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Autore: Ionny    08/03/2014    0 recensioni
< Hei tu > non sapeva chi era e nemmeno se stava parlando con lei quindi piuttosto di fare figure continuò a concentrarsi sul libro.
< ragazzina, sto parlando con te > si sentì tirare il libro via dalle mani, lasciandola di sorpresa.
< che vuoi? > chiese, ecco perchè non le piaceva la gente, ma come si permetteva di irrompere così mentre lei stava leggendo, chi si credeva di essere?
< mmm > disse, lei non lo poteva vedere ma già s'immaginava un ghigno sulla sua faccia.
< che ci fai qui tutta sola soletta? >
< cosa credi che si possa fare in una biblioteca? >
< Beh, io posso fare molte cose in biblioteca >
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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IF I COULD SEE YOU

 
Avete presente il colore delle rose che risplendono al sole? il colore del cielo al tramonto? avete presente il colore delle foglie in autunno? e dell'erba in un campo in primavera? avete presente un paio di occhi verdi con scablie blu in ui ti puoi specchiare? avete presente il cielo mentre piove? e la neve bianco candida? e ce l'avete presente il colore dei frutti? 
avete presente tutti questi colori?
Ebbene Jhoanna no, lei non li aveva presente, lei non sapeva cosa significava 'rosso come l'amore' 'blu come l'oceano' perchè lei i colori non li vede, lei ne sente solo parlare, ma non può vederli, non può viverli, 'rosso' per lei è solo una parola, una parola che non ha significato.
Non basta sapere che il rosso è il colore della passione, e' il colore del fuoco, del sangue e che Il blu è il colore del silenzio, della calma e della tranquillità, della tenerezza, è il colore del mare e del cielo, non basta. Perchè i colori non si possono spiegare con le parole, i colori bisogna viverli, vederli, inspirarli.

Era un'altro lunedì mattina, un'altro giorno da emarginata. Odiava la sua condizione. Odiava dovere essere assistita 20 ore su 24, odiava non poter stare sola senza la supervisione di qualcuno. Odia quella vita. Era ingiusta, si domandava spesse 'perchè?' 'perchè tutti si e io no?' 
Come di consueto sentiva già la Signora Birks in camera sua che si affrettava ad aiutarla.
Si sent' prendere per le spalle e si sollevò dal letto, sempre sostenuta da quelle mani forti. Erano gelide sulla sua pelle. Si sentì spingere ma anche lei sapeva che ormai non ce n'era più bisogno, da anni a quella parte aveva imparato ogni punto della stanza, per tutte le volte che aveva sbattuto contro i mobili, ma sapeva che la Signora Birks non si sarebbe mai rassegnata a farle fare le cose da sola, diceva sempre che non doveva affaticarsi, ma Johanna non si affaticava affatto, anzi era un piacere poter fare almeno una cosa da sola ma tutti si ostinavano a non lasciarla fare. 

