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Autore: Evanne991    09/03/2014    2 recensioni
Dal testo, Cap. VI:
"La scusa del non ho dormito stanotte funziona sempre. Sono triste. Non ho dormito stanotte. Sono arrabbiata. Non ho dormito stanotte. Sono delusa. Non ho dormito stanotte. Non voglio parlarne. Non ho dormito stanotte."
Cap.X:
"Stai solo prolungando l’attesa, e non sempre l’attesa è alimento di desiderio: a volte lascia esausti. Non tutti sanno aspettare. Tu per prima." [...] "Ha una bella bocca. Delle belle labbra. Un bel sorriso. Dei begli occhi. E riconosco il suo odore. Come se l’avessi sempre sentito. Come se l’avessi nascosto da qualche parte in me, e lo riscoprissi ogni volta che mi sta di fronte."
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo Ottavo –

 
Riattacco il telefono. Il mondo, oggi, sembra non voler fare altro che parlare con Mr.Barker, e lui ha dato chiare disposizioni.
-Mi passi solo la compagnia di viaggi, per il resto dica che sono in riunione.
Ma io mi chiedo: lavora mai quest’uomo? Io non sto facendo altro che rispondere alle telefonate di clienti e fornitori, ed al contrario dello stronzo che se ne lava le mani, per quello che posso, passo le chiamate ai miei colleghi leader dei vari progetti.
Gis si avvicina a me con un fascicolo in mano che sventola a mo’ di ventaglio. Leeve sarà da qualche parte e limarsi le unghie.
-Abbiamo un problema!- dice la mia amica, e prima che possa chiedere delucidazioni continua:
-Abbiamo grafica, elementi. Ma manca uno slogan. E dobbiamo consegnare il progetto domani mattina.
Così facendo mi passa il fascicolo ed inizio a sfogliarlo. Si tratta di una campagna pubblicitaria per un nuovo locale che aprirà al centro di Londra, di cui in realtà abbiamo veramente poche foto e poche informazioni. Si tratta del tipico cliente che vuole tenere tutto segreto, non sappiamo se per megalomania o cosa. Con quel poco che Gis e Leeve avevano a disposizione, hanno strutturato una locandina affascinante. Consiste nel buco della serratura di una porta in Swarovski oltre al quale ci saranno dei numeri a segnare il countdown all’apertura del locale. Ma non bisogna dire che si tratta di un locale. Potrebbe essere anche un negozio, una libreria, un caffè. Più volte in ufficio ci si è trovati ad arrivare al giorno prima della consegna senza aver terminato il lavoro. Ad ogni modo capisco il lieve panico che sta cogliendo Gis e Leeve, perché questo cliente è uno grosso, ci sono in ballo moltissimi soldi. Ed anche se non vogliono dirlo, sentono la mia mancanza nel gruppo. Mi mordo il labbro.
-Dee, pensaci. Domani consegneremo il lavoro, e dovrà essere terminato ed impeccabile.
Lo sapevo! Faccio per restituirle il fascicolo ma fa un passo indietro, prima di ritornare alla sua postazione.
-No, quella è una copia per te, così ci pensi bene e ci salvi il culo!
La guardo a bocca aperta. Ora capisco anche perché sia venuta lei e non Leeve. Giselle è indomabile ed è una delle poche persone che riesce ad avere l’ultima parola con me. Leeve avrebbe esitato.
Mi abbandono con le spalle alla comoda poltrona. Devo ammettere che questa è l’unica nota positiva del fare la segretaria: non ho una sedia come tutti gli altri, ma una poltrona in pelle nera. Sfoglio lentamente il fascicolo.
Stamane ho fatto colazione con Mr.Barker. Ed è stato piacevole. Abbiamo chiacchierato del tempo e della qualità del caffè. Apparentemente questi sono discorsi che fanno due persone che non hanno nulla da dirsi. Eppure credo che in realtà sono stati degli argomenti neutri che ci hanno permesso di evitare liti e di provare a parlare tranquillamente. Lo so cosa vi state chiedendo. Volete sapere cosa gli ho risposto quando mi ha chiesto cosa vedessi.

