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Autore: Carlos Olivera    10/03/2014    1 recensioni
Sono passati due anni dalla distruzione del Drago Antico.
Saito e Louise, ora sposati, vivono felicemente nel loro feudo di De Ornielle, facendo continuamente avanti e indietro da Tokyo per stare con i genitori di Saito. Per Saito, inoltre, è in arrivo una notizia inattesa e bellissima. D'improvviso, una serie di inquietanti e terribili imprevisti giungono a distruggere una pace così difficilmente conquistata. Da un momento all'altro, per qualche misterioso motivo, Saito perde nuovamente i suoi poteri di Gandalfr, e Louise la possibilità di evocare i portali dimensionali. Contemporeamente, la morte improvvisa della regina Henrietta genera lotte sanguinose per la successione al trono tra i nobili; da un momento all'altro, Tristein conosce la sua epoca Sengoku, sprofondando nella guerra civile. Mentre Saito e Louise devono scegliere che ruolo avere in questi eventi, la misteriosa comparsa di un giovane senza memoria, ma che per qualche strano motivo sembra aver "rubato" a Saito le rune di Gandalfr, sarà destinata a cambiare per sempre le loro vite.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Le pareti interne del tempio erano tutte un’unica, immensa distesa di geroglifici e bassorilievi.

Quel posto era una vera macchina del tempo della storia elfica, ed era un peccato non riuscire a capire cosa quelle scritte millenarie avessero da dire, tanto antico e morto era l’alfabeto utilizzato.

Il professor Colbert era il più meravigliato di tutti, e sembrava un bambino in un negozio di giocattoli; avrebbe passato la vita a studiare quei simboli nella speranza di decifrarli, e anche Saito e gli altri erano senza parole.

«Non restate indietro.» li ammonì Bidashal vedendoli ammaliati dallo spettacolo che avevano intorno «In questo posto perdersi è molto facile».

Gli elfi condussero i ragazzi dapprima attraverso l’immenso atrio circolare prospiciente l’ingresso, quindi lungo l’intricato reticolo di scale, corridoi e rampe che scendevano verso il basso, a riprova del fatto che quel luogo era in realtà molto più grande e imponente di quanto apparisse in superficie.

Ogni singolo angolo, ogni muro, era decorato, e fu sorprendente notare come molti dei bassorilievi che coprivano le pareti raffigurassero apparecchiature apparentemente anacronistiche rispetto al periodo a cui quelle rovine dovevano risalire, quali aeronavi, armi da fuoco e varie altre tecnologie proprie dell’odierna Halkengina.

Ma la sorpresa più grande doveva ancora venire.

Nel punto più profondo di quella monumentale struttura sorgeva una stanza immensa, una vera cattedrale sotterranea perfettamente circolare, fatto salvo una specie di ampio altare rettangolare opposto all’ingresso posto su di una rampa leggermente rialzata, sul quale capeggiava un imponente trono di pietra; il soffitto, altissimo, era a volta, così alto che le torce non riuscivano ad illuminarlo, mentre sul pavimento era tracciato quello che aveva tutta l’aria di essere un pentacolo magico a cinque punte, simile a quelli usati dagli umani, con altrettanti troni poco più piccoli del primo ad ogni sommità a formare quasi una tavola rotonda.

E poi geroglifici, ovunque e di ogni dimensione, così tanti da far impallidire persino il più saggio degli studiosi.

«È incredibile.» disse Kiluka

«La Sala della Memoria.» disse Bidashal «In queste rovine è racchiusa tutta la nostra storia.»

«Mai visto niente di simile.» disse Colbert «Questi geroglifici sono antichissimi. E questi disegni, poi… che cosa raffigurano?»

«Ho trascorso tutta la vita a studiare questo luogo, e nonostante tutto sono riuscito a ricostruire solo una parte infinitesimale delle innumerevoli testimonianze trascritte su queste pareti.»

«Per centinaia d’anni, questo postò è stato tabù per la nostra gente.» disse Luctiana «E teoricamente lo è ancora oggi. Il professor Bidashal si è preso molti rischi per poterlo esplorare.»

