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Autore: Amy Tennant    05/03/2014    6 recensioni
L'ultimo Signore del Tempo ha perso la sua sposa e il dolore lo sta facendo impazzire. Un uomo che non è un uomo, sta diventando un terribile dio vendicativo. Desidera salvare l'unica cosa che per lui abbia senso a costo della sua anima e dei mondi. Ma va fermato. E ucciso.
Un universo parallelo a quello conosciuto mentre il tempo e lo spazio si stanno sgretolando.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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L’orizzonte era viola per la luce che filtrava dai fumi ed ogni cosa sembrava scricchiolare di paura, in mezzo a quel luogo dove i rami degli alberi secolari erano tanto bianchi da sembrare ossa consumate dal tempo. Inverno, terra gelida, compatta e durissima come per rispondere ai pugni. Gelido anche quel cielo di nuvole pesanti confuse con il fumo in foschi spettri di mostri, mostri terribili con fauci spalancate come sbadigli silenziosi nel nulla. Sembrava esserci troppo silenzio. Questo anche se si affannavano tutti, senza sosta, trascinando i cumuli di quelle piante spinose alle fiamme.
Ancora qualcuno che le coltivava. Sebbene fosse proibito e andassero distrutte ovunque. Erano così belle da fare male. Facevano il male peggiore: facevano morire i mondi.
La bambina guardò tutto con profonda pena.
Qualche fiore tardivo, gettato nel fuoco con odio, si accartocciava incredulo arrotolando infelice i petali strappati con violenza.
  • Mamma, cosa succede? – gemette afferrando un lembo del vestito della donna che, spaventata, gettava rabbiosamente nel fuoco delle radici resistenti come corde, ancora legate alla terra da cui le avevano strappate con furia – mamma…! – la chiamò più forte e la donna la fissò. Le labbra strette come una linea di pietra su una faccia sbiancata. Non disse nulla, come non ce la facesse.
Attorno notizie in frammenti.
Anche lei sapeva, dell’uomo che non era tale.
Dicevano avesse un bel viso. Dicevano fosse tremendo.
  • Lo hanno visto. Era LUI… ! – lo sentiva dire con voci tremanti. E poi altro, che non capiva. Anche in quel momento.
 
Ogni pensiero e ogni parola furono rotti da quel suono.
Gemiti di paura e urla.
 
Cosa fosse non si sapeva, era un respiro, un lamento metallico, un’eco di qualcosa.
Le storie ne parlavano in vari modi e tanti erano i nomi che aveva avuto. La bambina pensò che era sordo, strano, ma non così cupo. Era un suono che aveva superato il vento e con esso ogni voce e mormorio attorno.
E quindi la videro, sulle colline.
La porta blu, quella dell’inferno. Il luogo dal quale l’angelo nero si affacciava al mondo che stava per morire. Cercava quei fiori, distruggerli era il modo migliore per non farlo arrivare. Eppure era giunto lo stesso.
Le opposte lune parvero scintillare come falci appena la porta si aprì e lui uscì.
Un uomo vestito di nero, alto e sottile. La bambina dai capelli rossi lo guardò diversamente da tutti gli altri, alcuni iniziarono a gridare e scappare, molta confusione e nessuno aveva idea di quel che sarebbe accaduto. Avrebbe alzato il mare con le mani? Poteva farlo? Sembrava così fragile, ai suoi occhi!
Avrebbe bruciato ogni cosa? E come, con le fiamme che aveva dentro?
Avrebbe semplicemente fatto cadere le stelle dal cielo, questo dicevano.
Pure aveva notato che fossero sempre di meno.
Il suo fu un istinto feroce, come fosse dettato dalla memoria di qualcosa che non ricordava del tutto ma che conservava lo stesso dentro di sé. Vicino al cumulo davanti a cui era, prese qualcosa e quindi si arrampicò sulla collina dove lui restava in piedi, solo, lo sguardo fisso altrove.
