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Autore: deepdarkness    08/03/2014    0 recensioni
Nel 2025, un gruppo di studenti delle superiori, dovrà fuggire per salvarsi dagli Host. Grazie all'aiuto di un uomo misterioso proveranno a raggiungere la cittadella fortificata di Colosso, un ex avamposto militare situato in Russia, divenuto ormai l'ultimo baluardo dell'umanità...
Genere: Drammatico, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Giorno 04 La mattina ci svegliammo presto, bisognava partire per Parigi. Matteo si svegliò subito, sembrava quasi che si fosse abituato a questa situazione, era un sollievo vedere che non gli pesava guidare per tutti. Decidemmo di percorrere delle stradine secondarie, certo il viaggio sarebbe stato più lungo però avremmo incontrato meno problemi, e soprattutto avremmo trovato le strade più libere. Lorena ci guidava con le cartine, analizzava ogni sentiero e sceglieva le strade più deserte possibili. Paola e Aldo invece stavano controllando le provviste, e le razionavano, Alessandro invece controllava il carburante ancora rimasto nelle taniche, probabilmente lo avevano preso quando io incontrai Tamara. Infine vi era proprio lei, che cercava di conoscere gli altri membri del gruppo, la guardai e le feci l'occhiolino, ero soddisfatto, in poco tempo avevamo reagito bene alla situazione. Tuttavia, i miei sentimenti di orgoglio sparirono presto, infatti mi resi conto di non aver nessun ruolo. Fortunatamente i miei pensieri non durarono tanto, sparirono non appena vidi Parigi, sembrava un campo di battaglia. Dalla nostra posizione vedevamo il fumo alzarsi dalla città, e proprio come a Lione vi era silenzio, eravamo distanti dalla città ma non udivamo lo stesso quei rumori tipici delle metropoli. Ci fermammo per mangiar qualcosa, sinceramente non avevo fame, il mio sentirmi inutile mi aveva chiuso lo stomaco, così lasciai che gli altri mangiassero tranquilli e mi misi da solo a guardare la città, usai la scusa di far da palo e nessuno obiettò. Mi sedetti muretto di cemento che fungeva da guard rail, la vista era mozzafiato, il cielo era azzurro e senza nuvole, il verde delle colline e dei boschetti sotto i miei piedi toglieva il fiato, e sullo sfondo di questo magnifico scenario c'era Parigi, la città degli innamorati, che nonostante stesse bruciando, manteneva il suo leggendario fascino. Respirai a fondo e chiusi gli occhi, la mia mente era pervasa da un senso di tristezza tale da farmi scendere alcune lacrime. All'improvviso tutto finì, sentivo delle calde braccia stringermi, aprì gli occhi per vedere se era reale e vidi lei, vidi Tamara. Mi voltai verso di lei così da poterla guardare negli occhi, lei mi guardava e sorrideva le chiesi di cosa avesse bisogno mentre scendevo dal muretto lei mi sorrise e mi disse, quella è Parigi, la città dell'amore e della passione non puoi entrarci se sei triste, la guardai stupito, pur avendo la ferita al ginocchio ancora aperta era venuta da me, per tirarmi su il morale, la presi come se stessi sollevando una bambina, e la misi sul muretto, la guardai e le dissi di non muoversi così tanto col ginocchio in quelle condizioni, avrei tanto voluto baciarla, ma una ragazza così bella era destinata a qualcuno migliore di me. Mi voltai e le dissi di salirmi in spalla, così l'avrei portata dagli altri e lei mi rispose con una pernacchia. Mi voltai di nuovo, lei mi prese e mi baciò, quello era il mio primo bacio. Era bello sentire le sue labbra sulle mie, ci staccammo poco dopo e le chiesi il motivo di quel bacio, lei mi zittì rispondendomi:" i tuoi occhi me l'hanno chiesto, ed io volevo baciarti". In quel momento mi sentivo ancora di più un fallito, non avevo manco il coraggio di sostenere lo sguardo di quella ragazza, lei mi guardò e mi chiese se la mia tristezza dipendesse in