«Ma ne è valsa la pena. Questi geroglifici raccontano la nostra storia più antica. Sono lo scrigno che custodisce le origini della nostra civiltà. Anzi, di tutto questo continente.» quindi Bidashal si incupì «Anche il lato più oscuro»

«Che intendi dire?» domandò Saito.

L’elfo iniziò così una lunga ed incredibile narrazione, illuminando di volta in volta con il suo globo magico le porzioni di muro che come una pellicola si dipanavano nel raccontare la più antica delle storie.

«Tutto ebbe inizio all’incirca ottomila anni fa. Un’epoca lontana, in cui tutti i popoli di Halkengina vivevano ancora da selvaggi, cacciando nei boschi e dormendo nelle grotte.

Un giorno, i saggi dèi che governano tutte le cose osservarono dall’alto questo mondo, e videro che gli elfi, malgrado tutto, erano degni di ricevere la loro conoscenza.

Così, discesero dal cielo, portando sulla terra la loro città celeste, e nel luogo in cui essi posarono i piedi sorse come d’incanto una valle rigogliosa, traboccante di vita.

Fecero dono della magia agli elfi, ed in cambio essi li adorarono, erigendo in loro nome questo grande tempio per celebrare la loro magnificenza.

Nell’arco di questi secoli questa giovane civiltà crebbe, perennemente illuminata dalla luce degli dèi, fino ad abbracciare tutta la parte orientale di Halkengina.

Come simbolo del loro amore per la razza degli elfi, i saggi dèi scelsero tra loro cinque dei più illustri sapienti, perché diventassero le guide del nostro popolo conducendolo alla grandezza, e facendo dono ad ognuno del controllo del controllo di un elemento, cosicché nessuno sarebbe potuto esistere senza gli altri al fine di preservare l’ordine del mondo.

In principio questi cinque guardiani regnarono in armonia, nel rispetto dei vincoli di lealtà e fratellanza. Ma poi, un brutto giorno, uno di loro iniziò ad ambire ad ottenere maggior potere.

Ciò che per volontà divina era stato creato per essere unito, venne diviso dai più bassi desideri mortali. Mosso dall’avidità, costui insegnò la magia anche agli uomini, primitivi e violenti, e ne fece il proprio esercito.

Forti del loro nuovo potere, gli umani attaccarono queste terre, e ne nacque una guerra apocalittica. I quattro guardiani rimasti fedeli al proprio credo tentarono a lungo di riportare il loro compagno alla ragione e porre fine al conflitto, ma più la guerra procedeva più loro stessi iniziarono a cadere preda della sete di potere.

Il male del mondo mortale aveva infine corrotto anche gli dèi, e quello che era iniziato come un conflitto tra due razze, così, divenne un devastante scontro fratricida senza veri schieramenti.

Gli uomini combattevano gli uomini, gli elfi combattevano gli elfi, e tutta Halkengina sprofondò in un bagno di sangue. Nel pieno di questo massacro, i cinque guardiani finirono per uccidersi a vicenda, e con la loro morte la guerra ebbe finalmente fine.

Ma di quella civiltà, e della sua grandezza, ormai non rimaneva più niente.

Una cosa però era certa. Umani ed elfi ormai non avrebbero più potuto vivere in armonia, giacché gli elfi accusavano gli umani di aver contribuito a far sorgere la apocalisse, mentre viceversa gli umani imputavano agli elfi di non aver voluto dividere dal principio con loro le conoscenze degli dèi lasciandoli nella loro barbarie preistorica.

Le due razze furono così divise da un’atavica rivalità, unita solo dal terrore comune per quel potere oscuro che era stato all’origine di tutto quel male, e separatamente ricostruirono ognuno la propria civiltà, mentre quella che le aveva precedute andò invece incontro all’oblio».

Negli sguardi di tutti, da Saito al professor Colbert, Bidashal e Luctiana lessero l’incredulità più assoluta; anche Tiffa era sconvolta, non avendo mai saputo niente di tutta quella storia, tanto era stata dimenticata e sepolta per secoli.

Gli occhi di tutti in particolare erano rivolti al bassorilievo che mostrava la discesa degli dèi sulla terra, in piedi sopra la loro città celeste che come un’astronave planava dalle stelle tra l’adorazione degli elfi prostrati sotto di essa.

