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Autore: timeaftertime    10/03/2014    1 recensioni
America, 1850. Nel piccolo paesino di Mayford le quattro sorelle White, rimaste orfane, cercano di andare avanti in un mondo dove il denaro conta più delle persone. Una storia che parla di amore in tutte le sue diverse e meravigliose forme, di famiglia, di amicizia e di donne che superano ogni difficoltà con le loro forze. E che scoprono che l'amore non è come lo si immagina...ma spesso è molto meglio.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Salve care lettrici! Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se ci sarà un illustre assente (ma tranquille, lo farò ritornare nel prossimo capitolo). Sono contenta di leggere le recensioni, fatemene altre se vi interessa questa storia e pensate che ne possa uscire qualcosa di buono! Accetto anche consigli sullo stile e perché no anche sulla trama. Un enorme GRAZIE va alle ragazze che hanno recensito, a quelle che seguono la storia e a chi l’ha addirittura messa tra i preferiti. Mi avete resa felice *-* Beh, buona lettura e un bacione grande a tutte. A presto con un nuovo capitolo!                                                                                                                                                                          -timeaftertime
 
 




L’enorme finestra della stanza dava sul meraviglioso giardino di casa Everhart. Uno strato di neve fresca aveva finalmente imbiancato ogni cosa nella quiete segreta della notte, e tutto era avvolto in un bianco accecante, quasi innaturale. Nel salotto ben riscaldato dall’enorme camino acceso lo scrittore guardava fuori da quella vetrata quel magnifico scenario invernale, con l’aria assorta in chissà quali pensieri. Amava l’inverno come nessun’altra stagione al mondo. Improvvisamente, un rumore veloce di passi interruppe il vagare della sua mente e l’alta figura del suo ospite comparve al suo fianco.

“Buongiorno mio buon amico. Dormito bene?”

“Come un pargoletto in fasce, Tom. Tu?”

“Beh, diciamo che non sono riuscito a raggiungere le mie stanze fino alle tre del mattino…quella Rosaline Parks, che tipo! Non riusciva a staccarmisi di dosso, se sai cosa intendo!” disse con aria ammiccante, e aggiunse: “Più sembrano timide e più sono sveglie, non c’è che dire”.

“Sai bene che non mi interessano più donne del genere”

“E a me non sono mai interessate, ma devo pur dare fastidio a mia madre in qualche modo. E poi, se riesco a disgustare abbastanza la signora Rayles, forse la smetterà di volermi accollare la figlia…tentar non nuoce!”

“Credo invece che faccia male alla tua persona frequentare donne come la signorina Parks. Ti rendono troppo pieno di te e tutto ciò a cui mirano, ricorda, sono i tuoi soldi e questa casa”

“Cosa ci trovino in questo posto non riesco proprio a capirlo. E’ gelido. No John, so perché guardi altrove: non vuoi dirmelo perché sei mio ospite e lo apprezzo, ma sono sicuro che tu sia d’accordo con me. Questo posto è un mausoleo, non una casa.”

“Di certo tua madre ha dedicato molto tempo ad arredarlo, e non poche donne ieri ne ammiravano ogni dettaglio, l’ho sentito io stesso”

“Ha dedicato molto tempo ad arredare questa casa, lo puoi ben dire! Molto più di quanto ne abbia dedicato a me, in ogni caso” la voce di Tom si era fatta più amara e allo stesso tempo più bassa. John guardò con dispiacere il volto del suo amico, sapendo quanto soffrisse nell’avere un rapporto tanto freddo con la madre.

Tom era l’unica persona verso la quale John Weller cercasse sempre di mostrare un minimo di tatto. Non gli importava di offendere critici letterari, signori altolocati e nemmeno il suo editore se ciò era implicito nell’esprimere onestamente la sua idea, ma per l’erede di casa Everhart provava un affetto tanto sincero da rendergli impossibile anche solo pensare di ferirlo. D’altronde, proprio quando era rimasto solo, proprio quando era più debole, solo Tom si era mostrato un vero amico. Solo lui l’aveva soccorso quando…no, quei pensieri erano troppo dolorosi. Ma sapeva bene quanto doveva a Thomas Everhart, e non l’avrebbe mai dimenticato. Ecco perché aveva accettato di lasciare la sua comodissima residenza a Boston per trascorrere l’inverno in quel “mausoleo”, come lo stesso padrone di casa l’aveva definito.

