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Autore: fraviaggiaincubi    06/03/2014    1 recensioni
Dal capitolo 7
“Un’arma?”domandò debolmente e il Nazgul annuì soddisfatto che la sua preda si interessasse delle sue parole, non c’era niente di meglio che allarmarlo facendogli intuire su quale baratro stesse per scivolare la Terra di Mezzo. Con un sorriso sadico che l’uomo non poteva cogliere proseguì: “Esatto, un’elfa che contiene in sé anche il sangue di uno stregone della terra di Angmar.”si indicò con un gesto teatrale. “Capace di creare guerrieri invincibili...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 8
 
Colei che vola nel buio
 
Eccomi, scusate ho fatto una settimana di battifiacca, ridi e scherza e tanta poca voglia di scrivere, ma ho compensato traendo ispirazione guardando il primo film del Signore degli Anelli e ora sono pronta.
Avviso già anche a coloro che vedo seguono in silenzio la mia storia senza recensire che questo capitolo sarà diviso in tre parti: Gandalf, Arwen e Aragorn; Tauriel(niente Kili, vi tengo ancora sulle spine;D) e infine la prima comparsa di Bilbo e della causa di tutti i mali l’Unico!!!
In poche parole si inizia a seguire le orme di Tolkien.
Buona lettura!!!
 
 
Gandalf ascoltò quell’unica parola che mai avrebbe voluto sentire coinvolta in quella storia: Contea.
Le immagini della verde terra degli Hobbit gli passarono davanti agli occhi e lo stregone sospirò abbassando il capo e allontanandosi dall’elfa per guardare ancora una volta il burrone dove Ombromanto era precipitato dando la sua vita per salvarli.
Alla fine anche quel popolo viene travolto da Sauron, ma come è possibile che l’Unico sia lì?
La risposta attraversò la sua mente acuta come un lampo e Gandalf spalancò gli occhi grigi mentre veniva trasportato indietro, in un ricordo che a lungo era stato perduto.
 
“Ho trovato una cosa mentre ero nelle caverne degli orchi, sulle montagne”. Bilbo si agitò davanti allo sguardo indagatore di Gandalf e alcuni nani della compagnia si voltarono verso di lui.
Il viaggio per la Montagna Solitaria era sempre più pericoloso e sembrava che la notizia che lo stregone grigio li avrebbe lasciati per raggiungerli dopo il passaggio nel Reame Frondoso avesse scosso il giovane Hobbit.
“Che cosa hai trovato?”domandò Gandalf all’improvviso, colto da una strana sensazione. Il giovane Hobbit che era partito con lui dalla Contea verso un viaggio pericoloso per aiutare quel gruppo di nani a riconquistare un regno sotto custodia di un pericoloso drago sembrava diverso. Il grigio pellegrino notò che indugiava e lo sguardo allegro e vispo che aveva accompagnato quegli occhi all’inizio del viaggio sembrava gravido da un peso a lui invisibile.
Colpa dei pericoli che abbiamo affrontato, pensò lo stregone aspettando quella risposta che temeva senza saperne il motivo, ma Bilbo si limitò a sorridere lievemente. “Il mio coraggio.”rispose semplicemente e la sua mano sfiorò la tasca della giacca impolverata che aveva addosso.
Il sollievo avvolse lo stregone e sotto la barba grigia Gandalf si limitò ad annuire.
 
“Non aveva trovato il coraggio, ma l’Unico”. Gandalf riemerse da quel ricordo che aveva dimenticato, seppellito in mezzo a quelli che precedevano il vuoto di ciò che era avvenuto durante il viaggio, prima di arrivare alla montagna.
Lo stregone si voltò verso Aragorn ed Arwen in attesa e ripeté: “Bilbo ha trovato l’Unico nella caverna degli orchi.”
L’elfa lo fissò a lungo. “Come lo sai?”domandò e la paura percorse le sue iridi verdi, ma Gandalf non si lasciò trasportare. “Me lo hai appena fatto ricordare tu, come se le tue parole sbloccassero quei ricordi che non riesco ad afferrare.”
Arwen si voltò verso di lui di scatto. “Cosa? Hai dei vuoti di memoria?”
