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Autore: Marge    10/03/2014    3 recensioni
Frozen Flowers è il seguito di Flowers Wall; dopo aver coronato il loro sogno d'amore sotto *diversi* punti di vista, Howl e Sophie si cacceranno di nuovo in qualche guaio. Di chi è la colpa, questa volta?
E dal momento che ne hanno già vissute molte in patria, mi sembra giunto il momento di esplorare un po’ i dintorni. Chi è Hilde, e che paese è mai il suo, perennemente immerso nei ghiacci? E cosa avrà a che fare con i nostri due eroi ed il loro demone del focolare?
Si consiglia la lettura solo dopo aver letto Flowers Wall e tutte le storie della stessa saga!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti | Coppie: Howl/Sophie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Flowers Wall'
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FROZEN FLOWERS

IV

In cui Howl, volente o nolente, pronuncia parecchi incantesimi.


“Certo che quella è proprio una bella giacca” disse Minna dalla soglia della porta. Howl sobbalzò e si voltò a guardarla.
“Ah, grazie…” mormorò, e rimase immobile: cosa voleva quella ragazzina da lui?
Minna strinse le mani davanti a sé e fece qualche passo nella stanza: “Vostra figlia dorme ancora?”
Howl gettò un’occhiata a Sophie, raggomitolata sotto le coperte.
“Suppongo di sì.”
“Supponete?”
Howl alzò le spalle e tornò nuovamente al suo lavoro: cercare di rattoppare la camicia.
“Non vi chiama papà.”
“Mh?”
“Io chiamo papà mio padre, ma la bambina non vi ha chiamato così. E so anche come si dice nella vostra lingua, a Ingary, e sono sicura che lei non ha pronunciato questa parola. Piuttosto, non ci avete rivelato il vostro nome.”
“Mi chiamo Michael Jenkins. E Sophie non mi chiama padre, è vero.”
La ragazzina tacque, presa da riflessioni tutte sue. Poi si guardò attorno circospetta.
“Il vostro fuoco sta per spegnersi” disse e si avvicinò al secchio di latta in cui Calcifer cercava disperatamente di sprofondare. “Sarebbe un peccato lasciar spegnere un fuoco dalle fiamme così belle…”
Si chinò e prese un ciocco di legna dalla pila ai piedi del letto. Howl scrollò le spalle, tornando a infilare le dita nei grandi buchi prodotti dalle sue ali. La ragazzina riprese a girare per la stanza.
“Ti serve forse qualcosa?” chiese lui cercando di essere gentile; dopotutto aveva occupato la sua stanza.
“Proprio una giacca particolare…” disse invece lei, e fece un giro completo attorno alla sedia su cui era appoggiata. “Sembra quasi stregarmi…”
Howl sobbalzò a quelle parole, e con occhi spalancati guardò verso il fuoco: che fosse una di quelle che aveva incantato quando ancora cercava Sophie? Non poteva essere, era passato così tanto tempo!
Non troppo, a pensarci bene, ma Sophie l’aveva toccata, rimaneggiata e foderata in pelliccia a lungo, lui se ne sarebbe accorto se fosse stata… “No, non me ne sarei accorto. Sophie è già attratta da me.” Sospirò e decise che era ora di allontanare quella ficcanaso dalle sue cose.
“Sapete dove posso procurarmi del cibo per la colazione?” chiese quindi alzandosi in piedi.
“Di là in cucina c’è di tutto” rispose lei indicando la porta.
“Vorrei comprarne un po’.”
“La mamma è uscita, si è raccomandata di non lasciarvi digiuni, nonché di controllare che non toccaste altro che la colazione, anche se questo forse non avrei dovuto dirvelo.”
Ridacchiò colorandosi di rosso in viso e si portò una mano davanti alla bocca con fare civettuolo. Si udirono diversi scoppiettii provenire dal fuoco, e Howl strinse le labbra.
“Minna, quanti anni hai?”
Colpita dalla domanda inattesa lei si azzittì per un momento, poi alzò fiera il viso: “Tredici.”