Dopo innumerevoli suppliche da parte di Johanna, e altrettanti innumerevoli 'no' da parte della signora Birks, si ritrovò vestita e acconciata. Si toccò il vestito, sentendone il tessuto morbido e sottile, i capelli che quasi le sfioravano la vita, erano stati solo pettinati, niente di insolito. Si mise una mano nei capelli per spostarli, per sentirne la morbidezza, li immaginava brillanti anche se non sapeva esattamente il significato di quella parola ma le piaceva pensare che fosse qualcosa di bello. Le avevano sempre fatto i complimenti per i suoi capilli ramati, lei ringraziava sempre ma avrebbe dato qualsiasi cosa per poterli vedere anche lei, per poter capire e non immaginare il colore che erano.
Si sentì prendere sotto braccio e trascinare fuori dalla stanza. Arrivando a quella che le sembrava la cucina dall'odore dei cornetti, sicuramente la domestica li aveva preparati prima che lei si svegliasse.
Ne prese uno assaporandone il sapore, e come ogni mattina dovette andare a scuola.
Capiì di essere arrivata quando sentì una moltitudine di persone parlare e urlare. Hugo, l'autista l'aiutò a scendere dalla macchina e la accompagnò all'entrata del cancello, facendo attenzione che non andasse a sbattere contro nessuno. La lasciò in consegna al suo insegnante, che ogni mattina la aspettava davanti al cancello.
Johanna aveva sempre cercato di immaginare quella persona ma non ci era mai riuscita, anche quando lei gli aveva chiesto che aspetto avesse lasciandolo spiazzato per qualche secondo e poi lui aveva risposto, lei allora gli toccò il viso, sentendo sotto le sue dita le guance morbide, gli occhi chiusi e le ciglia che sembravano assai lunghe toccavano le guange. La fronte era un'insieme di rughe, forse per la sopresa del momento, ma l'insegnante non si ritrasse, lasciandola fare. Sentì la mascella sporgente e un filo di barba. Quando fini si mise a ridere seguita dall'insegnante.
Faceva sempre lezione da sola, seguita solo da un insegnante, non si trovava bene insieme agli altri, anche se non poteva vedere, si sentiva osservata da tutti, per quetso preferiva starsene sola.
Con l'insegnante a tenerla sottobraccio arrivò nell'aula, ma le era sembrato di aver fatto un'altra strada rispetto al solito, forse si era solo sbagliata.
< eccoci qui, oggi faremo lezione diversamente, voglio dire, penso che stare una volta da sola senza di me non ti farà male > lui rise, sapendo quante volte lei l'aveva supplicato di lasciarla studiare da sola, visto che ormai sapeva leggere il braille alla perfezione e sapeva che in biblioteca c'erano libri scritti in braille.
< dice sul serio? > domandò lei. 
< certamente, mi sembra che sia giunto il momento, facciamo un tentativo, ma se c'è qualcosa che non va puoi sempre chiamarmi > le disse, mettendole in mano un oggetto rettangolare.
< se hai bisogna devi solo premere qui > e le mise il dito sopra un bottone.
< Ti ho già preparato dei libri sul tavolo che spero ti piaceranno, io sarò in segretaria, e so anche che non ti piace avere persone in torno perhcè ti fissano quindi ti ho cercato un posto dove di solito non c'è mai nessuno, quindi puoi stare tranquilla > le sorrire, anche se lei non poteva vederlo ma dal tono della voce aveva capito che era felice.
< grazie mille, non ci speravo più che un giorno lei mi avbrebbe accontentata > cercò l'uomo con le mani e lo abbracciò.
< ok allora io vado, mi raccomando > e con questo sentì i suoi passi allontanarsi. Cercò a tastoni la sedia, passando con la mano in rassegna tutto il tavolo. Era liscio, con alcune rientranze, forse dovute agli studenti che non avendo niente da afre incidevano i banchi a scuola.
Trovata la sedia si sedette e prese un libro un bano, poggiando le dita sulla superficie. "il piano infinito" diceva, di Allende Isabell.
Dal titolo sembrava interessante. Iniziò a passare le dita sulle pagine, e allo stesso tempo le immagini prendevano forma nella sua mente.
Passò praticamente una mezz'ora a leggere, concentrata com'era, non sentiva niente intorno a se, forse perchè non c'era nessuno o forse si era isolata così tanto da non sentire più nulla.

