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Autore: Fifty_shades_of_1D    06/03/2014    1 recensioni
Corsi al piano di sotto, rischiando di far cadere il computer portatile per le scale.
-io esco!- annunciai, prima di aprire la porta d’ingresso.
-di nuovo?- Zayn, sbucò dalla cucina, con sguardo innervosito.
-si, di nuovo..- sbuffai.
-ieri sei uscita alla stessa ora, sempre col pc, ma dove vai tutti i santi pomeriggi?-
-non dovrebbe interessarti, te lo ripeto in continuazione, smettila di fare il paparino!- gli urlai contro stufa, poi senza salutarlo nemmeno, uscì di casa sbattendomi la porta di legno blu alle spalle.
Raggiunsi il parco passeggiando tranquillamente per la strada, anche se avrei voluto correre per arrivare il prima possibile da lui.
***
-cosa penso di te? Ti avviso, non finirei nemmeno per domani mattina..- risi leggermente.
***
guardai in alto nel cielo e con un filo di voce, rotto dal pianto dissi – ci vediamo presto Liam
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vuol dire che scriverò più spesso





Ogni giorno era sempre lo stesso giorno. Mi alzavo al mattino col pensiero fisso agli esami di maturità, dopo sei ore di lezione nel mio liceo, tornavo a casa, pranzavo in compagnia di mia madre Jules, di mio padre German e mio fratello maggiore Zayn, poi subito in camera a studiare, nonostante il caos che, appunto, Zayn e i suoi tre amici facevano in salotto, al piano terra tutti i santi pomeriggi.
 
Quel pomeriggio avevo deciso di distaccarmi un pò dalla realtà.
 
Presi la mia borsa a tracolla e ci gettai dentro, sbadatamente, il mio vergognoso cellulare, poi indossai una giacchetta azzurra in cotone per ripararmi dal freddo di marzo, posizionai gli occhiali da sole tra i capelli sulla testa, presi il portatile abbandonato sulla scrivania in legno bianco, quasi consumata dal tempo e scesi al piano di sotto.
 
-dove vai di bello, sorellina?- domandò prontamente Zayn, appena scesi le scale.
 
-a fare un giro..- rimasi sul vago – perché ti importa?- continuai poi, inarcando un sopracciglio infastidita dal suo essere eccessivamente protettivo nei miei confronti.
 
Intanto, i suoi amici mi fissavano come un leone fissa un pezzetto di carne dopo giorni di digiuno.
 
Imbarazzata ingoiai la saliva pesantemente, sistemai qualche ciocca di capelli dietro le orecchie e continuai il mio tragitto verso la porta d’ingresso.
 
-si, mi importa, quando mamma e papà non ci sono, sono dovuto a controllarti..- si alzò dal divano e incrociò le braccia al petto, in modo autorevole.
 
-si si d’accordo, tra qualche ora torno.. non preoccuparti-
 
Non aspettai neanche che ribattesse. Uscì di casa, percorsi il vialetto di ghiaia che conduceva al cancello e poi uscì in strada.
 
Erano le tre del pomeriggio e già un leggero venticello soffiava nell’aria, mandandomi dolcemente i capelli all’indietro e facendomi sentire, in un certo senso, libera, come una farfalla o come un tenero uccellino che vola nel cielo.
 
Ero diretta al parco fuori città. Quello era il posto adatto per chi, come me avesse avuto voglia di starsene un po’ in pace, o a leggere un libro, o magari a fare soltanto una passeggiata, o per scrivere.
 
Io  andavo lì, mi distendevo su una panchina in legno, ormai consumata dalla pioggia e dal vento, accendevo il pc e cominciavo a scrivere storie, racconti, poesie, qualunque cosa mi permettesse di esprimermi.
 
Per fortuna quel pomeriggio c’era un bel sole alto nel cielo.
 
Entrai nel grande parco e notai con piacere di non essere sola, c’era un ragazzo dall’altra parte, era seduto sul prato, con le spalle contro il tronco di un maestoso albero, che strimpellava le corde di una chitarra.
 