In quel momento Sophie emise un mugugno e si rigirò tra le lenzuola; Howl si precipitò da lei.
“Si è solo svegliata, non c’è bisogno di correre tanto” borbottò Minna. Si avvicinò a sua volta al letto.
“Questa ragazzina è dieci volte almeno più ardita di Sophie” borbottò Howl nella lingua di Ingary. “Anche se non ci vuole poi molto. Tutto bene?”
La bambina si guardava intorno spaesata.
“Non ho capito cosa avete detto.”
“Perché non l’ho detto a te” ribatté lui, e il fuoco fischiò ancora.
“La legna dev’essere bagnata” osservò lei, ma strinse gli occhi e fissò furente Howl.
“Ma sarebbe scortese verso la signora rifiutare la colazione, ed inoltre non voglio che Sophie abbia fame” continuò a ragionare lui ad alta voce, senza farsi capire. “Siamo pronti per mangiare” dichiarò alla sua ospite alzandosi in piedi, con Sophie tra le braccia che si strofinava gli occhi.
“I bambini vanno lavati appena sono svegli, e sarebbe meglio non farli dormire con gli abiti di tutti i giorni” punzecchiò Minna incrociando le braccia. Howl sgranò gli occhi e li spostò su Sophie, poi nuovamente su Minna: “Dici? Beh, lo farò poi. Credo che ora abbia fame.”
Minna si voltò offesa e cominciò a camminare verso la porta.
“Credo che voi non siate suo padre. Siete troppo imbranato.”
“Non ti è stato insegnato a non impicciarti?”
In tutta risposta la ragazzina scappò via e lasciò solo Howl in mezzo alla cucina, estremamente irritato ma d’altro canto anche lieto di esser rimasto solo. Sophie, quieta tra le sue braccia, tirò il pendaglio che lui aveva al collo.
“No, con questo non si gioca!”

Non vi era molto da fare, se non aspettare due giorni la partenza della diligenza; inoltre era ancora stanco per il volo.
“È normale che tu ti senta così. Se solo Sophie capisse cosa hai combinato, a conciarti in quella maniera!”
“Non vi era altra soluzione, lo sai bene.”
“Non dovresti continuare ad attingere a quel tipo di poteri. Non fa bene al tuo cuore.”
“Il mio cuore è al sicuro.”
A dispetto di quanto detto, si rigirò sulla schiena e portò le mani al petto. Batteva.
“Howl, guarda!” esclamò in quel momento Sophie. Corse verso il letto a braccia protese: “Il Castello!” esclamò. Howl prese dalle sue dita l’accrocco di legnetti e spago.
“Il Castello Errante?”
“Esatto! Lo voglio aggiustare!”
Sorrise: “Fai bene. Il Castello ha bisogno di te, Sophie.”
La bimba annuì e tornò ai suoi giochi, in un angolo.
“Howl, ci stiamo per spegnere. C’è bisogno di altra legna, qui non ve n’è abbastanza.”
Con un sospiro il mago si alzò dal letto. “Esco a prenderne” disse infilandosi la giacca. “Controllala” aggiunse prima di chiudere la porta alle sue spalle.
“Ho bisogno di altra legna” esordì quando trovò Minna, seduta su un panchetto dietro casa. Aveva una pelle spessa tra le mani.
“Non ne abbiamo molta” rispose senza alzare gli occhi. “Non teniamo acceso il fuoco durante il giorno, soprattutto nelle giornate di sole. Non è facile trovarne qui.”
Howl si guardò attorno: neve, a perdita d’occhio, il villaggio di casupole in mattone in fondo alla via, sullo sfondo la catena montuosa. “Scusami, hai ragione. Ma devo veramente tenere acceso il mio fuoco. Posso bruciare anche altro, sterpaglie, rifiuti… qualsiasi cosa.”
“D’estate raccogliamo tutti gli arbusti possibili, e gli uomini si spingono sulle montagne in cerca di legna. Ma deve bastare tutto l’inverno, e siamo appena all’inizio.”
“E come fate?”
