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Autore: Calenzano    09/03/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze.

(O. Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”)

 

 

Capitol City è strana. Non strana curiosa, eccitante, vitale. Strana inquietante, strana grottesca. E' una città che non esiste. Esteriormente esiste, fin troppo, scintillante di acciaio e di vetro, con i suoi viali ampi e diritti, troppo simmetrici perché siano sorti spontaneamente, e i grattacieli che svettano slanciati verso il cielo. Ovunque, i led luminosi degli schermi lampeggianti di volti e di spot pubblicitari. Famiglie assurdamente felici si alternano a donne succinte e a uomini vestiti all'ultima eccentrica moda. Il brusio, sovrastato a tratti da scoppi di musica martellante, è fisso a ogni ora del giorno e della notte. E la gente. Stravagante, balzana, sgargiante, cangiante, sfavillante, vaporosa, cotonata, truccata, rifatta, tatuata, accessoriata, eccessiva. Molti sono pallidi come fantasmi nella pelle decolorata che va tanto di moda quest'anno, e il contrasto con trucco e acconciature variopinte è alienante. Mentre scendiamo dal treno intravedo cani, anch'essi artificialmente colorati, dotati di gadget tecnologici il cui valore probabilmente supera quello di un alloggio bilocale del nostro distretto. C'è qualcosa di profondamente distorto in tutto ciò. Una folla di spettatori festanti ci sta aspettando sul binario, ed esplode in applausi frenetici al momento in cui facciamo la nostra comparsa. Cori e gridolini ci accompagnano fino all'uscita.

 


Nel pomeriggio sono arrivati gli stilisti per prepararci alla parata della sera. Quella assegnata al nostro distretto, Ebes, si è fatta da me cordialmente detestare fin dal momento in cui ha fatto irruzione insieme al suo team nel nostro alloggio, erompendo in un “Ammmmmmoore!!!” acutissimo alla vista di Codrina. Lei ha sorriso, educata come sempre, e la tipa si è sdilinquita, estatica: “Ma quanto sei carinaaa!!! Sei perfetta, giusto due o tre cosine per far risaltare bene quegli occhiucci cerulei; una passatina di trucco, e sentiremo cantare gli angeli...” Poi ha visto me, e il canto degli angeli ha infilato una stecca. Le è sfuggita un'esclamazione soffocata, ha sgranato gli occhi pesantemente truccati e ha scosso la testa qua e là, contrariata, facendo ondeggiare gli orecchini, due sobrie anforette con una colata d'oro che le arrivava quasi al decolleté. “Cara, non ci siamo! Hai degli occhioni belli belli, ma quei capelli... E poi i vestiti.... Ommaaamma, no, no, non ci siamo proprio! Sembri una quei poverini dell'11 e 12, sempre così miseri e trascurati.”

Mi ero sentita arrossire mio malgrado, in un misto di imbarazzo e fastidio. Del mio aspetto esteriore mi preoccupo quanto strettamente necessario, non mi sono mai interessate queste cose. Nella vita esistono cose più importanti dello smalto per le unghie, accidenti. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a questi disadattati di capitolini, ossessionati dal “fashion”. E non mi pare che i miei capelli castano scuro, raccolti in una semplice coda, siano così scandalosi. Idem per i vestiti. “I miei vestiti realizzano ontologicamente la loro proprietà. Semmai è l'esaltazione della loro estetica, come comunemente intesa, che crea una pericolosa deriva sociale di valori, per cui il suo rifiuto è una mia precisa scelta etica.“ Avevo affermato seria. Prevedibilmente, in risposta avevo ottenuto sguardi vacui.

“Ammore,” mi aveva fatto Ebes con l'aria di chi stia spiegando a un bambino che due più due fa quattro, e non mille e ventitré “il tuo look esprime chi sei, lancia al mondo un messaggio preciso: io esisto, e sono desideraaabile! Sono giusta!”

“Mi piace esistere per cose più importanti di due vestiti addosso.” Avevo tentato di puntualizzare, ma di colpo avevo realizzato quanto poco senso avesse un dibattito del genere. Parlare di senso della vita a gente che considerava divertente assistere all'uccisione reciproca di ragazzini sullo schermo.... Non sapevo se Ebes rientrasse appieno nella categoria, ma nel dubbio... Non discutere mai con un cretino, ti batterà con l'esperienza.

“Ebes ha ragione.” Elder, in piedi sulla soglia, assisteva ai preparativi. “I vestiti possono aiutarvi molto, invece. E' importante colpire subito il pubblico e gli sponsor, anche se la carta migliore ve la giocherete più avanti.”

Mi ero rassegnata a seguire il team nel salone allestito per l'occasione, sperando che quella svampita non tirasse fuori nulla di troppo osceno. Mi ero ricordata con panico dei costumi per la sfilata dei tributi del 5 dell'anno scorso. Entrambi erano seminudi, giusto il junior un po' più pudico, con solo dei minuscoli pannelli solari a coprire dove il sole non arriva. Se questa fa una cosa del genere, mi ero detta, la prima cannonata la sentono prima di iniziare i giochi. Passi affrontare tributi assetati di sangue, ma presentarsi di fronte alla nazione conciata come quella cantante del XXI secolo – come si chiamava? Gaga?- nei suoi momenti migliori, no. Ho una dignità. O perlomeno l'avevo, prima di essere conciata come mi ritrovo adesso.


