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Autore: N O W H E R E    10/03/2014    1 recensioni
Un'antica profezia incombe su otto semidei e questa volta giunge dall'antiche popolazioni vichinghe. Il Ragnarök è vicino, riusciranno Percy, Jason e compagnia bella a salvare il mondo ancora una volta? Un viaggio attraverso i mondi alla ricerca degli antichi padri che regnano ancora incontrastati mentre nessuno crede più in loro. Un viaggio per scampare al proprio destino, per una volta è Asgard a chiedere aiuto a Midgard.
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-E così ti sei unito a loro? Ci hai voltato le spalle?-
-Non ti permettere! Non tu permettere di accusare me per quello che è successo! Odino mi ha voltato le spalle, Thor mi ha voltato le spalle, tutti gli dei con il loro menefreghismo e la loro paura mi hanno voltato le spalle!-
-Nico, è Loki che parla adesso, ti hanno offuscato il cervello, calmati!-
Un figlio di Efesto, a cui prendono fuoco le dita quando comincia ad agitarsi che urla di calmarsi ad un figlio di Ade che può evocare un esercito di zombie legionari al suo servizio per annientarti.
Le cose si stavano mettendo davvero male.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti, Talia Grace
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Land of snow and sorrow 4 Ride to meet your fate Ragnarök awaits.

Land of Snow and Sorrow.



Nico.

«Sei figlio di Ade, eh? Non che sia andato a fare ricerche sul tuo conto o che abbia fatto da stalker, per carità, non pensare a male. Mi pare averlo sentito da Percy o da qualcuno dei ragazzi...» Chiese curioso. «Sembri proprio un mort... tuo padre! Volevo dire, sembri proprio tuo padre.» Si corresse in fretta. Aveva finalmente capito che Nico era un ragazzo molto facile da contrariare, ma non sarebbe stato altrettanto facile farsi perdonare.

Intanto, il figlio di Ade, ancora si stava chiedendo per quale strano scherzo del destino si era trovato in stanza insieme a quella sottospece di elfo esaltato e logorroico.

***


«Dunque, siamo arrivati, le stanze sono queste quattro, sceglietevi un compagno. Torneró a prendervi prima di sera. Buon riposo semidei.» Sif li liquidò in fretta, gli indicò le stanze con gesti rapidi e si dileguò. I ragazzi si trovarono a fissarsi tra di loro, imbarazzati e confusi, finchè Piper non parlò.

«Allora, bene, io sto con Jason.» Si avvicinò con uno scatto al ragazzo standogli più vicino possibile. Annabeth e Percy si guardarono per un secondo, sembrava quasi che parlassero con il pensiero.

«No due stiamo insieme.» Disse Percy cingendo le spalle della bionda con un braccio.

«Io non posso stare con dei ragazzi, Clarisse ti dispiace?» Si affrettò a dire Thalia, riuscendo quasi ad essere gentile. Il tempo passato con le cacciatrici l'aveva temprata, migliorando man mano il suo carattere.

«È un onore compagna.» Rispose Clarisse di tutto punto, scattando quasi sugli attenti. Certo, lei non aveva mica bisogno di una guida o di un capo che le dicesse cosa fare, ma se c'era qualcuno che ammirasse,
esclusa se stessa, quella era Thalia.

Leo, con il suo solito fare teatrale, lanció un'occhiata supplichevole e disorientata a Jason, che fece spallucce sorridendo divertito, poi guardò con aria affranta quello che doveva essere il suo compagno di staza, il figlio di Ade.
Intanto Nico li ignorava tutti, era rimasto appoggiato allo stipite della porta massaggiandosi le tempie distrattamente. Non riusciva a sentire ciò che dicevano, vedeva che muovevano le labbra ma non riusciva a capire le loro parole. Nelle orecchie aveva un fischio acuto, come quello che si sente dopo una forte esplosione, e nella sua testa miriadi di voci chiamavano il suo nome, quasi per chiedere aiuto. Pensava di star diventando pazzo.
Nel guardarlo, Leo, distinse nitidamente una smorfia di dolore sul viso del suo nuovo compagno e si avvicinò per accertarsi che stesse bene.

