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Autore: LittleEevee    08/03/2014    1 recensioni
Flavia è una ragazza di 15 anni che all'improvviso, una notte, vede un misterioso luccichio provenire dal suo specchio. Scopre che in realtà lo specchio nasconde un portale, e si ritrova sena accorgersene, nella dimensione di Hetalia. Al suo risveglio si ritrova su un prato circondato da tulipani, ed un misterioso ragazzo le si avvicina. E' Olanda/Netherlands che si avvicina a lei e le chiede cosa ci faccia là.
La ragazza non troverà una risposta abbastanza precisa, ma vivrà diverse vicende a contatto con il ragazzo, la sua sorellina Belgio e gli altri membri della "Tomato gang".
Flavia riuscirà infine a tornare alla sua realtà? Oppure deciderà di rimanere per sempre in quella dimensione?
Una storia con suspense e vicende tra di esse collegate che avranno pure flashback sulla vita di Flavia.
Che dire... se volete sapere come finirà seguite la storia.
Genere: Commedia, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Belgio, Paesi Bassi, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Siamo giunti al penultimo capitolo della fanfiction, sebbene potessi scrivere ancora molti capitoli sono irremovibile dall'idea di soli 22 capitoli; non nego però che potrei fare un continuo in futuro, ma tra molto tempo forse.
Vi interessa sapere come finirà la fuga di Flavia? Dei motivi della forte gelosia di Jan? Se siete curiosi vi basta leggere :)
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento
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Con uno scattò improvviso Flavia iniziò a correre via, in direzione della foresta, allontanandosi dall'olandese, cercando di isolarsi il più possibile.
- Flavia... aspetta!- urlò lui con tono turbato, sperando che la ragazza tornasse indietro – Aspetta! Aspetta!- continuò ad urlare inutilmente.


Flavia correva veloce, spinta dalla paura e dal desiderio di starsene da sola, di evitare Jan. Doveva riflettere, prendere coscienza dei fatti da poco accaduti, aveva bisogno di calmarsi. Calmarsi in solitudine, come da sempre era abituata a fare.
Erano già dieci minuti che correva, tentando di accelerare sempre più, le gambe che si facevano sempre più stremate, che le procuravano dolore, dolore di cui non si curava; nulla era paragonabile alle emozioni che provava, affaticarsi troppo era una briciola in confronto.
Portò lo sguardo dietro di sé, voleva assicurarsi di non essere seguita, assicurarsi di poter stare in pace a piangere, a riflettere... di potersi isolare da tutti per un po'.
Continuare a correre voltandosi, fu un grande errore.


Inciampò in una roccia, cadendo in avanti; fu una brusca caduta, l'impatto al suolo fu tremendo, dovuto anche alla velocità con cui la giovane correva.
La caduta fece slogare il piede sinistro di Flavia, le ginocchia ed i gomiti si sbucciarono; il piede le faceva un male cane, non poté trattenere un urlo di dolore. Nessuno la udì, si era allontanata troppo.
Provò a rialzarsi, cercando di fare a meno del piede slogato, ma purtroppo i suoi tentativi erano futili. Non era solo il piede ad essere stremato, ma anche le sue gambe, aveva affaticato troppo i propri muscoli con tutta quella corsa rapida e senza sosta. Ogni tentativo di rialzarsi era vano: le gambe non riuscivano a reggersi in piedi, ogni volta che provava ad alzarsi cadeva rapidamente a terra.
Cercò di rimanere il più calma possibile, mentre il respiro era molto affannato poiché non aveva dato tregua neanche ai polmoni, si trascinò poi sul ceppo di un albero per sedersi.
In quel momento si sentì una perfetta stupida, fuggire alla rinfusa senza metà e per di più senza preoccuparsi di sforzare troppo il proprio fisico. Era inevitabile che quell'azione non avrebbe portato a nulla di buono.
Visto che ormai non poteva procedere nella sua ''fuga'' tanto valeva riflettere sui fatti antecedenti a quella fuga, pensare a quelle emozioni; pensare al comportamento di Jan.
Riflettere, non avrebbe dovuto.