“Bruciamo il grasso di foca o di balena nelle lampade. E teniamo i fuochi spenti, tranne che per cucinare ed alla sera. Ecco fatto!” Finalmente alzò il viso, con un sorriso soddisfatto. “Vi piace?”
Howl serrò le labbra: stava solo perdendo tempo, ma se non avesse ottenuto l’aiuto della ragazzina non sarebbe mai riuscito, da solo, a trovare qualcosa da dare a Calcifer.
“Cos’è?”
“Mia madre mi permette di tenere i ritagli delle pelli. Quando ne ho abbastanza, li cucio insieme e cerco di vendere ciò che ne ricavo. È per la mia dote.”
Lo fissò dritto negli occhi e Howl faticò a non ridere.
“È una buona cosa” bofonchiò. “Anche a Sophie piace cucire.”
“Ma se è così piccola!”
Lui non rispose; la ragazzina aggrottò la fronte e lo scrutò.
“Voi non mi convincete” dichiarò.
“Però ti piaccio” disse lui, e subito dopo si morse la lingua: cosa gli saltava in mente?
Lei arrossì violentemente, infilò la testa in un sacco posato ai suoi piedi e cominciò a rovistare.
“Andrebbero bene delle ossa?”
“Ossa?”
Riemerse dal sacco con degli spuntoni chiari tra le mani.
“Mamma mi permette di lavorare le ossa per farne dei ciondoli o dei gioielli. Sapete, per la dote…”
Arrossì di nuovo, ma tese le braccia ad offrire il contenuto dei palmi e continuò: “Questi sono dei pezzi che non utilizzo, non sono abbastanza belli.”
“Non credo che le ossa brucino” ribatté lui, ma di nuovo si pentì di aver parlato troppo presto, perché Minna s’imbronciò.
“Le prenderò ugualmente” si affrettò a dire. “Andranno bene, in un modo o nell’altro.”
Lei gli fece cadere le ossa in mano con malagrazia, e riprese a rovistare nel suo sacco.
Howl rimase lì in piedi, a disagio. Decisamente, aveva perso molta della sua tecnica nel saper trattare con le donne: da mesi non aveva occhi che per una sola, con la quale tuttavia ogni strategia classica era del tutto inutile. Per un momento, sentì nostalgia della sua Sophie.
“Cosa stai preparando oggi?” chiese per cambiare discorso. “Posso sedermi un po’ qui con te?”
Minna si illuminò in viso ma cercò di dissimulare, e non staccò gli occhi dal pezzo di ossa che aveva in mano.
“È solo un ciondolo.”
Rimasero in silenzio per un po’, mentre la ragazzina incideva a fatica l’osso con un punteruolo.
“Il prossimo mese una delle mie cugine entrerà nella maggiore età” disse dopo un po’. Soffiò sull’oggetto, lo rimirò a distanza e riprese a scalpellare. “Le regalerò una collana di sottili fili di pelle intrecciati, e questo ciondolo. Voglio incidervi un simbolo di buon augurio.”
“È una bella idea” convenne lui.
“Se le piacerà e la porterà spesso, le altre ragazze del villaggio la vorranno uguale, ed io ne venderò moltissime!”
Howl scoppiò a ridere.
“Howl! Howl!”
Sophie corse verso di loro. Si attaccò ad una sua gamba e mormorò a bassa voce: “Calcifer dice che sta per morire.”
Howl trasecolò: si era dimenticato!
“Non sta per morire davvero, vero?”
“Devo rientrare” disse a Minna, e lei annuì, senza alzare gli occhi dal suo lavoro.
“Grazie della compagnia e delle ossa.” Raccolse Sophie da terra ed entrò in casa.

Minna notò che sua madre aveva imbandito, per quella sera, una cena particolarmente elaborata rispetto a quelle cui erano abituate quando erano sole.
“Vi ho preparato una nostra specialità” esordì Vika. “Spero che sia di vostro piacere. La carne è di prima qualità.”
Si udì il fuoco fischiettare nella camera accanto.
“Il nostro ospite parla benissimo la nostra lingua, vero mamma?” esordì Minna quando tutte le ciotole furono riempite. “Siete già stato ad Angelia?”
