Era
la prima volta, in quei quattro anni, che Elsa avrebbe desiderato
chiudere
nuovamente le porte e buttare fuori tutti, incluso il fresco maritino.
Uniche
eccezioni, ovviamente, Anna, Olaf, Kristoff e Sven. Loro li avrebbe
sequestrati
e rinchiusi nella sua stanza, dove si sarebbe rannicchiata
abbracciandoli come
fossero stati una enorme coperta di Linus umana.
E
invece, ora si ritrovava regina, e questo andava bene, E moglie.
Moglie
di Hans…!
Le
sue dita pizzicavano nascoste dai soliti guanti (erano
un’utile barriera, le
facilitavano il controllo della magia, quindi non aveva mai smesso di
usarli)
ma stavolta di un bianco verginale in accompagnamento al delizioso,
semplice ma
raffinato, abito da sposa. Come avrebbe potuto liberarsi di quel
fastidioso
pizzicore? Congelando o strozzando il marito a mani nude? Questo era il
dilemma! No, il dilemma più grande era che non poteva fare
né l’una né l’altra
cosa, anche se, oddio, come lo avrebbe desiderato, mentre il verme le
prendeva
la mano e l’accompagnava al centro del salone per aprire le
danze.
“La
mano sulla schiena, toglila da
lì! Ma guardalo come ci sta prendendo gusto! Guarda che so
che hai capito
benissimo quello che voglio, piccolo verme schifoso, sennò
non faresti quel
sorrisetto compiaciuto! Oh, guardiano che sei rimasto nel mio castello
di
ghiaccio sulla Montagna del Nord, quanto sto rimpiangendo la tua
assenza in questo
momento!”.
Fortunatamente,
avevano avuto l’obbligo di aprire le danze, non danzare
sempre insieme.
Al
termine del ballo Elsa
si allontanò con
nonchalance e nessuno ci trovò nulla di male. Nessun altro
ospite poté ballare
con la sposa, solito riserbo ormai accettato come parte della
personalità della
regina, che cosa ci si può fare? Elsa venne reclamata da
Anna, Kristoff (anche
per la coppia solo un ballo, dietro minacce della dolce Anna al suo
cavaliere,
che non voleva mostrarsi per troppo tempo come l’impedito,
zotico elefante nel
negozio di cristalleria) e Olaf. Per ovvie ragioni, la renna non era
stata
ammessa alla sala, ed Elsa, pur essendo regina, avevo deciso di
accondiscendere
a tale scelta. Non per impedire il guasto di una caduta di stile nel
solenne
ricevimento reale, sia chiaro, ma per avere l’ottima scusa di
tagliare la corda
e uscire con i tre amici a far compagnia
a Sven.
“Oh
Elsa!” il lamento di Anna suonò straziante
nell’animo di Elsa mentre le sorelle
si abbracciavano con trasporto. Lì all’aperto,
nella solitudine dei pressi
delle scuderie reali dove alloggiava Sven, non c’era bisogno
di fingere che
tutto andasse bene (non ci sarebbero stati mai più segreti
tra le sorelle, Elsa
lo aveva giurato sulla memoria dei genitori).
“Tutto
sommato, le cose potevano andare peggio” disse Elsa, e Anna
si separò
guardandola sgomenta. Il verme a casa loro. Poteva davvero andare
peggio?
“Devo
soltanto sopportare la presenza di un verme al mio fianco. Non ci
farà del
male, non potrebbe farcene senza rimetterci. Ora, mi aspetto che non
sia
abbastanza idiota per farlo”.
“Esatto
Elsa” Kristoff aveva ormai raggiunto abbastanza
familiarità con la sorella
della sua … a-hem … amica,
da poter
dare del tu alla regina, con il benestare della sovrana ovviamente.
“Devi
soltanto tenerlo al suo posto. Se c’è qualcuno che
può farlo quella sei
sicuramente tu!”.
“Certamente,
e se non dovesse capire bene la situazione, un paio di stalattiti dove
non
batte il sole non gliele toglie nessun al nostro principe!”
esclamò Olaf.
Le
sue parole ebbero subito un effetto sdrammatizzante sul terzetto, che
immaginò
anche senza volerlo il povero Hans
alle prese con le peggio cose che una mente vendicativa poteva
concepire.
