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Autore: _That Star_    06/03/2014    5 recensioni
Rinasco oggi. Con loro. Con lui.
[Andrew Scott\Benedict Cumberbatch]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Andrew Scott, Benedict Cumberbatch, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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You all

Just wasting time
Trying to prove who’s right
And if it all goes crashing into the sea
If it’s just you and me
Trying to find the light?

[Mat Kearney-Ships in the nights]


 


 

Chiudo la porta alle mie spalle e penso, diavolo, va tutto così bene. Ci sono dei periodi...Insomma, è capitato che per giorni e giorni, mi rimanesse addosso questa patina appiccicosa di felicità che non trovava perché, un po' come resina sugli alberi. Era piacevole, stimolante, curioso. Ma ben lontano da ciò che percepisco in questo momento: della completezza. Sia sentimentale, grazie a Benedict, sia di libertà, perché finalmente mi sono confessato alla mia famiglia. Loro sono la mia vita, come potevo non condividere questa mia rinascita, mi son detto. E allora gliel'ho sussurrato. Così, un po' tremando perché pare io non riesca a fare altro di questi tempi, ma con lo sguardo alto e fiero, non di una persona sicura, ma appunto, di una persona felice.

Papà non ha detto niente. Ma va beh, papà è così. Quando gli ho detto che in questi tre giorni ero stato in un appartamento, con un uomo, deve aver fatto un viaggio mentale di quelli senza ritorno, è rimasto in silenzio e noi tutti a guardarlo. Ha bevuto un po' di vino, si è alzato e mi ha posato la mano sulla spalla. Tu stai bene, no? Sì, certamente. Si chiama? Ben. Come? -ma aveva sentito alla grande, sono stato io idiota- Benedict, papà. Miseria, sono già le nove, sarà iniziato il Liverpool.

E papà è andato a sfogarsi con la tele. Chissà quanti segreti avrà bisbigliato all'erba infangata dei campi di calcio, alla poltrona di The late late show e ai titoli di coda del telegiornale. Anche quando ero bambino, è sempre stato così: a quei tempi pregavo la notte di poter essere la televisione, perché anch'io volevo parlare con papà. Ero quel tipo di bambino a cui regalavano il pallone, la maglia, i calzoncini, i parastinchi, e un po' tutta l'armatura in generale, per giocare a calcio ed io invece disegnavo o leggevo. Per mio padre ero gay già da allora, perché insomma, non si può non amare il calcio. Quindi non parlava con me. Perché lui conversava di sport. E la televisione lo soddisfava abbastanza per non preoccuparsi di creare un rapporto padre-figlio.

Ma c'era mamma. C'era mamma che faceva da tutto. L'ho sempre vista come un personaggio di quei fumetti coloratissimi, una sorta di supereroina con tanto di pugno alzato verso il cielo. Appena le ho detto di Benedict ha preso per mano me e mia sorella, e ci ha tirati in camera.

“Chiudi, chiudi, chiudi! Dai che ora mi racconti tutto.”

E così ora sono spalle al muro, in tutti i sensi, perché a mamma interessa sapere: non tutto, non è una pettegola, che si ciba di inutile vociferare, e nemmeno una di quelle persone ossessionate dalla verità, è solo mamma, e mamma è così. Io ho un dono speciale -mi ha detto una volta quando lei aveva perso il lavoro e io trotterellavo attorno a lei per chiederle che era successo -è qualcosa di veramente unico. E allora ho pensato, lo sapevo, lo sapevo che mamma aveva i superpoteri! -Io ho la capacità di essere felice, quando gli altri sono felici.- Ma che brutto, mi dicevo, perchè tutte le cose che non capivo erano brutte (vedi anche sotto la voce: Matematica), quindi non ci ho dato apparentemente credito per molti anni, mentre ora credo sia la frase che la riassume meglio, la mia mamma.

“E...Niente, venerdì alle prove...”

“Ti ha baciato!”

“S-si, più o...più o meno, nel senso, sì ma...”

“Con la lingua!”

“Ecco, anche qui, più o men-”

“Quindi avete già...”

“So a cosa stai pensando ma ti assicuro che...”

“Andrew no. Adesso stiamo correndo troppo.”

Io scoppio a ridere e inizio a scuotere la testa, mentre anche lei si lascia andare a qualche sorriso, ma so bene essere serissima. L'unica che non riesco a capire questa sera, è mia sorella Hannah. La mia piccola. Se ne sta raggomitolata in un angolo del letto e io la sento distante anni luce da me, con quel suo sguardo perso. Non voglio la sua attenzione, no, voglio solo che mi guardi e che sappia che io son qui, e non per sfoggiare un fidanzato nuovo di pacca, ma perché li amo, tutti loro.

“Tesoro, non riesco più a far partire la tele! Non è che hai toccato qualche filo spolverando?”-urla papà dal salotto e io penso che non voglia parlare con la tele di ciò che è successo oggi. Ha bisogno della mamma, che con quel suo ottimismo riesce ad assicurargli che sì, andrà tutto bene e che no, non c'è da preoccuparsi. Mia madre scende di corsa dicendo non è finita qui fra noi e lanciandomi uno sguardo d'intesa. Io ho riso perchè era veramente buffa e poi la porta si è richiusa lentamente.