Sorrisi guardandolo, non perché fossi una pazza, infondo non lo conoscevo nemmeno, ma ero felice di non essere l’unica a cui piaceva starsene da sola. Mio fratello, ad esempio mi diceva sempre che ero un asociale ed apatica, e qualche volta mi invitava ad andare in discoteca con lui e la sua comitiva di amici, ma io non ho mai accettato.
 
Distolsi lo sguardo da quel ragazzo e andai a sedermi sulla mia solita panchina, ricoperta di scritte nere, forse, lasciate lì da qualche coppietta innamorata o da due migliori amici o amiche.
 
Incrociai le gambe, ci poggiai sopra il portatile, aprì la finestra di word e cominciai a fissare la pagina bianca di fronte a me.
 
Non passo molto che cominciai a pigiare le dita sui tasti neri e vedere le lettere scorrere velocemente sulla pagina mi faceva stare bene.
 
Qualche minuto e fui costretta a fermarmi.
 
La voce dolce, melodica, passionale e profonda di quel ragazzo mi incantò.
 
Lo guardai di soppiatto da dietro lo schermo del computer e notai come chiudeva gli occhi e si rilassava facendo scorrere la mani sulle corde e quanta passione ci metteva nel farlo.
 
Un secondo e i suoi occhi si incrociarono coi miei. Non riuscivo a distinguerne bene il colore, vista la distanza che ci separava, ma comunque lo zoo al completo mi invase lo stomaco e un groppo in gola mi impediva di respirare.
 
Distolsi lo sguardo, rivolgendolo altrove, ma sentivo comunque la sua attenzione addosso.
 
Non ci feci molto caso e tornai a scrivere sul mio pc , mentre le dolci note della sua canzone mi facevano compagnia.
 
Giunsero le 5 del pomeriggio e il sole stava già per tramontare, così, prima che mio fratello mi assillasse con le sue chiamate, spensi tutto, raccolsi la borsa che avevo affianco a me sulla panchina e mi diressi verso l’uscita, peccato però che il viso e la voce del ragazzo erano fisse nella mente.
 
-ehi tu!- mi sentì chiamare alle spalle. Era LUI.
 
Titubante mi voltai, ma senza muovere un passo.
 
-si?-
 
-come mai sei sola da questa parti? – si alzò  tranquillamente da terra, poggiò la chitarra al tronco e fece qualche passo nella mia direzione.
 
Intanto il battito del mio cuore accelerava incontrollato e sentivo nuovamente quella strana sensazione.
 
-sono venuta per scrivere un po’, ci vengo spesso sai?-
 
Era ormai di fronte a me e, a differenza di prima mi sembrava molto più alto.
 
-strano, una bella ragazza come te non dovrebbe starsene qui da sola, chissà quanti ragazzi ti corrono dietro..- rise leggermente.
 
Lo accompagnai con la mia risata, poi ci fu un attimo di silenzio , alquanto imbarazzante, per cui decisi di rompere il ghiaccio.
 
-tu invece? –
 
-oh io preferisco venirmene qui a suonare un po’, piuttosto che strusciarmi a dieci ragazze diverse in una discoteca..- roteò gli occhi al cielo, poi tornò a guardarmi e fu allora che notai il colore delle sue iridi. Erano cioccolato fondente, colore che io adoravo.
 
- e sei anche molto bravo.. magari mio fratello fosse come te, lui invece preferisce sballarsi ogni sera insieme a quegli imbranati dei suoi amici..- guardai il cielo, sbuffando.
 
-grazie sei gentile.. comunque vedrai che cambierà, è questione di tempo..-
 
Annuì col capo.
 
-ci spero..-
 
-comunque non ci siamo ancora presentati, piacere Liam - mi porse la mano gentilmente.
 
-che bel nome, Liam ..  io invece sono Kim- ricambiai, sorridente.
 
-che ne dici di incontrarci qui anche domani pomeriggio?-
 
-Certamente!- esclamai non rendendomi conto di aver urlato un po’ troppo, e infatti lui rise.
 
-scusa.. – abbassai il capo, imbarazzata.
 
-non preoccuparti.. – rise ancora, poi tornammo a guardarci.
 
-allora a domani Kim..- mi salutò voltandosi, per andare a riprendere la sua amata chitarra.
 