«Ehi amico, tutto ok?» Gli chiese con fare scherzoso, ma il figlio di Ade sentì a mala pena le sue parole, lo guardò stringendo i denti e cercando di distinguere la sua figura. Ebbe un attimo di cedimento e si sorresse alla porta, pallido. Le voci nella sua testa si intensificarono, si portò le mani alla testa esausto.

«Nico, che succede?» Percy lo guardava confuso e preoccupato. Capì subito ciò che stava per succedere, lasciò la mano di Annabeth e corse da lui un attimo prima che svenisse.

***


In piedi, sterminate distese di neve lo circondavano, da qualche parte ai confini del mondo. Gelidi venti artici infuriavano attorno a lui, ululando in modo sinistro. Era totalmente solo, accompagnato solo dal gelo e dal pianto del vento, rischiava di impazzire perso in quella distesa. In quel silenzio riusciva a sentire soltanto il rumore dei ricordi che seguivano il suo passo nella notte. Provò ad urlare aiuto, ma non servì a nulla, si abbandonò tra le braccia dell’inverno e si lasciò spazzare via, lontano, cadendo nella neve con il corpo ormai totalmente congelato.
Sentiva la sua vita svanire, provava soltanto dolore. Lanciò uno sguardo al cielo, la bianca neve scendeva placidamente, mentre lui scivolava via dal gelo delle tenebre, riscaldato soltanto dalla fredda luce d’un milione di stelle.
Una donna prese forma tra l'oscurità, si avvicinava pian piano al ragazzo steso a terra, inerme. I suoi abiti neri, così come i suoi capelli, formavano un contrasto perfetto con la neve che la circondava, che quasi si confondeva con la sua pelle lattea. Non riuscì a guardarla in viso, la cascata di capelli glielo impediva.

«Questo non è il tuo posto, non ti meriti tutto questo dolore. L’oscurità sempre sarà una parte del tuo cuore, finché non verrai sottratto dalle braccia dell’inverno, finché non ti inoltrerai nel il tuo ultimo sogno, l'oscurità sarà l'unico luogo sicuro per te, l'unica tua casa. Raggiungimi, mio piccolo Re degli spettri, riprenditi ciò che ti spetta, cancella tutto questa sofferenza.» Disse con voce fredda ma suadente.  

«Cosa aspetti allora, salvami, portami via con te.» La supplicò, mentre ancora era steso tra la neve. Allungò un braccio verso la donna girata di spalle.

«Non ora, lascia che il tempo faccia il suo dovere. Quando arriverà il momento sarai tu a venire da me.» Nico si lasciò cadere, ormai allo stremo delle forze.

«Shh, ora dormi.» Chiuse gli occhi, i suoi sensi cominciarono ad affievolirsi. Sentì i passi della donna avvicinarsi sempre più a lui, finchè una mano gelida si posò sul suo collo, lasciandogli una dolce carezza, la dolce carezza della morte.

***


Prese un lungo respiro, come se stesse tornando in vita.
Si guardò intorno, si trovava in una luminosissima stanza, quasi totalmente d'oro, tranne per le grandi finestre. L'aria era calda e fuori si intravedevano i primi rossori che preannunciavano il tramonto.

«Uh, sei sveglio.» Disse una voce maschile acerba, che inizialmente faticò a distinguere. «Bene, dovrei chiamare Percy... oh, ma qual'era la sua stanza? Uhm, come ha detto... "Leo, quando si sveglia chiamami, sono in quella stanza a sulla destra, due dopo la tua, poi subito a sinistra" oppure "sono in quella sulla sinistra, due dopo la tua, poi subito sulla destra"? Per Ade, dovrebbero lasciarci almeno una piantina, ci saranno più di 100 stanze solo su questo pia-» Leo cominciò a blaterare, infastidendo terribilmente il figlio di Ade, che intanto cercava di alzarsi a sedere. Un emicranea infuriava nella sua testa quasi quanto il vento nel suo sogno.

«Sto bene, non chiamare nessuno.» Lo interruppe, non era sveglio neanche da 20 secondi e già desiderava riaddormentarsi.

«Ma Percy...» Si giustificò il figlio di Efesto, cercando di ribattere, ma venne interrotto di nuovo.

«Lascia stare Percy, ti ho detto che sto bene, ero solo un po' stanco.» Lo tranquillizzò con voce assonnata. Mise i piedi sul pavimento mentre era ancora seduto sul letto. Si sorresse la testa, stropicciandosi gli occhi con le mani e facendosi forza sui gomiti appoggiati alle gambe.