Immobile come pietra, come un albero morto. E quando a fatica e sporca di terra fangosa gli fu vicina, lo vide chinare appena il capo e poi rivolgerle uno sguardo lucido e sofferto.
Non era il male assoluto ciò che vedeva in quell’uomo, pensò. Era malattia e un dolore estremo.
Allo specchio della propria stanza aveva fissato sé stessa per giorni e giorni, dopo il funerale di suo padre. Erano uguali i suoi occhi. Ed erano belli, più che terribili.
Barcollando si avvicinò ancora, la mano stretta a quel che aveva preso e faceva male. Davanti a lui gliela porse con mano tremante e lo vide irrigidirsi. Si spaventò ma una lacrima rigò il viso di quell’uomo, tutt’altro che indifferente.
L’angelo nero prese la rosa bianca dalle mani della ragazzina. Era sporca di sangue e l’orlo dei petali già sciupato. Stava appassendo era morta. Ebbe una fitta all’animo, per l’ennesima volta.
E così la furia sorse improvvisamente dal suo corpo che sentiva bruciare e dolere. Sentì ardere il suo sangue e la collera divampò nei suoi cuori al pensiero di quei roghi.
La odiavano così tanto?
La odiavano perché lui la cercava? Perché l’aveva amato?
Strinse forte il gambo spinoso di quel fiore senza più foglie e non sentì male, ma il suo sangue si mescolò a quello della ragazzina che continuava a fissarlo con gli occhi dorati come il fondo delle fiamme per le rose.
  • Come ti chiami…? – le sussurrò con voce ferma ma in cui lei percepì una strana debolezza.
  • Io… sono Amelia – rispose indecisa. La bambina vide una scintilla di fuoco negli occhi nerissimi dell’uomo davanti a lei ed ebbe finalmente paura, arretrando da lui che aveva spalancato il suo sguardo terribile perdendo ogni riflesso umano vi avesse prima visto.
Amelia. Capelli rossi e occhi dorati.
Ricordò quella ragazza davanti a lui, urlargli folle di paura, che dovevano fermarlo perché non sgretolasse l’universo, che dovevano annientarlo e costringerlo al silenzio perché tutto non finisse miseramente. Tutto perché lo dicevano le voci in una crepa, una crepa in un muro.
Le voci che urlavano il suo nome e raccontavano storie orribili.
Amelia Pond le sentiva fin da bambina ed aveva predetto in Lui la fine. Era per questo che l’avevano avvelenato. E così aveva ucciso suo figlio ed ogni altra speranza perché tutto ciò che gli restava era in Lei. Che se n’era andata sulla Terra, tra le sue braccia, nella casa di un’amica. Distrutta poco dopo perché LORO la volevano anche se morta. La volevano e approfittando della sua debolezza l’avevano avuta.
Donna lo aveva protetto ma perso tutto. Lo aveva difeso perché non morisse e in un primo momento si era disperato, per questo. Ma a lei, alla sua amica, non restava che lui.
Vendetta. Donna l’aveva invocata, chiesta a Lui come non avrebbe osato chiederla ad un dio. Vendetta.
Per entrambi, fino alla fine.
Il Dottore era morto in quel momento.
Era caduto. Si era alzato in piedi un Altro, che aveva iniziato ad esistere e resistere da quel momento.
Aveva quindi inseguito il Silenzio, con per mano Donna Noble a sostenerlo perché non guariva, peggiorava, e l’universo oscillava irrealmente davanti ai suoi occhi scuri e allucinati. Gli bruciava il sangue e il gelo calava insieme. Mutava dentro come non faceva fuori. Donna invece gli era diventata sorella. Simile nel senso peggiore, ormai. Insieme avevano distrutto ogni cosa si fosse frapposta tra loro e chi cercavano. Dopo secoli, quelle mani che non riuscivano a stringere un’arma senza tremare per l’orrore, avevano nuovamente ferito e distrutto, e Lui perso qualunque cosa di umano avesse mai avuto dentro ed anche il suo eterno rimorso. Non sentiva più nulla.