Non le importava, continuava a leggere, trovanto sempre più facilità a riconoscere le lettere e le parole scritte.
Ad un tratto sentì una sedia strisciare a terra e dovette smettere di leggere.
Ascoltò per qualche minuto ma non sentì nulla, forse le era soltanto parso, tornando così al libro, ma poi fu di nuovo interrotta da qualcuno che si schiariva la voce. Non ci fece caso, prestando attenzione a quello che leggeva.
< Hei tu > non sapeva chi era e nemmeno se stava parlando con lei quindi piuttosto di fare figure continuò a concentrarsi sul libro.
< ragazzina, sto parlando con te > si sentì tirare il libro via dalle mani, lasciandola di sorpresa.
< che vuoi? > chiese, ecco perchè non le piaceva la gente, ma come si permetteva di irrompere così mentre lei stava leggendo, chi si credeva di essere?
< mmm > disse, lei non lo poteva vedere ma già s'immaginava un ghigno sulla sua faccia.
< che ci fai qui tutta sola soletta? > il ragazzo prese il libro tra le mani, ma non lo guardava, se lo rigirava soltanto, attento a non perdere il segno da dove la ragazza stava leggendo.
< cosa credi che si possa fare in una biblioteca? > domandò retorica lei, continuava a guardare in basso, non voleva alzare la testa.
< Beh, io posso fare molte cose in biblioteca > rispose il ragazzo. Era la prima volta che la vedeva, beh, era normale visto che quella scuola era immensa e che vedeva facce nuove per il corridoio ogni giorno.
< ad esempio andartene e lasciarmi leggere in pace? > strinse le mani sotto al tavolo, le erano volute tutte le fue forse per tenere testa a quel ragazzo, odiava le persone invadenti.
< perchè? non ti fa paicere avere un po' di compagnia? > lui si domandava perhcè non alzasse la testa, forse era una sfigata alle prime armi con i ragazzi, ma non sembrava dalle risposte decise.
< sinceramente no, quindi sei pregato di andartene > si sposto un ciuffo di capelli che le stava solleticando la guancia, ma continuava a tenere il viso basso. Non voleva che lui vedesse i suoi occhi, per lei era oggetto di vergogna la sua condizione, poteva nasconderlo, ma i suoi occhi non potevano mentire.
Lui si alzò dalla sedia e Johanna penso che se ne stesse andando, ma non fu così i passi invece di allontanarsi si stavano avvicinando.
< E quindi sarei pregato di andarmene..eh? > disse lui girando attorno al tavolo andando dietro la sedia della ragazza.
< non credo proprio > continuò lui. Gli piaceva stuzziacre le ragazze, farle innervosire, era il suo passatempo preferito. Appena era entrato nella biblioteca si era fatto qualche giro tra i tavoli e l'aveva vista nell'angolo da sola.
< allora dimmi chi sei > fece allora lei, rassegnata al fatto che non avrebbe più letto per un po'.
< e tu chi sei? > chiese lui, non rispondendo alla sua domanda.
< te l'ho chiesto prima io in verità > si schioccò una nocca, sentì dolore per qualche momento alla mano, poi ne schioccò un'altra, lo faceva sempre quando diventava nervosa, sentì il dolore percorrerle la mano, poi svanì. 
< Sono Harry bellezza > con una mano le toccò la spalla, mentre con l'altra le spostava i capelli.
< Bene, ora vattene per favore > fece un movimento della spalla cercando di spostare la sua mano, ma lui la strinse, facendole capire che non l'avrebbe lasciata cosi facilmente.
< prima dimmi il tuo di nome e poi vedremo > rispose Harry. 
< Johanna..mi chiamo Johanna > rispose lei un po' titubante, la fermezza che aveva prima, l'aveva abbandonata.
< johanna eh? allora Johanna, dimmi, com'è che non ti ho mai vista qui a scuola? > con la mano le sfiorò il collo. Al suo tocco Johanna rabbrividì, aveva le mani fredde e dure. Girò il collo, come per schioccare anche quello, anche se non ci era mai riuscita.
Il brivido durò per qualche secondo poi si sentì sollevata perchè quella sensazione se n'era andata.
< e che t'importa? > mise le mani sotto la sedia e si aiutò ad avvicinarsi di più al tavolo e ad allontanarsi da lui. Non si sentiva a suo agio, proprio per niente.

< niente, così.. > voleva osare, vedere fino a dove lei avrebbe resistito, si piegò e le sfiorò con le labbra il collo, al che lei si issigidì. La sentì rabbrividire al suo tocco. Si sentiva potente quando faceva questo effetto alle ragazze.
< cos-cosa vuoi? > domando lei? si sentiva indifesa, come sempre daltronde. Era impotente sotto al suo tocco.
Lui la annusò, aveva un profumo di fiori, di estate, un profumo che sembrava solo suo.
< divertirmi > rispose lui. Le morse un lembo di pelle dal collo e la sentì irrigidirsi di nuovo,era divertente vederla così indifesa. Le sposto di nuovo i capelli e cominciò a baciarle il collo, succhiando avidamente la pelli, lei cercava di opporsi ma sentiva che le forze la stavano abbandonando. Sentì i brividi percorrerle tutta la schiena mentre contorceva il collo per farlo staccare ma senza successo. Era una senzasione nuova per lei, mai provata prima. E le piaceva, si sentiva anche in colpa per questo.
Le sposto una spallina del vestito cominciando a baciarle la spalla.
< Ti prego..basta > lo supplicò lei, si sentiva senza forze, e quella sensazione non osava andarsene.
< no, ho appena iniziato > le prese i capelli, spostandoli dall'altra spalla, per poi cominciare a leccare tutto il pezzo di pelle nuda. Sentiva la sua pelle così calda e le sue labbra erano così fredde che quando le poggiala le sentiva andare a fuoco, era una sensazione molto piacevole.
Johanna continuava a stare immobile, non voleva fare nessun movimento, ormai si era abbandonata al suo tocco.
Lui smise di baciarle la spalla e lei per un momento si sentì sollevata, Harry le spostò di forza la sedia e lei in un primo momento rimase sopresa. Le prese il mento tra le dita, sollevandoglielo, nel frattempo lei chiuse gli occhi. Lui si abbasso quel tanto da sentire il suo respiro addosso.
< Guardami.. > le chiese. Le labbra di Johanna stavano andando a fuoco, si sentiva come in una sauna anche se probabilmente c'erano 15 gradi in quella stanza. Aveva la gola secca ma non voleva aprire gli occhi.
< no > disse decisa, non sapendo dove aveva trovato quella decisione. 
Lui le sfiorò le labbra. Johanna le sentì così fredde sulle sue e per un momento lo ringraziò mentalmente per quel contatto così freddo.
Fece pressione sulle sue labbra chiedendo l'accesso, cosa che Johanna non voleva permettergli.

