The Closet.
Smettila.
Infilo le cuffie gelide per il freddo, clicco play sullo schermo del cellulare e mi incammino, per quella strada che percorro da troppo tempo.
Non ho voglia di andare a scuola. Non ho voglia di sopportare tutti e tutto; non anche oggi.
Sbatto appena le palpebre pesanti, notando un piccolo bosco al lato della strada.
Spesso mi sono fermata ad osservarlo, in tutta la sua bellezza.
E' davvero misero e spoglio, essendo inverno, ma di una bellezza infinita. I rami neri che si intrecciano, le poche foglie marroni sospese, in bilico, ferme ad aspettare il loro destino: un soffio di vento.
Cammino verso quel piccolo angolo di paradiso, tenendo con le mani serrate le cinghie dello zaino pesante. Sfilo le cuffie, per cogliere ogni minimo rumore; le foglie secche sotto i miei piedi; il vento tra i rami.
Accarezzo con una mano il tronco umidiccio di un albero, ci poggio sul la schiena e mi ci accuccio sotto, chiudo gli occhi, beandomi della fresca brezza che mi inonda il viso.
Apro appena gli occhi, sentendo freddo. Il rumore del cellulare mi fa rabbrividire ancora di più.
E' un messaggio anonimo.
Clicco su 'leggi' un po' terrorizzata.
Vieni nell'armadio.
Come? L'armadio?
Digito velocemente un 'chi sei?'
La risposta è praticamente immediata. Sono tua sorella Grace, Ginevra.
Mia sorella? Se c'è una certezza nella mia vita è appunto quella di essere figlia unica.
Mi sfioro il labbro inferiore con due dita, pensando.
Non ho sorelle.
Rispondo sincera. Alzo lievemente lo sguardo.
Oddio! Ma è già mezzogiorno!
Raccatto lo zaino, infilando il cellulare in tasca. Esco veloce dal bosco spoglio, immettendomi sulla strada di casa. Cammino a passo svelto quando sento qualcuno sfiorarmi i capelli.
Junior.
-Hei rossa! Come mai hai marinato la scuola?- Domanda lanciandomi in aria una ciocca di capelli.
-Cazzi miei.- Rispondo soddisfatta della giusta dose durezza e acidità che ci ho messo.
-No, dai, racconta al Junior dove sei stata!- Esclama prendendomi per un polso.
Sbuffo, strattonandolo e riprendendo possesso del mio polso.
-Hai capito la ragazzina...-
Sento un calore crescermi dentro, un odio profondo verso di lui. Faccio una piccola smorfia e senza quasi rendermene conto, emetto un 'smettila' quasi sussurrato, con una sfumatura inquietante.
Mi sfiora il braccio.
Mi si gela il sangue, come sempre.
-E' meglio se vado...- Ammette leggermente spaventato.
Il telefono vibra insistentemente nella tasca del giubbotto blu, schiacciato contro il mio ventre, che sussulta di conseguenza.
Altri messaggi anonimi. Scorro all'ultimo.
Dai, Ginevra, sbrigati, ti sto aspettando.