Il Dottore era morto sulla Terra, con sua moglie. Il Signore del Tempo invece era ancora vivo e provava piacere nell’uccidere, per la prima volta. Aveva riso, riso sarcasticamente al suo riflesso su ogni cosa in pezzi e quando aveva sentito l’impulso di urlare aveva riso più forte per coprire con la sua voce quella degli altri.
Urla orribili, suppliche. Ma a chi? Chi era Lui?
Solo le ceneri del Dottore, mescolate a quelle di Rose Tyler.
Ma tra quelle ultime fiamme, prima di portare via quel che restava di lei, aveva visto una bambina.
Un istante, fuoco sul fuoco e dentro il fuoco stesso. L’aveva sentita dentro, fortissima. Forte come non sarebbe potuta essere. Gli occhi di entrambi avevano brillato irrealmente guardandosi come da una distanza estrema che non esisteva e lì aveva percepito ancora una volta … l’Errore.
Lo sapeva, lo sentiva.
Tutto era sbagliato, tutto precipitava in un senso differente, tutto si era aggrovigliato in un nodo che diventava sempre più fitto e tutto perché mancava qualcosa.
Ma ormai non gli importava. Lui desiderava solo riavere Rose, solo Lei.
… Riprenderla.
Era allora che aveva capito come fare, che l’insana speranza si era riaccesa del tutto, oltre quella promessa che le aveva fatto alla fine.  
Che tutto andasse in rovina e tutto il Tempo!
Che tutto finisse miseramente come Amelia Pond aveva cercato di impedire.
Gli occhi bui del Signore del Tempo avevano brillato ed anche quella bambina, che per un istante vide già adulta, ma come fosse diventata una lama tagliente. Gli occhi chiari di lei che erano mutati e divenuti trasparenti come acqua ferma ed avevano riflesso, terribili, quelli che Lui aveva in quel momento.
Ed era così accaduto. La sua mano si era fermata. Per l’ultima volta.
Davanti ad una bambina.
Ed ora un’altra innocente tremava davanti a lui, senza neanche avere più la forza per scappare.
Sarebbe stata una bambina, quel figlio.
Una bambina; Rose e lui insieme.
Il fiore tra le mani gli parve tristissimo e il suo sguardo si addolcì nuovamente, di confine al pianto.
  • Hai… dei bellissimi capelli rossi, Amelia… - sussurrò gentile.
  • Come mio padre, li aveva lui – dal suo tono, capì. Una bambina senza padre, un uomo senza figlia.
Provò l’impulso di toccarla. Di accarezzarla, di consolarla. Di prenderla per mano, di portarla via persino. Tremò dentro, di nuovo, guardando un’altra bambina che però non lo odiava e non l’avrebbe mai odiato.
Ma le sue mani non erano più in grado di stringere qualcosa e toccarla senza distruggerla.
Il suo corpo soffriva, era la sua gabbia scricchiolante e lui una fiera ferita. Una fiera mostruosa.
Vedeva in quella bambina però, dopo molto tempo, riflesso altro. Un uomo. Un uomo sfinito.
E parlò come tale.
  • Amelia… – sussurrò e la sua voce parve quasi dolce in quel momento – tu devi andare e dire una cosa a chi ha acceso quei fuochi, due parole e basteranno per sempre. MAI PIU’, AMELIA – la bambina tremò. Lui aveva negli occhi un muro infinito, e una crepa dentro – Voi non dovete bruciare mai più le rose. Non sono maledette, sono solo… fiori. Bellissimi fiori… - aggiunse ma non si riferiva alle rose ma solo ad una. Colei che come ombra sentiva sulla sua pelle solo quando stava per morire. Appena il suo respiro si incrinava, sentiva dentro quello di Lei. Avrebbe voluto morire, in quell’istante. Insieme a lei. Che però sembrava volerlo ancora vivo.
