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Autore: Waitingforcatastrophes_    10/03/2014    0 recensioni
Amare. Che non significa per forza passeggiare mano nella mano, dormire nello stesso letto o baciarsi teneramente. Amare da lontano, in silenzio. Aspettare, aspettarsi.
Dedicato alla mia amica Maria.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Si erano rivisti nel piccolo pub di una città, la loro, che di notte diventava quasi bella. Chi l’avrebbe mai detto che loro, tanto abituati a vedersi giorno dopo giorno, ogni giorno, per sette anni, si sarebbero ridotti a incontrarsi per caso il venerdì  sera?
È tutta colpa di Stefano,  pensò Emanuele con rabbia, cercando di ignorare le sue colpe.
Dal canto suo, Stefano, non faceva altro che guardarlo sorridendogli, con se niente fosse cambiato.
Con quel sorriso là, pensò ancora Emanuele, fa quasi sembrare che non sia successo niente.
E in fondo cos’era successo? Qual era la ragione per cui sembrava che quei due, di punto in bianco, avessero smesso di volersi bene?
Pure ammesso che per un solo istante avessero smesso di pensare l’uno all’altro, la colpa, come si ostinava a ripetere Emanuele, era tutta del suo amico.
All’improvviso aveva smesso di scrivergli, telefonargli, persino di andare agli allenamenti e alle partite della squadra in cui giocavano entrambi.
“Lavoro troppo” si era scusato con il suo allenatore comunicandogli la decisione che non sarebbe più tornato.
E a lui? A lui aveva forse detto qualcosa? Quel giorno, quello dopo o in quelle fottutissime tre settimane in cui non si erano visti? No, lo aveva lasciato così, senza una parola,come se non avessero condiviso praticamente una vita insieme.
Lui, d’altro canto, non l’aveva cercato in alcun modo, se non con un “tutto okay?” scritto di fretta dalla tastiera del computer. Messaggio che però non aveva ricevuto risposta. Ma d’altro canto non era lui che lo cercava, era sempre stato Stefano. Era forse quello il problema? Che non si era mai fatto sentire?
L’amico si era avvicinato, sempre con lo stesso sorriso stampato in faccia.
Guardandolo, Emanuele non fu più tanto sicuro di odiarlo.
“Hey, a Ste’”
“Ciao Manu!”
Restarono in silenzio per  un po’.
“Come va?”
Davvero le loro conversazioni erano diventate così sterili e banali?
 Chiacchierarono per un po’ del più e del meno, come due semplici conoscenti.
Negli occhi avevano entrambi la stessa domanda.
“Ma perché…” iniziò Emanuele, incapace di far finta di niente.
In quel momento uno degli amici di Stefano lo chiamò urlando. Era ora di andare.
“Ciao Manu, io vado” disse codardamente il ragazzo, incapace di spiegare tutto quel casino che aveva nella testa.
L’altro se ne restò lì, in silenzio, convinto di aver perso per sempre la persona di cui gli importava di più al mondo.
La notte fece il suo corso, tra tristezza e alcool. Emanuele stava rientrando a casa quando sentì il telefono vibrare. Era lui.
Ma io, come manchi tu a me, ti manco? Solo questo. Solo per questo. Perché se io muoio senza te e tu te ne accorgi che non ci sono più?
Restò fermo, in silenzio, per dieci minuti buoni. Poi finalmente le sue dita si mossero sullo schermo del suo telefono. Complice l’alcool, per una volta in sette anni riuscì a formulare il pensiero che si era tenuto nella testa da sempre, impedendogli di rivelarsi anche soltanto a sé stesso.
E tu te ne accorgi che ti amo?
 
 
  
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