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Autore: Love01    08/03/2014    0 recensioni
L'uomo,esce dalla mia cella.
Mi stendo immediatamente nel letto.
Stanca,delusa,affamata,assetata.
Decido di placare tutto ciò con del sonno,se solo me lo permettessero.
Un'altra tortura.Non ci permettono di dormire,qui.
Ad una certa ora,incominciano a fracassarci i timpani con suoni acuti,acutissimi.Ultrasuoni,forse.
Sento le mie orecchie pulsare,il sangue.Prima o poi sgorgherà via dalle mie orecchie.
Cerco di attutire il rumore con il cuscino,e ci riesco.
Lentamente distendo i muscoli rilassandomi,sono stanca.Tanto stanca.
Ho freddo.
Solo poche ore fa sono uscita dalla stanza del freddo.
Un'altra tortura che non funziona con me,a quanto pare.
Sempre lentamente incomincio a prendere sonno.
D'un tratto sento la porta della mia cella spalancarsi.
Non mi alzo.Due uomini in uniforme portano via il mio cuscino e richiudono la porta della mia cella.
Resto seduta sul letto cercando di assimilare l'accaduto.
Pochi secondi dopo,i rumori aumentano,si intensificano.
Tappo le orecchie con le mani,ma non serve a niente.
Le lacrime prendono il sopravvento ed i singhiozzi riecheggiano nella stanza buia e sudicia.
«Qualcuno mi aiuti.Per favore.»ripeto supplicando a me stessa.
Genere: Erotico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Libro O2,Parte 3.



«Secondo te cos'è la vita?»
«Una punizione,una punizione divina.»rispondo volgendo gli occhi verso le stelle in cielo.
«Sarà l'ultima volta che ci vedremo io e te,vero?»mi chiede lei ansiosa.
«I miei casini ti stanno rovinando la vita e non posso permettere più una cosa del genere.»biasimo più me stessa che lei.
«Non è colpa tua Helena.»cerca di calmarmi lei.
«Oh,si che lo è.»sbotto arrabbiata ed alzandomi dal telo.«E' colpa mia se ora sei costretta ad andartene.E' colpa mia se ora non potrai più rivedere tua madre,tuo padre,tuo fratello e tua sorella.E' colpa mia se tu,tuo marito e tua figlia dovete partire per l'Italia,senza motivo alcuno.E' tutta colpa mia.»continuo quasi con le lacrime agli occhi.
La donna si alza e si limita ad abbracciarmi,sussurrandomi «Non è colpa tua,Helena.»
Mi stacco da lei dopo vari minuti.
«Vorrei trovarmi sottoterra,in questo momento.»ammonisco me stessa.
Intanto una lacrima riga il mio viso.Lei me la toglie col pollice.
«Sei la sorella che chiunque vorrebbe,Helena.»incomincia lei.
«Se volesse andare all'Inferno,allora si.»continuo acida io.
Lei scuote la testa in senso di disapprovazione,e sorride ancora.
«Sono fortunata ad averti Helena.Un giorno tutto si sistemerà.»
Ma quel giorno non è ancora giunto.