Aveva sin da subito provato una profondissima avversione nei confronti della signora Everhart, forse a causa dei pregiudizi causati dalle confidenze di Tom (anche se credeva fermamente che questo fosse vero solo in minima parte).
Con il signor Everhart invece aveva instaurato un ottimo rapporto. Il buon uomo aveva un carattere molto simile a quello del figlio, ma temprato da anni di esperienza e accresciuto da un quantitativo smisurato di pazienza - unico modo in cui avrebbe potuto sopportare per tanti anni una simile moglie. Il notaio aveva inoltre apprezzato moltissimo l’opera di Weller e non perdeva occasione per discutere con lui di letteratura.

“Oggi pomeriggio andrò a far visita alle White. Verrai con me?”

“Certo, perché no”

Due occhi verdi gli balenarono in mente. La proposta gli sembrava molto, molto interessante.
 

Julia arrancava nella neve, cercando di tornare a casa dopo una mattinata di duro lavoro. Quanto sarebbe stata utile una carrozza! Faceva troppo freddo per camminare a piedi a quel modo. Ripensò ai tempi in cui ogni cosa era semplice, quando i soldi non erano un problema e i loro genitori vegliavano su tutte e quattro. Avevano una carrozza, allora, e anche la servitù…adesso ogni incombenza era su di lei, in casa, e per giunta doveva lavorare!
“Ma prima o poi le cose si sistemeranno. Ha ragione Hannah: non può piovere per sempre”

A proposito di Hannah. Arrivata davanti al cancello di casa, notò qualcosa che non si aspettava assolutamente: Hannah era davanti alla porta…con un ragazzo. Cosa più sconvolgente, il ragazzo non era Tom. Una volta entrata nel giardinetto, la sorella sembrò accorgersi della sua presenza e si rivolse a lei con un sorriso imbarazzato e raggiante al tempo stesso.

“Ecco, questa è mia sorella! Julia, voglio presentarti il signor Francis Leyr.”

Il ragazzo era alto e magro, con capelli castani molto corti e gli occhi neri.

“Sono onorato di fare la vostra conoscenza, miss White”

“Il piacere è tutto mio” rispose Julia per pura educazione: il ragazzo non la convinceva del tutto e non riusciva a spiegarsi il perché.

“Beh, sarà meglio che vada. Signorine White, una buona giornata a voi”

Julia ed Hannah risposero al saluto, poi la più grande disse:
“Mi devi dire qualcosa, Hannah?”

“Oh, Francis…voglio dire, il signor Leyr ed io ci siamo incontrati al ballo ieri sera…e mi ha detto di aver scoperto che abitavo qui e così voleva assolutamente passare per un saluto”

“Avrebbe potuto evitare di venire di mattina. Tutti sanno che sei praticamente sola a quell’ora, glielo avranno pur detto le sue fonti”

“Ma cosa vuoi che ne sapesse, è in città da due giorni!”

“Sapeva benissimo dove abitavi però”

“Ma insomma, qual è il problema? Se un ragazzo sembra notarmi deve necessariamente avere qualcosa che non va?”

Julia fu stupita da quella reazione aggressiva della sorella, di solito tanto dolce e calma. Capì però che per lei era una novità l’essere corteggiata e che non sarebbe stato giusto rovinare il suo momento, così quando rispose usò il tono più dolce che poté.

“No, certo che no. Ero solo in ansia per te...sai quanto io possa essere protettiva a volte. Perdonami”.