“Effettivamente ho trascorso qui un lungo periodo di studio, ma è stato molti anni fa.”
“Davvero? Ma che interessante!”
“La stagione era ben diversa e la neve non era così alta. In alcun punti era perfino del tutto sciolta.”
“E di cosa vi siete occupato?” intervenne Vika: la sua curiosità non era inferiore a quella della figlia, perché quell’uomo era davvero singolare.
“Sono uno studioso, signora. Ho studiato.”
“Studiato cosa?”
Howl deglutì un altro boccone per temporeggiare. “La vostra lingua” disse infine. “E le vostre tradizioni. Sono uno studioso di popolazioni.”
Non male come scusa, si disse; nei suoi numerosi viaggi aveva effettivamente incontrato diverse civiltà, era preparato e conosceva diverse lingue. Tuttavia la risposta non soddisfece Vika, che continuò ad osservarlo con attenzione.
“Vi sono molti uomini con i capelli del vostro colore ad Ingary? Qui non ce ne sono, non passerete di certo inosservato, sembrate una torcia accesa.”
“Minna! Ti sembra una cosa da dire?”
La ragazzina arrossì ma mantenne lo sguardo della madre, che in tutta risposta lo spostò nuovamente sull’ospite.
“So che i Kamepohl hanno chiome scure come il carbone, mentre voi, Ramepohl, rossi come la brace.
“Siete nel giusto.”
“Questo è un villaggio di Ramepohl, vero?”
“Effettivamente siamo in maggioranza, come quasi tutti i villaggi più a sud. I Kamepohl occupano tutte le isole del nord, ma si può dire che ormai, soprattutto nelle grandi città, i due popoli siano ben rappresentati entrambi.”
“Ricordo Freedam come una capitale in cui i due popoli coesistevano in pace” disse Howl, e si assicurò che Sophie stesse mangiando. La bimba non emetteva un fiato da ore, ma osservava tutto con attenzione e non aveva lasciato per un solo momento il fianco di Howl.
“Lo è! E lo sarà ancora di più molto presto!” esclamò allora Minna, illuminandosi.
“Cosa accadrà?”
Anche Vika sorrise nel rispondere: “Il nostro Re si sposerà molto presto.”
“Il Re Oddvar?”
“No, suo figlio Baldur, che è salito al trono due anni fa, alla scomparsa del padre. Ha finalmente deciso di prendere moglie, e per rinsaldare i vincoli di pace ha scelto come sposa una bellissima principessa Kamepohl, Hilde dell’isola di Thule.”
“Ne ho un’immagine!” disse Minna balzando in piedi. Tornò poco dopo mostrando una pergamena: “È bella, nevvero? Personalmente preferisco i colori di noi Ramepohl, ma se dovessi essere una di loro, sicuramente vorrei assomigliarle.”
“Notevole” asserì Howl. Il ritratto istituzionale era tuttavia piuttosto privo di spirito: lo sguardo della fanciulla ritratta era vuoto. Nonostante le proporzioni perfette era difficile dire se Hilde fosse davvero una bella donna.
“È così incantevole che da quando è giunta a Freedam, il re le ha proibito di mostrarsi in pubblico: crede che possa sciuparsi! Ma tutti sanno che sull’isola di Thule il clima è molto più rigido che nel continente, quindi credo che Hilde sia abituata al freddo. Sicuramente Baldur è geloso!”
“Minna, ti pregherei di avere rispetto. Scusatela, signore, mia figlia ama raccogliere i pettegolezzi dei viaggiatori che giungono dalla capitale, e non fa che ripeterli ed ingigantirli con le sue amiche.”
“È normale per la sua età” rispose lui. Minna mise il broncio e tornò in camera con il ritratto.
“Siete dunque deciso a partire dopodomani con la diligenza?”
“Precisamente. Vorrei arrivare a Freedam il prima possibile. Credete che possa procurarmi qualche provvista per il viaggio e degli abiti di riserva? Ho con me del denaro di Ingary.”
“Non ci sarà alcun problema. Domani vi farò accompagnare da Minna, d’accordo?”
