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Autore: Marge    06/03/2014    2 recensioni
Ciao Annalisa, sono io che ti scrivo, proprio io, dice la prima lettera. Oggi la nonna mi ha fatto un bellissimo regalo! E quindi io scrivo questa lettera, perché è adatta a finirci dentro.
Un punto di vista originale per una storia come tante altre. Un esperimento narrativo scritto per il LimitaPrompt su piscinadiprompt.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DIARIO IN SCATOLA


Ciao Annalisa, sono io che ti scrivo, proprio io, dice la prima lettera. Oggi la nonna mi ha fatto un bellissimo regalo! E quindi io scrivo questa lettera, perché è adatta a finirci dentro.
Sta qui da più tempo delle altre, ed è scritta su un foglio di carta rosa a quadretti dalle linee rosse, strappato ad un quaderno. Come faccio a sapere che è strappato? Beh, la linea non è diritta, ma segue un arzigogolato ricamo come la costa frastagliata di un’isola del Nord.
Che ne so io delle isole del Nord? Da dove credete che venga il mio legno, dai deserti dell’Africa? Ignoranti! Dai deserti al massimo può venire una bisaccia di puzzolenti pelli di cammello. Io, invece, un tempo ero un albero. Ed anche bello: alto, dalla corteccia argentata e gli aghi appuntiti, ricoprivo la terra di un irto manto, scomodo a sdraiarcisi sopra – lo so perché una volta una coppia lo fece, e nonostante la coperta scozzese lei si lamentava continuamente che tutti quegli aghi le si infilavano nelle cosce. Che poi, perché vuoi far vedere a noi le tue cosce? Strani, gli esseri umani.

È strano dire “un tempo ero un albero”, perché ora ciò che quell’albero era, è diventato molte altre cose. Cenere, per lo più, da legna bruciata nei caminetti, qualche ramo si è trasformato in decorazioni per le finestre, uno si è tramutato in spada per giochi infantili. E questo pezzo qui, questo di cui sono fatta, è stato lavorato ad arte, squadrato dapprima con poca dolcezza, poi accarezzato con fine carta vetrata fino a rendermi liscia, priva di schegge, e poi dipinta, lucidata, avvitata. Regalata.
E, da quel giorno, riempita di fogli di carta.
Ero parte di un albero, potrei dire, anche se quei giorni pieni di linfa e di vento del Nord me li ricordo bene tutti.

Quello lì in un angolo è un foglietto appallottolato, intriso di lacrime. Dice La vita fa schifo, Annalisa, lo sai? , e continua così, una sfilza di recriminazione con il tono di chi non ha più nulla da perdere o da salvare. Mi ha fatto sorridere, quella lettera, quando è stata deposta qui dentro. Nessuno mi capisce. Mi sembra di essere su un pianeta alieno, in cui io sono l’unico essere umano e mi guardo attorno spaesata. O forse sono io l’aliena, magari sono atterrata qui da bambina da un pianeta lontano… Sarebbe bello, se fosse così, non trovi? Almeno ci sarebbe una spiegazione qualsiasi a tutto ciò che sento.
Continua così per un bel po’, due facciate scritte fitte. Strani, gli esseri umani, rimangono sempre loro stessi eppure cambiano così tanto i loro pensieri. Io ero parte di un albero, ed ora sono scatoletta, eppure mi sembra di rimanere uguale a me stessa da sempre.

In quel periodo parecchi fogli – i più disparati, perfino un pezzo di una tovaglia di carta di un ristorante cinese – sono stati infilati qui dentro. Vi sono pezzi di canzoni, citazioni, poesie, brani scritti da altro pugno, disegnini, foto ritagliate, articoli di giornale, un po’ di tutto insomma. Una strisciolina sottile dice: Oggi mi sono innamorata. E dopo quella, ovviamente, una serie di lettere piene di cuori, traboccanti di speranza, di gioia. Sono le mie preferite, anche se sono ingenue. Le preferisco alle successive, quelle in cui lei si chiede cosa ha sbagliato, cosa è andato storto.