-a domani Liam..- sorrisi e tornai verso casa.
 
 
 
 
Quella notte non feci altro che pensare a lui. Ai suoi occhi, alla sua voce, al suo rassicurante sorriso, ai suoi  capelli corti del colore degli occhi, al suo fisico muscoloso, ma non eccessivamente e soprattutto alla sua dolcezza e gentilezza.
Mi addormentai così, con l’immagine di lui contro un albero e la chitarra in mano.
 
 
Il pomeriggio seguente, mi preparai in tutta fretta, impaziente di rincontrare Liam al parco.
Indossai semplicemente una maglia a righe con maniche a tre quarti, un paio di short a vita alta celesti con fantasia a fiori e converse gialle ai piedi.                                                                     
Corsi al piano di sotto, rischiando di far cadere il computer portatile per le scale.
-io esco!- annunciai, prima di aprire la porta d’ingresso.
-di nuovo?- Zayn, sbucò dalla cucina, con sguardo innervosito.
-si, di nuovo..- sbuffai.
-ieri sei uscita alla stessa ora, sempre col pc, ma dove vai tutti i santi pomeriggi?-
-non dovrebbe interessarti, te lo ripeto in continuazione, smettila di fare il paparino!- gli urlai contro stufa, poi senza salutarlo nemmeno, uscì di casa sbattendomi la porta di legno blu alle spalle.
Raggiunsi il parco passeggiando tranquillamente per la strada, anche se avrei voluto correre per arrivare il prima possibile da lui.
Arrivata a destinazione non vidi nessuno e ci rimasi molto male.
Pensai che mi avesse dato buca, così andai a sedermi a capo chino sulla mia panchina, sotto il pino, infilai le cuffie e cercai di rilassarmi.
“I ragazzi sono tutti uguali, inutile andare alla ricerca del principe azzurro perché prima o poi ti deludono sempre” pensai in quel momento.
Avevo chiuso gli occhi da un po’, quando due mani si poggiarono su di essi.
Sobbalzai dallo spavento, sollevando il busto dalla panchina e cercando di capire chi fosse, ma non ne avevo la più pallida idea.
-chi sono?- poi però sentì la sua voce, inconfondibile.
-non saprei… forse Liam?!- risi prendendolo in giro, lui fece lo stesso liberandomi e permettendomi di aprire gli occhi.
-indovinato!-
Voltai il capo verso di lui alle mie spalle e gli feci segno di sedersi accanto a me, così fece.
-come mai in ritardo?- domandai gentilmente, cercando di non apparire invadente.
-scusami è che dovevo finire di studiare, non pensavo di fare tardi..- si giustificò con il suo sorriso dolce a cui non potei resistere, ma cercai, comunque, di contenermi dall’abbracciarlo forte forte.
-certo ti capisco, fa niente.. piuttosto hai portato la chitarra?-
-si, è li al solito albero, perché?- domandò poi.
-ho un’ idea.. valla a prendere su!- lo incitai, facendogli segno con la testa di correre verso l’albero.
-d’accordo..- fece spallucce, si alzò dalla panchina e corse a prenderla.
Tornò poco dopo con essa in mano.
-dunque.. questa idea?- mi chiese ancora col fiatone.
-che ne dici di cantare un po’ insieme? Sai ho fatto un corso di canto qualche anno fa..- sorrisi sincera, incrociando le gambe a mo di indiano e guardandolo fisso negli occhi.
-davvero? E perché non me lo hai detto prima?- rise, spintonandomi leggermente da una spalla.
-quando te lo avrei dovuto dire scusa?- risi anch’io spintonandolo a mia volta.
Non rispose, rise e basta.
In seguito decidemmo di cantare “ Shadow of the day” dei Linkin Park, visto che entrambi ne conoscevamo le parole.

I close both locks below the window”
I close both blinds and turn away 

Sometimes solutions aren't so simple 
Sometimes goodbye's the only way 


And the sun will set for you 
The sun will set for you 

And the shadow of the day 
Will embrace the world in grey 

And the sun will set for you 


 

 

Liam, con la sua voce così potente e profonda che ti perforava l’anima, intonò le prima parole provocandomi sensazioni indescrivibili. Era come se le parole della canzone le avesse scritte lui.