“Oh,
Olaf, se non esistessi dovrebbero inventarti!” .
“A
questo proposito Elsa” proseguì baldanzoso il
pupazzo “potresti inventarne
quanti ne vuoi, di pupazzi di neve! Non mi dispiacerebbe avere un
amico. Non
fraintendetemi” si affrettò ad aggiungere
“voi siete miei amici e vi voglio un
mondo di bene, ma qualche volta penso a come sarebbe bello avere vicino
qualcuno che mi assomigliasse!”.
“Penso
di capire cosa intendi” rispose Elsa “tu sei un
pupazzo e noi esseri umani.
Cerchi qualcuno non diverso da te”. Elsa poteva capire
eccome. Non aveva idea
se, al mondo, esisteva qualcuno come lei, con strani e pericolosi
poteri. Anche
se ce ne fossero, chissà quanto lontani erano …
chissà, se ne avesse conosciuto
qualcuno durante l’infanzia, avrebbe avuto così
paura di se stessa?
“Elsa,
non è un’idea malvagia! Potremmo creare una
fidanzatina per Olaf!” esclamò
Anna.
“Ci
risiamo!” sospirò Kristoff, scuotendo la testa
davanti alla ragazza entrata nuovamente
in modalità romanticismo da diabete.
“Un
amico maschio andrà benissimo” borbottò
Olaf, che su certi argomenti non era
tanto diverso dal montanaro.
“Allora
proverò subito!” esclamò Elsa. A parte
il fatto che voleva pensare a tutto meno
che al verme che probabilmente l’attendeva
all’interno del castello (ma più
probabilmente si stava gustando il ricevimento da protagonista
assoluto), il
pizzicore alle dita non era ancora passato, segno che la magia anelava
di
manifestarsi.
Si
tolse i guanti mentre si allontanava di pochi passi dal gruppetto. Si
fermò e,
ad occhi chiusi, concentrò in sé
l’energia e la diresse verso le sue mani. Non
era molto diverso rispetto al lavoro di un artigiano, seppur con le
ovvie
differenze soprannaturali (ricordò che la similitudine
gliel’aveva suggerita
Kristoff): con un’idea in testa e la propria energia, le mani
come strumento e
il ghiaccio come materiale, poteva creare meraviglie.
Sotto
il suo controllo, vide la luce un nuovo pupazzo di neve.
Non
era graziosissimo ma nemmeno brutto, comunque Olaf non aveva mai visto
un
pupazzo più bello di quello, a parte lui, beninteso. Era
eccitatissimo come un
bambino la mattina di Natale.
Mentre
sistemava sopra la testa della sua creazione la nuvoletta di neve che
gli
avrebbe garantito la sopravvivenza, Elsa si sentì
commuovere, come sempre e
accadeva ogni volta che, col suo potere, donava un po’ di
felicità a qualcuno.
Il
nuovo pupazzo aprì gli occhi chiari (erano semplici solchi
disegnati sulla
neve) e si guardò intorno con espressione incerta. Il
sorriso composto da bianchi
sassolini si allargò quando udì la voce di Olaf
che si stava avvicinando a lui.
“Ciao,
io sono Olaf e amo i caldi abbracci! Tu chi sei?” gli chiese
con aspettativa.
“Nasco
bianco, fresco e bello
con
la faccia da monello,
del
bel sole ho un gran terrore:
mi
distrugge in poche ore.
Ho
la testa, ma non ragiono:
insomma,
chi sono?” recitò il nuovo.
Il
sorriso si fece un po’ incerto.
“Non
me lo ricordo. E comunque” proseguì ancora rivolto
in direzione di Olaf e
del gruppetto ammutolito ma senza guardare
nessuno “Non è che potreste accendere la luce?
È tutto buio qui!”.
FINE
Buondì
a
tutti carissimi!
Vi chiedo
scusa per il lieve ritardo, ho avuto degli impegni improrogabili che mi
hanno
tenuta lontano dal computer per diverso tempo.
Voglio
ringraziarvi tutti per il sostegno che date alla mia fanfic! Spero di
non
deludervi!
See you next
week, people! ;)
Adri