“Si, non ricordo cosa feci quando abbandonai la compagnia di Thorin al Reame Frondoso, so solo che dopo sono arrivato alla Montagna Solitaria e c’è quell’immagine di una fortezza che mi tormenta.”confessò lo stregone grigio. “E ora Mordor si sveglia e l’Unico è stato ritrovato.”
L’elfa si avvicinò ad Aragorn ancora immobile e silenzioso e gli sfiorò la guancia. “Solo un potente incantesimo può averti tolto quei ricordi e devono essere importanti.”disse studiando lo stregone grigio.
“Forse lo erano perché la fortezza che ho visto era Gul Undur e l’ombra sopra di essa Sauron”. Gandalf si appoggiò al bastone mentre la verità lo avvolgeva come il sussurro di Mordor ad est. “Avevo scoperto il suo ritorno e ora Mordor rinasce.”
“Giusto quando l’Unico è stato rintracciato e i Nove liberati, non ti sembra tutto perfettamente collegato?”domandò Aragorn e Arwen lo fissò leggendo la paura attraversare le sue iridi nere. “E io ho quasi dato loro quello che vogliono.”bisbigliò amaramente. A quelle parole sia l’elfa che lo stregone lo fissarono.
“Intendi dire un corpo?”domandò Gandalf con un’occhiata penetrante come quella di un falco e Aragorn annuì abbassando il capo. “Si.”disse semplicemente e i capelli scuri gli piovvero sul viso. “Il mio corpo lo attira. Attira lo stregone.”
“ E secondo te perché tu Aragorn?”lo incalzò Gandalf e l’uomo sollevò lo sguardo con aria di sfida intuendo a cosa si riferisse. “Non posso Gandalf, lo sai.”
“ Perché no? E’ il tuo destino, tu non sei Isildur.” gridò lo stregone grigio avanzando per fronteggiarlo, ma Aragorn affilò lo sguardo. “Ho la sua stessa debolezza.”ribatté allontanandosi. Gandalf fece per seguirlo, ma Arwen lo bloccò con un’occhiata di supplica.
Non ora, non adesso sembravano dire quegli occhi verdi come le foglie attraversate dai raggi del sole e lo stregone cedette lasciando che l’uomo si allontanasse, una figura china sotto il peso di un destino che presto avrebbe reclamato la sua scelta.
Prima o poi dovrai scegliere.
Sospirando impaziente Gandalf si voltò verso l’elfa. “A proposito di coincidenze, come hai fatto ad arrivare al momento giusto?”le domandò tenendo d’occhio la figura di Aragorn, ancora deciso ad affrontare l’argomento che aveva lasciato cadere.
Arwen notò i suoi occhi e strinse le labbra. All’improvviso sembrava insicura e timorosa di qualcosa che allarmò subito il grigio pellegrino. “Ecco, ti ricordi che ho detto che mio padre aveva avuto una visione e avevo scoperto che le vostre tracce portavano alle Alte Colline?”domandò e lo stregone la fissò intensamente, intuendo che cercava di prendere tempo. “Arwen...”la ammonì e l’elfa distolse lo sguardo perdendosi a contemplare la vallata avvolta da una nebbia improvvisa, come un velo steso a nascondere il male caduto su di essa. “La mia cavalcatura non voleva risalire il sentiero, così ho cominciato a correre, ma sembrava che una forza mi trattenesse e intuivo che eravate in pericolo. Non avrei mai fatto in tempo, ma poi è comparso Ombromanto”. Guardò lo stregone e colse il dolore della sua perdita negli occhi grigi. La dama abbassò il capo scuro e studiò la figura di Aragorn in lontananza. “E’ stato lui ha farmi correre come il vento per salvarvi, ma non sarebbe mai venuto in tempo se non fosse stato per lei”. La sua voce vacillò alle ultime parole e nel timbro melodico dell’elfa comparve una nota di timore che non sfuggì allo stregone grigio. Costringendo l’elfa a fissarlo colse la paura di confessargli il resto della storia e capì che qualcosa non andava. “Arwen, chi ti ha aiutato?”domandò con voce severa e Arwen si morse un labbro confermando i suoi timori. “Un’amica Gandalf, è dalla nostra parte.”