Rinvengo da quel sogno ad occhi aperti.
Vivo con i sensi di colpa.
Sono il mio pane quotidiano,se si può dire.
La mia anima gemella per il resto dell'eternità.
Sbuffo sonoramente e mi alzo dal letto dell'ospedale.Un'ora di pausa passata al letto,ma non ho chiuso gli occhi.
I letti dei dormitori non sono comodi come dicevano.
Da pochi giorni ho scoperto che questo è un ospedale universitario.Ciò risponde al perché veda sempre così tanti giovani in giro.Sono tutti specializzandi.Mi è stato offerto di prenderne un gruppo ma ho rifiutato.Non sono fatta per insegnare,ma non è questo il problema.Il lavoro finirebbe per portarmi via troppo tempo,ed io non posso permettere una cosa del genere.
Sono una madre single,cazzo.
Raggiungo il bancone sbadigliando.
Trovo Tommy dall'altra parte del bancone.
«Hai dormito stanotte?»mi chiede lui preoccupato.
«Si.»e per una volta non sto mentendo.«Ma vorrei recuperare altre ore.»
Puntualizzo poi puntellando i gomiti sul marmo freddo.
«Hai più dato l'assegno a mio padre?»mi chiede poco dopo.
«Ora che ci penso,tuo padre non l'ho proprio visto.Non puoi prenderlo tu?»chiedo quasi in una supplica.
Il padre di Tom non mi è mai andato a genio.Sinceramente,mi spaventa.Ha un non so che di familiare,qualcosa a che fare con la mia infanzia,ma non ricordo cosa.
Per questo,ora mi ritrovo a non volerlo proprio vedere quell'uomo.
«Posso fare un'eccezione,ma solo per stavolta.Comunque,è partito di nuovo.Ultimamente non sta fermo,per questo non lo trovi in ufficio.»puntualizza lui.
Cerco di sorridere amabilmente.
«Giorno Tom.»preannuncia Cecilia postandosi accanto me.
L'uomo ricambia sorridendo.
«Hai dormito,Helena?»mi chiede poi lei.
Roteo gli occhi al cielo.
«Ma questa è la domanda del giorno?»chiedo un poco stressata.
«Si,ha dormito.»risponde Tom al posto mio.
«Sinceramente,sento aria di sesso.»bofonchia lei sorridendo.
Arrossisco ma tento di non farlo vedere.Sul viso di lei compare un ghigno divertito mentre Tommy inclina la testa scioccato.
«Lo sapevo!»urla quasi al mio orecchio«Con l'uomo di ieri sera,vero?Quello in giacca e cravatta,giusto?»chiede poi.
Tommy si incuriosisce.
«Cecilia,non qui.»la ammonisco indicandole il mio ex.
«Siamo buoni amici,vorrei sapere almeno il nome di questo uomo.»dice lui?
«Tommy,non credo ti piacerebbe sapere il suo nome.Ne saresti un poco,come dire,contrariato.»borbotto abbassando il capo.
Come siamo finiti in questa conversazione?
Dopo essermi fatta la doccia,me ne sono andata senza nemmeno salutarlo.Probabilmente mi aspettava in cucina.
«Perciò lasciamo perdere questa questione e parliamo di altro.»continuo poi,sbadigliando nuovamente.
Sento,nello stesso momento,il cellulare vibrare.
Lo prendo dalla tasca del camice e clicco sulla posta.Un messaggio.
Grent?

“Ti hanno incastrata.
Stanno venendo a prenderti,ora.In ospedale.
Non muoverti,non te ne andare.Fatti prendere.
Al resto ci penso io.Se scappi,se nei casini.”
Grent Stilson.
Orario:14.33