“Non so se domani avrò tempo!” fece udire lei dall’altra stanza, ma Vika sorrise a Howl e gli assicurò che l’avrebbe trovato.

Durante la notte, mentre le due donne dormivano nell’altro locale, Howl si alzò furtivo dal letto.
“Dove vai?” mormorò Calcifer.
“Diavoli dell’inferno, non mi è permesso di fare un passo senza che il mio demone mi chieda delucidazioni!” sbraitò agitando le braccia. Sophie si voltò nel letto e aprì gli occhi.
“Ecco, l’hai svegliata. Complimenti” commentò ancora Calcifer caustico.
“Howl, dove vai?” chiese anche lei.
Shh, Sophie, fai silenzio.” Si chinò sul letto. “Torno subito. Devo fare una cosa.”
“Voglio venire anche io.”
Alla fine si ritrovarono tutti e tre al gelo, dietro casa.
“Dunque, cosa facciamo qui?”
“Un momento solo… Dovrebbe essere da queste parti” rispose Howl con la testa infilata in un sacco. “Trovato!” esclamò poi: stringeva tra le mani un ciondolo d’osso, grezzamente lavorato.
“Bello!” esclamò Sophie tendendo le braccia.
“Sì, lo è, ma non posso dartelo: appartiene a Minna.”
“E quindi cosa facciamo qui fuori?” domandò ancora Calcifer, ed emise un fumo azzurrognolo di stizza.
Il mago non rispose. Pose il ciondolo sul palmo sinistro, sussurrò una parola lieve come un fiocco di neve che cade e posò l’indice sulla superficie d’avorio. Una luce scaturì dalla punta del polpastrello, e Howl la spinse a forza nell’osso.
Un momento dopo, era di nuovo buio.
“Ricominci con questi incantesimi di attrazione?”
“È solo un modo di ringraziare le nostre ospiti.”
“Che bel ciondolo!” esclamò ancora Sophie. Howl la guardò stringendo gli occhi: “Non capisco mai se Sophie sia davvero immune ai miei incantesimi, oppure no.”
“Sophie è un bel mistero. Torniamo dentro, qui fuori si gela.”
Una volta rientrati Calcifer si tuffò nel suo secchio; le sue fiamme brillarono turchine ancora a lungo.

“Eppure ti stavo simpatico” commentò Howl con un sorrisetto. “Cos’è cambiato? Improvvisamente hai deciso che non sono più degno neanche del tuo saluto?”
“Non capireste mai, e dovreste fare silenzio anche voi, dal momento che la dama al vostro fianco – e cioè io - non ha desiderio di fare conversazione.”
Lui represse una risata ed urlò: “Sophie! Torna qui o ti farai male!”
La bambina smise di correre avanti e lo aspettò.
“Non è educato neanche che parliate continuamente nella vostra lingua, dal momento che io non posso comprenderla.”
“Ma Sophie non parla la tua.”
“Oh, i bambini imparano in fretta, e inoltre capiscono il tono, più che le parole, in una conversazione” ribatté lei alzando le spalle.
“Ma quanta esperienza di bambini che hai! Vuoi diventare la mia tata?”
Minna arrossì e decise definitivamente che gli avrebbe più rivolto la parola. Il sentiero però stava entrando in città e sua madre le aveva dato compiti ben precisi.
“Dov’è finita Sophie?”
“Come vi allarmate! Eccola lì, di fronte a Granni.”
Howl sorrise nel vederla intenta ad osservare il lavoro di ago e filo rapido di una vecchia seduta su uno sgabello.
“Howl, guarda!”
“Ti piace?”
Sophie annuì e si accucciò tranquilla ai piedi della vecchia.
“Potete chiedere degli abiti a Granni, è lei che cuce per tutto il paese” disse Minna.
“Sei molto gentile” disse lui, e piegò la testa su una spalla sorridendole. Minna arrossì e sentì le gambe venirle meno, mentre cercava di concentrare lo sguardo sul luccichio verde degli orecchini che portava, piuttosto che sui suoi occhi azzurri. “Maledetto fattucchiere!” pensò. Nonostante avesse una gran voglia di restare al fianco di Howl per quell’ultima giornata, si forzò a fare due passi mentre lui discuteva con la vecchia.