«È una storia quasi inverosimile.» disse Louise

«In effetti, nei resoconti storici della nostra razza.» spiegò Colbert ugualmente atterrito «Non vi è alcuna menzione sull’uso o sulla conoscenza della stregoneria che risalga a prima di seimila anni fa.»

«Quindi, il dio che iniziò la guerra sarebbe stato colui che custodiva la magia del Vuoto.» disse Saito

«È così.» rispose Luctiana «Le iscrizioni parlano di un potere più grande di qualunque altro mai visto prima, in grado di manipolare lo spazio e il tempo equiparando da solo gli altri quattro elementi messi insieme.»

«Ora è chiaro.» disse ancora il professor «Ecco spiegato l’odio degli elfi. Odiano gli uomini per aver provocato il crollo della loro prima civiltà, e temono i maghi del vuoto perché incarnano il potere di colui che ha reso possibile questo crollo.»

«Seppur con alcune imprecisioni e le inevitabili sporcature proprie della tradizione orale.» spiegò Bidashal «Questa storia è nota a tutti sottoforma di leggenda. Per molto tempo ho creduto che non si trattasse d’altro che di questo, ma quando ho visto tutto questo le mie certezze sono crollate».

Una raffica di fasci luminosi irruppe alle spalle dei ragazzi interrompendo la discussione, e anche se nessuno rimase ferito quando i ragazzi si voltarono si videro la via di fuga sbarrata da un nutrito schieramento di guardie elfiche, al cui comando vi erano Eruvere ed Eshamel.

«La lezione di storia è finita, amici miei.» disse malevolo Eruvere.

 

All’esterno era rimasta solo una coppia di soldati al comando di Maddarf, che come la tradizione comandava avevano dato sepoltura ai loro compagni morti nello scontro con Kaoru e stavano ora sorvegliando l’entrata.

«Non dovremmo seppellire anche lui?» domandò una delle guardie buttando un occhio al corpo di Kaoru, riverso sulla pancia in un lago di sangue

«Un umano?» replicò l’altro disgustato «E dopo quello che ha fatto ai nostri compagni? Che se lo mangino gli sciacalli».

Maddarf si avvicinò al giovane umano, certamente morto, cercando di scorgere qualcosa in quel suo volto martoriato.

«Seppellitelo

«Come!?» disse il secondo, basito

«Ha combattuto con valore. Si merita una tomba decorosa.»

«Ma signore, è un Umano!»

«E noi siamo elfi. Migliori degli umani.

E ogni guerriero merita il medesimo rispetto, se ha combattuto con valore.

Fate come vi ho detto.

Io torno all’ingresso».

Seppur con evidente disappunto, soprattutto da parte del secondo, i due soldati si misero al lavoro, e mentre uno scavava una fossa abbastanza profonda l’altro, raccolta una pietra, prese ad intagliarla con la magia per darle le fattezze di una lapide da apporvi sopra.

Entrambi davano le spalle al corpo, ed entrambi, ad un certo punto, ebbero l’impressione di sentire qualcosa alle proprie spalle, come un rumore di sabbia smossa.

Si voltarono, e furono sorpresi nel vedersi l’un l’altro fare la stessa cosa, come lo furono nel rendersi conto che nessuno dei due era responsabile di quello strano rumore.

Il corpo era ancora lì, immobile, e da sotto di esso fece capolino uno scorpione, emergendo dalla sabbia con le sue chele e il pungiglione velenoso.

«Al diavolo.» brontolò uno, ed entrambi tornarono al loro lavoro.

Quello intento a scavare aveva ormai quasi completamente terminato il proprio lavoro; non che si fosse impegnato troppo, visto che per come la vedeva quel cane schifoso non meritava neppure di essere sepolto in una fossa comune.

Il suo compagno lo sentì improvvisamente rantolare, e nel momento in cui si girò il suo volto divenne una maschera di terrore.

Passò qualche istante, e un urlo straziante ruppe il silenzio del deserto, mettendo Maddarf sul chi vive.

«Che succede?» esclamò svoltando l’angolo dove aveva lasciato i suoi uomini, la spada già sguainata e pronta a colpire.

Niente e nessuno, neppure le divinità infernali, sarebbero state capaci di terrorizzarlo a tal punto.