Hannah.

Mi siedo di fronte a lei sul letto, come facevamo da bambini, con la differenza che oggi non mi guarda, è bloccata su questo punto inutile della parete. Le prendo le mani per risvegliarla da questo tepore, e lei scatta spaventata, come se si fosse appena accorta di me. “Andrew!” stringe le mie mani.

“Qualcosa non va?” le dico esibendo il migliore dei miei sorrisi, e lei ricambia, ma ha sempre altro in mente.

Aggrotta le sopracciglia e rimaniamo in silenzio per molto tempo. Molto tempo rispetto ai nostri, ai suoi standard, è sempre allegra lei e chiacchierona. Stiamo bene insieme.

So che è limitativo dire solo questo di mia sorella, ma l'amore che provo per lei è incondizionato ed infinito, automaticamente indescrivibile. Intreccio le nostre mani e le ripeto la formula avvicinandomi un po' di più e con tono diverso. “Qualcosa, non va.”

“Andrew...”-mi chiama ed io la ascolto, come sempre.-”Secondo te io sono una troialuridaeapprofittatricechenonhanientedimegliodafarecheprendersicazziinculo?”

Wow.

Mi scosto un attimo e la guardo, interrogativo. Non è uno scherzo a giudicare dalle lacrime che invadono gli occhi stanchi. “Chi ti ha detto questo?”

“Lei.”

“Lei chi?” chiedo secco.

“La moglie!”La moglie...Ricollego velocemente: relazione con il Don Giovanni di turno, lei innamorata pazza, lui bavoso del cavolo, ti piace Gary, Andrew? No ma è Hannah, si mi piace tanto.

“Non sapevo avesse una moglie.”

“Nemmeno io!”-salta su lei ridendo, sempre con quegli occhietti smarriti e sento che ora crollerà. Davvero.- “Tu ti sei mai sentito un po' così?”

“Una...”

“Troialuridaeapprofittatricechenonhanientedimegliodafarecheprendersicazziinculo”

Ripenso a quella serata al locale, al biondo, all'appartamento e al suo Moriarty a fior di labbra. “No.” le rispondo. Ma è sì.


 

“Grazie di tutto, mamma, la cena è stata deliziosa come sempre.” faccio correre lo sguardo su papà e lui abbassa il suo. Arriva il turno di mia sorella e le sue iridi vibrano, come le labbra e le mani mentre mi saluta debolmente alzando un braccio. Guardò mia madre e mi torna in mente di essere felice.

Rieccolo qui, l'equilibrio precario della felicità.

Salgo in macchina e guido velocemente fino all'appartamento di Benedict. Voglio solo rilassarmi un po', e poi riprendere qualche argomento, troppo importante per essere tralasciato. Hannah.

Apro il portone del condominio e faccio i gradini a tre a tre, per cercare di accorciare l'attesa fino alle sue labbra.

Busso e subito il mio Sherlock mi apre. Prende la mia testa fra le mani e mi posa un bacio a stampo lungo e dolce, e sembra che mi sussurri te lo meriti Andrew, e io riprendo una buon sorso del mio buonumore. Chiudo la porta con un gomito e ciondoliamo appiccicati contro il divano.

Mi toglie la giacca, e poi torna sulla mia pelle con quelle sue dita sottili che mi mandano in fibrillazione di volta in volta. Chissà come sarà fare l'amore con lui, mi vien da pensare e via, con un'altra delle tue fantasie Andrew!

Si sdraia sul divano e io lo seguo, finendo a cavalcioni su di lui. Ma io, persona seria e rigorosa, non devo..No vi prego. Non devo...

Mi prende i fianchi e li tira verso sé continuando a baciarmi e a baciarmi. Poi fa qualcosa d'insolito, infila la testa sotto la mia maglietta e inizia a giocare con quella sua lingua sul mio petto caldo.

Ora. Ora. Deglutisco. E' inevitabile che io non mi..

Ecciti.

Stringo i suoi riccioli fra le mie dita e lo spingo di più verso di me. “Oh..B-Ben.” mi sfugge ma era inevitabile. Bearsi. Bearsi è il verbo...giusto.

Vibra. Qualcosa vibra. Sotto il mio sedere. E penso a qualche gioco erotico. Oddio, io non sono pronto. Cioè sì non vedo l'ora ma non credevo così, nell'immediato. Benedict toglie la testa dalla mia maglia e si toglie il cellulare dalla tasca.

“Pronto?”
Respiro a tratti. Devo smetterla di pensare una volta per tutte. C'è un limite, Cristo, c'è un limite! Si può essere così idioti. La vibrazione del cellulare! Ma che...

