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Autore: angelinbluejeanz    11/03/2014    1 recensioni
Quando quegli occhi verdi incrociarono i miei, nel cuore provai un moto di profonda tenerezza e comprensione, perché capivo bene che aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di parlare, che aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a trovare la via, non solo per l'appartamento, ma per la sua vita in generale. Ovviamente questo posso dirlo solo adesso, guardandomi indietro e ripensando a tutto quello che è successo a partire da quel giorno. Allora non sapevo, non ancora. Non sapevo che accettando di aiutarlo gli avevo appena dato pieno accesso alla mia casa, alla mia vita, al mio cuore. Che tutto avrei perso e che tutto avrei guadagnato. Questo non potevo saperlo. Non ancora.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Grant Gustin, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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IV.

Musical Therapy



–Thank you, I didn’t know that – mi disse dopo qualche minuto dalla fine della canzone, dopo aver lasciato che il testo e la musica penetrassero a fondo dentro di lui.

– I have the bad habit of liking songs that go extremely unnoticed, but fit every occasion… This one usually helps me calm down and relieve the stress – gli confidai.

–Thanks for sharing… I usually listen to ‘Don’t Worry’ by Jason Mraz in those times–

–No idea who this guy is – Lui fece una esagerata espressione di shock e mi disse con enfasi:

–You gotta be kiddin me! We have to do something about it! –

– We have time! – replicai d’impulso ma, pensandoci un attimo, aggiunsi: – Or maybe not… How long are you staying here? –

– Dunno… As much as it takes for me to get better or until I get fed up with this city–

– One cannot simply be fed up with Bologna! It’s like saying Rome is not flabbergasting! –

– I’ve never been there – ammise amareggiato.

– Then we should make up for my lack of knowledge of Mraz music on our way to Rome! – mi uscì spontaneo. In quel momento non ero neanche certa se scherzassi oppure dicessi sul serio… o se volessi che lui prendesse seriamente le mie parole.

– We’ll see – rispose enigmatico prima di ammutolirsi e fissarmi con uno sguardo indecifrabile. Nel verde di quei occhi avrei potuto perdermi. Ma non dovevo! Non potevo avere certi pensieri!

Ebbene sì, ero sempre stata una ragazza posata, razionale, distaccata, sicura di sé e sempre lucida nei suoi pensieri e sentimenti. Incontrare Grant mi avrebbe scombussolato l’esistenza. Non sapevo ancora fino a quanto, ma percepivo che sarebbe successo dal caos di emozioni che provavo in me. Era qualcosa di raro, qualcosa di inaspettato, qualcosa a cui avrei potuto volentieri fare l’abitudine.

– Thanks – Grant disse dolcemente, spezzando d’improvviso il filo contorto dei miei pensieri.

– For what? – domandai fuori dalle nuvole, e lui rispose semplicemente:

– Listening – Quel ragazzo era adorabile. Lo abbracciai ancora e gli suggerii di farmi ascoltare quella canzone di Jason Mraz che tanto lo rappacificava con se stesso in tempi di crisi e preoccupazioni.

La serata passò in gran parte così, con noi che comunicavamo senza parlare, attraverso i testi delle canzoni che sceglievamo da far ascoltare all’altro. Se non avete mai provato, la musico-terapia è qualcosa di geniale.

Citando qualcuno di importante più in alto di me: ‘E fu sera e fu mattina:’ sorse il secondo giorno. Avevamo letteralmente passato l’intera notte seduti su quei muretti ad ascoltare canzoni e a raccontarci di noi: delle nostre paure del futuro, delle nostre preoccupazioni, delle delusioni che avevamo avuto e delle speranze che non volevamo spegnere. Io gli parlai di Sofia, di Matti, della Giada, dell’università, dei miei problemi con Nico e lui mi raccontò dei suoi ex amici, della sua ex-ragazza, della sua ex-vita e dei problemi che celava al mondo e, spesso, anche a se stesso.

Mi chiesi com’era possibile che due sconosciuti riuscissero con tanta tranquillità a parlare di cose taciute alle persone più care. Mi arrischiai a considerare, anche in base alle esperienze avute, che tendenzialmente siamo più propensi a raccontarci con una persona che conosciamo appena. Questo perché chi abbiamo conosciuto da poco non ha ancora ancora una immagine di noi ben definita, come invece può averla un amica. Perciò non dobbiamo dimostrare nulla, né temere di mostrarci diversi da quella persona che vogliamo gli altri credano che siamo… Siamo più liberi di essere veri, di mostrare una parte di noi: quella a cui quella persona avrà sempre accesso e attraverso cui si farà piano piano una idea più definita di noi. Vi è mai capitato di comportarvi diversamente con persone diverse, di mostrare lati differenti di voi, ma senza farlo di proposito, solo rendendovi conto che persone diverse vi conoscono diversamente? Perché è proprio di questo che parlo.