-Niente, fin quando non rimetto gli occhiali da vista, Mr.Barker.
-Lei è un’amabile bugiarda, Denise.

Sull’amabile sono arrossita violentemente, ed ho ripensato a ieri sera ed alla gatta. Fortunatamente ho colto appieno il momento, perché lui stava togliendosi la sciarpa che portava al collo ed ho detto la mia su come fosse cambiato il tempo e che bella giornata di sole fosse oggi.
Tacete! Ho sentito i vostri commenti! Oh, ma insomma, cosa volete che faccia? Non posso mica dirgli di aver sentito le parole della gatta, ed anche se fosse lo vedete anche voi come mi tratta! E poi a me non piace per nulla.
Tacete, ho detto!
Il campanello suona due volte velocemente. Odio le persone che suonano così. Mi sanno di invadenti, di impazienti, di viziati. Premo il tasto che fa scattare la porta bianca e quando questa viene spinta leggermente sento il respiro mancarmi.

Indossa dei pantaloni a palazzo, bianchi, un cappotto nero. Non riesco a vedere che scarpe porta ai piedi, ma sono certa siano dei tacchi altissimi. La lunga chioma scura le incornicia il viso da bambola. Mi sorride. Capite? Mi sorride. Mi ritrovo a fare il gesto delle corna sotto la scrivania, come mamma mi ha insegnato.
-Posso esserle utile?
Voce ferma. Decisa. La gatta non sa che ho sentito le sue parole.
-Devo vedere Greg… Mr.Barker.
Poggia una mano sulla mia scrivania e guarda la targhetta su cui è scritto il mio nome. Porta dei bellissimi anelli.
-Mr.Barker è occupato, può dire a me, altrimenti possiamo prendere un appuntamento.
Sembra sorpresa della mia professionalità. In effetti lo sono anche io. Certe volte sembro proprio una segretaria!
-Greg sapeva benissimo che sarei passata stamattina, mi annunci, per cortesia.
Alzo un sopracciglio. Lo stronzo deve avere una calamita attrattiva per i suoi simili. Mio malgrado alzo la cornetta, senza smettere di fissarla.
-Lei è?
La gatta mi sorride.
-Cheryl.
Anche il nome odioso!
-Mrs. Cheryl…?
-Solo Cheryl, lui mi conosce, non ha bisogno del mio cognome, Mrs. Clark.
Il mio sopracciglio è sparito sotto l’attaccatura dei capelli. Questa donna è quanto di più irritante ci sia sulla faccia della terra, forse più di lui, e mi odia, lo so che mi odia. Premo il pulsante che mi mette in contatto con lo stronzo.
-Sì?
Dobbiamo alzare la temperatura dei caloriferi, l’ho già detto?
-Mr.Barker, la signorina Cheryl chiede di vederla.
Riattacca. Quest’uomo ha dei problemi. Non faccio in tempo a riattaccare anche io, che lui esce dal suo ufficio, raggiante.
-Cheryl, tesoro! Che piacere, hai mantenuto la promessa!
L’abbraccia. Lei ride. Lui la guarda con gli occhi illuminati.
Io non ho parole.
Brutto stronzo di merda!
Che poi non capisco neanche perché debba darmi fastidio questo teatrino davanti agli occhi.
Schiocco le guance.
Lui mi guarda, finalmente.
-Mrs. Clark, non ci sono per nessuno. Vieni, tesoro, ti mostro il mio ufficio!
Mrs. Clark?
Ma vattene a fanculo, Mr.Barker!