qualche modo da lei. Io non le risposi, mi limitai a sbuffare scuotendo la testa, e me la caricai sulle spalle, era giunto il momento di andare al nostro appuntamento. Una volta saliti in macchina, ci guardammo e dissi:" bene ragazzi, qualunque cosa succeda stiamo uniti e mi raccomando niente rumore, prendetevi tutti un machete, almeno da essere armati". Poi partimmo, dopo mezz'ora di strada entrammo a Parigi, avevamo 2 ore di tempo prima dell'appuntamento ed eravamo a 7 km dal Louvre, decidemmo di percorrere più strada possibile in macchina, purtroppo le macchine bloccavano le strade, allora lasciammo il furgone e segnammo la zona sulla cartina della città che aveva Lorena. Ognuno di noi aveva un machete, io al contrario ne presi due, Tamara invece si aggrappò alle spalle di Lorena e Paola, mi misi davanti al gruppo in fondo io conoscevo meglio il nemico. Avanzavamo lentamente fra le carcasse delle auto, a terra c'erano delle grandi chiazze di sangue, poco più avanti invece trovammo dei cadaveri, erano dilaniati e sventrati, ai più fortunati era stato portato via solo un arto, di altri invece rimanevano solo braccia o gambe. Mi voltai verso il gruppo e vidi che erano tutti provati, ma nonostante tutto continuavano a camminare in silenzio, improvvisamente sentimmo dei lamenti provenire da un vicolo poco più avanti, feci cenno di fermarsi e di nascondersi dietro ad una macchina, io andai avanti piano piano, sfruttai le macchine per nascondermi, finché non arrivai all'inizio del vicolo. Mi accovacciai e presi uno dei due machete che avevo alla cintura, e usai la parte piatta della lama come specchio, all'interno del vicolo c'erano un paio di infetti, camminavano contro un muro sbattendo ripetutamente, ebbi la conferma della loro cecità mi misi in piedi davanti al vicolo non si voltarono nemmeno, feci cenno agli altri che erano rimasti indietro di avanzare lentamente. Passarono alle mie spalle, io rimasi fisso a guardare il vicolo, in caso si fossero mossi per venire verso di noi, non ci furono problemi e continuammo ad avanzare in quella città di sangue, finché non arrivammo di fronte al Louvre, il nostro uomo era lì, era sicuramente umano quando ci vide ci salutò con la mano. Arrivammo da lui, si presentò il suo nome era Jacques, e insieme ad altre persone si era rifugiato nei sotterranei di Parigi, nella rete fognaria ci disse di avere una piccola comunità di sopravvissuti come noi, gli altri erano felici e sollevati al punto di piangere. A me invece la cosa preoccupava, non sapevamo niente di questo tizio, e in più c'erano troppe domande a cui non sapevo rispondere. Non feci in tempo a consultarmi con gli altri che chiese, a voce bassa e con uno spiccato accento francese, chi tra noi fosse il capo, io non risposi ma lo fece Alessandro e mi indicò, Matteo pareva seccato, ma confermò annuendo. Jacques mi guardò e mi disse:" allora vi volete unire a noi? Insieme sopravviveremo, e poi il vecchio impianto di depurazione fognario è grosso per un gruppo di 25 persone". Entrammo nelle fogne passando da un cancello, e dopo aver camminato per una decina di minuti nei cunicoli fognari, arrivammo all'impianto di depurazione. Era un capannone enorme, dall'esterno sembrava una struttura simile ad un hangar circondato da un enorme cancello di ferro, sul quale vi era inciso il logo delle Grossman industries. Passati i cancelli c'erano delle guardie armate, erano 4 divise in 2 coppie, la prima al cancello e l'altra all'entrata dell'impianto, avevano dei fucili d'assalto simili a quelli usati dai militari. Entrammo dopo che Jacques sussurrò qualcosa davanti alla porta, l'interno dell'impianto era paragonabile ad un hotel, dietro al salone principale infatti, vi erano diverse porte numerate con i numeri romani, in mezzo al salone vi erano altre due guardie, che stavano