«Come vuoi, ma se poi viene a farmi la ramanzina darò tutta la colpa a te e alla tua testa dura.» Sbottò il ragazzo, andando avanti e indietro per la stanza, irritato.

«Va bene, basta che stai zitto.» Sussurrò tra le labbra facendo in modo che non sentisse.

«Hai detto qualcosa?» Chiese Leo fermandosi di colpo e guardandolo con aria interrogativa.

«No, ti sbagli.» Rispose con fare innocente, mentre cercava di non ridere.

«Ora sento anche le voci, sto diventando pazzo, è da quando sono arrivato qui che sento sempre qualcuno parlare anche se tutti tacciono.» Cominciò a gesticolare, con il suo solito modo di fare da Drama Queen. Nico però ignorò per un attimo il fatto che lui fosse terribilmente irritante e si concentrò su cosa avesse appena detto.

«Ma davvero?» Gli chiese quasi in tono sarcastico. Stentava a credere che quel tipo così strano e irritante sentisse le stesse cose che sentiva lui.

«Sì, ma non capisco cosa dicono. Sono come...» Ci pensò un po' su grattandosi il mento pensieroso.

«Sussurri.» Il figlio di Ade completò la frase tra se e se procurando stupore nel suo interlocutore che intanto si avvicino a lui scrutandolo incuriosito.

«Come lo sai? Li senti anche tu?» Leo scattò da lui, afferrandolo per la maglietta e scuotendolo come se dovesse fargli vomitare qualcosa. I suoi occhi folli e vispi si muovevano incontrollati cercando di cogliere ogni piccola espressione del ragazzo, sembrava avesse avuto un iniezione di caffeina direttamente in vena.

«Ho tirato ad indovinare.» Si giustificò, mentendo, con un espressione tra lo stupore, la rabbia e il ribrezzo stampata sul volto. Quel ragazzo cominciava a spaventarlo seriamente. Lo spinse lontano, era sull'orlo di una crisi di nervi. Odiava profondamente il contatto fisico e chiunque lo toccasse, soprattutto se quella persona non aveva fatto altro che blaterare e blaterare facendogli soltanto aumentare il mal di testa. Si alzò infastidito, si sistemò la maglietta e raccattò la sua spada, gestò che allarmò particolarmente Leo che per un attimo pensò al peggio, ma si allontanò veso la finestra con passi decisi. Arrivato al davanzale si fermò a guardare all'esterno. Tutto sembrava così tranquillo. Enormi distese di terre verdi si espandevano in ogni direzione, non c'era neanche l'ombra di montagne innevate e venti tempestosi.

«Scusami, non so perchè tel'ho detto o perchè l'ho fatto, ora penserai che sono pazzo. Questo posto... mi rende così nervoso, instabile... sto diventando pazzo.» Leo per un attimo voleva avvicinarsi e chiedergli scusa per bene, ma esitò capendo di aver già infastidito il povero ragazzo.

«Smettetela di parlare!» Urlò improvvisamente il figlio di Efesto, che si rannicciò in un angolino con la testa tra le mani. Sembrava davvero sofferente, ma Nico diffidava, non gli andava molto a genio quel ragazzino.

Dopo cinque minuti buoni che non lo sentiva parlare, fatto che gli sembrò davvero strano, si avvicinò cautamente. Quando finalmente distinse la sua figura, seduta a terra in un angolo tra le mura dorate, notò che si era addormentato con la testa sulle ginocchia. Inizialmente rise divertito, scuotendolo per controllare se fosse sveglio, ma Leo non diede cenni di vita. Nico lo osservò per qualche istante con le braccia incrociate, il minimo che potesse fare era metterlo a letto. Finalmente prese coraggio e cercando di fare più delicatamente possibile se lo caricò sulla spalla. Non pesava molto, lo trasportò senza molte difficoltà e lo scaricò sul letto difronte al suo.
Lo osservò attentamente, più il tempo passava e più cominciava a capire che loro due avevano molto più in comune di quanto sembrasse. Riusciva quasi a sentire il suo dolore, era quasi sicuro che stesse facendo un incubo, probabilmente simile a quello che aveva fatto lui. Era quasi carino mentre dormiva, i suoi lineamenti da folletto dispettoso, ora rilassati, avevano un'espressione seria. Il sonno gli aveva fatto perdere quel sorrisetto irritante lasciando che le sue labbra sottili si dischiudessero formando curve morbide e perfette.
Quando Nico capì che i suoi pensieri si stavano facendo troppo contorti e compromettenti scosse la testa lasciando che gli scivolassero via. Si andò a sdraiare sul suo letto, benedicendo quel silenzio tanto agognato. Qualcosa fece in modo che il suo sguardo cadesse di nuovo sul suo compagno di stanza che intanto si contorceva nel sonno.

