Salve, miei amati lettori. Allora, vi spiego subito (e brevemente) perchè anche questa volta ho aggiornato con un ritardo così spaventoso... Allora, parto da principio. Giovedì pomeriggio stavo per aggiornare quando, a un certo punto, mi si è spenta la penna per la connessione che avevo. Non capivo perchè, allora ho chiamato il numero della Tim e ho chiesto delucitazioni in merito... mi hanno detto che ho terminato le 100 ore mensili a mia disposizione (sorvoliamo sul fatto che ne ho usate al massimo 80...). A quel punto, ho preso il portatile e ho fatto una corsa nei negozi dei miei genitori, con la speranza di usare il loro abbonamento... ç_____ç Il destino mi si è accanito contro, però! Mia mamma, dispiaciuta, mi ha avvisata che il modem aveva problemi di linea, e non funzionava... Ricapitoliamo: la penna fino al 26 giugno è andata, e internet nel negozio dei miei non l'hanno ancora aggiustato. Vi prego, quindi, di scusarmi per non aver potuto aggiornare e, soprattutto, commentare. ç____ç Mi metterò d'impegno e leggerò tutto, ve lo giuro! Ma ora vi lascio al capitolo, ok? ^___<

“Tesoro, Sango ci ha spedito una mail…”

“Che vuole?”

“Come sei antipatico! Ci avvisa che lei e Miroku stanno tornando in Giappone!”

“Mica rivogliono il loro posto di lavoro? Abbiamo già troppe spie, Kagome, non possiamo riprendere anche loro!”

“Baka! Inu-Yasha, ma sei scemo? Ti sei forse scordato che erano andati in America per aprire una “filiale” della nostra agenzia di spie?”

“Ah! Già… E allora perché tornano? La vita in America non era di loro gusto?” chiese annoiato l’hanyou, prendendo la tazza di caffé che la moglie gli porgeva. “Grazie per il caffé.”

“Di niente… Dicevo… la vita in America gli piaceva, che credi. Ma con due figli adolescenti… meglio stare tutti vicini, no?” chiese Kagome, guardando allegra il marito.

“Io non sono d’accordo.” Rispose l’uomo.

Si avvicinò a Kagome, che stava ancora lavando i piatti (pur avendo finito di mangiare già da un bel po’!), e la abbracciò da dietro, iniziando a posarle lievi baci sul collo.

“E perché no?” domandò la donna, voltandosi e baciando a sua volta il marito.

“Miroku ha un figlio maschio, giusto?” chiese con fare circospetto Inu-Yasha.

“Si. E allora?” Rispose Kagome, che non capiva il discorso del marito.

“E allora?!? E allora?!? Se quel bambino è anche solo un decimo simile al padre, l’integrità della nostra piccola Izayoi è in pericolo!” urlò sbigottito l’hanyou, scrutando Kagome come a voler capire se era seria.

“Inu-chan… come devo fare con te?”

“Non trattarmi come un bambino!” strillò Inu-Yasha, fingendosi offeso.

“Perché? Non sei forse un bambino?” domandò Kagome divertita.

“No…” mormorò il mezzo-demone, baciandola.

“Ehm…”

I due si staccarono di botto, arrossendo vistosamente.

“I-Izayoi… che ci fai qui a quest’ora?” domandò Inu-Yasha, cambiando rapidamente colore (rosso, rosso scuro, rosso fuoco, rosso scarlatto…).

“Papà? Sono le 4 del pomeriggio! Dove dovrei essere?” domandò la figlia.

Izayoi aveva 15 anni. I lunghi capelli neri le danzavano elegantemente intorno al corpo. Gli occhi erano neri, colore che, Kagome, aveva scoperto appartenere a Inu-Yasha nelle notti di novilunio, quando perdeva i suoi poteri demoniaci e assumeva totalmente sembianze umane.

Era di carnagione chiara, come la madre, e da lei aveva ereditato anche le movenze eleganti.