Hannah si calmò subito.
“Ma no, scusami tu, ho reagito male. E’ che…finalmente qualcuno sembra notarmi. Ed è un ragazzo dolcissimo, credimi, abbiamo parlato per tutta la sera ieri. La povera Lily deve essere ancora in collera con me, non le ho dedicato molto tempo…ma è così bello avere qualcuno a cui interessi qualcosa di me! No, non ribattere, so bene che tu e Sarah e Lily mi amate moltissimo, ma io intendo un altro tipo di attenzioni.”

“Sì Hannah, e hai tutto il diritto di averle. Ma…cosa ne dice il tuo cuore?”

Julia, fra tutte, era l’unica a sapere del segreto di Hannah. Non glielo aveva confidato lei, ma l’aveva capito da sola, con quell’attenzione materna che riservava a tutte le sue sorelle. Aveva osservato con apprensione l’indifferenza di Tom e la sua pigrizia, temendo di vedere la sorella soffrire sia per un amore non corrisposto che per un fidanzato troppo immaturo. Adesso avrebbe dovuto solo essere felice della comparsa di un nuovo spasimante, eppure non le riusciva: non conosceva questo ragazzo e il suo presentarsi a casa di Hannah dopo nemmeno ventiquattr’ore dal primo incontro le sembrava tutt’altro che raccomandabile. Certo, poteva essere soltanto l’ardore di un innamorato, ma non le sembrava decoroso. E poi temeva che la sorella si gettasse tra le braccia del nuovo arrivato solo per dimenticare Tom, cosa che non poteva portare a nulla di buono. Ma la risposta della sorella la tranquillizzò.

“So cosa intendi dire, sorella mia, ma ti prego di non angosciarti per me. Ormai mi sono rassegnata al fatto che io per lui non sono nulla più di un’amica, e così deve essere anche per me. Nulla può dunque impedirmi di conoscere meglio Francis…e se son rose fioriranno!”

“Bene, sono contenta di sentirti parlare così. Vogliamo entrare?”

“Certo!”
E così le due entrarono nel caldo del salotto.


 
Alle quattro del pomeriggio il campanello suonò.

“Lily! Vai tu!” disse la maggiore delle sorelle, impegnata a sistemare delle coperte più pesanti sui letti al piano superiore.

La giovane White, fino ad allora impegnata in formule matematiche importantissime, si alzò dalla sedia con uno sbuffo e andò ad accogliere gli ospiti. Aperta la porta, si trovò davanti il giovane Everhart.

“Tom! E’ bello vederti. Temevo fosse di nuovo lo spasimante di Hannah!”

Tom, che fino ad allora aveva un sorriso smagliante sul volto, guardò con aria confusa l’interpellata, che stava arrivando proprio in quel momento e guardava con aria severa la sorella minore.

“Non ascoltarla, Tom, la scienza le dà alla testa!” ma chiunque avrebbe notato il rossore sul suo viso nel dire queste parole.

Il ragazzo non si era ancora mosso dalla porta, ma poi si ricordò della persona dietro di lui e si fece avanti per permettergli di entrare.

“Ragazze, ho portato con me il mio amico John Weller, ma vi ho già presentati al ballo”

“Senz’altro, è un piacere averla qui signor Weller”

“Il piacere è tutto mio” rispose quello con un sorriso che raramente era tanto spontaneo. Ma Hannah White gli ispirava simpatia: era buona e autentica, priva di quell’ipocrisia che ormai dilagava nella società e che lui tanto detestava. I due ospiti furono fatti debitamente accomodare nel salottino e Hannah si offrì di preparare del tè. Prima che alcuno dei due potesse rispondere però dal piano superiore scesero le due sorelle maggiori.

“Perdonatemi, ero impegnata al piano di sopra…”

“Figurati, mia cara lady!” rispose lui.

Sarah, che veniva dietro la sorella, aveva in mano un libro.

“Tom, dovresti assolutamente rileggere qualcosa di Shakespeare senza la guida di un insegnante, ti dirò che lo sto apprezzando in maniera del tutto diversa…”

“La stessa cosa che gli ho consigliato io stesso più volte, ma dubito che vi darà retta”

Sarah si immobilizzò. Conosceva benissimo quella voce.

