Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: Stellyna_P    29/06/2008    3 recensioni
Virginia è appena stata lasciata dal suo ragazzo. E’ sola, confusa e delusa. Lei della vita non ci ha mai capito niente e adesso essa si sta aspettando troppo da lei
Una notte, un’incontro inaspettato e una festa di beneficienza cambieranno la vita monotona di Virginia.
Perché quando il passato bussa alla porta è impossibile non aprire.
Perché adesso Ryan è cresciuto e non aspetta altro che la sua Virginia.
"In fondo c’erano tutti…
La principessa, la fata turchina, il cattivo, lo scenario da favola e il principe azzurro. L’unica cosa che mancava era il lieto fine." Tratto dal secondo capitolo
La mia prima fanfiction originale.
3/3
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: La storia è nata in un momento di delirio una notte di tanto tempo fa

 

 

Note:  La storia è nata in un momento di delirio ieri notte. Saranno solo pochi capitoli due, tre al massimo.

Questo capitolo è solo una specie d'introduzione, la vera e propria storia inizierà il prossimo capitolo.

Spero solo che vi piacerà, buona lettura.

Ilenia.

Dammi una maschera e ti dirò chi sono.

Accogliere e pronunciare la verità è sempre difficile.

Per questo ci nascondiamo sotto veli d'ipocrisia.

Per questo non riesco a guardarti negli occhi.

Datemi una maschera vi supplico, non riesco a sopportare questo fardello.

Non ci riesco, è troppo difficile.

 

 

 

 

L’aveva lasciata.

Poche parole sconnesse scritte in un messaggio per farla finita.

Finalmente avevano messo fine a quella falsa e Virginia non sapeva se essere arrabbiata, sollevata o confusa.

Virginia era davvero stanca, stanca di sentirsi così inadatta, di non riuscire mai ad esternare i propri sentimenti.

Una vecchia bambola di porcellana ecco cos’era, una bambolina intarsiata da piccole crepature.

Le sue ferite.

Voleva davvero cambiare, magari cercando di assomigliare un po’ di più alla sua migliore amica Loredaine.

Lei si che ci sapeva fare.

Era sempre così perfetta con i suoi capelli rossi sempre pettinati e i vestiti senza pieghe.

Loredaine era il suo opposto.

Decisa, forte, sociale e con una parlantina da fare invidia.

Quando Loredaine parlava era impossibile non ascoltarla, forse era per questo motivo che all’asilo lei l’attirò così tanto.

Adesso a distanza di quindici anni le cose non erano cambiate molto.

Loredaine continuava a essere la stella del momento, bellissima e perfetta e Virginia la sua comparsa.

E andava bene così, era il loro compromesso ma in quel momento Virginia avrebbe pagato milioni per assomigliare un po’ di più a Loredaine.

L’ennesima auto che le passo accanto le ricordò di trovarsi in mezzo alla strada, le auto passavano accanto a lei, e quasi la sfioravano mentre la pioggia cadeva fittamente.

La ragazza aveva sempre amato la pioggia, e non per quella stupida frase che tutti continuavano a ripetere: “Alcuni dicono che la pioggia è brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alto con il viso alzato”.

Tutte stronzate, lei non avrebbe pianto nemmeno sotto la pioggia, anche perché era stufa di piangere e di lamentarsi.

Lei amava la pioggia perché adorava osservare il modo in cui le gocce d’acqua scivolavano perfettamente via dalla sua pelle per poi infrangersi al suolo.

I capelli neri le ricadevano sul volto,bagnati, oscurandole l’occhio sinistro, l’orologio regalatole dalla madre segnava le due di notte ma l’ora era davvero l’ultimo dei suoi pensieri.

E di pensieri ne aveva davvero tanti.

Imboccò una stradina che aveva tutta l’aria di essere desolata.

D’improvviso un faro abbagliante l’accecò mentre non riusciva a distinguere la macchina che velocemente e pericolosamente si avvicinava a lei.

Troppo velocemente.

Troppo vicina.

Era finita.