«Incastrata?»ripeto a voce alta.
«Per cosa?»chiedono i due incuriositi.
Alzo la testa,rivolgendo lo sguardo verso l'ascensore.Seguito da un tintinnio,le porte metalliche si aprono in lontananza lasciando intravedere cinque uomini.Tre in uniforme,mentre due in giacca e cravatta.Si avvicinarono lentamente verso di me.
«Helena Caffrey?»chiese uno degli uomini in giacca e cravatta.
«Si,sono io.»risposi automaticamente,sapendo ciò che stava per succedere.
«Clark?Che ci fai qui?»chiese Tommy alzandosi.Lui lo conosceva.
Anche io ne avevo sentito parlare.
«Polizia di Los Angeles,la prego di seguirci Miss Caffrey.»
«Di cosa sono incriminata?»chiedo inclinando la testa e facendo un passo indietro.
Scapperei,ma Grent mi ha espressamente detto di non farlo.Ha un piano.Tanto vale affidarsi nuovamente a lui,dopotutto mi ha salvato la vita,come io l'ho salvata a lui.
«Credo sia meglio non parlarne qui,Miss Caffrey.»puntualizza l'altro uomo in giacca e cravatta.
Uno degli uomini in uniforme tenta di avvicinarsi a me con in mano delle manette,mi allontano istintivamente.
«Osi solo mettermi quelle manette e giuro sul mio nome che butterò tutti e cinque in lastrico.»li minaccio.
L'uomo si retrae davvero spaventato,guarda il capo.
«Non è nei panni di chi può fare minacce Miss Caffrey,ci segui per favore.»borbotta il signor Clark.
«Ma avete un mandato?»chiedo innervosita.
«Si,Miss Caffrey.»risponde l'altro uomo in giacca e cravatta.
E mi mostra il foglio.
Mi hanno incastrata.
Ma in cosa?
Vengo trasportata su una macchina della polizia nella centrale.
Un grande edificio in vetro,molto moderno.
Non mancano gli occhi dei poliziotti puntati sotto di me,prima che mi portino dentro una stanza d'interrogatorio.
E' molto comoda,sinceramente.Il sole entra dentro la stanza da tutte le pareti in vetro.Mi siedo su una rigida sedia di metallo,accavallo le gambe.Stringo il cellulare in mano.L'unico oggetto che ho.Non sono sola nella stanza.Ma gli occhi sono tutti puntati su di me.Mi volto verso una parete,notando numerose persone che tengono lo sguardo fisso su questa stanza.Dietro di me,vi sono due uomini in uniforme.Rigidi,non dicono una parola.
Mi ricorda quegli anni in prigionia.Solo che quelle erano stanze umide e sudicie,al buio e con i russi ai posto degli americani.Mentre qui è tutto piuttosto comodo e lussuoso.Potrei viverci,se volessi.Il cellulare vibra nuovamente,Grent.

“Ricorda i russi,Helena.
Ti hanno incastrata per omicidio,
non so come ma ci sono riusciti.
Il caso è nelle mani di Clark Raynolds e 
non è semplice.C'è il tenente Dan Brown.
La cosa è complicata,molto complicata.
Ma entro un'ora sei fuori,ci penso io.
Tu fai la tua parte. ”
Grent Stilson.
Orario:14.53