Girò il volto, lasciando si che lui andasse a baciarle la guancia. Lo sentì sorridere contro la sua pelle.
< Difficile la ragazza, eh? > disse poi, ghignando. La baciò di nuovo a stampo, e di nuovo, e di nuovo.
< non smetterò di farlo finchè non aprirai gli occhi > disse fra un bacio e l'altro. Sapeva che si stava spingendo troppo in la, ma si stava divertendo, e anche molto. Lei non sapeva cosa fare, non lo sopportava già più, ma non voleva aprire gli occhi, chissà cosa avrebbe pensato. 
Harry si abbassò a livello della ragazza, mettendole le mani sulle gambe, che lei cercò di spostare. La baciò di nuovo, quella ragazza lo intrigava troppo.
< Dai, smettila > disse lei muovendo di nuovo la spalla, si dava della stupida da sola perchè le piaceva quella sensazione. 
< smettila! > urlo alzandosi dalla sedia.
< oh, tiriamo fuori gli artigli qua > disse Harry, alzandosi a sua volta. Johanna cominciò a camminare, andando a sbattere contro i tavoli, si stava sentendo male, voleva solo tornarsene a casa ma non poteva. Tese le mani in avanti e le poggiò contro qualcosa di freddo e duro: il muro. Si girò e ci si appoggiò con la schiena. Abbassò la testa, facendo si che i capeli le coprissero il volto. 
Sentì di nuovo i passi di quel ragazzo avvicinarsi a lei. 
Iniziò a baciarle la spalla, scendendo sempre di più, giù nel punto in cui entrambi sapevano che non c'era ritorno, in un punto in cui dolore e passione si sarebbero incontrati in un vortice di emozioni indescrivibili.
Arrivò al petto, dove le sposto più in giù parte del vestito. Johanna non sapeva come reagire, era un turbine di emozioni mai provate prima. Voleva di più, ormai non l'avrebbe più spinto via.
Lo afferrò per i capelli, costatandone la morbidità, li strinse, li tirò. Voleva di più, voleva che quelle sensazioni non finissero.
Lui passò la lingua nell'incavo del petto e con una mano le abbassò una coppa del reggiseno.
Lo guardò, ne ammirò la rotondità, lo assaporò, sentendo la ragazza muoversi sotto di lui, le piaceva, eccome se le piaceva.
Le sue dita erano incastrate nei capelli di lui come fossero un appiglio, le sembrava di non avere più aria nei polmoni, le sembrava di annegare e l'unica cosa a cui riusciva ad aggrapparsi erano i suoi capelli, capelli che profumavano di gelsomino, capelli che le solleticavano il petto.
Harry spostò la testa dall'altra parte, dando tregua ad un capezzolo, per cominciare con l'altro.
Sorrise nel sentire i gemiti della ragazza.
Guardò verso di lei, osservandola, il viso contratto in una smorfia di piacere, le guance rosse, le labbra carnose screpolate da cui uscivano quei deliziosi gemiti, i capelli attaccati al viso per il sudore. Sorrise a quella visione, staccandosi da lei.
Johanna rimase confusa da quel fatto, voleva ancora, ancora e ancora.
La fissò, sembrava una persona totalmentediversa rispetto a quando l'aveva vista dal fondo della biblioteca, tutta composta.
Si guardò in basso, il suo amichetto laggiù pulsava, e lui aveva male, doveva liberarsi, ma non ancora.
Le si avvicinò e le mise le mani sui glutei, sollevandola, johanna fece un piccolo gridolino inaspettato e subito posò la testa nell'incavo del suo collo baciandolo dapprima sentendo la pelle liscia e fredda sotto le sue labbra ardenti, era un sollievo.
Harry non sapeva che cosa fare, si guardò in giro e subito vide una porta. Nel mentre avanzava gemette grazie alla sua compagna di quel momento che finalmente si era abbandonata al piacere. 
< Johanna > si sentì chiamare la ragazza.
< Johanna > niente, lei continuava a dar piacere al ragazzo che in quel momento la teneva salda tra le sue braccia.
Sentiva i muscoli delle mani dure, che la tenevano sollevata con una facilità assurda.
Harry entrò in quel che si rivelò essere un ripostiglio abbastanza grande, c'erano degli scatoloni e la appoggiò su di essi. Cominciò a baciarla, poggiandosi piano sopra di lei.
Sentiva il suo seno schiacciato contro i suoi addominali, sentiva i suoi capezzoli duri. La voleva, ora.
Si tolse la camicia, rimanendo a petto nudo. si riabassò su di lei.
Johanna sentì qualcosa di freddo poggiarsi sul seno, ura qualcosa di piccolo, la tocco e capì che era una catenella.
Le mise le braccia sotto la schiena, sollevandola verso di lui, voleva essere dentro di lei, una cosa sola. Con le mani scese verso il fondoschiena, e infilò le dita negli slip della ragazza.
Piano piano li sfilò, con una mano le allargò piano le gambe, accarezzandogliele soffici com'erano. 
Con un dito le solleticò l'intimità, sentendo i peli pubici accarezargli la pelle delle dita. 
Lei inarcò la schiena a quel gesto, era in extasy. Non aspetto altro, con un dito la penetrò, mentre Johanna inarcava ancora di più la schiena.
Non riusciva a respirare, era una sensazione da brividi, e quando lui cominciò a muovere quel dito, lei non credeva di aver provato cosa migliore in vita sua, gemeva, e non se ne vergognava affatto, non riusciva a fermarsi. si contorceva sotto le mani di Harry e lui ne godeva, govdeva per essere l'oggetto dei suoi gemiti.