“Chi è dalla nostra parte?”. Gandalf la fissò furioso. “Dimmelo Arwen!”gridò e Aragorn accorse avvolgendo le spalle dell’amata in un abbraccio.
“Non trattarla così, ci ha salvato la vita, chiunque l’abbia aiutata.”lo investì ancora irato per la conversazione di poco prima, ma gli occhi infiammati dello stregone lo fecero desistere dal pronunciare una parola di più.
“No Aragorn, se è stata così stupida da farsi aiutare da colei che credo che sia allora per essere un’elfa è pazza.”ruggì Gandalf e voltandosi il bastone brillò di una luce sfolgorante pari a quella che aveva fatto crollare la montagna. Sollevandolo in alto Gandalf parlò e la sua voce proruppe con la forza di un fulmine che infiamma il cielo: “Fatti vedere se hai il coraggio, mostrati e non ti farò nulla.”
La luce si spense e il silenzio ammantò di nuovo la valle, ma Gandalf non si lasciò incantare. Avvertiva lo sguardo di colei che aveva chiamato scrutarli e poco dopo un possente battito di ali risuonò nel vento e una figura immensa, grande come uno dei Nazgul alati, scese dall’alto della montagna posandosi di fronte a lui.
Sotto la luce fievole del bastone lucide piume brillarono di mille riflessi argentati e due occhi del colore della sabbia al tramonto brillarono fieri incrociando quelli saggi e impenetrabili di Gandalf. L’immensa aquila gonfiò le piume del collo richiudendo le ali e abbassando la fiera testa sormontata dal becco affilato pose l’immensa iride di fronte allo stregone, sottoponendosi al suo sguardo indagatore.
“Salute grigio pellegrino, sono secoli che non ci vediamo.”disse una voce correndo nel vento, morbida come il volo dei gufi a caccia, ma Gandalf non si lasciò impressionare. “Hai fegato a farti rivedere, credi davvero che aver salvato la vita a me e ad Aragorn ti riscatterà dai tuoi errori?”la aggredì senza giri di parole.
L’aquila si ritrasse e un dolore profondo spense la luce di speranza nei suoi occhi come la debole fiamma di una candela. “No.”
Gandalf si voltò di scatto. “Meno male, almeno un po’ di senno lo hai acquistato in questi anni passati.”le rispose duro. Si rivolse ad Aragorn ed Arwen: “Andiamocene.”ordinò e l’elfa lo fissò senza muoversi, turbata dalla sua reazione. “Mi ha aiutata Gandalf, devi darle una possibilità, potrebbe aiutarci.”
“Non abbiamo bisogno di una come lei.”
“Non abbiamo cavalcature e lei può portarci in volo.”insistette Arwen aggrappandosi ad ogni speranza, ma Gandalf scosse la testa osservando un’ultima volta l’immensa aquila e studiando la testa candida e le piume argentate. “Non ci si può fidare di una Senzanome.”sibilò  e Aragorn fissò lo stregone incredulo. “E’ stata maledetta?”. Fissò l’aquila e lesse il dolore che quelle parole le provocavano. Sotto il suo sguardo il rapace parve farsi piccolo piccolo, ma negli occhi di Aragorn non lesse il disgusto che la rivelazione portava.
Il ramingo si avvicinò. “Ho sentito parlare di voi, siete creature vittime di malefici, ma mi chiedo cosa tu abbia fatto perché accadesse.”
L’aquila abbassò il capo e la voce di Gandalf frustò l’aria prima che rispondesse. “Lo vuoi veramente sapere Aragorn? Si è venduta anima e corpo allo Stregone di Angmar e quando lui non l’ha più voluta allora è stata maledetta togliendole la possibilità di tornare dal suo popolo.”
La rivelazione cadde come un macigno nel silenzio della valle e l’aquila si ritirò allontanandosi da Aragorn. Quando parlò la sua voce era carica di un dolore vecchio moltissimi anni. “Convivo con questo peso da secoli Gandalf, ma vorrei riscattarmi”. Sollevò lo sguardo e una supplica brillò nelle iridi arancioni. “Ti prego, dammi l’occasione di aiutarvi e riscattare il mio errore. Il male avanza, potrei aiutarvi contro Mordor, potrei...”