Ben si alza leggermente con il busto. “Martin! No dimmi tutto, figurati.” Scivola lontano da me, si ricompone, e mi guarda dispiaciuto. Scusa amore, mi fa con le labbra. Ed è la prima volta che mi chiama così. Amore. Io sono il suo..amore. Lo ha scandito così bene con quelle sua bocca che quasi lo perdono per avermi piantato qui con un problema in mezzo alle gambe.

Inizia a baciarmi il collo, sempre con il telefono in mano, ogni tanto fa mmh mmh per sottolineare il fatto che lui stia ascoltando. Ma ad ogni suo colpo baritonale, io tremo tutto e torno in questo mio mondo di fantasie. Non dovrei farlo. Mmh mmh, fa di nuovo lui, e io non capisco più niente.


 

La notte è bella con lui. E' sempre stata bella la notte, ma insieme a Ben prende una sfumatura dolce e frizzante al tempo stesso. Dolce per i nostri baci e le nostre carezze. Frizzante perchè non sappiamo mai come dormire, ed una volta lo abbraccio, poi siamo scomodi e mi abbraccia lui, e allora avanti così per ore finchè non scoppiamo a ridere e poi a baciarci e poi ancora a ridere.

Mi infilo sotto le coperte e sfrego i piedi contro il materasso perché ho un freddo incredibile. Lui lo intuisce e mi avvolge a sé, soffiando contro le mie spalle per scaldarmi.

Ci guardiamo.

“Che hai fatto oggi?” mi bacia.

“Sono andato dai miei e...”-lo bacio anch'io. Prendo un po' di coraggio.-“Sai.”-bacio-“Gli ho detto di noi.”-bacio. Bacio non ricambiato.-“C-cosa?” chiedo io preoccupato.

“Gli hai detto di noi?”

Deglutisco. Ho sbagliato. Non dovevo. Ma è la mia famiglia! Ma è la nostra storia! Ma è la mia vita! Vorrei dirgli. Ma non riesco perché ho troppa paura di perderlo. Ho fatto un passo falso, non ricadiamoci di nuovo. Deglutisco. I suoi occhi saettano nei miei, prima in un occhio e poi nell'altro, quando finalmente prende parola: “Nessuno. Nessuno Andrew deve sapere di noi.”

“Perché?” mi esce.

“Io ho una carriera!”

“Anch'io.”

“Una famiglia, degli amici, un futuro!”

Mi scosto da lui e mi si incrina la voce: “Ed io secondo te non avrei niente di tutto questo? Qual'è il problema?”

“Io non voglio che salti fuori questa storia.” E' successo. Il pentimento. Si è accorto di cosa sia accaduto ed ora non riesce nemmeno a concretizzarlo in sé. Sta con un uomo. Sta con me. Mi pareva strano.

“Perchè non è abbastanza seria?” dico io addolcendo il tono e guardandolo negli occhi.

E qui lui urla: “Perchè non è abbastanza normale!” e tutti i sottintesi annessi a questa frase.

Parlami di felicità allora, Andrew. Parlamene. Ho capito che non devo farla vedere a nessuno. Tutti sono pronti a rubarmela, devo tenermela nel cuore 'sta cazzo di felicità. Mi scappa la prima lacrima.

Non è giusto.

Io non lo sapevo, non lo sapevo che la felicità svanisse così in fretta, lacerandomi così ogni speranza. Altre lacrime. Mi allontano da lui di fretta, le mani sugli occhi, i passi spediti verso il bagno e chiudo la porta a chiave.

“No! No no no no no dai Andrew, non fare il bambino, sai cosa intendevo! Esci fuori e parliamone.”

Stringo i capelli e mi appoggio coi gomiti al lavandino. Verrei sì fuori a parlare, ma mi tremerebbe la voce, balbetterei, incespicherei nelle mie stesse parola. Urlo dentro io Benedict. Le cose peggiori. Che possono uscire. Dalle labbra di un uomo. Perchè se ami, ami qui, come ami là fuori. Non che arriva tua moglie, Gary, e prendi ad odiare mia sorella. Non che hai dei valori tuoi Benedict, e ci rimette la nostra relazione.

“Io non ho la forza di affrontare tutto questo per entrambi.”

“Lo so amore lo so. Dammi tempo, sono passati cinque giorni...”

“E' che io ti amo capisci?” gliel'ho detto. E mi torna di nuovo da piangere.

“Ti amo anch'io Drew. Tanto. Ora apri sta cazzo di porta o la sfondo.”

Non riuscirei a guardarlo negli occhi. Perché più le cose sono vere, più io ho bisogno di schermarmi e proteggermi. Rimango in bagno.


 

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Dopo grandi richieste...Ecco a voi il capitolo 5!

O mio Dio ragazze. Ma quanto sto scrivendo? Toglietemi il computer dalle mani.

Devo scusarmi con tutte voi perchè sono sempre lentiiiiissima a leggere, recensire e rispondere ai vostri meravigliosi commenti. Cercherò di essere un po' più presente, vi amo troppissimo *-*

_That Star_

Ps: sto gnoccone di Andrewwwww *_____* ma ne vogliamo parlare? <333

  
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