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Autore: wingsam    08/03/2014    1 recensioni
Questa storia parla della vita di colui che si avventura per le sterminate e gelide terre di Skyrim, alla ricerca del senso della sua esistenza e di quella di svariate altre creature che popolano quella regione...compresi i Draghi.
Verranno narrati diversi episodi (da uno, due o tre capitoli al massimo per ognuno di loro), avventure lunghe o brevi, anche sconnesse fra di loro (temporalmente e spazialmente) ma sempre ancorate saldamente all'essenza della trama principale e secondaria di questo universo splendido.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Trastulliamoci, tanto...



    Striscio freneticamente all'indietro sulla schiena, spingendomi con una sola gamba. L'altra non me la sento più. Mi arriva una fitta gelata sulla cima del capo, e capisco di aver raggiunto la sponda del fiume. Ho una sola scelta: abbandonarmi alla corrente, sempre che in questo punto l'acqua sia profonda, e sperare di riuscire a trovare le forze per raggiungere  la riva quando sarò scampato al pericolo. E' il solo modo che ho per restare vivo.
    Continuo a strisciare, a gemere, ad arretrare. E invece no, la fiamma della mia disperata speranza non era abbastanza indomita. Il troll mi afferra la gamba sanguinolenta e mi solleva come un pupazzo, poi mi lancia sbuffando, facendomi atterrare dopo un volo che mi prende a pugni lo stomaco.
    Cerco di riprendere fiato e coscienza il più presto possibile, ma il troll mi ha di nuovo raggiunto. Mi afferra la gamba sana stavolta, mi innalza sopra la testa e urla soddisfatto. Ma invece di darla vinta alla mia cruenta e rassegnata immaginazione, mi lascia precipitare faccia a terra, mantenendo serrata la stretta sul polpaccio. Prende a camminare e mi trascina con sè, borbottando e grugnendo, voltandosi per vedere se sono vivo o morto. Io non so se simulare l'uno o l'altro stato, giacché non so quale dei due mi aiuterà, ma non devo preoccuparmene troppo perché non penso di avere le forze per esaminarmi. Posso solo limitarmi ad esistere in uno stato di completa passività, fino a che la creatura non mi getta nel fondo della sua tana.
    Sono andato a sbattere contro qualcosa di duro al primo impatto, e friabile ad un secondo. Uno sprazzo di intuito mi dice che sono atterrato sopra ad uno scheletro. Sebbene non possa comunque muovermi, voglio lasciare ogni tentativo di controllo del corpo a quando il troll si sarà allontanato. Se crede che sia morto, preferisco lasciare le cose così come stanno. Se crede sia vivo...non lo so, mi sto perdendo nei ragionamenti. Forse non gliene frega niente, ha capito che sono spacciato e vuole tenermi per dopo, per il banchetto serale. La paura lentamente svanisce per lasciare posto al vuoto, all'incoscienza.
    Finalmente posso riprendere a respirare. Del troll non c'è più traccia, ha lasciato la caverna probabilmente per andare a caccia, dal momento che il sole sta calando. Bene, la vista è tornata a posto dopo quelle botte tremende e il conseguente appannamento, quindi il passo successivo è provare a muovermi. Ho senza ombra di dubbio incrinature, distorsioni e lividi di non poco conto, ma credo di essermela cavata meglio di quanto pensassi. Il collo funziona. Spalle, braccia...il bacino, si. E le gambe? Non si muovono. Le gambe non si muovono.
    Insisto ancora, pretendo che le dita dei piedi rispondano ai miei ordini, ma si sono ammutinate. Le ginocchia non vogliono flettersi. I polpacci non si contraggono. La paura scivola di nuovo sotto la mia schiena e mi rizza ogni pelo. Cosa farò? Come faccio a scappare prima che il troll ritorni? Non voglio essere la sua cena.
    Aspetto qualche minuto nel caso qualcuno passi sul sentiero, ma l'attesa è divorante tanto quanto lo sarebbero le fauci del troll che calano sul mio collo. Potrebbe tornare a momenti...cosa fare, cosa? Ritento infinite volte, mi sforzo a spostare le gambe senza l'ausilio delle mani, ma non funzionano più. Sono già morto, ormai. Tornano a vivere in me le sensazioni che vivevo quando, nei sotterranei di Helgen in compagnia di Ralof, perdevo il controllo del corpo e cadevo preda di quegli stati di ansia soverchiante. So che nel giro di qualche istante impazzirò. Non voglio tornare ad essere il vecchio Holg, sto cambiando. Sono cambiato. Non sono più un uomo disperato. O almeno non quanto lo ero allora. Quindi mi sforzo di distrarmi.