Quello che vide, o che non vide, lo lasciò impietrito per la paura, a tremare come una foglia.

Non riuscì a parlare, né a muoversi. Poteva solo guardare quella… quella cosa che, accortasi di lui, emise un gemito, come una specie di roco ruggito, per poi scattare fulminea.

Un nuovo urlo, più tremendo del primo, riempì l’aria, e subito dopo fu di nuovo assoluto silenzio.

 

«Come avete fatto a trovarci?» ringhiò Bidashal mentre i soldati facevano cerchio attorno a loro mettendoli in trappola

«Sei sempre stato un tipo poco previdente, Bidashal.» rise Eshamel «L’onda d’urto magica creata da quel portale magico si sarà sentita in mezzo continente. Ci è bastato seguirla».

Era una situazione disperata, ma non si sarebbe mai detto che Saito e gli altri sarebbero caduti senza lottare.

Come vide Saito e Luctiana mettere mano alle spade, Eshamel puntò immediatamente il dito contro tutti loro.

«Fermi!» ordinò, e come già accaduto a Kaoru i ragazzi si ritrovarono impotenti e capaci di muoversi, totalmente alla mercé del loro nemico.

«Ma cosa…» mugugnò Luctiana «Che mi succede?».

Eruvere sorrise, e tutti videro comparire sulla sua gola le rune del Vuoto.

«Io sono Voxegnir. La Voce di Dio. Io parlo, voi obbedite. Una mia parola può farvi sprofondare nella disperazione.»

«Eruvere… ti prego…» tentò di dire Tiffa

«Non temere per la tua vita, giovane mezz’elfa. A te non sarà fatto nulla, e neanche alla Maga del Vuoto. Voi siete molto importanti per noi».

Uno dopo l’altro, Eruvere scrutò tutte le sue altre vittime, e quando i suoi occhi incontrarono quelli di Kiluka il suo sguardo si fece sorpreso.

Si avvicinò alla ragazzina, terrorizzandola con la sua figura minacciosa, e tutto quello che Kiluka poté fare fu rimanere immobile mentre lui la sollevava di peso tenendola per la gola.

«Lasciala, maledetto!» urlò Saito tentando inutilmente di muoversi.

L’elfo le scoprì la pancia, rivelando le rune che vi erano impresse.

«Sei anche tu un Famiglio del Vuoto.

E sei anche potente, da quello che vedo. Ma sembra che tu non abbia ancora trovato un signore da servire.

Il mio padrone è generoso, e molto potente. Sempre alla ricerca di valorosi compagni che possano mostrarsi degni del suo potere. Sono sicuro che sarebbe felice di accoglierti nelle sue fila».

Kiluka tergiversò, sembrava indecisa. Certo, l’ipotesi di avere finalmente un mago del vuoto da servire non doveva lasciarla indifferente.

«Kiluka, non ascoltarlo!» tentò di dire Colbert, salvo poi venire messo subito a tacere da un pomo di spada nello sterno

«Forza, piccola.» disse ancora Eruvere «Fai la cosa giusta».

Ma Kiluka non era certo una stupida, e la sua risposta fu uno sguardo che, da smarrito, si fece di colpo sprezzante.

«Io non servirò mai il tuo padrone. Non lo voglio un padrone malvagio come il tuo.» e concluse con uno sputo ben indirizzato che centrò l’elfo dritto in un occhio.

Per nulla contrariato, almeno in apparenza, Eruvere la mollò, lasciandola ricadere a terra.

«Hai fatto la tua scelta».

Fatti due passi, tornò verso i suoi compagni, e quasi contemporaneamente Eshamel, come un toro infuriato, caricò Saito, prendendo a tempestarlo di calci.

Schiumava rabbia, e per tutta la durata del viaggio non aveva pensato ad altro che a far pagare a quell’umano insolente di averlo quasi ucciso.

«Saito!» urlò Louise

«Ti piace? Ti piace, maledetto? Chi è che mangia la polvere adesso? Chi è a terra? Eh? Rispondimi!»

Saito era impotente, del tutto alla mercé di quel pazzo, che seguitò a colpirlo fino a che non ne poté più, dovendosi fermare per mancanza d’aria.

