dieci anni.
Mosse un passo, un altro, fino al limite della banchina. Quello dopo poggiò sul vuoto.
Ricordati, Edward. Ricordati di me e di Waterloo.
Il foglio volteggiò un istante, prima di posarsi al suolo.



- E' arrivata questa lettera per te.
Emily l'aveva lasciata sul tavolo della cucina, assieme alla busta della spesa. John si sorprese, nel constatare che nella riga riservata al mittente campeggiava il nome del suo vecchio compagno d'armi Kenneth Bradford.

«Mio caro Westwind,
ti scrivo in una dolorosa circostanza, per darti notizie riguardo il nostro amico Hastings. Mi sorprende che le strade di due persone tanto legate come voi si siano separate tanto presto, ma si sa che la lontananza sfibra molti rapporti. Tuttavia, mi sembra doveroso informarti che Edward ci ha lasciati martedì scorso, dopo più di due anni di sofferta battaglia contro la malattia.
Ciò che più mi intristisce è che tale battaglia sia stata combattuta in completa solitudine. A parte gli amici del Circolo dei Veterani, il povero Ed non aveva nessuno accanto. Non si è mai sposato: una vera stranezza, se si pensa a quanto fosse un caro e bel giovanotto.
Ad ogni modo, contiamo nella tua partecipazione alle esequie, il 26 di questo mese. Se volessi contribuire alla corona di fiori assieme a noi membri del Circolo, la quota dovrebbe ammontare a circa... »

Il resto delle chiacchiere di Bradford non lo interessava.
Solo. Edward aveva passato il resto della sua vita da solo e da solo, adesso, se n'era andato.
Non c'era stato più nulla, dopo Waterloo.

 

 

- Largo! Fate largo! Restate indietro! Cos'è successo, esattamente? Ci sono dei testimoni?
- Un uomo s'è buttato sotto il treno.
- Volontariamente?
- Ma è stato spinto?
- Un suicidio, ci scommetto.
- Sì, c'era anche una lettera.
- Di addio?
- Macché, solita corrispondenza. Non si sa nemmeno se è del morto.
- Dov'è il macchinista?
- L'hanno portato via in ambulanza: era sconvolto, poveretto.
- C'era anche un signore, qui, prima. Ne sono sicura. Mentre quell'altro si buttava, c'era un signore con un pastrano nero.
- Dov'è? Dobbiamo interrogarlo.
- Non c'è. E' sparito!
- E' impossibile, signora. Abbiamo bloccato subito tutte le uscite.
- Agente, le dico che non c'è. Lo riconoscerei.

 

 

Ricordati, Edward. Ricordati di me e di Waterloo.

 

 

 

 

 

Note e Credits:

Questa è una di quelle storie che io chiamo “del dormiveglia”, perché l'idea è arrivata così, da sola, di notte, senza averla cercata. So che c'è parecchio cliché, qui dentro: confesso di averlo anche un po' voluto; mi andava di scrivere qualcosa abbastanza di maniera, concentrandomi più che altro sullo stile e sul “montaggio” piuttosto che sull'originalità della trama.

Pur non essendo una songfic in senso stretto, c'è una pesante ispirazione musicale dietro – alla quale devo anche il titolo - che è questa: Rendezvous 6:02 degli UK. Poi ci sarebbe anche il resto della colonna sonora ma è abbastanza secondario; però, se volete, vi rimando a Samarcanda e a Lady in black. Infine è presente un omaggio al Maestro Bergman, ma quello mi pare evidente, se avete visto Il settimo sigillo ^^

Grazie per la pazienza, per esservi fermati e se vorrete lasciare traccia del vostro passaggio ^^
Bisous ♥
Marguerite.

 
   
 
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