Per un lungo periodo sono rimasta ignorata. Nei vari traslochi sono stata dimenticata, infilata in un cassetto, unico sollievo alla mia solitudine quelle lettere che ho letto e riletto finché non le ho sapute a memoria, che io il mio lavoro lo so fare bene, non sono mica una scatoletta da quattro soldi. Durante l’ultimo trasloco, eccomi, sono tornata a campeggiare su una mensola. Lei mi ha guardata con un mezzo sorriso. Poco dopo ha infilato un foglio, uno bianco squadrato da stampante, scritto al computer e fresco d’inchiostro nero.
È tanto che non scrivo, dice, come facevo un tempo. Rileggendo queste lettere mi sale un’assurda nostalgia, come se avessi perso qualcosa d’importante. Eppure sono sempre qui, no? Anche se è cambiato tutto, attorno a me, io sono io.

Ho sentito una voce maschile chiederle spiegazioni su di me, una voce con un accento strano. Lei ha risposto in un’altra lingua, e io sarò anche una brava scatola, ma le lingue non le ho mai imparate. Magari se qualcuno infilasse qui uno dizionario potrei anche farcela, no? O magari al prossimo riciclo di me faranno carta e diventerò un bel libro di grammatica, e imparerò, anche se vorrebbe dire che smetterei di fare la scatola dei ricordi e questo mi dispiacerebbe un po’.

L’altra notte è venuto lui a mettere un foglio qui dentro, ma io non ho capito cosa ci è scritto. Ha una calligrafia sottile e disordinata, molto diversa da quella di lei. Comunque lei poi l’ha letta e le sono venute le lacrime agli occhi, ma in senso buono, sorrideva e piangeva, l’ho vista bene. Pochi giorni dopo hanno messo dentro, insieme questa volta, una specie di fotografia. Non si capisce bene cosa sia, è in bianco e nero e molto poco definita, sembra un fagiolo grigio in un mare nero lucido, ma davvero, non riesco a capire cosa sia.

Continuano a mettere dentro lettere uno per l’altra. C’è un gran via vai, in tutte le lingue che conoscono, ed io sono un po’ confusa. Il gioco delle lettere scritte a se stessi piace al ragazzo, si vede che si diverte da morire. Da un po’ di tempo non si scrivono più tra loro, scrivono a qualcun altro, e io veramente non mi raccapezzo più.
Questi esseri umani sono davvero strani.

Non so ancora se sarai maschio o femmina, dice in una delle ultime lettere Annalisa, una di quelle che non capisco. Però sono sicura di una cosa: quando avrai tredici anni, proprio come mia nonna fece con me, ti regalerò questa scatola. E tu potrai farne ciò che vorrai, perché lei disse proprio così, e anche se io l’ho utilizzata per infilarvi i miei ricordi, tu potrai decidere di cambiare, e metterci dentro qualcos’altro. Io troverò un altro posto per le mie lettere, non temere.

Non ha avuto molto tempo, recentemente, di stare a scriversi letterine da sola per me. Qualche giorno fa, però, hanno infilato una foto, e questa volta si capisce bene: è il bambino, quello che ora gira per casa.
Quindi io finirò tra le sue mani?



***
Originale scritta in un pomeriggio, per il LimitaPrompt su piscinadiprompt, con:
- Prompt: Scatola di lettere ingiallite
- Limitazione: 9) Una storia narrata dal punto di vista di un oggetto inanimato.
È una cosina semplice ma è stata divertente! I POV originali mi incuriosiscono sempre molto e trovo siano un ottimo esercizio.
Se vi va di dirmi la vostra (qui, su FB, su LJ, via piccione viaggiatore, corvo o segnali di fumo) mi farete molto felice!
  
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