Okay, forse lo stava fissando un po' troppo.

Ancora non riusciva a credere di aver pensato che quel ragazzino logorroico e insopportabile fosse carino.
Si voltò nuovamente, questa volta verso il muro, sbuffando rumorosamente per cacciare quegli stupidi pensieri contraddittori.
Rimase ad occhi spalancati a fissare la parete per un tempo interminabile, quando il silenzio venne rotto da un profondo respiro seguito da un colpo di tosse.

Anzi due colpi di tosse.

No. Tre colpi di tosse.

Il figlio di Ade che sperava che fosse soltanto un riflesso del sogno, ma purtroppo era sveglio.

Definitivamente.

«Mh che dormita.» Esclamò stiracchiandosi mentre si metteva a sedere. 
«Sei sveglio? Cos'è succeso? Non ricordo niente.» Quella voce fastidiosa ricominciò a riecheggiare per la stanza.

«Se sono sveglio è grazie a te.» Rispose freddo voltandosi verso di lui.

«Acidello il ragazzo.» Sbuffò per niente divertito dalla sua reazione. Lunghi minuti di silenzio invasero la stanza, rendendo felice il figlio di Ade, ma facendo agitare sempre di più il figlio di Efesto.

«Non puoi stare zitto tutto il tempo. Dobbiamo salvare il mondo insieme, non credi sia meglio conoscerci?» Si fece scappare Leo sempre più agitato, il silenzio lo metteva a disagio e avrebbe fatto di tutto pur di farlo parlare, ormai era diventata una sua sfida personale.

«E va bene. Cosa vuoi sapere?» Rispose esasperato, sperando che accontentandolo sarebbe stato meno appiccicoso. C'era qualcosa di terribilmente infantile e curioso in quel ragazzo e a Nico non piaceva per niente.

«Sei figlio di Ade, eh? Non che sia andato a fare ricerche sul tuo conto o che abbia fatto da stalker, per carità, non pensare a male. Mi pare averlo sentito da Percy o da qualcuno dei ragazzi...» Chiese curioso. «Sembri proprio un mort... tuo padre! Volevo dire, sembri proprio tuo padre.» Si corresse in fretta. Aveva finalmente capito che Nico era un ragazzo molto facile da contrariare e non sarebbe stato facile farsi perdonare.

Intanto, il figlio di Ade, ancora si stava chiedendo per quale strano scherzo del destino si era trovato insieme a questa sottospece di elfo esaltato e logorroico.

«Già.» Sibilò distrattamente fissando l'alto soffitto. Cercò di rilassarsi, steso completamente sul letto con le mani sulla pancia. Quasi non sentiva cosa il ragazzo dicesse, ma cercò comunque di afferrare i concetti essenziali.
Qualcuno bussò alla porta, prima di spalancarla violentemente facendo saltare i ragazzi dai rispettivi letti per la paura. Le finestre si aprirono all'improvviso e una forte folata di vento spense tutte le candele.

«Dormiglioni, alzate il culo, dobbiamo andare.» Urlò Clarisse vestita con strani abiti e un elmo con grosse corna ricurve. Così come arrivò se ne andò, sbattendo la porta.

«Ma fa sempre così?» Chiese Leo scosso dall'iruenta entrata in scena.

«Più o meno.» Rispose Nico ridacchiando. «A volte fa peggio.» Lo guardò attentamente aspettando una sua reazione. Lo stava palesemente prendendo in giro.

«Oh, incoraggiante, davvero incoraggiante... Posso stare sicuro che non mi picchierà?» Nico quasi scoppiò a ridere, si aspettava una reazione del genere, ma non poteva dargli torto.  