Alternava lo sguardo da me alla chitarra, sorridendo e mostrando i suoi perfetti denti bianchi.

Insomma, alla fine arrivò il mio turno. Aspirai il fiato necessario e cominciai.

In cards and flowers on your window”
Your friends all plead for you to stay 

Sometimes beginnings aren't so simple 
Sometimes goodbye's the only way 

And the sun will set for you 
The sun will set for you 

And the shadow of the day 
Will embrace the world in grey 

And the sun will set for you 

 

 

Nel ritornello le nostre voci si unirono cantando all’unisono “ And the shadow of the day will embrace the world in grey and the sun will set for you” e liberando nell’aria ogni emozione possibile.
Quando finimmo di cantare, il sole era già tramontato da un pezzo.
-è stato bellissimo cantare con te Liam, lo farei all’infinito se potessi..- esclamai esaltata, saltando giù dalla panchina ed estraendo il cellulare dalla borsa.
- e chi lo dice che non possiamo?-
-dai Liam non fare lo stupido lo sai bene che non possiamo venire qui tutti i pomeriggi.. tra la scuola, i compiti, i vari impegni, la famiglia… mio fratello.. oh cazzo, mio fratello!- urlai poi in preda al panico.
- Tredici chiamate perse da Zayn!- continuai, cercando di prendere tutta la mia roba il prima possibile e correre a casa.
- cosa te ne importa di tuo fratello..- Liam si alzò e mi raggiunse, posizionandosi a pochi centimetri da me.
-come cosa me ne importa?! Quello mi uccide.. devo andare Liam davvero ci rivedremo domani, va bene?-
-va bene, vai tranquilla..- sorrise sincero e mi lasciò andare.
Corsi più veloce di una ferrari lungo la strada cercando di arrivare il prima possibile a casa.
 
 
Quella sera, prima di cena mi beccai una sgridata da parte dei miei genitori per colpa di Zayn che aveva spifferatori ai quattro venti l’ora in cui ero uscita.
“-non puoi stare fuori per così tante ore, Kim!-“ fu cio che mi disse la mamma, e non fu  di certo l’ultima…
Andai a dormire ripensando al pomeriggio passato insieme a Liam e ovviamente non potei che sognarlo, sempre lì con la sua chitarra tra le mani, ma quella volta non vicino all’albero del giorno precedente, ma accanto a me sulla, ormai NOSTRA, panchina.
 
 
Il giorno dopo ci incontrammo di nuovo al parco e così fu per i giorni a venire fino a QUEL maledetto giorno.
Liam aveva avuto un incidente con la sua moto, mentre tornava a casa.
Appena saputa la notizia da Karen, la madre di Liam, con il quale avevo legato moltissimo negli ultimi mesi, corrsi da lui all’ospedale.
Quando lo vidi lì, su quel letto, fermo ed immobile, con la testa e un braccio fasciato, non ce la feci.
Non riuscivo a vederlo su un letto d’ospedale, proprio non ce la facevo.
Dopo tutti quei mesi passati insieme a ridere e scherzare, come due migliori amici sapere che potevo perdere proprio LUI, la persona che mi era stata accanto per tutto quel tempo, mi faceva morire dentro.
Scoppiai a piangere accanto a lui, il quale mi sentì singhiozzare e mi accarezzò la testa con l’altra mano libera.
-Liam, come stai?- domandai tra i singhiozzi, mentre stringevo la mia mano alla sua, così forte da farmi male.
- sto bene, non preoccuparti Kim, mi riprenderò..torneremo a cantare insieme molto presto..- balbettò con quella poca forza che gli era rimasta.
-non è vero non stai affatto bene Liam, no..- tirai una serie di pugni al materasso del suo letto, urlando e sfogandomi.
-shh Kim, stai calma…- sentì la sua voce tremolante, alzai il capo e lo vidi piangere, per la prima volta da quando lo avevo conosciuto. Lui era sempre felice  e solare, era impossibile veder piangere Liam Payne, ma allora lo fece.. anche se tentò di nasconderlo.
Vidi entrare Karen dalla porta e raggiungerci.
Prontamente le chiesi –Karen cosa dicono i medici?- la guardai speranzosa.
Lei abbassò il capo, poi disse che Liam si era fratturato un braccio, ma che sarebbe guarito presto, mentre il danno alla testa era leggermente più grave, ma non c’era da preoccuparsi.
 A quel punto tirai un sospiro di sollievo e, dopo essermi voltata verso il mio migliore amico, mi avvicinai e gli lasciai un bacio sulla guancia, così lungo che rischiavo di consumarla.
 