Ma non era ancora finita. Aveva qualcos’altro in mente.

«Voglio che sia lei ad ucciderlo.» disse sadicamente indicando Louise «Ordinaglielo, Eshamel!».

Louise e Saito si scambiarono uno sguardo atterrito.

«Non siamo qui per la tua vendetta personale, Eshamel.» tentò di spiegargli Eruvere

«Ho seguito tutti i tuoi ordini senza mai discutere. Questa volta me lo devi. Voglio che si sappia. Che si sappia cosa succede a chi osa provocarmi e mettermi in ridicolo.»

«Non serve che qualcuno ti metta in ridicolo, ci riesci benissimo da solo.» disse velenosa Luctiana

«Non avere fretta. Verrà anche il tuo momento».

Eshamel era visibilmente impazzito, ed Eruvere pensò che forse per il momento era meglio assecondarlo.

Quando si vide puntare contro il dito dell’Elfo, Louise si sentì morire dentro.

«Obbediscimi».

Fu sufficiente quell’unica parola, e Louise come una marionetta si mosse meccanicamente verso Saito, ancora agonizzante sul pavimento per tutti i colpi ricevuti da Eruvere.

«Ti… ti prego…» disse mentre veniva costretta a raccogliere la spada del compagno «No… ti prego…».

La ragazza tentò di ribellarsi, arrivando perfino a cercare di rivolgere la spada su di sé, ma ciò nonostante afferrò l’elsa con entrambe le mani, e divaricate leggermente le gambe alzò la spada sopra di sé, la punta rivolta verso la gola scoperta di Saito, che a sua volta la osservava senza potersi muovere.

Tutti assistevano impotenti, e per volontà di Eruvere non era loro concesso neppure di distogliere lo sguardo.

«Sa… Saito…»

«Louise…»

«Non voglio… non voglio…».

Eshamel ghignò come un demone.

«Fallo!»

«Saito!».

Per poter controllare le sue vittime, Eruvere era costretto a tenere lo sguardo costantemente fisso su di loro. Per questo momento, quando d’improvviso una katana lanciata con tutta la forza possibile lo trafisse ad una spalla, senza in realtà affondare più di tanto, Saito e gli altri si ritrovarono improvvisamente liberi.

L’elfo, chiaramente attonito, si piegò in avanti, ma pur avendo fatto il suo dovere la lama era penetrata così poco che scivolò fuori dalla ferita ricedendo a terra; stavolta, voltatisi alle proprie spalle, furono lui ed Eshamel a rimanere di sasso.

«Tu!?» ringhiarono in coro.

Kaoru era lì, accanto all’arco d’ingresso, traballante e provato, ma in piedi, i vestiti ancora rossi di sangue e una mano poggiata sulla ferita, ancora aperta ma visibilmente più piccola di quella che, per quanto ricordavano i due elfi, Eruvere lo aveva costretto ad infliggersi.

«Come fai ad essere ancora vivo?»

«A dire il vero… non lo so nemmeno io…».

Ritrovatisi liberi, i ragazzi colsero al volo l’occasione e si scagliarono contro le guardie, dando vita ad una violenta battaglia.

Benché ferito, Kaoru riuscì a recuperare la sua spada e a confrontarsi con Eruvere, che prese a schivare i suoi fendenti senza accennare una qualche resistenza. Il ragazzo evitava di guardarlo negli occhi nel timore di poter cadere nuovamente sotto la sua influenza, e in un certo senso fu sorpreso nel constatare che il suo avversario non sembrava intenzionato ad agire in tal senso.

«Che ti succede?» gli domandò con aria di sfida «Non ricorri più a quel trucco».

Eruvere non rispose, ma il suo sguardo diceva tutto; allora, Kaoru capì.

«Non sarà forse che ti è consentito usarlo solo una volta?».

Capendo che aria stava tirando, con le guardie messe sotto dall’abilità di Bidashal e Luctiana ed Eruvere che per tenere in pugno tutte quelle vittime si era stancato al punto di non riuscire a combattere contro un nemico ferito, Eshamel fece per battere in ritirata, ma con grande stupore di tutti da un momento all’altro il tempio cominciò a tremare, e dall’esterno giunsero violenti rombi di tuono.