Le bastò ripensare solamente a quegli occhi, a quello sguardo, per iniziare a tremare di paura. Bastò tutto ciò a farle gelare il sangue, ad inquietarla.
Perché Jan era stato così violento? Perché non smise di picchiare Vladimir quando egli mostrò d'essere davvero pentito? Perché quel ghigno?
Si pose più e più volte quelle domande, ma non trovò rispose, neanche piccoli indizi. Le lacrime iniziarono a rigarle il volto, pianse. I quesiti, la caviglia slogata, l'esser rimasta bloccata e sola nel bosco... erano tutti validi motivi per disperarsi.
- Jaan! Jaaan!- urlava nel pianto, sperando di non essersi allontanata troppo, sperando d'essere udita, sperando nel soccorso di qualcuno, sperando nell'arrivo dell'olandese.



Da quando Flavia si era allontanata Jan non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro, sperando che ci ripensasse, sperando che tornasse indietro.
Le sarebbe corso dietro, ma in quel momento si sentiva un essere orribile, un po' di gelosia poteva andar bene, ma così aveva esagerato troppo. Era passata circa mezzora dalla fuga di Flavia e lui si sentiva sempre più in colpa, temette che Flavia potesse decidere di non tornare mai più da lui, o peggio temette che le fosse accaduto qualcosa.
Al sol pensiero che potesse esserle accaduto qualcosa di brutto Jan sentì come una fitta al cuore, non una fitta leggera, ma una improvvisa e forte. D'impulso iniziò a correre, rapido, mentre una voce lo chiamò.
- Ehi Jan, dove vai?- chiese Antonio con tono preoccupato
- Vado a cercare colei che amo... corro da Flavia! - gli rispose mentre correva, stando ben attento a non stremare troppo il suo corpo; se si fosse distrutto non l'avrebbe potuta raggiungere, e quella possibilità non doveva esistere. Doveva raggiungerla, doveva darle delle scuse, scusarsi per quell'immensa ed improvvisa gelosia... scusarsi per tutto ciò che era accaduto.


Corse, determinato a raggiungerla, spinto dal timore di non raggiungerla, dal timore che le odiasse. Motivo dalla paura che per colpa sua le potesse esser capitato qualcosa di orrendo.
- Flavia!.. Flavia!- urlava mentre correva, non udendo però alcuna risposta. Decise di aumentare la velocità, di affaticare un po' di più i muscoli, di rischiare di stremare i polmoni. Per Flavia era disposto a tutto; non gli importò di quanto rischiava, non gli importò di rischiare di farsi ''esplodere'' i propri polmoni.
- FLAVIAAAAAAAA!- urlò a tutto fiato, sperando di esser udito.
Non ci furono risposte, crollò a terra sfinito, doveva riposarsi per qualche minuto, oppure ad essere dispersa non sarebbe stata solo Flavia, ma anche lui.


Ansimò per la grande corsa, per quell'urlo che gli mozzò il poco fiato che gli era rimasto, sebbene i suoi muscoli non fossero troppo affaticati i polmoni erano stremati. Prese fiato per poi urlare di nuovo, chiamare Flavia un'altra volta.
- FLAVIA! Flavia...!- urlò per poi riprendere una boccata d'aria, il respiro rapido, i polmoni che avidamente chiedevano ossigeno.
Quell'urlo fu più forte del precedente, riuscì ad arrivare fino a Flavia. Arrivò come un sussurro, ma Flavia lo udì, era ciò che importava.
Dal volto della ragazza non scendevano più lacrime di spavento, ma lacrime di gioia. Jan era corso nella foresta solamente per cercarla, le bastò ciò.
- JAAN! JAAAAN! Coff.. coff... Jan! .- urlò a squarciagola per farsi sentire dall'olandese, per risultare udibile.