Dal padre, invece, aveva ereditato il carattere burbero, cosa che faceva disperare non poco Kagome.

“Che so… fuori, con le amiche…” rispose Kagome, tentando di calmarsi.

Scoperti a baciarsi come due adolescenti… e dalla figlia, poi!

“Ti risulta che io sia mai uscita con le mie amiche, di pomeriggio?” domandò Izayoi, inarcando un sopracciglio.

“No, perché ti annoi. Ma nessuno te lo impedisce!” rispose Inu-Yasha.

Kagome lo guardò ammirata: suo marito sembrava avere il pieno controllo su di sé. Peccato non fosse proprio così!

Inu-Yasha era in subbuglio, e, per la prima volta, desiderava che la figlia fosse uscita con un ragazzo. Sospirò affranto, fissando la figlia con le iridi ambrate.

“Cos’è questo baccano?” esclamò una quarta voce.

Kagome si districò dall’abbraccio del marito, e sorrise al nuovo venuto.

“Mikado, tesoro, sei già sveglio?”

“Già! Mamma… facevate un baccano! E pensare che ieri sono stato fino a tardi a fare quel lavoro per voi…”

Mikado era il fratello gemello di Izayoi. Aveva i capelli neri come la notte. Gli occhi erano del color dell’oro, lucenti proprio come quelli del padre.

Principalmente, la più grande passione di Mikado era studiare, ma, per far piacere al padre e alla madre (per cui aveva una vera e propria venerazione), non disdegnava di fare la spia, lavoro per cui era veramente portato.

Il ragazzo sbadigliò rumorosamente, prendendo una tazza di caffé dal tavolo e bevendola tutta d’un fiato.

“Miki… ma tu non odiavi il caffé? Non lo consideravi una semplice brodaglia nera dal pessimo sapore?” domandò Izayoi con fare irritante.

“Punto primo: se mi chiami di nuovo con quel nome, puoi scordarti di avere una vita sociale. Farò girare le tue foto di quando eri una bambina… sai a quali mi riferisco, vero?”

Izayoi deglutì, segno evidente che lo sapeva bene.

“Punto secondo: ho talmente tanto sonno che mi berrei anche del veleno…”

“Se vuoi te lo preparo io!” esclamò Inu-Yasha, introducendosi nella discussione.

“Il veleno? No, grazie.” Rispose acido il figlio.

Poi si voltò verso la madre: “Come hai fatto a sposarti un tipo del genere? Non lo sopporto io che sono il figlio!!!”

Kagome rise, seguita da Izayoi.

Inu-Yasha fulminò il figlio con lo sguardo, voltandosi poi verso le “sue donne”.

“Se non la smettete, non vi faccio più uscire di casa!”

Le due donne non lo calcolarono minimamente, continuando a ridere.

“Mam-ma… Pa-pà! Mam-ma! Pa-pà!”

Tutti si voltarono verso la porta.

“Sakura… piccola, che c’è?” chiese Inu-Yasha, frantumando la sua maschera di hanyou duro e senza cuore.

“Ho tovato tetto!” disse la bambina.

Aveva si e no 3 anni, i capelli neri e gli occhi cioccolato, proprio come la mamma.

Inu-Yasha le tolse di mano l’oggetto, per poi sorridere dolcemente.

“Kagome… guarda un po’ tu!”

Lo stesso sorriso che poco prima si era impadronito delle labbra di Inu-Yasha ora faceva lo stesso con quelle di Kagome.

Una maschera.

“La indossavo quando ci siamo visti la prima volta…” mormorò, persa nei ricordi.

Kagome ripulì la maschera con la manica della maglia, per poi adagiarla in salotto, sul caminetto.

In un certo senso, doveva esserle molto grata.

Sorrise, spostando lo sguardo sulla foto che faceva bella mostra di sé sul camino.

Lei, Inu-Yasha, Miroku e Sango.

La loro storia non si era conclusa ancora…

“E non si concluderà mai…”