“Non puoi nulla Najiel, il tuo errore è stato troppo grande.”la interruppe Gandalf e il vento sospirò malinconico tra le piume dell’immensa creatura. “Torna nel buio, è là il tuo posto.”aggiunse freddo e si voltò.
Arwen lo guardò allontanarsi addolorata. “Gandalf mi ha guidato da voi, ti ha salvato la vita. Non basta per dimostrare che può cambiare?”
Gandalf si voltò un’altra volta, ma quando parlò la sua voce fece capire che aveva già deciso. “No Arwen, i Senzanome non cambiano mai”. Guardò l’aquila e la rabbia infiammò i suoi occhi. “Mai e lei più di tutte. Chiedile chi l’ha maledetta dandole questo nome per sostituire per sempre il suo assieme ad un’esistenza nelle tenebre e poi decidi Arwen, se vuoi essere abbastanza saggia da seguirmi o folle da ascoltare una creatura rifiutata dalla luce”. Lo stregone grigio si allontanò e l’elfa rimase un istante a guardare la sua figura.
Notando il suo dolore Aragorn la strinse a sé e incrociando quegli occhi antichi tormentati da un rimorso tagliente come il tempo domandò: “Chi ti maledisse Colei che vola nel buio?” chiese dolcemente, ma l’aquila scosse la testa sentendo il suo nome tradotto nella lingua corrente. Spalancando le immense ali argentate si alzò in cielo con un poderoso colpo d’ala e la sua voce raggiunse il ramingo come un sussurro gelido spezzato dalla tristezza. “Fu Sauron a maledirmi Aragorn e mai potrò riscattare il mio errore e tornare a vivere in pace. E’stato l’Oscuro Signore a darmi questo nome...Colei che vola nel buio, è quello il mio posto.”rispose e la sua voce risuonò stanca e sconfitta.
L’uomo sentì il dolore dell’aquila colpirlo con il suo sapore amaro e qualcosa scattò in lui. Si sporse sul baratro e urlò tentando di sovrastare il possente battito d’ali dell’aquila: “Nella vita ci si può sempre riscattare.”gridò e nelle sue iridi brillò fiero lo sguardo di un re, ma il rapace non si voltò lasciando che il cielo accogliesse ancora una volta la sua fuga.
 
 
~~~
 
 
“A cosa stai giocando?”
Il piccolo elfo biondo sollevò lo sguardo incrociando quello vispo di una piccola elfa in piedi sopra di lui. Il sole le accarezzava materno il viso illuminandole i capelli rossi come le foglie autunnali e la piccola sorrideva con baldanza, ma in realtà era nervosa e si tradiva torturandosi un orecchio appuntito, in attesa di una risposta.
“Gioco alle battaglie.”fu la risposta del piccolo elfo e scostandosi i lunghi capelli biondi dal viso sorrise a sua volta mostrando le piccole figurine intagliate nel legno con fierezza. Le aveva disposte in perfetto ordine contro due sculture di draghi scolpiti nell’onice e si preparava ad una valorosa battaglia.
Sollevando il viso l’elfo studiò lo sguardo ammirato della piccola elfa, notando con una punta di disappunto che la piccola sembrava più attirata dalle sculture dei draghi che dai valorosi soldatini di legno che aveva sfoggiato con tanto orgoglio. Per attirare la sua attenzione si spostò leggermente sedendosi su un tappeto di foglie e diede alla bambina una visuale migliore del suo piccolo esercito. “Sono intagliati a mano nel legno e papà dice che posso dipingerli quando sarò più grande.”attaccò con un’aria di importanza a gonfiare la vocina sottile.
L’elfa annuì con un nuovo sorriso e tornò a fissare i draghi senza azzardarsi a toccarli.
Notando il suo sguardo il bambino indicò i draghi. “Prendili pure se vuoi.”la invitò e la piccola elfa scattò felice chiudendo la manina su una delle sculture. La sollevò ammirata osservando l’onice brillare, esaltata dalla perfezione dei dettagli con cui era stata modellata a catturare la figura sinuosa del drago, in procinto di spiccare il volo a fauci spalancate in un eterno ruggito silenzioso.