“Oh. Signor Weller.”

“Tom mi ha offerto di accompagnarlo qui e non ho potuto far altro che accettare”

“Ne siamo onorate, signor Weller” disse Julia lanciando un’occhiata di rimprovero alla sorella per i suoi modi sgarbati. Ma Sarah non se ne accorse neanche, troppo presa dallo sguardo del suo interlocutore che si ostinava a non lasciare il suo. Se era una gara non aveva intenzione di perdere. Lo fissò finche fu lui a distogliere gli occhi, richiamato dalla conversazione che era ricominciata, dopo un momento di imbarazzo, tra gli altri presenti.

“E quindi, chi sarebbe questo spasimante?”

“Oh, non è nulla, davvero…”

“Per fortuna almeno Lily mi dice la verità! Allora, chi è questo giovane?”

“Beh, direi che è troppo magro per i miei gusti, ma è alto e ha gli occhi neri scurissimi. Direi che fisicamente è accettabile”

“Ma sentila! Questa donna di mondo che si mette a giudicare noi poveri uomini!”

Tutti, compresa Lily, risero. Ma Tom non demorse.

“E quindi, possiamo sapere anche il nome dell’affascinante uomo dagli occhi neri?”

“Questo non lo so, ma Hannah lo sa di sicuro!”

“Credo che sia ora di lasciare in pace la mia povera sorella. Piuttosto, signor Everhart, c’è qualche motivo particolare che vi ha spinto a venire nella nostra umile dimora?” ancora una volta l’abilità oratoria di Julia portava i suoi frutti, e Hannah le lanciò un’occhiata riconoscente.

“Nulla di interessante, temo, milady. Dovevo solo scappare dagli artigli…pardon, dalle delicate manine della mia genitrice. Sembra che mediti di invitare a cena i Rayles, ragion per cui io e il buon John, qui, non torneremo a casa prima di mezzanotte!”

Julia lo guardò con aria severa, spingendolo a giustificarsi.

“Su, non vorrai anche tu che io finisca per sposare quella ragazza spero?!”

“Non sta a me decidere chi tu debba sposare, ma non puoi parlare tanto male di tua madre e mancare di rispetto ai tuoi genitori e ai loro ospiti! Mi chiedo davvero quando crescerai…”

“E siamo alle solite, mia cara, tu hai la sindrome della madre e vuoi far crescere tutti! Ma se io crescessi perderesti tutto il gusto di farmi la predica, e so che ti piaccio così come sono in fondo!”

Julia si unì alla risata che seguì: era sempre il solito, ma era vero che gli voleva bene anche per questo.

Nel frattempo, Sarah era rimasta stranamente in silenzio, con lo sguardo assente. John l’osservava ormai da dieci minuti, ma lei sembrava non accorgersene. Forse fingeva. Il giovane scrittore pensò allora che fosse il caso di rivolgersi a lei direttamente, approfittando della distrazione degli altri, impegnati in una discussione animata su quante probabilità aveva Rebecca Rayles di diventare la futura Doris Molton.

“Posso considerarvi quindi un’ammiratrice di Shakespeare”

Lei si riscosse e si voltò a guardarlo con i suoi grandi occhi smeraldo.

“C’è forse un solo amante della letteratura inglese che non lo sia?”

John sorrise.
“Ammetto di non aver mai incontrato un uomo simile.”

“Questo perché Shakespeare è senza dubbio l’apice più alto raggiunto da un letterato che scriva nella nostra lingua. L’emozione si mescola alla cura della forma, cosa che ritengo essenziale”

“Non siete dunque a favore del libero fluire dell’io poetico che tanto professano i nostri contemporanei?”