… Rose…
Pensò. E chiuse gli occhi, come avesse potuto vederla e la sua vista fosse troppo dolorosa in quel momento. Amelia comprese che soffriva tanto. Troppo. Ma non poteva sapere. In fondo era la parte della storia che non conosceva nessuno, non davvero.
  • Io non voglio che le brucino – disse esitante e negli occhi scuri del Signore del Tempo si schiarirono per un breve momento  – e non sono la sola. Molti non vogliono che vengano distrutte.
  • Voglio che vivano. Ora sono in sua memoria, portano il suo nome. Molto tempo fa è stata lei, ad avere il loro – Lei. La donna di cui parlavano le storie.
  • Dicono che tu cerchi qualcuno che non trovi…
  • Nessuna che sia qui. Qui vi sono solo… fiori – ripeté Lui e la guardò come potesse toccarla dentro. Ma nei suoi occhi di nuovo spaventosa durezza, buio liquido, un precipizio che faceva tremare. La bambina ebbe paura e Lui irrealmente sorrise.
“Tutte le notti insieme” ecco come chiamavano quella creatura.
In quel momento comprese perché.
  •  Non toccate mai più le rose oppure io tornerò e non mi vedrete neanche perché sarà la notte più oscura, la tempesta senza rumore. E semplicemente sul tuo cielo… Non albeggerà mai più – la sua voce, calmissima, fu tremenda. Ogni parola la scosse. L’angelo Nero abbassò lo sguardo da lei quasi scostandosi, arretrando verso le porte semichiuse alle sue spalle – vai… - disse fermamente come fosse un ordine e la bambina lo fissò, le gambe le tremavano e lui ebbe un respiro doloroso, così le parve. E il dolore le fece paura. Amelia vinse a stento la tentazione si avvicinarsi a lui e indietreggiò indecisa, continuando a guardarlo poi qualcosa dentro di lei si spezzò. Fu il coraggio. Si voltò quindi verso dove erano i fuochi, dove molti restavano a guardare, impietriti, una bambina e l’angelo Nero insieme. Amelia corse quindi giù dalla collina fangosa, corse via da Lui più veloce che poteva, gli occhi pieni di lacrime per lo spavento e per il dolore. Non avrebbe detto che piangeva perché aveva sentito il dolore di quella creatura pesarle dentro, come un masso sul petto. Un altro segreto.
Come il suo amore per le rose.
L’angelo nero non la guardò andare via, gli occhi fissi su quella rosa sfatta. I fumi delle piante verdi li sentiva dentro e provava rabbia.
Per mantenere la sua promessa semplicemente voltò le spalle a quel cielo di quel mondo di cui non sapeva neanche il nome e si chiuse dietro le spalle quella porta, per tornare nel suo inferno.  
 
**
Il Tardis si materializzò sulla spiaggia pietrosa, la marea si era ritirata lasciando lunghe pozze come specchi che sembravano strisce di cielo intero, a terra. Le porte si aprirono e il capitano Harkness andò avanti sostenendo il Dottore, pallidissimo e tremante. Con occhi preoccupati fissò il suo viso. Il suo respiro era più regolare ma riuscire a farlo mangiare era difficile. E quasi non parlava. Irreale, in lui.
Gli aveva però chiesto di inserire le coordinate per quel luogo. Il tempo era quello che poteva avere in quella Terra, i momenti per incontrarla. Non sapeva ancora tutto. Non era però dove l’avrebbe incontrata per cercare di portala via con sé. Perché lì allora?
Comprese, da come i suoi occhi furono sulla riva e le pietre e poi sul cielo, che quel posto era molto importante. Si sentì stringere sulle spalle, il Dottore tentava di tenersi più dritto. Lo sostenne in modo più deciso ma in silenzio. E silenziosamente Lui lo ringraziò.
  • Pessima giornata… - disse Jack.
  • Qui è sempre così. Almeno lo è ogni volta che vengo qui.
  • Ogni… volta? – il Dottore annuì.