“Beeello.”disse la piccola rigirandolo tra le dita e il bambino sorrise. “Me l’ha regalato un amico di papà. Lui è un re sai.”rispose il piccolo elfo e indicandosi aggiunse: “Mi chiamo Legolas.”
“Tauriel.”fu la risposta e l’elfa appoggiò la scultura in onice con un’ultima occhiata di ammirazione. “Devo andare.”disse. “La mia tutrice mi aspetta...”
“Tauriel!”. Un’elfa accorse inchinandosi di fronte al piccolo elfo e afferrò la bambina per una mano. “Non devi allontanarti senza di me e per di più nei giardini reali.”
“Volevo solo giocare, nessuno gioca con me.”protestò la piccola e la tutrice la fissò per un istante comprensiva. “Lo so, andiamo ora.”
Si rivolse al piccolo elfo e con un ultimo inchino disse: “Perdonami principino Legolas, torni pure a giocare tranquillo.”
Legolas annuì con un’occhiata triste. Per un istante aveva creduto di poter giocare con una nuova amica. Fissò la chioma rossa di Tauriel allontanarsi e con un balzo afferrò la statuetta del drago correndo verso di lei. “Prendila Tauriel, te la regalo.”gridò e le mise in mano il piccolo drago di onice. “Così ti ricorderai di me.”aggiunse con un sorriso e l’elfa si illuminò stringendo il piccolo dono al petto. “Come posso fare per rivederti?”gridò di rimando mentre la tutrice la trascinava via.
Legolas rise e scosse la testa. “Solo i reali e gli elfi della guardia possono venire qui a palazzo Tauriel.”
La piccola elfa si voltò e una luce di sfida brillò nelle sue iridi marroni. “Allora diventerò una guardia Legolas e ci vedremo tutti i giorni.”disse e gli occhi azzurri di Legolas si spalancarono. Correndo verso di lei mise le piccole mani a coppa e gridò: “Promettilo!”
La figura di Tauriel scomparve, ma la sua voce sottile echeggiò forte nel vento: “Lo prometto, sarò la guardia migliore che esiste e ti rivedrò.”
 
 
Ho mantenuto quella promessa.
Tauriel appoggiò la fronte alle sbarre della sua cella e i capelli rossi le scivolarono sulle spalle come un manto. Da quando si era svegliata non aveva fatto altro che rincorrere frammenti del suo passato, liberi e selvaggi come non lo era il suo corpo, rinchiuso in quella angusta cella.
Appena aveva ripreso i sensi la prima cosa che si era accorta era di essere...perfetta. Nessun polso slogato, ferite o sporco. Dovevano averla pulita e curata mentre era priva di sensi, ma la cosa l’aveva solo fatta infuriare scuotendola come un terremoto.
I segni dei graffi di Kili sul braccio mentre lo stregone lo torturava, le ferite della sua lotta, persino i suoi vestiti erano stati cancellati, come se non avesse vissuto nulla prima di svegliarsi in quella prigione senza tempo, dove i minuti, le ore, i giorni, scorrevano densi come miele e lei non aveva idea di quanto passasse chiusa come un bellissimo falco in una gabbia.
L’elfa gridò frustrata tentando di strapparsi i vestiti di dosso: un semplice vestito nero, completamente e odiosamente nero là dove lei vestiva i colori della sua amata foresta.
“Lo odio, ti odio  Mordor e tutte le tue creature e odio il mio sangue, tutto!”urlò colpendo con un calcio il letto e sparpagliando la paglia a terra. Si fissò di nuovo il vestito scuro e digrignò i denti fino a farsi male. Decisa afferrò un lembo della gonna e la stoffa che si strappava le diede una nota di piacere intensa, come se potesse con le sue mani distruggere quella prigione che le corrodeva l’animo.
“Io non lo farei se fossi in te.”
Tauriel sobbalzò voltandosi e il sorriso inquietante della Bocca di Sauron la immobilizzò come quando le prede che cacciava avvertivano il pericolo; solo che questa volta la sensazione di essere lei la preda era forte.