«Se non sarai irritante come lo sei stato fin ora hai qualche possibilità che non ti faccia niente.» Rispose ancora sorridente, celando la vera natura della sua frase. Voleva capire fino a che punto arrivasse la sua stupidità.

«Ah bene, sono più tranqui... aspetta, hai appena detto che sono irritante?» Il figlio di Ade non riuscì a trattenersi questa volta, la sua risata si diffuse nella stanza umiliando Leo che intanto lo guardava imbronciato.

«Antipatico.» Sibilò fingendosi arrabbiato per poi farsi coinvolgere dalla risata dell'amico.

«Ci conviene andare, non scherzavo prima su Clarisse.» Si interruppe Nico tornando serio. Forse quell'elfo logorroico non era tanto male come sembrava.

***


I semidei si incontrarono appena fuori dalla stanza. Percy aveva ancora la forma del cuscino sulla faccia aveva un andatura abbastanza assonnata. Annabeth non gli toglieva gli occhi di dosso neanche per un istante, come se avesse paura di perderlo di nuovo.
E neanche Nico riusciva a staccare gli occhi di dosso da quei due.
Sentiva un mix potenzialmente esplosivo di sentimenti nello stomaco.
Una parte di lui era felice che si fossero riuniti, sapeva quanto Annabeth avesse sofferto in quei mesi, un'altra parte voleva soltanto ignorarlo così, col tempo, sperava di riuscire a dimenticarlo, ma c'era anche una parte di lui, quella che cercava di remprimere il più possibile, che desiderava fortemente le attenzioni che erano rivolte ad Annabeth.
Dopo pochissimo tempo arrivò Sif, accompagnata da Tyr, il dio della guerra.
I ragazzi s'incamminarono fuori dal palazzo, addentrandosi in una piccola foresta.
Durante il cammino, Percy e Thalia cercarono di chiedergli cosa fosse successo e cosa avesse sognato, ma Nico li liquidò con "Sto bene, diciamo che i viaggi extradimenzionali mi scombussolano un po'".
Il cielo si scuriva minuto dopo minuto e la luce era sempre di meno. Arrivarono in una piccola radura quando ormai il sole era sparito e le prime stelle cominciavano già a comparire in cielo.
Il dio Monco prese un paio di torce da una cassa di legno che si era portato dietro e le inchiodò agli alberi che segnavano il confine della piccola radura.

«Finalmente eccoci qui, semidei mingherlini. Questa sarà la vostra prima notte vichinga, mi raccomando, Odino si aspetta molto da voi e dice che devo addestrarvi bene.» Squadrò gli otto ragazzi da capo a piedi con aria di sufficienza. «Quindi non avrò nessuna pietà.» Terminò il discorso con un sorrisetto aggiacciante. Si avvicinò alla cassa di legno prendendo alcuni vestiti.

«Mettetevi questi.» Disse, lanciando una casacca di lana grezza ciascuno. «Io sono anche conosciuto come il dio del coraggio, quindi metterò alla prova la vostra codardia.» Quando finì le casacche prese dei mantelli di pelliccia di animali sconosciuti e tornò a distribuirli. «Cominciamo con questi. Dovrete indossarli. Frigg le chiama "uniformi", dice che servono a rendervi una squadra. Beh, fate come dice.» Disse distrattamente mentre ne prendeva una e la osservava meglio. «Probabilmente saranno un po' grandi, erano destinate ai fabbri nani, ma ce le spedirono indietro perchè erano troppo lunghe e scomode per loro... Ma lasciamo perdere i nani adesso. Le ragazze possono cambiarsi dietro a quegli alberi laggiù, i vostri indumenti potete metterli qui dentro» Indicò la cassa di legno «Li riavrete alla fine dell'addestramento. E fate presto, la notte sta calando e l'addestramento sta per cominciare.»

Le ragazze si raggrupparono e se ne andarono sbuffando dietro gli alberi che aveva indcato Tyr, per niente contente di quella scelta di vestiti.
Nico, Percy, Leo e Jason, invece, continuarono a guardarsi confusi, incerti sul da farsi. Nico non si sarebbe mai spogliato davanti agli altri, ma soprattutto davanti a lui.
Leo fu il primo a togliersi le bretelle e sfilarsi la maglietta. Era magrolino, la muscolatura era appena accennata e la pelle abbronzata.  