“Queste sono senz’altro le nostre migliori pelli!” biascicava la vecchia. “Interamente ricamate a mano!”
“Veramente avrei bisogno di qualcosa di caldo per il viaggio. Anche senza alcun ricamo.”
“Volete vestire vostra figlia come un cacciatore? È una bimba così bellina!”
Rivolse un sorriso sdentato a Sophie che ricambiò e gonfiò le guance.
Howl strinse le labbra: “Sentite, cara signora, io ho bisogno esclusivamente di una giubba pesante per la bambina, che tenga caldo. Niente altro. Inoltre…”
Un grido squarciò l’aria. Nel secondo che Howl e la vecchia impiegarono a voltarsi, diverse altre grida, tutte assieme, si erano aggiunte. “Che succede?” disse la vecchia sbattendo i denti. In lontananza apparvero delle persone in corsa.
Howl avrebbe volentieri afferrato Sophie e sarebbe scappato nella direzione contraria, al sicuro, ma si guardò attorno ed in un attimo realizzò che lei non era più attaccata ai suoi pantaloni.
“Sophie, maledetta impicciona!” sbraitò, e si lanciò al suo inseguimento. “Una bambina, ma pur sempre una donna: ficcanaso e curiosa!”
Incredibile quanta distanza potesse aver coperto con le sue gambette in così poco tempo. “Sophie, torna immediatamente qui!” urlò, ma lei, incurante, si infilò in un vicolo, aprendosi un varco a forza tra le gambe di quelli che scappavano via proprio da lì.
La voglia di spiccare il volo e planare su di lei a larghe falcate era molta; ma la represse, si infilò tra gli altri che scappavano senza perdere d’occhio quel puntolino marroncino. Sophie si aiutava con le mani per andare più veloce sulla neve.
“Appena ti prendo, signorina…!” sbraitò ancora lui, e spinse malamente di lato un ragazzotto.
“Fossi in voi non andrei di là” disse questi, ma ormai era troppo tardi: Sophie era sbucata alle spalle di una delle ultime case del paese e si era bloccata.
“Minna!” la sentì gridare Howl.
La raggiunse in fretta, la prese tra le braccia e notò solo in quel momento: a pochi metri da loro un gigantesco orso bianco era in piedi davanti alla ragazzina, tremante ed accoccolata in terra. L’animale alzò una zampa, preparandosi a colpire, e aprì la mascella per mostrare i denti.
“Minna!” urlò ancora Sophie.
L’orso si bloccò, spostò lo sguardo su di lei; alzò il muso al cielo ed emise un ruglio.
Sophie riuscì a divincolarsi e scattò in avanti. Howl urlò, ma senza curarsi di lui la bambina corse in avanti. L’orso la puntò, appoggiò le zampe anteriori a terra e la caricò.
“Sophie!” urlò ancora Howl, e senza più pensare, balzò in aria. In volo, a metà strada tra l’orso e la bambina, un paio di ali picee squarciarono la giacca; atterrò sulla neve con i vestiti a brandelli, coperto di piume nere e squame grigiastre.
“Minna, scappa via!” urlò lui, con voce gutturale.
“La mia borsa!” piagnucolò lei: la sacca giaceva abbandonata a terra poco più in là, oltre il territorio della bestia.
Gli occhi dell’orso brillarono d’un rosso sanguigno, e per nulla intimidito si gettò sull’avversario. Howl ricevette il colpo in pieno, ma riuscì a pararsi il petto con le braccia e spinse fino a gettarlo via.
“Andate subito via!” ruggì ancora. Alzò le braccia coperte di piume e mormorò a bassa voce alcune parole. L’orso, che stava caricando ancora, andò a sbattere contro un’invisibile barriera. Il colpo lo fece infuriare: si alzò sugli arti posteriori e con una zampata riuscì a farsi strada.
Howl, che non voleva alzarsi in volo per non lasciare la strada libera verso le altre due, strinse i denti e si concentrò per creare un nuovo incantesimo.