“Cosa vuoi?”chiese gelida come il ghiaccio e il messaggero di Mordor fece una smorfia facendo finta di scaldarsi le mani. “Cavolo, che accoglienza calorosa elfa e io che ti porto da mangiare e compagnia”. Un nuovo sorriso. “Tu che sei tutta sola, senza il tuo amato Kili a proteggerti.”
Tauriel si irrigidì al nome dell’amato e il cuore emise una fitta. “Sta bene?”domandò  tentando di non far trasparire il tremito che la scuoteva, ma lo sguardo cieco della Bocca di Sauron lo colse come una falena il balenare delle fiamme. Appoggiandosi alle sbarre contrasse le labbra in una smorfia di finto dispiacere e l’elfa trattenne il respiro. “Dimmi che sta bene.”
“Sta bene.”rispose il messaggero di Sauron con un ghigno e Tauriel scattò. Con un salto silenzioso si avvicinò alle sbarre e afferrò la tunica della creatura avvicinando il suo viso al suo e incatenando con la sola forza della sua furia la creatura, che avvertendo la pericolosità di quell’anima tenace come il ferro decise saggiamente di zittirsi.
“Sta bene? Si o no?”sibilò minacciosa Tauriel e un lieve sorriso si disegnò su quelle labbra snudando i denti affilati macchiati di sangue. “Lo abbiamo curato e per ora sta bene, ma ovviamente dipende da te giovane elfa e da quanto collaborerai.”
Tauriel strinse la presa attorcigliando la veste e il respiro della Bocca di Sauron si mozzò, ma il sorriso non abbandonò quel viso pallido. Con una mano le afferrò una ciocca rossa arrotolandosela attorno alle falangi di uno strana sfumature bluastra come un principio di congelamento e l’elfa rabbrividì di disgusto.
“Tauriel non sono io quello con cui devi snudare gli artigli, ma con lo stregone”. Le dita lasciarono andare la morbida ciocca color rame e si posarono sul collo niveo in una lenta carezza. “Con me puoi fare le fusa tranquillamente.”aggiunse con una bassa risata simile allo sfregare delle lame sulla pietra e l’elfa si scostò dalle sbarre allontanandosi disgustata.
“Sei orribile.”bisbigliò e il messaggero di Mordor allungò la mano tentando di afferrarla. “Non fare la difficile, se voglio posso chiedere a Sauron di averti come trofeo quando voglio.”minacciò e sorrise snudando i denti, ma Tauriel non si lasciò impressionare. “Anche passando davanti allo stregone? Non direi.”commentò con un’occhiata di sfida e la Bocca di Sauron digrignò i denti emettendo un ringhio. Con un gesto di rabbia le scagliò addosso la brocca d’acqua ed essa cadde a terra infrangendosi in mille schegge taglienti e rovesciando sul pavimento il contenuto.
La creatura sorrise vedendo Tauriel osservare disperata l’acqua che bagnava il pavimento e con aria altezzosa afferrò la seconda ciotola che aveva con sé. “Se hai sete devi sbrigarti elfa, si sta tutta spargendo per terra.”la derise scoppiando a ridere e Tauriel lo fissò con odio, le iridi scure come la nebbia nera che le avvolgeva la mente con sussurri di vendetta. Si accucciò a terra cercando di ignorare lo sguardo cieco della Bocca di Sauron e il suo cuore si contrasse al pensiero di Kili, rinchiuso chissà dove a subire lo stesso trattamento.
Il pavimento era sporco e l’acqua si mischiava al fango e alla polvere. Tauriel lasciò che i lunghi capelli rossi le coprissero il volto per nasconderla dal suo aguzzino e il luccichio dell’acqua intrappolata in uno dei pezzi della brocca attirarono il suo sguardo. Era poco più di un sorso, ma l’elfa se lo portò alle labbra grata cercando di assorbirla tutta. La gola le bruciava terribilmente, ma il piccolo rivolo di acqua fresca le diede un effimero sollievo.
Di nuovo calma l’elfa scoccò una veloce occhiata al messaggero di Mordor e studiò la piega contratta delle labbra nere, intuendo che la sua reazione lo infastidiva.
Speravi ti pregassi, ma non è così. Preferisco morire di sete.