«Omicidio?»farfuglio cercando di non farmi sentire delle due sentinelle dietro.
In quell'istante,i due uomini in giacca e cravatta giungono nella stanza.
«Metta via il cellulare,Helena.O saremo costretti a sequestrarlo.»mi ordina con tono rude l'altro uomo,quello da Las Vegas.
Dan Brown.
«Avete bisogno di un mandato per prendere i miei oggetti personali giusto,Mr Brown?»rispondo sfacciata e sorridendo.
I due uomini si guardano un poco sconvolti e poi tornano a me.Sono davanti a me,dall'altra parte del tavolo di metallo.
«Sa di che cosa è incriminata?»mi chiede stavolta Clark Raynolds.
«No,Mr Raynolds.Me lo dica lei.»lo incito sorridendo.
«Omicidio.»risponde roco quello di Las Vegas.
«Non so di cosa stata parlando.»rispondo immediatamente,cercando di accomodarmi meglio sulla sedia.
Accavallo nuovamente le gambe.
Come sono finita dal letto di un bel uomo ad una centrale di polizia?
«E' stata ritrovata una donna morta in una stanza d'albergo a Las Vegas.»spiega il signor Brown.
«Ed io cosa centro,prego?»
«La stanza è addebitata a suo nome.»puntualizza Raynlods.
«Quando?»chiedo interessandomi alla questione.
Ovviamente non sono stata io.Non sono così stupida da lasciare tracce,per lo meno.
«Due mesi fa.»spiega Brown.
«Albergo?Casinò?»
«The Miragé.Stanza 231»risponde Raynolds.
«Non so di cosa stiate parlando,signori.»mi limito a rispondere sorridendo.
«La stanza è addebitata a suo nome Miss Caffrey.Ci sono abbastanza prove per incriminarla e portarla in tribunale.Dna,impronte.Il suo sangue.»puntualizza Raynolds.
Devono davvero desiderarmi avidamente per incriminarmi di omicidio.
«Chiunque abbia inscenato questo omicidio è stato molto bravo.Ha pensato a tutto.»dico loro con tono consapevole.
Mi alzo indicando una delle foto.
Mi avevano presentato davanti,le foto di quella donna,morta.
Di certo,non era una donna qualunque.Aveva tentato di disertare,e l'hanno uccisa ovviamente,servendosi poi del loro cadavere.
Bravo,il russo.
«E' una mente contorta.»rispondo loro indicando le condizioni della donna.«L'ha uccisa perché l'ha contraddetto.»
«E cosa le fa credere che sia un uomo?E non lei.»
«Io non posso essere.»
«Perché?»chiedono entrambi in cerca di risposte.
«Perché ero all'estero.»rispondo con tono ovvio.
«Non ci sono prove,Miss.Le telecamere l'hanno registrata nel casinò.»risponde Ryan.
Eppure,cambia tono.Lui mi crede,al contrario di Dan Brown.
In quel momento irrompono due uomini.
«Andiamocene,sorellina.»mi ordina,Damon.
Non mi sarei aspettata Grent lo avvisasse di tutto ciò.
«Non può andarsene.E' sotto interrogatorio.Abbiamo il mandato.»ringhia quasi quello di Las Vegas.
Damon sospira e si avvicina a me.
«Avvocato,Damon Caffrey.»si presenta lui verso i due uomini,tendendo la mano a Clark.L'uomo l'accetta.
Poi si siede accanto a me.
«Posso vedere le prove?»chiede poi con professionalità mio fratello.Lo guardo.Ancora non ci credo,che lui sia qui,accanto a me.
I due gli passano la cartella e lui l'esamina.Per un attimo si volta verso di me guardandomi,poi torna ai fogli.
«La mia cliente è stata incastrata.»su limita a rispondere.
«Le telecamere dimostrano che lei si trovasse in quel casinò,quella sera.»
«Scusate,ma perché venite a cercarmi solo ora?»chiedo curiosa.
