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Autore: Blood Candy    06/03/2014    2 recensioni
Quale stupidamente eroico e manipolato pensiero mi ha portato qua? La risposta a dire la verità è semplice: la mia esasperata voglia di libertà.
Come un bambino capriccioso volevo averla, e la volevo subito.
E ora eccomi qua.
Sono le guardie, sono venute a prendermi.
Non mi oppongo, mi limitò a seguirle verso la carrozza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Gavrilo


Oggi è il giorno:
28 Giugno 1914.
La data non accenna a cambiare, è lì, segnata con l'inchiostro indelebile nel mio cervello confuso.
Mi basterebbe un giorno, mi basterebbe che fosse il 29, mi basterebbe che fosse tutto finito.
E invece resto qua, chiuso in una microscopica stanza da tre giorni, o forse di più, perché loro temevano che fuggissi, e avevano piena ragione.
In questo momento è l'unica cosa che voglio, scappare.
Quale stupidamente eroico e manipolato pensiero mi ha portato qua? La risposta a dire la verità è semplice: la mia esasperata voglia di libertà.
Come un bambino capriccioso volevo averla, e la volevo subito.
E ora eccomi qua.
Credevo che fosse la strada più veloce per ottenere la mia tanto ambita libertà, e invece è semplicemente la via sbagliata, e io me ne sono accorto solo ora, poche ore prima del più grande errore della mia vita.
Mi hanno messo in questa stanza in solitudine per meditare, per prepararmi psicologicamente a ciò che sta per accadere, e a quanto pare questo mi sta solo creando tanti dubbi irrisolvibili, tante domande senza risposta.
È entrato qualcuno, credo mi stia spiegando la mia tecnica d'azione.
Sinceramente non ne ho idea, la mia mente è affollata da mille pensieri che annebbiano il mio udito, e posso solo vedere quella persona muoversi, camminare, gesticolare invano.
Io mi limito ad annuire quando mi rivolge lo sguardo.
Il tempo scorre, e piano piano mi spinge verso la mia arma, che mi viene messa in mano da una seconda figura spuntata all'improvviso dal nulla.
È una rivoltella in ferro, lucida e pulita, pesante come un sasso.
Mi alzo in piedi e vado a puntare la pistola contro il sacco di farina che ho usato come cuscino in questi giorni, noncurante del fatto che nessuno mi avesse dato il permesso, carico l'arma e bum.
La farina si disperde sul pavimento con una rapidità disarmante, e in una manciata di secondi il sacco è vuoto, privo di vita.
Rimango immobile, con lo sguardo fisso sulla farina che imbianca il lurido pavimento, con gli occhi lividi, esausti, stanchi di quell'attesta che mi stava lentamente uccidendo dall'interno; una mano mi si posa amichevolmente sulla spalla tesa,e vengo inondato da una calma placida come la luna e completamente fuori luogo.
-Ora va'-Stringo la pistola contro il petto, e subito il cuore riprende a battere freneticamente, picchiando più forte delle gocce di grandine sulla lamiera.
Lentamente mi dirigo verso la porta, io non ci voglio andare, non lo posso fare, non lo DEVO fare.
Eppure la paura di una pallottola conficcata direttamente nel petto mi spaventa a tal punto da spingermi verso l'uscita, e dal farmi varcare titubante la porta.
La strada del passaggio si trova proprio dietro la casupola in cui sono stato chiuso, eppure sembrano i momenti più lunghi della mia vita.
Forse perché sto camminando con una lentezza esagerata, nonostante io sia pienamente consapevole che manca quasi un minuto al loro passaggio, e quindi alla mia azione.
Velocizzo il passo, e sento la pistola immobile sotto la mia giacca, fredda, pronta ad essere estratta.
Arrivo alla strada, ed esattamente in quell'istante passano le guardie austriache: non potevo essere più preciso.
Un minuto e sarò libero, finalmente.
Stringo in mano la rivoltella e la nascondo accuratamente nell'enorme tasca.
La mia testa sta per esplodere, sono perso nei miei pensieri, eppure le trombe non attendono un mio consenso per squillare: è il mio momento.
Carico la rivoltella e in un istante miro alla faccia della moglie dell'erede.
Il terrore lo si leggeva sul suo volto accuratamente truccato, ma come una scritta sulla sabbia la mia pallottola è arrivata come un onda e l'ha cancellato per sempre.
Non me ne rendo contro che la mia mano abile ha già premuto il grilletto per la seconda volta: anche Francesco Ferdinando nostro erede al trono, è andato.


Cosa ho appena fatto?
Le loro facce colme di terrore primeggiano su ogni pensiero razionale.
Ho realmente pesato che dopo questo sarei stato libero? A quanto pare sì, e mi sbagliavo, e questo errore mi perseguiterà per tutta la vita.
Mi sveglierà la notte, mi torturerà durante il giorno.
A meno che...
A meno che la vita non termini ora, ora che sono libero, ora che ho compiuto la mia missione.
Carico nuovamente la mia arma, sta volta senza la minima titubanza.
La canna ustionante preme sicura sulla mia tempia.
La mia mano sfiore il grilletto, ma subito delle forti braccia trascinano l'arma dietro la mia schiena.
Sono le guardie, sono venute a prendermi.
Non mi oppongo, mi limitò a seguirle verso la carrozza.
Perché sono libero, giusto?
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Salve a tutti, sono BrainStew_Athy
Non so bene perchè ho scritto questa storia (probabilmente per un istinto omicidia procurato dalla professoressa di storia durante una sua ora) e tanto meno capisco perchè la sto pubblicando (forse per un folle istinto suicida della mia reputazione), ma spero vivamente che vi piaccia :)


With rage and love
BrainStew_Athy
   
 
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