Una luce azzurra si frappose fra loro.
“Howl, adesso!” urlò Calcifer, ed insieme le loro parole esplosero come il rombo di un tuono.
Quando la luce bianca e accecante scomparve, davanti a loro non vi era più nulla: l’orso era scomparso.
Howl si lasciò cadere sulle ginocchia, ansimando. Sophie fu subito davanti a lui, ad abbracciarlo.
“Ora passa tutto” disse con la sua nuova vocina infantile.
“Tu stai bene?” mormorò lui, e lei annuì. “Scusami” aggiunse, e Howl non ebbe la forza di ribattere nulla.
Minna si alzò, ancora tremante sulle gambe, e andò a raccogliere la borsa. Impaurita, poi, si voltò verso il terzetto. “Grazie” sussurrò.
Una folla di curiosi si era intanto radunata ai margini; il ragazzo che poco prima aveva consigliato a Howl di scappare esclamò: “Ma dov’è finita la bestia?”
“Non era un animale” disse qualcun altro. “Era un Nanuuk… uno spirito malvagio.”
“E chi è quell’essere metà uomo metà uccello?” disse una terza voce.
“Non c’è nulla da guardare!” esclamò allora Minna facendosi avanti. “Stiamo tutti bene, tornate a casa vostra, su!” Agitò le mani verso la folla e si mise davanti a Howl. “Su, sgombrare!”
“Sarà meglio che anche noi torniamo a casa” disse lui alzandosi. In terra rimase un mucchietto di piume nere; prese Sophie in braccio e, con Calcifer al seguito, passarono tra due ali di curiosi che li fissavano.
“Ma con chi ha fatto amicizia la figlia di Vika…?” si udì mormorare. Minna si voltò e fece una linguaccia.

Howl sedeva su una sedia, rivolto al muro, da quando erano rientrati in casa. Ai suoi piedi, in religioso silenzio, Sophie e Calcifer.
“Minna, spiegami nuovamente cos’è successo, per filo e per segno, daccapo, perché mi sembra d’impazzire.”
“Ma te l’ho già detto, mamma!” Sbatté un piede in terra. “Quell’orso è apparso all’improvviso. Ho perso la borsa cercando di scappare via, e mi avrebbe staccato la testa se lui non fosse intervenuto.”
“In paese ho sentito parlare di magia.”
“Howl, forse dovresti parlar loro” sussurrò Calcifer.
Alle sue parole, le due donne sobbalzarono, e Vika mise una mano attorno alle spalle della figlia.
“Non c’è niente da temere, loro mi hanno salvata!” protestò quella. “È solo il suo demone del fuoco.”
Vika spalancò gli occhi senza trovare la forza di dire altro.
Howl sospirò, posò le mani sulle ginocchia e finalmente si alzò.
“Tolgo subito il disturbo” annunciò.
“Non ve n’è alcun bisogno!” si affrettò a replicare Minna. “Non importa quel che si dice in paese! Solo pochi stupidi ignoranti cacciatori di foche possono pensare che…”
“Minna, non parlare a quel modo!”
“Ma mamma, è vero! Diglielo anche tu: non c’è bisogno che vada via. Dove può andare poi, con la bambina?”
“Ad ogni modo la diligenza parte domani mattina. Non c’è altro da fare che aspettare” convenne la donna. Fece un passo in avanti: “Però cercate di essere sincero con noi. Chi siete?”
Howl guardò per un attimo la donna negli occhi, poi spostò lo sguardo su Calcifer e Sophie.
“Io sono il mago Howl” disse. “Devo raggiungere Freedam, il vostro mago di corte mi aspetta.”
“Espen…” rifletté Vika. “Come mai viaggiate a piedi? Perché vi abbiamo trovato nella neve in condizioni disperate?”
“Sono solito viaggiare assieme al mio Castello, ma ha subìto un guasto appena valicato il passo, sulle montagne.”
“Vedi, mamma, ci ha praticamente raccontato la verità” disse precipitosamente Minna, senza chiedersi affatto come potesse un Castello viaggiare.