  • È un posto… che ho trovato sempre identico, in ogni mondo che era questo. Sempre. Come… non fosse possibile per il tempo… cambiarlo.
  • Perché siamo qui? – chiese semplicemente Jack. Il Dottore accennò ad un amaro sorriso.
  • Perché lei per me, qui… ha pianto. Ed io ero lontanissimo ma ho pianto anch’io… - Jack comprese e si guardò attorno con una diversa consapevolezza del perché fossero lì. Era quella baia. La spiaggia. Quella di cui Rose aveva detto più di una volta e il cui ricordo li portava ogni volta a stringersi più forte, come increduli di non essere più separati da quel muro. Il muro. Lui ne aveva parlato, lo aveva definito in vari modi. Sembrava che dovesse finire tutto, dietro quel muro. Per sempre.
E non era stato.
Tutto stava finendo in un altro modo.
  • Rose non si è arresa e tu pensi sempre a questo, vero? – Jack pensò che fosse da lui. Del tutto. Per come lo conosceva. Il Dottore tacque. Si era già rassegnato a quella risposta silenziosa quando invece parlò. E il suo tono lo sorprese perché la voce terribile di cui parlavano tutti era invece stanca e non priva di tenerezza. Verso di Lei e solo Lei. Purtroppo.
  • Lei ha fatto qualcosa che nessun altro avrebbe potuto fare e solo perché voleva raggiungermi. Anche se non avrebbe potuto, anche se solo… umana… Lei è tornata da me. Ed io allora non ho potuto fare altro, non ho voluto e… gliel’ho promesso quando è morta. Le ho promesso che l’avrei salvata.
  • Non lei, però – gli occhi scuri del Dottore diventarono terribili.
  • LEI DEL TUTTO – disse con tono tagliente e lo lasciò, restando un momento in piedi da solo e poi addossandosi appena alle porte del Tardis. Stese la mano contro di esse e le accarezzò. Jack lo fissò con comprensione, mentre tratteneva il dolore fisico. Lo provava, ancora. Andava scemando ma c’era. Un istante e poi lo vide già più calmo, rivolgere il suo sguardo su di lui – tu non puoi capire – sussurrò il Dottore - è vero… ogni persona è ripetuta come tale in un mondo parallelo ed in fondo non è la stessa creatura anche se lo è insieme, hai ragione. Ma Rose…! Io l’ho sposata, Jack. Lei è mia! Io le ho dato il mio nome. E lei lo ricorda, lo ricorda in modo singolare perché dentro di lei vi è la traccia di ciò che è accaduto quando è stata…
  • La Dea di cui mi hai detto quella volta, vero? L’Umanissima Dea che mi ha reso immortale…  - ripeté più piano.
Rose era stata responsabile di ciò che era adesso. Ma non aveva mai visto questo come una sua colpa.
In fondo aveva avuto l’occasione di essere eccezionale. Lo fissò, il vento scompigliava i loro capelli e il viso del Dottore era affilato, altero. Giovane. Sembrava però molto più vecchio negli occhi e si chiese quanto tempo fosse passato. Quanto per davvero. Lo sentì sospirare e pensò che in quel momento, nonostante ogni altra cosa, sembrava umano.
  • Sento che mi trovo qui per l’ultima volta – disse e sorrise, stanco - sono qui per la seconda volta in questo mondo – Jack lo fissò stupito.
  • Credevo che…?
  • Qui l’ho già incontrata, lei era una bambina…
  • Dottore ma tu… !
  • Anche se stavo per morire io… dovevo provare! – chinò il capo per un momento. Rabbia, dolore. Impotenza davanti al suo destino. Tutto evidente, in quel momento – speravo di riuscire a stare con lei. Speravo di trovarla. E forse … avrei accettato di cambiare, con Rose. Nuovamente i suoi occhi, per primi. Nuovamente LEI. Saremmo stati nuovi entrambi, entrambi di nuovo insieme.
  • I tempi stanno crollando, Dottore.
