Vide il suo volto girarsi piano, la bocca aprirsi appena in un leggero atto di stupore. Era bellissimo, Al-Maut, fosse lui un uomo o una donna. In fondo non l'aveva mai saputo con certezza. Ma sapeva che era una splendida morte. Degna di essere adorata, si ritrovò a pensare, più che degna: era una Dea tragica e crudele con gli occhi di ghiaccio, con le mani già fredde, già bianche e il viso che era un teschio.
Il pugnale scattò in avanti. Alamas oramai era ridotto a un solo sfogo, un solo singolo punto nell'azione che doveva compiere, una sola entità con la sua decisione.
Lo trapassò ad altezza del cuore, ridendo impazzito.
Crollarono entrambi a terra, lui sopra la figura esile del Pais, rotolando fino a sentire il marmo e le mani della guardia che lo tiravano su per la schiena, che lo strattonavano in ginocchio.
Poi la lama sul collo.
Guardò il cielo rannuvolato e in fiamme e il tempo frenò. Chissà come si chiamava la ragazza sopra cui sarebbe caduto, nel pozzo, chissà perchè si stava comunque ribellando e stava afferrando il gladio quando una morte veloce era una soluzione più che accettabile, chissà se il bastardo, se Al-Maut stava soffocando nel sangue e stava morendo col terrore che lui sperava di avergli gettato addosso. Pregò di sì, pregò che i vermi gli mangiassero gli occhi, che gli intestini esplodessero e lui soffrisse come mai aveva sofferto un altro umano.
-No.-
La lama fremeva contro la pelle ma non tagliava. Alamas smise di agitarsi e storse la testa per guardare. Una ventina di Pais verdi erano assiepati attorno ad Al-Maut, ma lui già si alzava fra di loro. Lentamente, si erse di nuovo, allargando le braccia. Ripetè scandendo la sillaba.
-No. Non ucciderlo.-
Alamas conficcò le unghie nel cuoio dei guanti della guardia, gridando feroce. Muori, muori maledetto, non parlare con quella voce tranquilla, non osare vivere, smetti di respirare o rugggisci di rabbia e battiti. La presa era troppo salda per liberarsi. La belva in trappola fu costretta a guardare il Pais allargare la veste e scoprire lo squarcio. Non c'era niente sotto. non l'aveva neppure ferito... Quell'abito l'aveva confuso! Ringhiando, gli sputò addosso. Al-Maut non gli diede alcun peso, anzi. Si avvicinò e gli asciugò con un anello un po' di bava dall'angolo della bocca. Si trovò di fronte alle iridi chiare e curiose. Aveva lo sguardo luminoso di un bambino e seducente di una puttana consumata dal lavoro, una miscela indagatrice che gli scavava dentro. Lo guardò a lungo, in silenzio. Alamas digrignò i denti e sibilò.
-Muori, muori...-
-Tu desideri morire?-
Il tono era così calmo e rilassato che Alamas capì al volo che l'avrebbe ucciso se l'avesse chiesto. Improvvisamente si calmò. Al-Maut profumava di qualcosa di dolce e buono, la morte che gli avrebbe donato sarebbe stata altrettanto delicata. Lo seppe senza bisogno di parole. Le sue labbra articolarono per lui.
-Non voglio morire....-
-Allora dimmi il tuo nome e vivi.-
Deglutì. La guardia allentò la presa. Non riuscì neppure a pensare al secondo coltello nella cinta, nè al pugnale nello stivale o al veleno sotto le unghie. Come avrebbe potuto non rimanere incollato a quegli occhi, che lo guardavano mentre Al-Maut si alzava.
-Alamas di Malkut.-
Il sorriso di Al-Maut fu largo e tranquillo. Allargò le braccia e si voltò senza paura verso la folla.
-E' mio diritto scegliere il mio servitore. Così sia fatto e Alamas di Malkut sia fatto mio anima, corpo e proprietà.-
Cosa?! Alamas restò a bocca spalancata nel sentirlo parlare con quella solennità, prima di riprendere a uccidere come aveva fatto prima. Era tutto ovattato, dalla luce che scemava ai tonfi dei cadaveri nel pozzo. Restò inginocchiato sulla piattaforma senza potersi muovere, troppo sconvolto per parlare o agire. Quando l'ultimo corpo cadde giù, lo seguì con lo sguardo, senza realmente vederlo.
Vide solo la mano coperta d'oro che lo faceva alzare e sentì gli anelli sulle dita mentre la chiesa si avvicinava, poi l'oscurità e l'odore d'incenso.