Dopotutto,questa donna è morta due mesi fa,e mi arrestano solo ora?
«Bisognava trovare prove.»risponde con tono rude Dan.
«Non credo sia possibile la presenza di mia sorella a Las Vegas,due mesi fa,giusto?»si rivolge poi a me.
Anche lui non sa se credermi o no.
«Ero all'estero,cazzo!»sbotto alzandomi dalla sedia e spingendola di quasi tre metri lontana da me,finisce sulla parete di vetro sfiorando appena le due sentinelle.Batto i pugni sul tavolo arrabbiata.Gli uomini nella stanza sobbalzano.
«Sapete che significa essere all'estero?Parlo russo?Arabo?Cinese?Bulgaro?Non credo proprio.Sono in America da meno di un mese,va bene?»alzo la voce.
«Helena,calmati.»mi ammonisce Damon guardandomi dal basso verso l'alto.
Abbasso la testa e mi calmo,massaggiandomi poi le meningi esausta.
«Damon,voglio tornare a casa.Per favore.»lo supplico tenendo chiuse le palpebre.
E' la prima volta che mi mostro esausta e debole davanti mio fratello.L'uomo mi accarezza un braccio e mi fa sedere al posto suo.
«Vi sono testimoni che provano la sua presenza fuori dal paese?»chiede poi Clark.
«Io.»risponde Grent.«Helena Caffrey è stata fuori dal paese per otto mesi.Due mesi fa,se non mi sbaglio,eravamo ancora in Brasile.»
«A fare cosa?»
«Beneficenza.»rispondo io,continuando a massaggiarmi le tempie«ho vissuto per un paio di mesi nelle favellas di San Paolo.Ho anche organizzato un paio di raccolte di beneficenza per le comunità locali e ho anche trovato il tempo per esplorare la foresta amazzonica.Molto bella.»continuo poi alzando lo sguardo verso i due uomini dinanzi a me.
Li fulmino con lo sguardo.
Grent,intanto,si avvicina al tavolo e dalla giacca prende un fascicolo.Non so come faccia a tenere dei fogli,dentro la giacca,ma okey.
«Miss Caffrey,in Brasile.Due mesi fa.»foto,documenti,prove.
Tutto.
I due tenenti si guardarono sconvolti,le accuse ormai cadevano.
«Potete anche mandare qualcuno in Brasile,se non vi fidate delle prove qui.Forse le testimonianze saranno migliori.»continua poi Grent.
Mio fratello ed i due poliziotto escono.
«Si sistemerà tutto.»mi dice rassicurante Grent.
«Hanno tentato di incastrarmi con un omicidio?Ci pensi?»sussurro ricordandomi della presenza di due poliziotti dietro.
Poco dopo torna Damon.
«Puoi andare.»mi dice lui.
Mi alzo e,seguita da Damon e Grent,esco dall'edificio.
«Grent,per favore riportami in albergo.»
«Helena,vieni con me.»si oppone Damon.
«Damon,ho bisogno di stare sola.In questo momento,non mi sento bene.»farfuglio mentre i miei occhi incominciano a pizzicare.Lui lo nota.«Portami a casa,Grent.Ti prego.»e così fa.
Sale in camera con me.
«No,tu non puoi entrare.»gli ordino dall'altra parte della porta.
«Helena.»mi richiama lui.
«No,Grent.Ho bisogno di stare sola.»ripeto nuovamente per poi buttarmi a terra dall'altra parte della porta chiusa.
Lui continua a bussare insistentemente ma poi abbandona l'idea di entrare dentro la camera e se ne va.
Sento le guance bagnarsi delle mie lacrime.I singhiozzi iniziano ad occupare l'enorme stanza.
«Tentare il suicidio non avrebbe senso,preferisco procurarmi doloro fisico.Forse raggiungerà e supererà quello sentimentale.»
Ho bisogno di aiuto.Del miglior aiuto che ci sia.