Tauriel si alzò evitando di fissare la ciotola nelle mani del suo carceriere. Nonostante non avesse un aspetto molto invitante, l’elfa indovinò ci fosse dentro carne e uno strano liquido, forse brodo, che fumava lievemente.
Il suo stomaco brontolò, ma decise di ignorarlo.
Con uno sforzo di volontà terribile diede le spalle alla porta della cella sperando che se ne andasse, ma la Bocca di Sauron non aveva intenzione di dargliela vinta.
“Passata la fame?”la frustò con la sua voce crudele e Tauriel si morse un labbro a sangue per non rispondere con altrettanta cattiveria. “Esatto.”fu la semplice risposta e la risata della creatura le ferì le orecchie sensibili.
“Peccato...se non mangi vuol dire che non lo farà nemmeno il tuo amato Kili.”
Tauriel si voltò di scatto furiosa. “Lascialo stare, non ti ha fatto nulla!”gridò e la creatura emise un ringhio divertito puntandole il dito contro in un frusciare di vesti. “Tu invece si piccola elfa. Se credi di fare la ribelle allora sappi che soffrirai ancora a lungo.”si avvicinò alle sbarre appoggiandosi su di esse e la sua voce tagliente si ridusse ad un sussurro. “Ti conviene avermi come alleato quando tornerà lo stregone, io posso fare da intermediario per Kili e credimi presto ne avrà bisogno.”
Tauriel sentì un brivido a quelle parole accompagnato da una strisciante premonizione. “Cosa vuol dire che ne avrà presto bisogno?”
Il messaggero della terra nera annuì sorridendo lievemente. “La punizione per chi tenta di fuggire è molto severa e i Nazgul comandano a Mordor. Sarà difficile aiutare Kili.”sussurrò pianissimo godendosi le pupille dell’elfa dilatarsi per l’orrore.
Tauriel scosse la testa indietreggiando. “Kili non tenterebbe mai di scappare ora. Ne sono certa.”rispose, ma l’esitazione nella sua voce venne colta dalla creatura come il guizzo di un pesce sotto il sole. Sorridendo maligno posò la ciotola a terra spingendola verso l’elfa e si morse un labbro per non ridere di nuovo.
Povera piccola elfa...pensò malignamente godendosi il suo sguardo sperduto colmo di terrore per Kili. Indugiò un istante sperando che si avvicinasse alle sbarre per implorarlo di aiutarlo, ma l’animo di Tauriel era solido come una quercia anche mentre il suo cuore era scosso da una tempesta e l’elfa si allontanò dandogli le spalle.
Trattenendo un ringhio di frustrazione il messaggero di Mordor si allontanò nel corridoio.
Quando tortureranno a morte quello stupido nano cambierà idea.
Covando pensieri di vendetta ardenti come lava la Bocca di Sauron scomparve nel corridoio inseguita da un ombra.
 
 
~~~
 
 
Il luccicare dorato dell’anello salutò lo sguardo del vecchio Hobbit appena lo tirò fuori dalla tasca per farlo brillare ammirato sotto il sole.
Era una semplice fascia dorata, senza decorazioni o segni e nessuna imperfezione a scalfire quel mare dorato chiuso nella piccola fascia circolare.
“Un anello semplicissimo, eppure ci sono tanto affezionato.”aveva detto una volta al suo nipote Frodo quando disperato temeva di averlo lasciato nella giacca che aveva dimenticato a casa degli amici di cui era stato ospite.
Frodo aveva scosso la testa, incredulo di fronte tanta esagerata felicità al suo ritrovo. “Bilbo è solo un vecchio anello, che ha di speciale?”
Non lo sò...lo è e basta.
Bilbo chiuse la mano rugosa sul piccolo oggetto rimettendolo dentro la tasca e si portò soddisfatto il lungo manico della pipa alla bocca, aspirando con aria felice una boccata di erba pipa. Come tutti gli Hobbit amava crogiolarsi a fumare in pace sul bel giardinetto curato davanti alla sua casetta rotonda e quel giorno non era certo da meno.