Jan sentì forte e chiara la voce di Flavia, intuì fosse lontana ma non gli importò. Si rialzò di scatto, ignorando la propria stanchezza, ed iniziò a correre rapidamente, fregandosi dello sforzare troppo le gambe, se sarebbe crollato a terra sarebbe crollato non prima di aver raggiunto Flavia.
Pochi minuti, pochissimi minuti e finalmente intravide la figura di Flavia in lontananza: io segno sul suo collo era ben visibile, come visibili erano le varie sbucciature causate dalla caduta.


- Flavia uff.. eccoti!- le sorrise mentre il respiro era affannato – Mi sono preoccupato tanto- le si avvicinò con dolcezza e l'abbracciò. Flavia chiuse gli occhi e si fece coccolare, asciugò le lacrime e gli rispose.
- Sono caduta, le sbucciature sono il minimo...- disse portando lo sguardo verso la caviglia – Mi si è slogato il piede sinistro... inoltre ho sforzato troppo i muscoli, non so ora.. ma fino a poco fa non riuscivo a reggermi in piedi...- le lacrime iniziarono a scorrerle di nuovo lungo il volto, la mano di Jan le asciugò con estrema delicatezza.
- Amore.. perdonami... scusa per il morso, per come mi sono comportato...- si espresse abbassando la nuca, mentre delle lacrime scesero dai suoi occhi.
Da quanto tempo non pianse? Da troppo tempo, si sorprese da solo nel constatare di star piangendo.
- Jan... non devi.. mi sono spaventata è vero, ma la verità è che io senza di te non riesco a stare, mi sono spaventata, ma per me eri perdonato a priori... sono corsa via perché impaurita, poi sarei tornata...- si alzò di scatto e lo abbracciò, cadendogli poi addosso – AAARGH!- urlò per lo slogatura
- Cucciola! Non sforzarti troppo, ti porto io in braccio – si asciugò quelle poche lacrime che gli avevano rigato il volto e lesionato l'orgoglio.


Man mano che tornavano da Emma e gli altri Jan diede spiegazioni a Flavia, spiegazioni sulla sua reazione al comportamento del rumeno. Le raccontò di quante volte nel corso della storia lui aveva acquisito ricchezze e di quante volte poi un qualsiasi stato non si fece problemi a portargli via le ricchezze accumulate, a distruggere tutto il lavoro che aveva fatto.
Lui aveva paura di perderla, aveva paura che qualcuno potesse farle del male, che qualcuno potesse portarla via da sé per sempre. Le descrisse i suoi sentimenti, ed il terrore di vivere senza lei, poi le raccontò di ciò di cui Arthur gli aveva parlato, del fatto che avrebbero dovuto trovare un modo per far diventare Flavia ''immortale'' come loro, di avere vita lunga, sennò con il passare del tempo la relazione che Jan aveva con lei non sarebbe potuta continuare a lungo.



Tornarono dagli altri nella villa, Jan che teneva in braccio Flavia. Tutti guardarono i due con aria preoccupata, poi Emma fece un'espressione di rimprovero.
- Jan... che le hai fatto!?- gli domandò con sguardo severo notando le sbucciature di lei
- Emma.. non arrabbiarti con Jan..- si intromise Flavia – Sono caduta mentre correvo, mi sono slogata la caviglia... lui mi ha soccorsa...-
- Uuuuhm...- fissò Flavia e poi il fratello – Ok, ci credo.-
- Te...- Jan fissò il rumeno – ho esagerato con i colpi... perdonami – tagliò corto, con tono calmo ma un po' scocciato
- Tranquillo... sono stato io a provocare – fece un sorrisetto – me lo sono meritato tutto ciò -


La faccenda infine si risolse; tornò la calma, anche sé Romania ci avrebbe messo un po' di tempo a guarire, poiché il forte colpo di Jan gli aveva rotto una costola. Ogni tanto Flavia si lamentava per la caviglia, all'occasione Jan non esitava a coccolarla e consolarla.
Arthur riuscì a trovare una soluzione al problema di cui parlò all'olandese e così quei giorni proseguirono sereni, fino a quando Jan non dovette tornare in Olanda per questioni d'affari.
  
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