 
Nei giorni a venire andai a trovarlo, ero lì insieme a lui mattina, pomeriggio, sera e a volte restavo anche la notte,pur di fargli compagnia.
Dopo un mesetto circa, i medici ci dissero che Liam poteva tornare a casa, finalmente.
Appena ricevemmo la notizia preparammo il borsone con tutta la sua roba e ci dirigemmo a casa sua.
Una volta arrivati, fui io ad accompagnarlo in camera sua.
Al braccio aveva ancora il gesso, quindi era d’obbligo dargli una mano.
Disfeci la borsa e lo aiutai a cambiarsi.
-allora come ti senti?- gli domandai mentre lo aiutavo a sfilare la maglietta blu che indossava.
-molto meglio grazie..- sorrise, guardandomi profondamente negli occhi.
A quel punto gli infilai la t-shirt pulita e mentre lo facevo sentivo il suo sguardo perforami il cranio.
-cosa c’è? Perché mi fissi?- gli chiesi, senza alzare lo sguardo.
-niente è che … sei carina..- immaginavo già il suo viso bordò, lo capivo già dalla sua voce che era imbarazzato.
Mi alzai in piedi, gli poggiai le mani sulle spalle e lo guardai diritto in volto.
-sono carina eh? e come mai me lo dici adesso?- sorrisi sghemba, andando a prendere i pantaloncini della tuta da sopra la cassapanca ai piedi del letto, poi tornai da lui.
Lo vidi grattarsi la nuca, segno di evidente imbarazzo, poi disse – veramente lo penso da  sempre, ma mi hai colto sul fatto e dovevo dirtelo, no?-
-altrimenti non me lo avresti mai detto?-
- Non saprei.. forse si- con la mano libera mi strappo i pantaloni dalle mani e mi cacciò dalla stanza,dicendo che quelli poteva metterseli anche da solo.
Quando ebbe finito mi fece rientrare e ci stendemmo sul letto a guardare un film.
-sai Liam è strano che adesso non siamo al parco, sulla nostra panchina a cantare canzoni a squarciagola … insomma, è estate!- alzai il viso verso di lui, così da poter incontrare il suo sguardo.
-ti prometto che appena mi rimetto completamente ci andremo..- affermò sicuro lui, tornando a guardare la tv.
-lo so, ma io voglio andarci ora…- piagnucolai, scuotendo le gambe.
Lo sentì ridere leggermente – lo sai che non possiamo, dai…-
-uffi..- feci un finto broncio e tornai a guardare la tv.
***
Passavano i mesi e col tempo Liam tornò a muovere il braccio liberamente e di conseguenza, entrambi potemmo tornare, come promesso da lui qualche tempo prima, a suonare la chitarra, anche se ormai l’estate era quasi finita.
Però, tra tutti quei pomeriggi trascorsi insieme al parco ce n’è uno che ricorderò per sempre.
Eravamo sulla solita panchina a cantare piccole strofe di canzoni, accompagnati dalla sua chitarra, il sole tramontava basso nel cielo, eravamo solo noi due, quando Liam, all’improvviso si fermò.
-che succede?- chiesi subito, allarmata.
Lo vedevo agitato, non saprei bene come definire il suo comportamento.
Dopo svariati secondi in silenzio, alzò il capo e mi guardò negli occhi.
-ricordi quando ti dissi che ti trovavo carina?-
Titubante, annuì col capo, poi mi sistemai meglio sulla panchina.
-bene.. in verità ti trovo più che carina, direi bellissima, una Dea sia dentro che fuori, sei meglio di qualunque altra ragazza, amo  quando ti lisci i capelli con le dita, quando sorridi, quando canti, quando ridi, quando ti arrabbi con tuo fratello, insomma io TI AMO!-
Alla sua confessione arrossì di brutto, comprendoni il volto con le mani, ma non passò molto che le sue le tirarono giù.
-non imbarazzarti ti prego..- sorrise divertito, poggiando le sue mani sulle mie.
- mi spieghi come si fa a non arrossire ad un complimento del genere?- esclamai ovvia, guardandolo a bocca spalancata. –non capisco perché me lo stai dicendo ora, però…- continuai poi, guardandolo interrogativa.
-perché mi sembrava il momento più adatto…- fece spallucce.
-ed interrompere Something Special di Chris Brown?!- ci scherzai un po’ su, facendo ridere entrambi.
-ok torniamo seri.. tu che ne pensi di me?- tossì, poi rivolgendo la sua attenzione unicamente sul mio viso.
-cosa penso di te? Ti avviso, non finirei nemmeno per domani mattina..- risi leggermente.
-fa niente, aspetterò quanto vuoi..- si mosse un po’ sul posto, sembrava quasi un bambino impaziente di ricevere un regalo.
-e va bene, piccolo Liam… dunque, sei straordinariamente affascinante, in tutto quello che fai, che sia suonare la chitarra, cantare, essere un ottimo amico, riesci  sempre a farmi sorridere, amo i tuoi capelli e in particolare i tuoi occhi, adoro il tuo essere gentile con tutti, la tua capacità di affrontare la vita col sorriso, insomma mi sei piaciuto sin dai primi attimi in cui ti ho visto da lontano mesi fa, mi sentivo come legata a te da un filo trasparente… non saprei come spiegarmi.. in poche parole.. ti amo anch’i- non mi lasciò finire che le sue morbidi labbra toccarono le mie riscaldandomi il cuore, lo zoo che mi invase lo stomaco il primo giorno fece la sua ricomparsa e un vortice di emozione ci ricoprì entrambi.
Quando ci separammo, non mi lasciò il tempo di replicare che parlò lui.
-Kim, vorresti essere la mia ragazza per il resto della nostra vita?-
-cosa?- spalancai gli occhi. Incredula.
Aspettavo quel giorno da mesi ormai.
-si si lo vorrei tanto!-
 E gli saltai addosso, facendolo stendere sulla panchina.
-ehi così mi soffochi..- sussurrò con il poco fiato a disposizione.
-non mi importa, ti amo, è questo l’importante!- canticchiai, facendolo ridere e fu allora che io scoppiai a vivere.
 