Tutto ciò per dire che Grant ed io eravamo in sintonia, ma sopratutto ci sentivamo liberi di mostrare all’altro quella parte insicura sino ad allora ad altri nascosta. Solo per avere qualcuno a cui mostrarla in caso di bisogno. Questo perché non ci conoscevamo e non potevamo confrontare quel lato con altri: non potevamo quindi deludere nessuno dell’immagine che si era fatto di noi.

Avrei dovuto studiare psicologia mi diceva sempre Ludo... Con il tempo mi accorsi che forse aveva sempre avuto ragione.

Erano circa le 5.30 del mattino quando la stanchezza fisica cominciò a prendere il sopravvento sui nostri spiriti piuttosto vivaci. Decidemmo quindi di ritornare verso le rispettive abitazioni e, a quel punto, Grant era stato categorico nel volermi accompagnare fino al portone. Ora ci trovavano lì, uno di fronte all’altro, con un velo di imbarazzo che ci cingeva. Avremmo dovuto augurarci buonanotte e tornare ognuno a casa propria, alla propria vita, ma era stranamente difficile. Mi resi conto che non volevo salutarlo e non rivederlo mai più. Era come se sentissi un legame profondo con lui.

Visto che nessuno dei due sembrava intenzionato a muoversi, come al solito fui io quella più intraprendente:

– Goodnight. Thanks for walking me home – gli dissi dolcemente.

–Gentlemen's duty – rispose lui guardandosi i piedi, su cui alternatamente spostava il peso. – Night – mi salutò dopo poco, alzando lo sguardo per guardarmi. Io gli sorrisi, aprìi il portone e mi incamminai verso l’ascensore. Nel giro di qualche secondo mi sentii chiamare:

– Hales, Hey! Hales! Wait a sec...– mi voltai e vidi Grant che teneva aperto il portone con il piede. I suoi occhi verdi e penetranti mi scrutavano indecifrabili da lontano. Rimase in silenzio per un po’. Io non dissi nulla. Vedevo il suo tormento interiore, così aspettai. Poco dopo se ne uscì dicendo:

– What about you guide me around the city tomorrow? –

–It is already tomorrow, if you didn't notice – replicai sarcastica, per smorzare la tensione che si era creata. Capivo perfettamente cosa voleva dire, anche io non volevo che la serata finisse con un: ‘arrivederci e grazie’.

–You know what I meant... Later today then...? – insisté

– That's fine – risposi con una voce tranquilla. Dentro invece, avevo il chaos.

– Hum, I guess we could exchange our phone numbers so we can arrange something whenever we wake up – nella sua voce percepivo dell'indecisione assieme ad una nota di disagio, come se avesse paura della mia risposta. Effettivamente anche io avevo paura, non sapevo in cosa mi stavo cacciando. Era tutto nuovo, ma stranamente piacevole. Credevo di aver trovato un potenziale amico in lui, o quanto meno un compagno con cui parlare del più e del meno. Avevamo trascorso una serata bellissima insieme, ci eravamo divertiti e ci eravamo confidati l’un l’altro. In fin dei conti, riflettei, non avevo nulla da perdere. Avremmo potuto farci compagnia a vicenda perché, in fondo, io mi sentivo sola quanto lui... Così risposi:

– That 's al right...here's mine, text me later yours – Nel contempo scrissi il mio numero sul suo cellulare, pensando che noi donne l’abbiamo nel DNA l’ essere enigmatiche e provocatrici.

– I'll see you later then – mi disse, questa volta con meno imbarazzo nella voce.

– I guess so... Bye – risposi vaga. Ero molto confusa. Più del solito. Più di quanto potessi mai immaginare di essere. Eppure la curiosità della scoperta muoveva il mio agire. Ero curiosa di conoscere quel ragazzo, di sapere di più sul suo conto, ero curiosa di sentirlo parlare e di stare a vedere cosa aveva da offrire al mondo

– Bye – mi salutò di rimando con un leggero movimento della mano, aspettando che le porte dell’ascensore si chiudessero prima di smuovere il piede dalla porta ed andar via.

Poco dopo essere rientrata, silenziosa come una ladra per non svegliare nessuno, mi chiusi la porta della mia camera alle spalle e mi accovacciai con le spalle contro di essa. Avevo la mente vuota, ma allo stesso tempo incredibilmente leggera. Non volevo pensare troppo agli avvenimenti del giorno precedente. Mi sembrava di essere stata trascinata all’interno di un vortice assurdo, tutto quello che era accaduto dopo essere stata a ricevimento dalla Diotisalvi era stato alquanto surreale… Il filo dei miei pensieri fu interrotto dal bip del telefono. Lo presi in mano istintivamente, guardai lo schermo e lessi:

Unknown: Hales…


Un sorriso mi sfiorò le labbra. Velocemente risposi


Hales: You won't give up on that name thing, huh?

Grant: nope

Grant: I had a great time tonight

Hales: besides everything, I was good

Grant: Just wanted to say I’m sorry u got to spend ur nite listening to my complaints... I am usually more funny to hang out w/

Grant: And Hales...Thank you.

  
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