Da là sotto non potevano vederlo, ma la Valliere era di nuovo in volo, malconcia ma nuovamente in mano ai suoi padroni, e stava cannoneggiando l’aeronave di Eshamel rimasta al confine del complesso.

Non era da sola; con lei c’erano cinque aeronavi elfiche, sulle quali sventolava una bandiera nera con all’interno un grande triangolo rosso.

Data la spaventosa inferiorità numerica, i soldati fedeli ad Eshamel si arresero quasi subito, mentre quelli all’interno del tempio, capendo che aria tirava, cercarono frettolosamente di darsi alla fuga, pur sapendo che così facendo sarebbero caduti tra le braccia dei loro nemici; ma erano troppo preoccupati del fatto che il tempio potesse crollare per stare a pensarci.

«Andiamocene da qui, prima di fare la fine dei topi in trappola!» strillò il capo elfico fuori di sé.

Eruvere sembrava conoscere bene quelle rovine, tanto che, invece che dirigersi verso l’uscita, accecati i ragazzi con un globo di luce corse insieme ad Eshamel verso un’altra sala vicina a quella dove avevano combattuto, al centro della quale vi era un pentacolo magico.

Saito e gli altri provarono a rincorrerli, ma quando li raggiunsero l’elfo aveva già attivato il pentacolo.

«Non finisce qui, ve lo garantisco.» disse Eruvere mentre lui ed Eshamel sparivano «Il nostro piano ormai è in atto! Non potete fermarlo!».

Colbert fece un ultimo tentativo di bloccare l’incantesimo disturbandolo con la sua magia, ma fu tutto inutile, e i due riuscirono infine a scappare.

«Maledizione, se ne sono andati.» ringhiò Bidashal.

A quel punto, sia Saito che Kaoru stramazzarono al suolo, il primo per i colpi di Eshamel il secondo per la ferita che ancora lo tormentava.

«Kaoru nii-san, che ti è successo?» chiese Kiluka cercando di aiutarlo

«Non ne ho idea… quel maledetto mi ha costretto a trafiggermi. Credevo di stare per morire, ma poi…»

«E Derflinger?» domandò Colbert.

Kaoru si incupì, guardandosi la mano.

«Temo sia morto».

Tutti si voltarono.

«Come, morto!?» esclamò Saito

«È così. Non sento più la sua presenza. La mia è solo un’ipotesi, ma credo si sia sacrificato per salvarmi. Altrimenti non mi spiego come abbia fatto a sopravvivere».

L’aria si riempì di tristezza. Saito e gli altri avevano visto Derf morire apparentemente già una volta, salvo poi ritornare in modo quasi miracoloso; stavolta, però, regnava il sospetto che non ci sarebbe stato spazio per improvvise resurrezioni.

Derf, da vera arma, aveva fatto quello che gli era dato di fare: proteggere il suo padrone.

 

Uscendo all’esterno, Saito e gli altri trovarono ad attenderli altre aeronavi e un nuovo, piccolo esercito di elfi, i quali però invece che con le armi li accolsero con abbracci e strette di mano.

«È la Resistenza.» disse Luctiana riconoscendo la bandiera che svettava sui velieri, un drappo nero con all’interno un grande triangolo rosso.

Nel riconoscerne il comandante, poi, Bidashal abbozzò un sorriso.

«Ride.»

«È da molto che non ci vediamo, professore. Felice di saperla sano e salvo.»

«Ringraziate il cielo che stavano transitando da queste parti.» disse Ari sbucando da dietro una colonna «O altrimenti non saremmo mai riusciti né a riprenderci la vostra nave né a venire qui ad aiutarvi».

Saito, benché dolorante, volle restare per ringraziare chi li aveva aiutati prima di fare rientro a Tristain, mentre Kaoru dovette venire portato immediatamente in infermeria per essere curato.

«Adesso cosa farete?» domandò Louise

«Mi sembra ovvio.» rispose Bidashal «Nonostante questa sconfitta, Eshamel controlla ancora quasi tutto il nostro Paese. Ci uniremo alla Resistenza.»

«Inoltre, quando si saprà della colossale bastonata che il nostro amico ha preso oggi.» disse Luctiana «In tanti accorreranno per unirsi a noi. Libereremo il nostro Paese molto presto, potete contarci!».