appostate dietro un enorme bancone di metallo sul quale era posizionata una mitragliatrice fissa, puntata direttamente contro la porta da cui eravamo appena entrati. Jacques ci indico due stanze, una per le ragazze e l'altra per noi maschi, fatta eccezione per me, io ne avevo una tutta mia, la numero 10, anzi la X. Ci disse di andare a farci un bagno caldo, mentre aspettavamo di cenare. Ci disse di farci trovare alle 20 nel salone principale e poi se ne andò. La mia stanza era piccola, infatti avevo una branda, in un altro stanzino la vasca da bagno ed il gabinetto, ne approfittai per sciacquare via lo sporco e lo stress dal mio corpo, mi immersi e cominciai a pensare a diverse cose, e più mi rilassavo e più avevo domande a cui non riuscivo a rispondere. Di colpo mi ricordai che il primo giorno avevamo aiutato due nostre compagne di classe ai laboratori, Nadia e Giada, come mai non erano più con noi? Facendo mente locale, mi resi conto che quando mi allontanai dal gruppo mentre modificavano il furgone erano lì, e poi quando li incontrai con Tamara non c'erano, come feci a non accorgermene subito? Quel giorno successe qualcosa ai miei compagni, e io non sapevo di cosa si trattasse. Prima di questo dovevo capire alcune cose, quindi finì il bagno e mi preparai, dovevo trovare Jacques e chiedere alcune spiegazioni, uscì dalla stanza senza farmi notare e sgattaiolai Furtivamente dietro alle prime dieci camere, il blocco dietro andava dalla 11 alla 20, e dietro a quel blocco vi era una sala enorme, con un tavolo apparecchiato, e lì vi trovai Jacques, era seduto ed era da solo, mi salutò e mi fece segno di sedermi. Mi sedetti e lui sorrideva in maniera beffarda, mi guardò e mi disse:" qualcosa non va, capo?" Io lo guardai e gli risposi:" no, va tutto bene ma ho un paio di domande da farti, e tu da buon francese educato mi risponderai vero?". Calò il silenzio e sorrise di nuovo, mi fissò con quei suoi occhi marroni, prese una pistola che aveva nella fondina agganciata alla cintura e la mise sul tavolo, ero spaventato ma dovevo bluffare altrimenti non avrei scoperto niente, lo guardai e gli dissi:" non ho paura di morire, e in più faresti un gravissimo errore a spararmi", lui mi guardò e mi rispose con tono di sfida:" chi pensi di essere superman?". Chiusi gli occhi e mi appoggiai allo schienale della sedia, abbozzai un sorriso compiaciuto e dissi:" riflettici non è difficile, se mi spari i miei compagni verranno qua a vedere, e per qualche motivo non ti va che si creino dei problemi, visto che ci hai diviso, il secondo motivo è ancora più semplice, nonostante le guardie non riuscireste a resistere a tutti quei mostri da soli, e se mi sparassi il rumore del colpo risuonerebbe per tutta la città, e sappiamo che usano l'udito per cacciare, comunque spara pure se vuoi". Jacques prese la pistola me la puntò alla tempia e poi sorridendo mi disse:" hai fegato a sfidarmi così, inoltre sei intelligente e sarebbe uno spreco, quindi accoglierò la tua richiesta e sazierò la tua fame di sapere, stasera dopo cena alle 11 vieni qua". Si alzò e se ne andò verso la sua camera era la numero 17, XVII in numero romano, aspettai di sentir chiudere la porta per andarmene. Sentì il tonfo della porta e tirai un respiro di sollievo, mi alzai e corsi in camera mia, ero ancora vivo e pensai che alla fine tutti quei film che vedevo, a qualcosa erano serviti. La giornata non è finita infatti sono le 7 e 34, tra 26 minuti andremo a cenare, e dopo avrò le mie risposte, per il momento mi limito a scrivere ciò che è accaduto fino a poco, sento ancora la fredda pressione della pistola sulla tempia se ci penso. Spero di scoprire qualcosa, almeno in futuro voi che troverete questo diario saprete la verità sul giorno 0...a domani, spero.
  
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