“Spero che tu sia più precisa, quando io ti chiedo di essere sincera con me” disse la donna con uno sguardo storto alla figlia. Minna annuì e abbassò gli occhi.
“Mi spiace di avervi mentito. Non volevo creare alcun problema, ma oggi sono stato costretto ad intervenire.”
“Di questo non posso che ringraziarvi. Vi siete guadagnato il vostro posto.”
“Dobbiamo ringraziare anche Sophie. È stata lei a trovarmi ed a portare il signor mago da me” aggiunse Minna. Vika sorrise: “Questa bimba è davvero speciale.”
Guardò nella sua direzione, ma nuovamente sussultò alla vista di Calcifer che svolazzava, piccolo piccolo, sulla spalla di Sophie.
“Scusatemi se sono ancora così… poco abituata alla presenza del vostro demone. Suppongo tuttavia di dover ringraziare anche lui.” Lo fissò, imbarazzata, poi la sua bocca si aprì in un sorriso sicuro: “Gradisce forse qualcosa da mangiare?”
“Faaaaame!” assicurò Calcifer, e spalancò la bocca. Sophie scoppiò a ridere.
“Perfetto, credo sia ora di mandare giù un boccone tutti assieme!” propose quindi la donna, e poco dopo erano tutti assieme seduti sul grande tappeto al centro della stanza.

La mattina dopo Minna si occupò di comprare per Howl abiti pesanti, provviste ed una scorta di legna bella secca per il viaggio di Calcifer.
“Posso parlarvi per un momento in privato?” disse.
Howl si assicurò con un’occhiata che Sophie fosse seduta sul suo sedile e che Calcifer non si muovesse dal suo fianco. Seguì Minna poco distante dalla diligenza.
“Vi ho preparato un dono” disse lei a testa bassa. Infilò la mano nella borsa.
“Un dono?”
“Ho visto che portate molti gioielli. È strano per un uomo, ma voi siete tutto bizzarro, quindi avevo pensato… però no, non sta bene comunque regalare gioielli ad un uomo, la mamma mi ammazzerebbe.” Ridacchiò, nervosa: “Regalerò un ciondolo solo a mio marito, quando un giorno ne avrò uno. Quindi vi ho preparato questo.”
Howl prese dalle sue mani un sacchetto in pelle, chiuso da una fettuccia e decorato con un motivo geometrico. “Potete utilizzarlo per le monete, o per riporre i vostri gioielli quando gli togliete. Insomma, come volete.”
“Ti ringrazio davvero, mi sarà utile. Ed è anche molto bello” disse lui, e la guardò chinando il volto su una spalla. Minna annuì, senza capirci nulla.
“Se ripassate da queste parti fra qualche anno e siete ancora senza moglie…” buttò lì lei.
Howl scoppiò a ridere: “Certo che sei sfacciata!”
“Non è bello prendermi in giro!”
“Hai ragione. Scusami se mi prendo gioco di te: non sono una persona buona. Ma posso dirti fin da subito che il mio cuore non è libero.”
Minna provò a replicare: avrebbe potuto passare ore a decantare le sue virtù, per dimostrargli che era una persona buonissima! Invece annuì.
“Sophie non è vostra figlia, vero?”
“Ora devo andare. Grazie del regalo.”
Saltò sulla slitta e prese Sophie sulle ginocchia; la bimba si sporse oltre le sue spalle ed agitò una mano.




***
E anche questo mese ce l’ho fatta! Mi sembra incredibile, a rileggere questo capitolo: l’ho scritto tutto a pezzetti e revisionato mille volte. Spero davvero non ci siano errori – in tal caso fatemelo sapere! – e soprattutto che fili bene. Le scene d’azione, come sempre, mi fanno faticare molto.

Vi ricordo la novità del 2014: FACEBOOK! Ora ce l’ho anche io. Quindi mi trovate come Marge Pendragon se mi volete tra gli amici (vogliatemi!), oppure potete anche solo mipiaciare la pagina dedicata alla saga di Flowers Wall. Oppure entrambe le cose :)
Vi aspetto numerosi! See ya, al prossimo mese con il prossimo capitolo!
  
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