< Johanna! > una voce brusca la fece disorientare.
< Johanna alzati! > La sensazione era sparita, c'era solo uno stato di confusione il lei, mise le mani in avanti ma non riuscì a toccare niente.
< Johanna dannazione! > Quella voce, l'avrebbe riconosciuta ovunque, era il suo insegnante.
Si ritrovò con la testa poggiata a quello che lei pensava un libro appoggiato al banco. Si era addormentata.
Tutto quello è stato frutto della sua fantasia.
In quel momento stava maledicendo il suo insegnante per il risveglio brusco, per quanto surreale, avrebbe voluto continuare quel sogno.
< Johanna ma come hai fatto ad addormentarti? > le chiese, ritornando normale, quasi cominciando a ridere. 
< no-non lo so a dire il vero.. non me lo ricordo nemmeno > Si toccò i capelli, infilandoci le dita, per districarli, chissà in che condizioni si trovava.
< non importa, ora andiamo che tra poco arriva il tuo autista, hai praticamente dormito tutto il tempo! > sorrise lui. 
< va bene > rispose. Si ricompose, cercando di lisciare le pieghe inesistenti che lei immaginava sul vestito.
Si alzò, aiutata dall'insegnante, iniziando a percorrere la sala della biblioteca.
< Salve signor Prescott! > disse qualcuno con una voce familiare. 
< Buongiorno a lei Styles > rispose l'insegnante.
Quella voce, non ci poteva credere. Certo, non riusciva a vederlo, ma non poteva sbagliarsi, l'avrebbe riconosciuta ovunque.
Non era possibile.
Arrossì, senza volerlo, non sapeva se lui la guardava o meno ma si sentiva imbarazzata. Non si accorse di aver diminuito il passo, finchè non si sentì strattonare dal signor Prescott.
E andò a casa, continuando a ripensare al sogno.
Un sogno che voleva diventasse realtà.
Lo sapeva, era troppo bello per essere vero.




 

Eccomi qui, era da un bel po' di tempo che non mi facevo più viva su efp.
Mi era venuta in mente questa OS un po' di tempo fa, ma non sapevo mai come farla finire.
lo so, non è un granchè, anci più la rileggo e più penso che sia una cosa insulsa, senza senso, ma vabbè, avevvo voglia di scrivere.
Spero che mi lasciate almeno un commento positivo.
Ionny.
   
 
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