Siamo nell'enorme rimessa dell'anfiteatro cittadino, la cerimonia di apertura degli Hunger Games sta per avere inizio. Gli addetti stanno finendo di mettere in posizione i carri per la parata. Là fuori avverto il brusio smorzato delle migliaia di spettatori accalcati in attesa di vedere sfilare i tributi con indosso le ultime creazioni degli stilisti, che quest'anno si sono davvero superati. In peggio. Noi portiamo una sorta di fasciante vestito di filamenti vetrosi intrecciati. “Fibre ottiche!” Spiega entusiasta Ebes a voce altissima. “Si accendono seguendo il battito cardiaco di chi le indossa, e creano giochi di luce colorata!“ Sembrerò una lucciola impazzita, allora. “Pensate a quando gli spettatori acclameranno al vostro passaggio: non sarà necessario che li ringraziate a voce, i vostri abiti lo faranno per voi istantaneamente!”

Approfittando della sua distrazione all'arrivo dei tributi dell'1, mi giro verso Codrina e accenno rapidamente al gesto grossolano che al nostro distretto vuol dire “che fortuna!”. Lei soffoca una risata, e io sono sollevata, vedendola tutto sommato serena. So che anche lei non ama essere al centro dell'attenzione, ed è chiaramente emozionata, ma per ora sembra gestire bene la situazione. “Trenta secondi all'uscita dell'1.” Ci fanno segno di salire sui carri. Poi i portelloni si aprono, e un boato fragoroso accoglie l'uscita del primo veicolo.

 

L'anfiteatro è stracolmo, un mare di folla colorata ondeggiante e acclamante nell'aria frizzante della sera. I potenti fari illuminano a giorno la pista, le tribune sfavillano di luci. Non ho mai visto nulla di simile, e mi sento un pesce fuor d'acqua. Peggio, un pesce incredibilmente goffo, e mi tengo rigidamente ai bordi della nostra biga mentre imbocchiamo la lunga pista rettilinea, i cavalli al piccolo trotto. Ovunque i maxischermi rimandano le inquadrature delle telecamere, alternando panoramiche della parata e primi piani. Gli sguardi estasiati degli spettatori delle prime file, che ora posso vedere bene mentre scorriamo loro davanti, mi fanno un effetto alienante. Chissà che cifre da capogiro avranno pagato per essere qua, penso di sfuggita, e vedere da vicino dei ragazzi che di qui a pochi giorni cesseranno di vivere. Sarà il fascino morboso di vedere la morte incarnata in un volto giovane e attraente? Un' improvvisa esplosione di acclamazioni mi distoglie da questo pensiero. Qualche tributo deve aver fatto colpo. Poi mi accorgo che i nostri abiti stanno accendendosi ritmicamente di una luce rosa vellutata, creando piccole onde luminose ad una cadenza ipnotica. Sembra che una seconda pelle fatta di luce e ombra ci si dilati addosso, poi lentamente sfumi fin quasi a sparire, e poi riprenda vita sussultando. L'effetto è affascinante, devo ammetterlo, e la scoperta mi provoca un'ondata di adrenalina, che subito si riflette nel vestito, accelerandone le metamorfosi. Ora su tutti i maxischermi ci siamo io e Codrina, pulsanti di luce, e l'entusiasmo del pubblico è alle stelle. Ci scambiamo uno sguardo eccitato, e le luci vibrano infiammandosi di un rosso acceso. Lei accenna a un saluto timido verso la folla esultante, forse dovrei farlo anch'io, anche se mi sento rigida come un palo.

Poi, improvvisamente, un guizzo colorato. Faccio appena in tempo a cogliere un movimento con la coda nell'occhio, che qualcosa urta pesantemente contro la nostra biga, dal lato di Codrina, per poi finire sotto le ruote. I cavalli scartano, il carro sobbalza e sbanda bruscamente e lei rischia di cadere sulla pista. Sento quello del 6, che ci segue, inchiodare a propria volta. Le acclamazioni degli spettatori intorno si trasformano in esclamazioni e strilli isterici, e anche io vacillo, colta di sorpresa; mentre tre o quattro Pacificatori scavalcano le barriere e si precipitano verso di noi. Recuperato l'equilibrio, mi volto per cercare di capire cosa sia successo, ma vedo solo un capannello di Pacificatori attorno a qualcosa di insanguinato per terra, che viene trascinato via. Non riesco a vedere altro, gli addetti stanno già riportando il nostro carro e quelli seguenti in carreggiata, e subito la sfilata riprende come se non fosse successo nulla. “Tutto bene?” Chiedo a Codrina, urlando per sovrastare la confusione.

Lei fa segno di sì, ma è sconvolta: “Un tizio ha cercato di saltare sul carro, ma è finito sotto...”

Perdo metà delle parole nel baccano, ma vedendola scossa, spontaneamente le metto un braccio intorno alle spalle. Curiosamente il pubblico, già dimenticato l'incidente, scoppia di nuovo in una rumorosissima ovazione, di cui non capisco il motivo, finché non ci fermiamo nello spiazzo di fronte alla tribuna delle autorità.

 


Uno dopo l'altro, i veicoli rientrano nella rimessa, e il clamore si attenua alle nostre spalle. “E' andata.” Commento sollevata scendendo giù. Cerco con gli occhi Elder, voglio chiederle cosa sia successo a metà parata.

“Adesso sono tranquilla.” Mi fa Codrina, inaspettatamente. Io la guardo interrogativa, e riesco appena a cogliere il guizzo nei suoi occhi, prima che sorrida: “Dopo aver sfilato con questi vestiti, che vuoi che sia andare nell'arena?”

Rido, non per la battuta in sé, ma perchè è la prima che le sento fare da quando siamo partite da casa. Per questo non mi accorgo che la senior del 2 mi sta fissando.

 




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E.N.P.
Lo sguardo assassino sul finale fa un po' (tanto) Cato, me ne rendo conto... ^^'

  
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