    Rifletto sul fatto che avrei dovuto fare più attenzione, quando ho incrociato il cartello che indicava la direzione da prendere per Ivarstead, con scritto sopra "20 minuti" vicino al nome del villaggio. Decido di rivivere mentalmente l'eccitazione che ho provato nel leggere le incisioni sul cartello, la foga nel guadare il fiume, la noncuranza con cui sono passato accanto all'imbocco di questa stessa caverna. Non è che mi aiuti granché. Continuo...lo sbigottimento tagliente che mi prosciuga le vene quando vedo con la coda dell'occhio una zampa enorme strapparmi pezzi di gamba con artigli lunghi quanto il mio avambraccio. Che stupido, chiunque avrebbe intravisto i resti animali e sentito il fetore di carne. Ma io no, certo che no! Trastulliamoci, tanto ormai siamo arrivati a destinazione. E io sarei il discendente di una famiglia di eroi le cui gesta sono scolpite su tavolette di pietra? Come può la gente crederci? Come ho fatto io a convincermi? 
    Assurdo, ma ragionare sull'improbabilità della mia identità ha avuto il suo bell'effetto. Mi sono ricordato che so usare la magia. Dandomi doppiamente dell'idiota, mi preparo tirandomi su le maniche del vestito. Faccio schioccare le nocche delle dita, scavando negli anfratti della memoria per ripescare quel preciso ricordo. Com'è che era, l'imposizione delle mani incrociata alla direzione della volontà? La voce di quel mendicante sulla gradinata di Whiterun...le sue stupide suppliche per portargli una bottiglia di liquore...ma certo, il liquore! E' stato allora, quando si è tagliato con la scheggia di vetro, che l'ho visto ricucirsi la ferita sul palmo della mano senza fare uso di filo e ago. Mi allungo, sfioro le cosce e lì mi blocco. Mi concentro sul respiro, il battito del cuore. Inspirazione, espirazione. Parlo al mio corpo, ad ogni singola cellula. Indirizzo quel qualcosa che di solito fa scaturire fiamme, vento gelato e saette verso i palmi delle mani, ma stavolta impartendole la direttiva di ripristinare la salute del mio corpo.
    Pare stia funzionando: l'area interessata è circonfusa da un alone di luce giallo-arancio. Non ottengo risultati immediati, ma posso percepire muscoli e nervi che tornano a comporre quel puzzle sottocutaneo che tra poco mi permetterà di alzarmi ed andarmene. E' piacevole, tiepido. E' come immergersi in una fonte termale ricolma di tante bollicine microscopiche.
    Quando ho finito, mi scrollo di dosso i resti ossei di chi ha soggiornato qui prima di me. E' un immenso sollievo vedere le ginocchia che si accostano alle guance quando mi piego, e lo è ancora di più quando sostengono il mio peso. Batto un po' i piedi sul terreno umidiccio, giusto per essere sicuro che tutto sia tornato alla normalità.
    Dal foro irregolare che è l'entrata di questa nauseabonda tana, entra una flebile luce grigiognola. Meglio filarmela prima che il...
    Come non detto. Quel poco di illuminazione ora mi è stata privata dal corpo tozzo e amorfo del troll. Ha fatto ritorno a casa, e a mani vuote per giunta. Sarà scontento, poverino.
    Prima che possa avventarsi su di me irrigidisco le dita e gli scaglio contro una scarica elettrica che farebbe schizzare via l'intera corteccia ad un albero, ma il mostro non dà segni di essere rimasto ferito. Anzi, si volta e ruggisce in modo spaventoso. Gliene lancio un'altra, un'altra ancora; invece di rallentare, accelera l'andatura. Quando alza entrambe le zampe per schiacciarmi, scatto di lato e decido di cambiare elemento: fuoco, quello con cui mi trovo meglio. Date le sue dimensioni non fa in tempo a girarsi, così posso lanciargli con relativa calma una sfera di fuoco grande come la mia testa in mezzo alle scapole.
    Uh, questa deve averla sentita, perché sta emettendo un ululato fastidiosissimo, fin troppo acuto per provenire dalla stessa gola che ruggiva poco fa. Incespica un poco in avanti, si riprende e compie una sgraziata piroetta così da potermi inquadrare. Posso vedere l'ultimo barlume di vita nei suoi grossi tre occhi neri, prima che un'altra sfera infuocata in pieno petto lo abbrustolisca.
  
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