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Autore: Dulcamara_KR    06/03/2014    1 recensioni
L'Anello si accende ancora una volta al suo Richiamo, ma il richiamo si interrompe all'alba di un nuovo silenzio.

E le mani di Sméagol si sciolgono, ma il tesoro rimane per sempre.
[Raccolta diaristicaFrodo Baggins e Gollum.]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frodo, Gollum/Smeagol, Smeagol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luna bianca, luce spenta e la notte che cammina lenta.
 

Anno 1418, Terza Era Campagna di Buckburgo, Crifosso.


Le luci sempre più deboli bagnate dal bianco tocco del Brandivino non si dimenticano, come questi passi confusi che non so quanto sapranno spingersi avanti, se giungeranno alla fine del sentiero o dove si spingeranno, queste lune annebbiate che sembrano illuminare con luce debole soltanto un pezzo di vuoto, un cammino di maledizioni invisibili dove sottrarsi all'oscurità che ci perseguita diventa sempre più difficile.
Vedo ancora una volta calare fioche luci notturne nella notte come nebbia eterna, come soffio pesante, come l'ultimo bacio materno di un ricordo sonnolento e affaticato, e forse anche un po' nostalgico.
Penso che giungere qui sulle sue sponde mi abbia tolto il respiro, lasciando che potesse perdersi nell'aria silenziosa della notte, che mi abbia calato nelle sue acque gelide per guardare con sguardo vigile e diverso quei ricordi distanti che si costruivano nella mia mente come vivida immagine dal sapore non troppo piacevole, come braccia spigolose di un legno troppo leggero per affondare, troppo fragile per restare a galla e troppo sporco per rinascere ancora una volta in un giovane volto di madre, in una giovane dimora di padre.
La barca è scivolata troppo presto su quel fiume che scorreva rapido, troppo veloce per lasciarmi procedere con la stessa rapidità di una volta, con lo stesso passo schietto che passeggiava un tempo su queste lande ore desolate, su questa terra natia perduta che mai ha fatto ritorno; una terra i cui sentieri avevo ormai cessato di percorrere, le cui parole avevo ormai cessato di ascoltare.
Forse, dopotutto, sono stato io a fuggire, a desiderare di proiettarmi dove quel fiume troncato non potesse più osservarmi, dove non potesse più leggere i miei pensieri da bambino imprudente e rivestire le mie giornate di malinconica allegria.
Ho abbandonato le sue terre, i suoi colli scoscesi, le sue valli fiorenti; ma il tempo non ha sancito la fine del suo interminabile percorso. Mi ha raccolto bruscamente concedendomi di dimorare nelle sue camere più nascoste, nei suoi segreti più distanti che ora stringo nelle mie mani come gemme inestimabili.
Ah, non sono pronto per portarle con me, non sono pronto per volgere uno sguardo al passato e sfumarle in questo oblio che mi appare sempre più affamato.
Le terre di Buck sembrano aver cessato di abbracciare il colore delle stelle, di essere baciati dal sole rilucente di quei giorni lontani, cessato di camminare sui verdi prati con l'allegrezza disivolta che il nostro piccolo popolo aveva sempre ospitato, seminato sui sentieri delle colline fiorite, sulle labbra affamate di un mezzodì che un hobbit non sapeva aspettare, sulle porte sempre aperte che riempivano di buon cibo, vino e sazietà quante più bocche ve ne possero alloggiare, quanti più sorrisi potessero irradiare le nostre piccole caverne colorate.
Ah, la viva e verde Contea!
Forse ho lasciato da tempo che il ricordo di Hobbiville sopraffacesse qualunque altra bellezza e prosperità io abbia mai incontrato in passato, che dissolvesse il vecchio paesaggio di un'infanzia partita per chissà dove. Dopotutto, è lì che giace ora la mia casa, è in quel frammento luminoso di Contea che ho trovato la pace, o perlomeno che avevo trovato.
Non riesco più a vedere Buckburgo con gli stessi occhi di una volta, se non come una terra ostile la cui aria mi parla di morte, di barche bagnate dal fiume, di corpi affogati.
Ed ora che una felice quiete mi aveva condotto tra le braccia di Hobbiville, dopo un arduo sforzo, ecco che devo lasciarla, mentre la Vecchia Foresta si estende davanti a noi in attesa di essere percorsa, in attesa di svelare il suo spaventoso mistero.