 
Ascoltate questa:  

http://www.youtube.com/watch?v=83Ln9Hjv5cQ

 
 
 
*6 anni dopo*
-vuoi tu Liam, prendere come tua sposa la qui presente Kim Daves e prometti di onorarla ed amarla, nella salute e nella malattia per il resto della tua vita?-
-si, lo voglio-
-e tu Kim, vuoi prendere come tuo sposo il qui presente Liam Payne e prometti di onorarlo ed amarlo, nella salute e nella malattia per il resto della tua vita?-
-si, lo voglio-
-bene, allora vi dichiaro marito e moglie, Liam puoi baciare la sposa-
E un dolce baciò andò a coronare quel giorno meraviglioso, il giorno in cui promettemmo di amarci per i resto della nostra vita.
 
 
*due anni dopo*
 
 
-kim spingi kim!- l’infermiera mi spronava a utilizzare tutta la forza possibile per far uscire fuori la mia prima figlia.
-ci siamo quasi Kim, forza un altro sforzo..- continuava ad urlare.
Liam intanto mi teneva la mano, così forte da farmi male.
-eccola!- sentì un urlo di gioia da parte dei medici e poi un  vagito, il primo vagito di mia figlia Aurora.
Le tagliarono il cordone ombelicale, la avvolsero intorno ad un asciugamano e me la porsero gentilmente.
Piansi guardandola, così piccola ed indifesa.
“Chissà cosa le riserverà la vita in futuro…spero tante cose belle” pensai in quel momento.
Liam, dal canto suo non riuscì a trattenersi e lacrime di gioia gli rigarono il volto.
Gliela lasciai prendere in braccio e, vederlo lì accanto a me, con quella minuscola creatura tra le braccia mi provocò una strana sensazione, come un vuoto nello stomaco, ma ero felice, felice come mai lo era stata in tutta la mia vita.
***
Il tempo passava e la piccola Aurora cresceva, e anche bene direi.. io e Liam ci eravamo trasferiti a New York per lavoro, io ero segretaria in un agenzia di moda, Liam invece lavorava come cuoco in un ristorante italiano di Manhattan.
La nostra vita procedeva a meraviglia, tutto ciò che avevamo sempre desiderato era divenuto realtà.
Chi avrebbe mai pensato che Liam ed io avremmo costruito una famiglia e saremmo venuti a vivere nella “Grande Mela”? Nessuno.
 