«Questa lana punge.» Fu il suo commento attirando l'attenzione del Dio.

«Smettila di lamentarti folletto... Avete visto quelle braccia, non saranno in grado neanche di brandire un'ascia.» Lo schernì il monco e Leo se la
prese un po'.

«Ehi, non c'è bisogno di offendere... che razza di parola è brendire

«Ha detto brandire. Significa prendere, utilizzare, alzare.» Lo corresse Jason ridacchiando mentre si sfilava la maglietta.

«Mhh, ecco, forse tu saresti accettabile. Un fisico ben allenato, non ho niente in contrario. Forse non siete tutti da buttare.» Si complimentò Tyr dandogli una pacca sulla spalla.
E quando Percy si decise a togliersi i vestiti che gli erano già stati assegnati dal dio che l'aveva benedetto a Nico mancarono un paio di battiti. Notò un simbolo, probabilmente un tuaggio, dietro l'avambraccio del ragazzo, una runa simile ad una freccia tagliata a metà.
Probabilmente arrossì e per non farsi scoprire cominciò a guardasi intorno fingendo indifferenza.

«I giorni ad Asgard ti hanno fatto bene, eh, pupillo di Njord? Ti stai rimettendo, lì a Midgard non vi fanno allenare abbastanza.» Rivolse a Percy e quando finì, il dio si avvicinò a Nico. «E tu, a cosa aspetti, mica vuoi andare a cambiarti con le ragazze?» Nico per poco non si strozzò con la saliva. Inizialmente titubò, ma poi si decise a spogliarsi, non poteva deludere il dio dopo neanche 10 minuti di allenamento. Mentre si toglieva la maglietta sentiva gli occhi di tutto puntati addosso e arrossì rovinosamente. Tutti stavano lì a guardarlo, rendendolo nervossissimo.

«Se potreste smettere di fissarmi mi fareste un grande piacere.» Si lasciò scappare acido cercando di calmare l'agitazione. Si sentiva come se il dio gli stesse facendo una radiografia e dalla faccia non era molto contento del suo fisico.

«Come sei pallido e magro, da quanti mesi non fai un pasto decente e qui... Per Odino.» Il Dio gli fissava il collo atterrito come se avesse appena
visto un fantasma. I ragazzi si sporsero per vedere meglio. Un segno nero era comparso sul collo del ragazzo, dietro l'orecchio, seminascosto dai capelli lunghi e crespi.
Era una runa, somigliava al simbolo della pace, ma senza il cerchio attorno, c'era soltanto una sottospecie di zampa di gallina.

«Odino deve sapere. No, no, no. Non va per niente bene. Pessimo presagio. Pessimo.» Ripeteva il dio, confuso e quasi spaventato, gesticolando nervosamente e cominciando a parlare in una lingua sconosciuta.









Nowhere says:
ZAN ZAN ZAAAAAN il piccolo figlio di Ade sta avendo dei  problemi ad Asgard. Fusi orari sballati, sogni inquietanti e turbolenze amorose, forse dovrei darmi una calmata.
Ma intanto mi piacerebbe vedere le shippers di Percico/Pernico dove sono, vorrei sapere la vostra reazione a questo capitolo. C'è anche molta Percabeth, Jasiper e un po' di Valdangelo/Leico, ma ammetto di essermi lasciata coinvolgere troppo sentimentalmente quando ho scritto le scene Percico, perchè, come avrete capito è la mia OTP.
Dunque uomini e pulzelle, passiamo alla parte seria della trama, ovvero le illustrazioni.
La donna che compare nel sogno di Nico ha più o meno quest'aspetto.

Chi è più esperto e più addentrato nella mitologia nordica saprà di certo a quale Dea mi riferisco, ma per gli altri non voglio fare spoiler.
Mente, la runa che Nico nota sull'avambraccio di Percy è questa qui.

Ed è la runa dell'acqua, simbolo della benedizione di Njord.
Per ultimo, questa è la runa sul collo di Nico.

Ed è la runa che rappresenta... non ve lo dico, dovrete aspettare il prossimo capitolo, mhuhahahahahahah.
Con questo vi saluto, a presto, la vostra folle N O W H E R E.

  
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