“Credo che questo debba avvenire sempre nell’ambito di una forma gradevole per chi legge e allo stesso tempo chiara. La letteratura non dovrebbe creare ostacoli alla comprensione, ma aprire nuovi orizzonti”

“Ma la vera arte non è di molti, signorina White. E’ qualcosa a cui pochi hanno accesso, e che pochissimi riescono a comprendere fino in fondo. Costringere i letterati a semplificare le proprie opere per renderle più “facili” limiterebbe enormemente la qualità del risultato”

“Non è questo che intendo dire. La letteratura di qualità, a mio avviso, non si ciba di periodi complicati e di parole altisonanti, ma di forme semplici in cui racchiudere contenuti profondi e bellissimi”

John non rispose, sentendo nel cuore di essere d’accordo con la posizione espressa dall’interlocutrice. Ma non era facile trovare qualcuno che la pensasse a quel modo. Lei però continuò.
“Immagino tuttavia che per voi le mie idee siano del tutto secondarie, dato che le esprime una donna.”

Provocatoria, come sempre. John si sentiva quasi lusingato da quella forza interiore che lei sprigionava ogni volta che avevano occasione di parlare.
“No, tutt’altro. Comincio quasi a pensare di aver trovato qualcuno con cui poter discutere alla pari…ma voi non me ne date la possibilità, dato che vi trovo sempre in posizione difensiva”

Sarah tacque, colpita. Il suo modo di fare era sempre stato quello da quando la mamma se n’era andata. Tutti volevano parlarle, consolarla, solo per poter essere notati come persone caritatevoli che offrono amore in elemosina alla povera orfana. E lei, che della sua intelligenza aveva sempre fatto un rifugio e un baluardo, aveva cominciato a ritrarsi, a rispondere con quel sarcasmo mirato che le aveva fatto ottenere tanto poco favore a Mayford. Julia era la “brava ragazza”, quella che sapeva sempre come comportarsi, che manteneva i buoni rapporti con tutti. Ma Sarah si era spesso trovata a dover ammettere che era proprio grazie ai sacrifici morali (e non solo) della sorella maggiore che lei, Hannah e Lily si erano potute permettere di vivere un’adolescenza quasi normale. Loro di fatto si comportavano da ragazze quali erano: ma Julia era dovuta diventare una donna molto prima del tempo. Il cuore le si scaldò e guardò con affetto la sorella, impegnata a rimproverare Tom, ma poi si ricordò del suo interlocutore e si voltò verso di lui, notando con sorpresa che la stava osservando con una strana espressione sul viso.

“Vi distraete facilmente, signorina White. Seguite il filo dei vostri pensieri e cancellate tutto il resto”

“Suppongo sia qualcosa di assai riprovevole per la buona società, ma personalmente lo considero un mio pregio. Quantomeno, io ho dei pensieri che possono condurmi da qualche parte: non posso dire lo stesso di molte persone che incontro”

Fu impossibile per John non scoppiare a ridere, e Sarah pensò che aveva una risata calda e sincera, diversa dal sorriso arrogante che gli aveva visto indossare in ogni occasione in cui l’aveva incontrato. La risata attirò l’attenzione degli altri, che si voltarono verso di loro.

“Ebbene, cosa ha mai potuto dire la nostra intellettuale di così divertente? Voglio sentirlo anche io!” disse Tom, sorpreso di sentire la risata di John, tanto rara quando si trovavano in compagnia di altri.

“La signorina White ha la risposta pronta per ogni evenienza, caro Tom, ma credo che tu lo sappia già.”

“Se lo so! Mi ha massacrato più volte in duelli verbali, sta’ molto attento!”

Subito dopo i gentiluomini si alzarono per andarsene, ma quando furono sulla porta Tom si voltò verso Hannah e disse:
“Voglio sapere al più presto come si chiama il tuo spasimante Cherry, e non mi arrenderò”.

Il suo migliore amico aveva un’aria molto seria, quasi non da lui nel dire questo: ma Hannah disse a sé stessa che avrebbe fatto in modo di evitare ogni contatto tra i due. Dimenticare Tom era uno sforzo che doveva fare, anche se le riusciva molto faticoso: e non era saggio mettere l’uno accanto all’altro lui e Francis, in modo che il suo cuore potesse metterli a confronto.
  
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