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Autore: Saralasse    28/06/2008    1 recensioni
La storia di Legolas e del suo amore per una fanciulla speciale
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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All’epoca in cui, all’insaputa di tutti, l’essere chiamato Gollum si impossessò dell’Anello, a Dol Taur, il Bosco Atro, il Male era ridivenuto forte, e presto il reame di Thranduil fu nuovamente in pericolo, stretto tra la morsa di Smaug, padrone di Erebor, e quella dell’Oscurità che ora avanzava da Dol Guldur, antica fortezza di Sauron.
Ma fu proprio in quegli anni oscuri che sembrò rinascere la speranza, insieme a una figlia degli Eldar: la bambina era fra gli esseri più belli creati da Ilúvatar e sembrava che fosse stata toccata dalla grazia dei Valar, tanto che il suo popolo decise di tenerla nascosta.
Ben presto, la bambina divenne una fanciulla e al tempo in cui Smaug conquistò Erebor, già sapeva cavalcare e cacciare, e combattere se necessario; ella, infatti, aveva manifestato attitudini diverse dalle altre fanciulle e le era stato insegnato ciò che aveva desiderato. Spesso si allontanava per giorni, perlustrando il bosco, e ormai le malvagie creature che abitavano quei luoghi sapevano di doversi tenere alla larga: la fanciulla, era un’eccellente arciere e sapeva occultarsi nel buio meglio di chiunque altro della sua gente, orientandosi perfettamente nell’oscurità. Conosceva l’arte di estrarre il veleno dai ragni giganti che uccideva, e ne imbeveva le punte delle frecce che utilizzava per attaccare gli Orchetti quando, insieme ad altri, tendeva loro delle imboscate se osavano avvicinarsi troppo al regno di Thranduil.
 
Un giorno, il padre della fanciulla decise di allontanarla da Dol Taur, senza fornire spiegazioni, e tutti credettero che lo avesse fatto per proteggerla dal Male crescente; ella fu mandata a Lothlorien poiché suo padre, appartenente ai Teleri, sperava che Dama Galadriel la accogliesse in virtù di questa parentela.
Fu così che Thranduil e il suo popolo perdettero il loro amato Loth-o-Doltaur, il “Fiore di Bosco Atro”, come l’avevano soprannominata per via della sua bellezza, rara quanto un bel fiore in quel luogo tetro.
Giungere fino al reame di Celeborn e Galadriel non fu facile; un tempo, si sarebbe potuti passare per il bosco, percorrendolo fino alle sue propaggini meridionali, ma ormai quella zona apparteneva al Male e passare accanto a Dol Guldur avrebbe significato la morte. Per questo motivo il Fiore degli Elfi Silvani dovette scegliere un’altra via. Suo padre decise di percorrere la Via verso le Montagne Nebbiose, attraversare il guado dell’Anduin e poi ridiscendere il corso dello stesso fiume percorrendone gli argini fino a giungere infine a Lorien.
 
La Bianca Dama dei Galadhrim accolse di buon grado la fanciulla che da quel momento si stabilì nella sua città e vi dimorò per lunghi anni. Grazie alla sapienza di Celeborn e Galadriel, ella venne a conoscenza di molte cose che riguardavano la storia del mondo, la sua creazione e plasmazione, l’avvento degli Elfi e degli Uomini, le opere malvagie del primo Oscuro Signore di cui Sauron era luogotenente; la Dama le parlò dei Signori dell’Ovest, dei loro regni, della loro maestà e saggezza. Tuttavia la fanciulla era interessata soprattutto alla storia di Sauron e della forgiatura degli Anelli magici, in particolare dell’Unico, storia di cui Galadriel non parlava volentieri. Presso i Signori di Lorien ella divenne sapiente e saggia, pur essendo ancora giovane fra gli Eldar, e sentì il desiderio di parlare con altri saggi; Celeborn e Galadriel, però, sapevano che ella doveva essere nascosta e non le consentirono di recarsi a Isengard, presso Saruman il Bianco. Le offrirono, invece, la possibilità di apprendere un diverso tipo di conoscenza, quella che le avrebbe potuto trasmettere Fangorn, il più antico Onod, il padrone della foresta che da lui prende il suo nome. L’idea la entusiasmò ed ella volle partire subito, ignara dei turbamenti che nello stesso momento stavano scuotendo Dol Taur all’arrivo di Bilbo lo Hobbit e della compagnia dei Nani.
 