Saito guardò Tiffa, scambiandosi con lei un gentile sorriso.

«Allora, vuoi davvero restare qui?»

«Sono stata una sciocca a fidarmi di Eruvere. È anche colpa mia se è successo tutto questo. Voglio dare una mano.»

«Allora, abbi cura di te. E se dovessi avere bisogno di qualcosa, non farti scrupolo.»

«Grazie, Saito-san».

Nel mentre il professor Colbert stava ispezionando parte delle rovine, raccogliendo appunti e campioni da riesaminare una volta tornato all’accademia.

Era intento ad imbustare l’ennesimo reperto, che d’improvviso vide uno dei ribelli elfici svoltare un angolo pallido come se avesse visto la morte in faccia; quel poveretto sembrava trattenere a stento i conati di vomito, uno sforzo che alla fine risultò inefficace.

«Che è successo?» domandò Colbert cercando di aiutarlo

«È… è orribile…» riuscì a mormorare l’elfo.

Colbert alzò lo sguardo e ripercorse i passi dell’elfo, e fatti pochi passi si trovò di fronte ad una scena che riuscì a lasciare sgomento persino uno come lui, abituato in gioventù ad ogni sorta di orrore.

Non lo si poteva neanche chiamare massacro. Era riduttivo.

Era… abominevole.

Che cosa mai era successo in quel posto fattosi di colpo un piccolo angolo di inferno?

Ad assistere a quel macabro spettacolo vi erano altri due elfi, uno dei quali cercava di scuotere Maddarf, all’apparenza ferito solo lievemente, ma raggomitolato a terra come un pupo con i pantaloni fradici e gli occhi sbarrati, come morti.

«In nome del cielo, che è successo qui?»

«Sembra quasi che siano stati mangiati.» disse uno dei due «Forse è stato un animale. Da queste parti girano bestie pericolose.»

«Ma che razza di animale sarebbe in grado di fare una cosa del genere?».

Entrambi poi si avvicinarono a Maddarf, constatandone lo stato catatonico.

«Un mostro.» continuava a ripetere «Un mostro nero.»

«È completamente impazzito.»

«Maddarf era un soldato, e un valente guerriero.» disse il solito elfo «Mi domando cosa sia stato capace di ridurlo in questo stato».

Mentre uno dei due elfi dava sepoltura a quei poveri sventurati, o a quello che ne rimaneva, Colbert aiutò l’altro a sollevare Maddarf per poterlo portare via. Nel tornare verso le navi incrociarono Siesta e Quintus, intenti a trasportare Kaoru verso la Valliere. Maddarf, quasi per caso, sollevò leggermente lo sguardo, incrociando quello di Kaoru.

Passò un istante, e l’elfo prese ad urlare con tutta la sua voce, urla strazianti che attirarono l’attenzione di tutti.

«No! No! Vattene! Lasciami! Aiuto!».

Dimenandosi come un dannato Maddarf si liberò dalla presa del professore e dell’elfo, iniziando a correre delirante in tutte le direzioni senza smettere un momento di urlare. La sua corsa si concluse contro una colonna, e quando Colbert cercò di andarlo ad aiutare lo vide esalare l’ultimo respiro, la bocca impastata di saliva e gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.

Non avrebbe mai creduto di assistere ad una morte per paura, né credeva fosse possibile per un essere vivente morire di paura nel senso letterale del termine.

Ma cosa poteva aver terrorizzato a tal punto un soldato abituato a convivere con la morte?

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Come promesso ho cercato di andare un po’ più spedito del solito, anche se la velocità non era quella che mi ero immaginato.

Comunque, il capitolo è piuttosto lungo, ma ormai la stavo tirando decisamente troppo per le lunghe con questa vicenda relativa a Neftes e agli elfi e ho voluto concludere senza stare a girarci troppo attorno.

Tanto più che da qui in avanti le cose cambieranno velocemente; già a partire dai prossimi capitoli molti altri nodi verranno al pettine, e tutto inizierà a volgere verso un colpo di scena drammatico quanto inatteso.

Ormai siamo già a tre quarti della vicenda, e confido che entro una ventina di capitoli vedremo la fine di questa lunga avventura.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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