Gli Hobbit, abitanti della Contea, erano creature miti e dolci come il miele. Erano chiamati anche “Mezzuomini” per la loro statura bassa come i bambini rispetto le altre razze della Terra di Mezzo ed erano veri e propri amanti della compagnia e del buon mangiare, mescolato ad un gusto per gli abiti sgargianti e ad un carattere solare. Tendenzialmente di fisico massiccio erano però buonissimi camminatori sui loro piedi coperti di peluria e sapevano sgattaiolare via silenziosissimi così come festeggiare con chiassosa baldoria alle feste con birra e cibo.
Bilbo si passò una mano sui corti capelli ricci e grigi e osservò con aria serena la Contea davanti a lui, piena di morbide colline verdi in cui gli Hobbit scavavano le loro magnifiche case e prati e campi coltivati dove grassi pony scrollavano pigri la loro criniera sotto i raggi caldi del sole. Ovunque piccole figure si affaccendavano nello scorrere della loro vita, ignari che oltre i confini della loro terra imperversava una cruenta ricerca di quel piccolo anello che il vecchio Hobbit si teneva gelosamente in tasca.
“Bilbo, ma non ti prepari per la festa? E’ stasera e Gandalf deve ancora farsi vedere”. La voce di Frodo raggiunse l’Hobbit e Bilbo sorrise alzandosi e svuotando la pipa contro la panca su cui era seduto. Si stiracchiò sorridendo al piccolo Hobbit impaziente fermo sulla porta di casa e passando gli scompigliò i ricci scuri scuotendo bonariamente la testa. “Frodo nipote caro, abbiamo tempo e prima voglio fare una cosa.”
“Che cosa Bilbo?”domandò il giovane inseguendolo dentro l’assolata casa lungo i corridoi rivestiti di pannelli di legno dal chiaro color miele fino al piccolo scrittoio, ingombro di carte e pergamene ammuffite.
Bilbo lo ignorò spostando le carte ed estraendo un bel libro rilegato in pelle color vino. “Voglio iniziare il mio libro di avventure e narrare ogni cosa ho visto, fatto e imparato.”spiegò finalmente sedendosi sulla sedia e intingendo la piuma nel calamaio.
Frodo scosse la testa incredulo e afferrò un libro correndo verso l’uscita con una scivolata sul pavimento ben lucidato. “Ti saluto allora.”sbuffò annoiato e corse fuori percorrendo a rotta di collo i gradini in pietra fino al cancelletto che dava sulla strada polverosa davanti a casa. Scavalcò con un balzo un grosso maiale e il suo proprietario, che scocciato gli agitò un pugno contro: “Dannazione a te Frodo, dove corri?”
Il giovane Hobbit lo ignorò e scomparve oltre alla curva inerpicandosi in un bosco di querce, diretto alla strada dove sapeva sarebbe comparso lo stregone Gandalf.
Non si perderebbe mai il centundicesimo compleanno di Bilbo, pensò allegro sedendosi a leggere sotto la frescura di un albero.
Ancora lontano per lui era il fato che lo avrebbe portato lontano dalla Contea e nessuna ombra gravava ancora sulle sue spalle trascinandosi dietro il destino della Terra di Mezzo.
 
Salve breve passaggio veloce per dirvi un grazie che seguite=)
Finalmente seguirò le orme di Tolkien e la fic prenderà ufficialmente il volo. Come vedete l’Unico ha fatto finalmente la sua comparsa e presto vedremo movimenti ben conosciuti alla sua ricerca. Finora i nostri protagonisti hanno brancolato nel buio, Tauriel e Kili presto dovranno escogitare un piano per fuggire e Frodo...bè sappiamo tutti cosa accadrà a Frodo, ovviamente non mancheranno cambiamenti e colpi di scena, alla fine è la mia fic e come vedete finora ho fatto a modo mio a cominciare da Colei che vola nel buio. Che ne pensate del mio nuovo personaggio? Affezionatevi, avrà un ruolo importante in questa storia, che per la cronaca ho quattro mesi per finire prima che il mio libro sia pubblicato e continui con l’altro che ho momentaneamente sospeso.
Bè vi lascio, a presto EFP lettori(anche silenziosi) che mi seguono=D
Fraviaggiaincubi
 
 
 
    
 
  
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