La foresta di Fangorn non distava molto dal reame di Lorien e raggiungerla non fu difficile. Non appena vi giunse la fanciulla si accorse subito della pesante aria che vi si respirava, e la sua sensibilità di Elfo le consentì di percepire l’ostilità degli alberi; tuttavia era divenuta avida di conoscenza e non temeva la loro rabbia, perciò si addentrò nel fitto della foresta. Non sapeva dove cercare Fangorn, ma aveva tempo e non le dispiaceva passeggiare in quel luogo, che in un certo senso le ricordava il suo Dol Taur. Celeborn le aveva detto che le molte dimore di Fangorn si trovavano nei pressi delle montagne e fu lì che si diresse. Ad un tratto si fermò, sentendosi osservata, e si guardò intorno: in un primo momento non distinse nulla in quella massa di alberi  e questo le diede la sgradevole sensazione di essere caduta in trappola. Poi si accorse che quello che le era parso un albero dava l’impressione di essere in qualche modo più vivo; avvicinandosi potè notare che non si trattava affatto di una pianta: era un essere simile a un Uomo, ma alto come un Troll, con una folta barba di licheni e una strana pelle ruvida come corteccia, braccia e gambe molto lunghe, ognuna provvista di sette robuste dita. Ma ciò che colpiva maggiormente erano i suoi occhi: sembravano pozzi ricolmi e difatti erano mutevoli come la superficie dell’acqua, pur avendo qualcosa di ferino.
“Hmm ohm, era da molto tempo che uno dei Priminati non passeggiava nei miei boschi”, disse con voce profonda.
“Ti domando perdono per essere entrata senza il tuo permesso”, disse la fanciulla con un inchino; “ma dalle tue parole deduco che tu devi essere Fangorn colui che sto cercando”.
“Io sono anche Fangorn”, rispose l’Onod, “è uno dei miei nomi, quello che mi dà la tua gente. Dimmi fanciulla: chi sei e per quale ragione mi cercavi?”.
“Il mio nome è Helkamirië”, rispose l’Elfo, “e ti cercavo per parlare con te, nient’altro. Sono in cerca di sapienti e tu lo sei certamente, anche se la tua saggezza non è quella degli Eldar o degli Stregoni. Non ho secondi fini, né scopi malvagi, desidero solo sapere”.
Fangorn la osservò e sembrava ponderare le sue parole mentre i suoi occhi mutavano più e più volte.
“Ha uhm, sembri sincera”, disse infine; “penso di poterti accontentare se è questo che vuoi. Voi Elfi siete sempre stati gli unici a comprendere in fondo, hm. Seguimi: ti parlerò di ciò che desideri mentre percorriamo la mia foresta”.
Helkamirië seguì Fangorn ed essi scomparvero nel folto dei boschi; nessuno ancora è riuscito a sapere quanto durò la loro conversazione, e neppure di cosa parlarono, ma quando infine la fanciulla tornò a Lorien, il Signore e la Dama la trovarono molto cambiata, più matura e riflessiva.
 
Trascorse ancora qualche decennio, un tempo assai breve per gli Elfi, e l’Unico Anello tornò prepotentemente all’attenzione del mondo e il Nemico si mosse, rivelando i suoi servi più micidiali: i Nazgûl.
Essi furono mandati verso la Contea, il paese degli Hobbit, mentre Mithrandir allertava colui che possedeva il gioiello, mettendolo sulla Via verso Granburrone. Questi era Frodo Baggins, nipote ed erede di Bilbo Baggins, colui che prese l’Anello a Gollum; ma egli non partiva solo: con lui era il fidato servitore e giardiniere Samvise Gamgee, e due giovani Hobbit piuttosto irrequieti, Meriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc. La loro prima tappa fu presso la dimora di Tom Bombadil nella Vecchia Foresta; poco dopo averla lasciata ebbero uno spiacevole incontro ai Tumulilande, tuttavia grazie a Iarwain Ben-adar furono salvi. Raggiunsero il villaggio di Brea e qui conobbero il Ramingo Grampasso che si offrì di scortarli fino a Imladris attraverso le Terre Selvagge, di modo che i Cavalieri Neri, che li inseguivano, avessero vita meno facile. Purtroppo ad Amon Sûl furono attaccati e Frodo fu ferito da un pugnale Morgûl e dovettero affrettare il viaggio; un Alto Elfo, Glorfindel, li trovò e mandò lo Hobbit a Imladris sul suo cavallo, Asfaloth, il quale passò il guado del Bruinen appena in tempo perché Frodo fosse curato, mentre i Cavalieri Neri furono spazzati via dal fiume stesso.
 
Mentre accadeva tutto ciò, a Lorien era giunta notizia del ritrovamento dell’Unico, fatto che sembrò turbare alquanto Galadriel. Helkamirië lo aveva capito e tentò di scoprirne il motivo, ma nessuno sapeva o voleva dirle qualcosa; così nel medesimo giorno in cui Frodo raggiunse Brea, ella decise di parlare direttamente con la Bianca Dama. La cercò invano sul suo talan e tra le strade della città, finchè non la incontrò mentre tornava dalla conca dove si trovava il suo Specchio.
“Dama Galadriel, ho bisogno di parlarti”, disse.
“Ti ascolto Helkamirië”, rispose la Dama.
“Voglio che tu mi dica per quale motivo la notizia del ritrovamento dell’Unico Anello ti ha sconvolta tanto”, disse Helkamirië; “forse che tu sia il possessore di uno dei Tre?”.
“Non voglio che tu ripeta simili parole”, rispose Galadriel con un’espressione severa sul viso, “se anche io decidessi di rivelarti il motivo del mio turbamento, tu non capiresti”.
“Perché no?”, si animò la fanciulla, “sotto la tua guida sono divenuta sapiente”.
“No, non lo sei affatto”, disse la Dama, “altrimenti questa discussione non avrebbe luogo. La faccenda dell’Anello riguarda i veri sapienti. Non te”.
Così dicendo, Dama Galadriel si allontanò, lasciando Helkamirië delusa e offesa ma non meno determinata a scoprire la verità. Per questo motivo il giorno seguente partì da Lothlorien diretta a Imladris: da tempo desiderava conoscere Messere Elrond, e sperava che questi potesse darle le risposte che Dama Galadriel le aveva negato.
  
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