 
***

 
Seduta al bar, con Giselle e Leeve, mordicchio leggermente le unghie. Tra me e le ragazze è sceso un imbarazzante silenzio dopo che ho raccontato loro della sceneggiata di Barker e Cheryl. Più che altro perché subito dopo ho detto loro cos’ho ascoltato in bagno ieri sera. Neanche loro sanno cosa dirmi. Così, in pausa pranzo, guardo fuori, seduta al mio posto, alla faccia dello stronzo e delle nuove prospettive, ho toccato appena cibo e le ragazze mi osservano. Il fascicolo del progetto è aperto davanti a me, ma non lo degno di considerazione.
-Secondo me vuole farti ingelosire.
Neanche le rispondo. Meno male che ci pensa Leeve.
-Ma come, Gis? Lui non sa che Dee ha origliato…
-Non ho origliato!
-Sì, insomma, ha ascoltato per sbaglio la telefonata della gatta a qualcuno, no? Come può, lui, decidere di farla ingelosire?
-Siete davvero ingenue, a volte: se davvero lui non toglieva gli occhi di dosso a Denise, ha visto che lei è andata alla toilette e subito dopo anche la gatta!
-Sì, ma lui non può sapere cosa sia successo!
-Smettetela, ragazze, vi prego!
Le interrompo.
-Non ha senso parlarne, punto numero uno, e punto numero due: a me non interessa Mr.Barker. Smettiamola, occupiamoci del progetto.
Leeve mi guarda preoccupata. Giselle, ovviamente, dice la sua:
-Vorrei solo farti notare che sei letteralmente impazzita di gelosia quando lui ha accolto la gatta!
Posso rovesciarle l’acqua addosso?
-Ed eri estremamente deliziata, stamane, dopo aver fatto colazione con lui…
Spalanco la bocca. Leeve maschera una risata in un colpo di tosse.
-A te piace, ammettilo, tesoro!
-Chi ti piace, Denise?

Voglio morire. Ora. E voglio che Giselle muoia con me. Ed anche Leeve che non la ferma nello sparare cazzate.
David è alle mie spalle. Mi volto cercando di assumere un’espressione rilassata.
-Oh, niente, Dave! Che ci fai qui?
Solitamente lui non viene a pranzo al Sitting. Quest’uomo inizia a mettermi ansia. Mi dice che infatti è qui di passaggio, si chiedeva se volessi scambiare con quattro chiacchiere con lui.
Inizio ad odiare Giselle. Oggi non la tollero. Ha tossito, ha finto di tossire rumorosamente. Decido di ignorarla, e mi alzo sorridendo.
-Certo, Dave!
Ehi, vi ho sentiti! Si può sapere cosa volete? Barker può chiamare “tesoro” Cheryl ed io non posso scambiare due chiacchiere con David?
Tiene la porta del bar aperta per lasciarmi passare. Torniamo in ufficio, in silenzio, a braccetto, e ci dirigiamo direttamente in sala relax.
-Denise, io…
Mi guarda imbarazzato. Io incrocio le braccia. Cavolo, a volte è davvero difficile parlare con me!
Gli sorrido per spingerlo a parlare.
-Insomma… Ti conosco da qualche anno, ed mi chiedevo se tu… ecco…
Sta arrossendo. No, vi scongiuro! Ed ora che faccio? Cosa gli dico?
-Io credo di… io sono innamorato di te, Denise!
Lascio cadere le braccia lungo i fianchi. Ed ora? Cioè, mi guarda come se si aspettasse qualcosa. Devo fare qualcosa? Devo dire qualcosa? Merda.
-Ah, un caffè in compagnia, proprio quello che ci voleva!
Per una volta devo ammettere che adoro il suo tempismo. David si sposta, appena lo sente parlare, e lo lascia entrare. Sento di arrossire, ed abbasso gli occhi, avvicinandomi alla macchinetta del caffè. Chissà da quanto tempo era dietro Dave. Chissà cos’ha sentito.
Si siede comodamente sul divano rosso. Gli passo il suo bicchiere di caffè, evitando di guardarlo negli occhi.
-Ho interrotto qualcosa?
Mi costringe a guardarlo. Sorride beffardo. David nega a bassa voce. Prima o poi quest’uomo gli chiederà scusa perché respira.
-Niente. Cosa si aspettava, Mr.Barker?
Lo dico leggermente arrabbiata. E non so neanche perché. So che forse ho per un secondo alimentato le speranze di David con il mio tono spazientito. Lo stronzo mi guarda serrando la mascella.
Mi volto ed esco dalla stanza senza bere il mio caffè. Sento il cuore pulsare velocemente. Raggiungo la postazione delle ragazze, che sono rientrate, come tutti gli altri e senza dire una parola afferro un uniposca argento e scrivo una frase sulla stampa del progetto.