William's Chapter.


«Mr Johnson.»mi richiama Natalia,la segretaria.
Mi innervosisco ancora di più ed alzo lo sguardo verso la donna,agghiacciandola.
Noto la donna ingoiare un soffio di saliva.
«Sono occupato con una riunione Natalia,ci sono problemi?»chiedo alzandomi dalla poltrona.
Intanto gli altri soci sfruttano il tempo per continuare a parlare di affari.
«Il signor Caffrey la sta chiamando.»risponde lei titubante.
Drizzo le orecchie.
«Manda la chiamata in ufficio.»le ordino.
La donna annuisce e scompare dalla sala riunioni.
«Signori,se non ci sono altre questioni da chiarire possiamo ritenere questa riunione conclusa.»gli uomini annuiscono e stringo loro la mano come di consuetudine.
Mi dirigo nel mio ufficio ed alzo la cornetta.
«Ero impegnato,Damon.Cosa è successo?»gli chiedo con tono rude.
«Mia sorella.E' stata arrestata.»mi risponde dall'altra parte.
Mi accomodo sulla poltrona nera in pelle,accavallo una gamba e poso le dita sotto il mento.
«Cos'ha fatto?»chiedo curioso.
«Omicidio.»risponde lui,quasi disgustato.
La cosa non mi colpisce molto.
«Ha davvero ucciso?»
«No,non è possibile.»risponde lui dall'altra parte.
«Guarda in faccia la realtà Damon,è su questo che stiamo indagando.Il passato di tua sorella.E se lo avesse fatto davvero?»chiedo io realista.
Certo,però,mi spiacerebbe.Poi dovrei farle del male e sarei costretto a non rispettare quella promessa.
«Ora ci sono io.Nessuno ti farà più del male.»le avevo promesso la scorsa notte dopo aver visto le sue cicatrici.
La famiglia,per me,è una cosa sacra.
E lei,ne è stata privata da bambina,purtroppo.
Scuoto la testa cacciando via questo pensiero dalla mente,lei è il mio lavoro,non ci si affeziona mai ad un compito.
«No,William.Lei è innocente.E' stata incastrata.»
«Come fai a saperlo?»
«Grent,la sua guardia del corpo,ha mostrato delle prove schiaccianti.Due mesi fa era in Brasile,non poteva aver ucciso quella donna a Las Vegas.»
«Allora qualcuno vuole incastrare tua sorella,Damon.»realizzo più a me stesso,che a lui.«Dov'è tua sorella?»continuo poi alzandomi dalla poltrona.
«Se ne è appena andata dalla centrale,sta tornando in albergo.»
«Ci penso io al resto.»rispondo allora.
Riattacco ed esco dall'ufficio.
«Mr Johnson?Dove sta andando?»
«Non sono affari tuoi Natalia.»rispondo rude e fulminandola nuovamente con lo sguardo.
E pensare che me la sono pure portata al letto.Ora me ne pento.
Lei resta interdetta dalle mie parole.
«Nel caso di altre riunioni,annullale tutte.Devo andare.»continuo poi.
Esco dall'enorme edificio moderno,in vetro.
Johnson Enterprises Holdings Inc.
Prendo l'auto e guido sino parcheggiare davanti l'albergo di Helena.
«Posso sapere dove alloggia Helena Caffrey.Sono un suo amico.»chiedo alla receptionist.
Stanza 145.
Prendo l'ascensore e raggiungo il piano della sua stanza.Mi apposto davanti la sua camera.
«Helena.»la chiamo bussando alla porta.
La porta è socchiusa.
Assottiglio lo sguardo ed entro nella camera.
Una bella stanza,il piccolo corridoio porta subito al salotto,adiacente la cucina moderna.
Seguendo il corridoio vi sono poi tre stanze da letto,con bagno proprio.
Sento un piccolo lamento,seguito da un singhiozzo provenire dalla camera da letto più grande.
«Helena?»la richiamo.
Nuovamente un lamento.Proviene dal bagno della stanza.
Lentamente entro nella camera da letto.Il matrimoniale è ben fatto,la stanza è molto ordinata.
Altri gemiti provengono dal bagno.Sempre con cautela entro nel bagno.
«Helena.»pronuncio il suo nome.
Mi accuccio a terra e poso una mano sulla sua testa alzandogliela.
Come può una donna ridursi da sola in queste condizioni?
Ricordo una volta.
Mio padre mi raccontò di come mia madre fosse fragile da giovane,facilmente suscettibile e con tendenze al suicidio.Tutto per un bastardo che l'aveva violentata.
Si erano conosciuti in una manifestazione della musica,o qualcosa del genere.Non mi sono mai interessato al mondo dello spettacolo.
Mentre mio padre è un cantante famoso,solista,ora.
Ricordo mi disse che mamma si tagliava,spesso.La prima volta ci pensò lui ad accudirla.
Ed oggi,ci penso io ad accudire Helena.
Le sue palpebre sono socchiuse,respira a fatica.
«W-William.»ripete a fatica il mio nome,mentre le lacrime continuano a scendere incessantemente sul suo viso.
«Cos'è successo Helena?Cosa ti sei fatta?»le chiedo,quasi ammonendola,ma poi capisco che non è il momento.
Cautamente la prendo di peso,la ragazza avvolge il mio collo tra le sue braccia,affondando il viso nell'incavatura di esso.
Ciò mi lascia perplesso.Non so come reagire a certe cose.
Non sono un uomo sdolcinato,non so come comportarmi.
Dopo vari secondi decido di stenderla sul letto.
Tento di tornare in bagno per capire cos'è successo,ma lei,istintivamente,mi blocca il polso.
«Non te ne andare.»supplica quasi,con lo sguardo colmo di lacrime.
«Resto,Helena.»le rispondo.
Mi chino togliendo le scarpe e mi stendo sul letto accanto a lei.Mi levo la giacca.La donna stringe con prepotenza la mia camicia,con l'intenzione di non staccarsene.
L'attiro sempre più al mio corpo e le accarezzo delicatamente i capelli.Lei crolla all'istante.
Qualcosa in lei mi attira.
Sarà il suo carattere,o forse il suo passato.Ma una cosa è certa.
Tutto ciò mi eccita.