Devo dimenticare il bacio dei suoi venti gentili, dei suoi più dolci sapori, il silenzio di quella quiete inesauribile che ci concedeva un letto sicuro, quanto il desiderio di voler restare nelle sue calde lenzuola d'inverno.
Sono ora in fuga verso una comprensione che non si pronuncia, che si confonde nella mente come un inganno bugiardo o forse troppo reale per essere visto, stringendo tra le dita un abisso scavato dalle stesse mani che tanto desiderano colmarlo.
Il chiarore sulla strada, tuttavia, ci ha toccati ancora una volta contro ogni più oscura maledizione prevista dal nostro sentiero nascosto. Maggot ci ha saziati, ci ha condotti dove il fiume spalancava le porte alla nostra meta, dove la nera figura speravamo non potesse raggiungergi.
E Crifosso mi ha donato una piccola luce della quale godere con prontezza e senza troppa imprudenza in questa breve sosta che qui mi ha portato, con la quale potermi circondare dei piccoli doni di famiglia che con zio Bilbo avevo condiviso, che avevo visto nascere, spezzarsi, ricostruirsi; che avevo vissuto.
Ma la notte è calata anche su Crifosso, e mi chiedo quale scherzo la mia mente voglia tendermi, prima che io possa percepirne la sua natura, prima che io possa percepirne questo peso sempre più grande scavarmi il collo e parlarmi con parole che non sono capace di comprendere.
L'Anello parla lingue che non conosco, conosce verità che mai ho conosciuto, enigmi sui quali mai ho camminato.
Quali braci dovrò oltrepassare per raggiungere il vero fuoco, Gandalf?
Non posso aspettare, non posso indugiare.
I sogni senza luce vociferano durante la notte, parlano di creature confuse nella nebbia del crepuscolo, di tuoni troppo forti per essere ascoltati.
La scorsa notte sentii una voce sconosciuta, vidi un colle inesplorato accarezzato da una luna bianca.
Il sapore salmastro del mare rievocò ricordi che mi parvero irraggiungibili: non esitai a scalare la torre bianca per godere di quella sua brezza celata alle pendici, di una sua boccata rapida o di qualunque altra cosa di diverso e di remoto desiderassi in quel momento toccare, vedere, vivere.
Tesi il braccio a quel vento che mi toccò debole, privandomi di ogni capacità e volontà di scioglierlo dai miei fianchi; ma quest'ultimo parve sollevarsi nebbioso ed un fulmine ruppe la sua morsa squarciando il cielo, quanto la mia mente sbigottita che ne parve accecata. Non vidi altro: realizzai che la mia occasione era perduta, realizzai che mi trovavo nuovamente cieco dinanzi ad un tale incommensurabile frammento di infinito, realizzai che l'oscurità mi avrebbe una volta per tutte inghiottito sotto la veste bugiarda di un'ingenua avventura.
Era solo un sogno, e ben me ne rendo conto, ma non posso lasciare che queste immagini scorrano nella mia mente come una mera illusione priva di significato: non sono mai stato capace di mettere da parte i miei sogni ed i miei sciocchi presagi per il buonsenso del reale.
Molti deduranno siano l'imprevidenza e la schiettezza che contraddistinguono il nostro piccolo popolo a farmi da padrone, ma percepisco quanto vi sia di reale in tutta questa vicenda che mi si mostra sempre più percepibile, sempre più vicina, sempre più nascosta nella piccolezza dei miei gesti.
Temo che questo cammino sancirà l'epilogo della mia storia, che prima o poi mi strapperà gli occhi, rendendomi cieco ed incapace di osservare per un'ultima volta il volto quieto e radioso della Contea, ma sono consapevole come ogni indugio non mi sia concesso, giacché custodisco la consapevolezza di essere destinato a proseguire la trama di un manoscritto già da tempo iniziato e che ora, dopo secoli di storia, richiede impazientemente di essere terminato.
Perché le storie finiscono prima o poi, e la vita durerà fino a quando saremo capaci di convivere con la compiutezza di questo incerto pezzo di eternità.


Il cupo mistero si avvalla nel fosso,
grandi bocche affamate e poi rotto è l'osso,
il fango fumante ci sporca le mani
e noi caccerem felici questi visi arcani.
Ma la verde collin il buio vuol mangiare,
tanta birra a sazietà e l'oscurità può andare;
con una limpida luna qui si può dormire,
e l'abisso d'un tratto vorrà scomparire.
   
 
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