 
***
 

Leeve e Giselle sono nell’ufficio dello stronzo. Chissà come sta andando. Non hanno aspettato a domani per la consegna. Appena hanno letto cos’ho scritto si sono illuminate ed hanno lavorato neanche dieci minuti al computer per poi ristampare il progetto. Ho semplicemente scritto, sotto il buco della serratura: “Cosa vuoi vedere? Cosa ti aspetti?”

La linea interna suona. Rispondo.
-Sì?
-Mrs. Clark, venga immediatamente nel mio ufficio.
Entro risoluta, anche abbastanza scocciata. Quest’uomo mi irrita. E sono arrabbiata con lui. Per partito preso.
Le ragazze si voltano verso di me, leggermente preoccupate.
Barker parla.
-Mrs. Clark, il suo ruolo qui dentro è quello di segretaria. Mi sembrava di esser stato chiaro.
Continuo a guardarlo senza capire, ma accigliata.
Prende la stampa del progetto e me lo passa. Istintivamente  gli occhi cercano il logo della compagnia e la firma delle ragazze. Diamine! Hanno aggiunto anche la mia di firma!
-Mr.Barker, io…
Non saprei neanche come giustificarmi. O giustificare loro. Non so cosa si sono detti finora.
-Mr.Barker, senta- Leeve. Leeve combattiva. Il mondo va a rotoli.- È giusto che a Denise venga dato il merito che le spetta. Lo slogan è suo. Se non vuole accettarlo, io e Giselle ritiriamo il progetto come nullo e non lo consegneremo. Denise non c’entra nulla, siamo state noi a chiederle una mano.
Lui fissa primo loro due e poi me. Passa una mano sul viso. Sembra stanco. Chissà che fine ha fatto Cheryl.
-E va bene. Ma che non si ripeta mai più, o quanto meno abbiate il garbo di avvisarmi prima.

Le ragazze sono raggianti. Io continuo a stare in piedi con un’espressione da ebete. Lui le congeda e, quando mi volto per seguirle fuori, dice:
-Aspetti, Denise, devo parlarle.
Sento squittire Giselle. Appena le ragazze chiudono la porta alle loro spalle, mi avvicino alla scrivania e mi siedo di fronte a lui. Ha degli occhi bellissimi. Improvvisamente mi sento stanca.
-Mi dica.
Mi guarda intensamente. Vorrei sapere cosa sta pensando. Si alza e si avvicina a me. Si china di fronte a me. Sento di trattenere il respiro. Stringo con le mani le mie ginocchia.
-La smetti di farmi la guerra, Dee?
Sussurra. Ha il fiato caldo. Non batte ciglio. Vorrei prendere il suo viso tra le mani e… Ma non lo faccio. Resto a guardarlo, iniziando ad respirare lentamente.
Il suo cellulare vibra. Si volta verso la scrivania per leggere il nome di chi lo sta chiamando. Faccio lo stesso. Mamma.
-Devo rispondere…
Sembra dispiaciuto. Si allontana da me. Mi rilasso. Mi alzo. Gli volto le spalle. Sembrano passare ore. Ogni movimento sembra lentissimo. Apro la porta e senza più voltarmi la chiudo alle mie spalle.
Sento improvvisamente freddo.
 


NOTE DELLA (PSEUDO) AUTRICE:

Ciiiiiao! Ho letteralmente sudato per scrivere questo capitolo, perché volevo raccontare tutto ma non sapevo bene come incastrare le scene. Spero sia venuto fuori bene.
Dave è davvero un invertebrato, ha ragione Mr.Barker. Denise è palesemente gelosa dello stronzo, le ragazze sono state eccezionali nel coinvolgerla nel lavoro. E lui, Mr.Barker. prima dolce con la gatta, nonostante la sera prima l’abbia considerata poco, poi dà addirittura del tu alla nostra Dee.
Voglio ringraziare voi ventotto delizie che seguite, ricordate e preferite questa storia!
Ditemi cosa ne pensate! Baciotti, Ev.
  
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