 
*40 anni dopo…*
E bene si, eccoci arrivati al traguardo… ormai la nostra vita l’avevamo vissuta, allegramente e fortunatamente, insieme.
Quando nostra figlia è andata al college abbiamo deciso di ritornare nella nostra amata Inghilterra, a Wolverhampton .
Abbiamo vissuto in una bella casetta per molti anni, poi nostra figlia conclusi gli studi ha cominciato a lavorare e a mettere su famiglia, anche lei.
Eravamo fieri ed orgogliosi di noi, come famiglia, e di Aurora, come genitori. È stata sempre la figlia che tutti vorrebbero avere.
Ormai anziani, Liam ed io vivevamo da soli, nella casa di una vita e c’è dire che non ci si annoiava mai.
Non facevamo altro che ridere e scherzare e prenderci in giro a vicenda ripensando agli anni trascorsi insieme.
In un giorno di primavera come un altro  abbiamo deciso di tornare in quel parco, a cantare le nostre canzoni, quelle che ci hanno fatto innamorare.
Ovviamente il mio vecchio pc era KO, ma la chitarra di Liam c’era ancora.
L’ha tenuta conservata per bene tutto quel tempo e non si è consumata nemmeno.
Uscimmo di casa e raggiungemmo il parco.
E volete sapere una cosa? La panchina su cui ci siamo sempre seduto era ancora lì, sotto lo stesso pino, con le stesse scritte di un tempo, solo il legno era leggermente consumato, ma non ci importava, non era la nostra priorità al momento.
Io, con l’aiuto del mio bastone mi sedetti sulla panchina e intanto Liam, con qualche sforzo prese la chitarra e si sedette accanto a me.
-non ricordo bene come si suona, sai.. – ridemmo alla sua affermazione.
Poi un ultimo sorriso e partimmo.
Ricantammo la prima canzone suonata insieme “Shadow of the day”.
La voce ovviamente era cambiata, non avevamo più, , così come un tempo, il fiato necessario, ma ce la mettemmo tutta.
La prima strofa fu la sua, poi partì io.
Alla sera ce ne tornammo a casa, stanchissimi, ma felici.
Purtroppo però quella fu l’ultima volta che cantammo insieme.
Due mesi dopo il mio Liam se ne andò’è andato via per sempre.
È volato su in cielo, “forse canterà per gli angeli” pensai.
Così come mi aveva chiesto lui, lo seppellimmo nel nostro parco, proprio sotto l’albero dove lo vidi per la prima volta.
Gli misi accanto anche la sua chitarra, così avrebbe potuto suonarla anche lassù, non avrebbe avuto senso  lasciarla nel ripostiglio.
Prima che una montagna di terra ricoprisse definitivamente la bara, guardai in alto nel cielo e con un filo di voce, rotto dal pianto dissi – ci vediamo presto Liam..- piansi, piansi senza riuscire a smettere.
Prima di voltarmi e andare via di lì definitivamente, guardai quell’albero e rividi quel ragazzo giovane, che ancora non conoscevo, suonare la chitarra e cantare la sua canzone, riuscendo così, a farmi sognare.

 

 

 

 

Nuova OS un po’ triste, ma spero vi piaccia comunque, lasciate qualche recensione, fa sempre piacere sapere cosa ne pensate voi!


questi erano gli abiti di Kim nel secondo appuntamento:

 

 

  
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