  • Lo so – disse con fermezza e poi aggiunse un sorriso triste – ma scegliendo un luogo, un solo punto, nascondendo noi stessi ad ogni altro mondo, lei avrebbe vissuto tutta la sua vita con me. E poi la nostra tomba sarebbe stata il TARDIS. Le ho detto qualcosa che ha ricordato e ricorda, la mia traccia indelebile… Una traccia più forte di qualunque altra volta.
  • Parli come se l’avessi costretta ad amarti…
  • Costretta? No. Lei si innamora di me, sempre - sorrise con tristezza infinita – tutte le volte che l’ho incontrata ed era diversa, di età diverse… lei… - scosse il capo come cercando le parole adatte. Le trovò Jack.
  • Lei ti riconosce, vero? – il Dottore lo guardò e annuì.
  • Sì. Mi riconosce. Rose… lei è una viaggiatrice del tempo e questo l’ha cambiata per sempre ma soprattutto lei è mia moglie. Ricorda di esserlo, di essere mia. Lo sa.  Se ci incontrassimo un attimo, un solo momento, tra tutti… lei saprebbe che la sto cercando e desidererebbe essere trovata perché mi sta cercando anche lei. Non smetterò mai di cercarla.
  • Smetterai, Dottore. Questa è l’ultima volta.
  • Sì, lo è. Lo so. Riuscirò… a portarla via di qui.
  • E dove andrete? Lontano, come volevi? – il Dottore tacque di nuovo. Ma non avrebbe detto altro al proposito, era evidente. Jack sapeva che Lui ers perfettamente cosciente del fatto che in ogni caso non vi era più tempo per lui e Rose, il nulla se non un breve attimo insieme, prima del crollo di tutto.
E ad ogni cosa il mare sembrava tremare, indifferente. Seguì il respiro ancora ansioso del signore del Tempo, era stanco e si vedeva.
  • Dovresti riposare…
  • Sì… devo farlo ma voglio ancora qualche momento – sussurrò chiudendo gli occhi. Jack si chiese se era il suo modo di guardare Rose, ormai. Si chiese quante volte era stato davanti a quel mare e pensò che avrebbe tremato, alla risposta. Il Dottore aprì gli occhi - Jack…
  • Dimmi.
  • Quante… volte è accaduto?
  • Cosa? – gli occhi del Dottore furono su di lui, nei suoi occhi chiari. Comprese e abbassò lo sguardo. Allora ricordava. O forse era rimasto troppo sangue sulle pareti e non era solo il suo, sangue.
  • Non importa…
  • Quante?
  • Una – lo vide socchiudere gli occhi, un istante - ma è stata colpa mia, mi avevi avvertito – lo sentì sospirare piano e fissare il mare.
  • Mi dispiace… mi dispiace veramente… - sussurrò scandendo quelle parole come se non le pronunciasse da secoli e forse era così. Jack lo fissò, gli occhi umidi di salsedine, lucidi come quelli del signore del Tempo.
  • Dottore…
  • Jack, ora è il caso che tu mi parli di Lui.
  • Di… loro – lo vide sorridere appena.
  • Certo. Non è la prima volta che accade. Dimmi di loro...
  • Uno proviene dal futuro.
  • Non poteva essere diversamente, ha trovato la cura.
  • L’altro invece… è del tuo passato – il Dottore annuì. Logico – ma è forse qualcuno che non ti aspetti. E’… l’uomo che eri prima di chi sei adesso…  - lo vide rivolgergli uno sguardo strano, nei suoi occhi una scintilla indefinibile. Ebbe l’impressione che avesse pensato a qualcosa che lui non aveva considerato e dopo tutto, era quello che aveva fatto l’uomo che l’aveva spedito dove non sarebbe potuto andare. L’angelo Nero era la stessa persona di quel pazzo bugiardo che aveva conosciuto.
Era il Dottore.
E comprese che non gli avrebbe detto altro. Non subito.
  
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