Helena's Chapter.



L'uomo,esce dalla mia cella.
Mi stendo immediatamente nel letto.
Stanca,delusa,affamata,assetata.
Decido di placare tutto ciò con del sonno,se solo me lo permettessero.
Un'altra tortura.Non ci permettono di dormire,qui.
Ad una certa ora,incominciano a fracassarci i timpani con suoni acuti,acutissimi.Ultrasuoni,forse.
Sento le mie orecchie pulsare,il sangue.Prima o poi sgorgherà via dalle mie orecchie.
Cerco di attutire il rumore con il cuscino,e ci riesco.
Lentamente distendo i muscoli rilassandomi,sono stanca.Tanto stanca.
Ho freddo.
Solo poche ore fa sono uscita dalla stanza del freddo.
Un'altra tortura che non funziona con me,a quanto pare.
Sempre lentamente incomincio a prendere sonno.
D'un tratto sento la porta della mia cella spalancarsi.
Non mi alzo.Due uomini in uniforme portano via il mio cuscino e richiudono la porta della mia cella.
Resto seduta sul letto cercando di assimilare l'accaduto.
Pochi secondi dopo,i rumori aumentano,si intensificano.
Tappo le orecchie con le mani,ma non serve a niente.
Le lacrime prendono il sopravvento ed i singhiozzi riecheggiano nella stanza buia e sudicia.
«Qualcuno mi aiuti.Per favore.»ripeto supplicando a me stessa.


Mi alzo di scatto,espirando rumorosamente.
«Ehi,calmati.»mi impone una voce maschile.
Mi volto.
«W-William?Che ci fai qui?»chiedo perplessa.
«Mi hai chiesto tu di rimanere steso al letto,con te.»spiega lui con tono dolce«stenditi,forza.»mi ordina poi.
Lo faccio.Lui si puntella su un gomito guardandomi,sorride.
Quasi estasiato.
«Come ti senti?»mi chiede poco dopo.
Intanto,mi accarezza dolcemente i capelli.
«Bene,credo.»rispondo,ma né lui né io ci crediamo.
«Ho sentito che ti hanno arrestato.»continua poi.
«Preferirei non parlarne.»puntualizzo acida alzandomi.
«Allora parliamo di pochi minuti fa.Perché ti sei svegliata agitata?Cos'hai sognato?»
E' un altro interrogatorio,per caso?
«Non sono tenuta a risponderti,lo sai?»gli chiedo io retorica.
Mi siedo sul bordo del letto dandogli le spalle.
«Che ore sono?»
«Le otto di sera.»risponde spontaneo.
Lo sento alzarsi dal letto,pochi secondi dopo lo trovo eretto dinanzi a me.
Stringe i palmi sulle mie braccia facendomi indietreggiare.
Mi distende con prepotenza sul letto,facendomi ritrovare sotto di lui.
«Allora?»
«Cosa vuoi sapere?»
«Intanto,come stai?»
«Ci sono stati giorni migliori.»


Spazio Autrice.
Ehi,è un piacere per me scrivere.
Ho visto che molte persone visualizzano,il che mi fa piacere.
Però,avrei bisogno di vedere qualche recensione per sapere cosa ne pensate.
Continuerò la storia,appena vedrò almeno un paio di recensioni.
Grazie,a presto.


  
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