Questa volta avrebbe veramente lasciato il mondo, in un modo abbastanza dignitoso in fondo il giorno seguente la sua morte sarebbe stata riportata sui giornali. Che poi nessuno si sarebbe interessato del milionesimo incidente stradale era tutta un’altra cosa.

Il resto della sua storia ancora oggi non lo ricorda bene, sentì solo il rumore ovattato di una frenata e lo sportello di una macchina aprirsi fragorosamente.

E poi quella voce che la colpì come un dardo infuocato.

-Ma sei impazzita? Che cazzo sei scema? Camminare in mezzo alla strada, volevi per caso morire?-

Ricorda di aver alzato il volto velocemente, se quello era il paradiso non le piaceva affatto, aveva pensato Virginia, troppo rumoroso e quell’angelo aveva qualcosa d’inquinate che non le piaceva per niente.

-Ma sei anche sorda? Ti stavo ammazzando.-

Virginia non rispose, guardava il ragazzo che continuava ad agitare le mani con fare teatrale.

Aveva i capelli scuri da quello che poteva notare, visto la poca luce ed era anche abbastanza alto, anche se al confronto con lei anche un nano sarebbe stato un gigante.

Non si era mai lamentata del suo metro e cinquantacinque pensava sempre che in quel modo riusciva a confondersi bene con le altre persone.

-Scus..a- riuscì infine a balbettare Virginia ancora scossa.

-Scusa un corno. Ti sei fatta male?- domandò dopo averla squadrata, più per cortesia che per vero interesse.

Virginia arrossì di colpo, odiava parlare e soprattutto rispondere a quelle stupide domande come: Stai bene? Che mi racconti? A scuola?

Era odiosamente fastidioso.

-Si tutto bene, grazie.- rispose infine abbassando lo sguardo.

Il ragazzo di fronte a lei si allontanò un attimo dedicando le sue attenzioni alla sua macchina, la frenata che aveva fatto era stata abbastanza brusca e adesso sperava che quel catorcio che si spacciava per la sua macchina non si fosse guastata.

Virginia dal canto suo si stava seccando, voleva tornare a camminare per i fatti suoi.

Si avvicinò al ragazzo che le dava le spalle e timorosa ticchettò il dito sulla spalla di lui.

-Ehm… io dovrei andare. Grazie… per…ehm non avermi…si hai capito.- disse poi quando lui si girò. Adesso che lo vedeva meglio riusciva benissimo costare che il ragazzo era davvero carino.

Poteva avere massimo vent’anni, i capelli erano castano scuro e gli occhi verdi anche se Virginia pensò subito che il ragazzo usasse le lentine colorate perché quel verde sembrava abbastanza falso. Come quei diamanti falsi che prima ti abbagliano e solo dopo si dimostrano per quello che sono: Falsi.

Aveva un piercing sul labbro inferiore che gli donava parecchio e un tatuaggio a forma di serpente sul braccio.

Sembrava quel classico ragazzo che a mamma e papà non piacciono mai, quelli che le brave bambine evitano come la peste.

Ed emanava un’aura di famigliarità.

-No. Dimmi dove abiti non si sa mai mentre torni a casa cerchi di nuovo di ammazzarti.-

Virginia sbuffò, non stava cercando di suicidarsi anche perché era troppo legata alle cose terrene e alla sua vita per uccidersi.

-Cosa? Possibilmente sei anche un maniaco… è logico che non salgo in macchina con uno sconosciuto.- ripose subito ricordandosi le parole che fin a due anni fa ripeteva ogni volta che usciva di casa.

Il ragazzo rise divertito.

-Non ti preoccupare non ti voglio né violentare né portarti sulla brutta strada.- rispose lui con un sorrisino.

Si trovavano ancora nella stradina deserta e a Virginia parve tutta una scena abbastanza patetica aveva sonno e voleva tornare a casa per dormire e dimenticare quella giornata straziante.

-Ok ok accompagnami…- disse infine arrossendo.

-Ma ti avverto che sono cintura nera di Karatè.- e in fondo in quello che aveva detto c’era un fondo di verità lei in quel momento indossava una cintura nera.

Il ragazzo annuì poco convinto e gli fece cenno di entrare nella macchina, sinceramente in quel momento poco le importava di accettare un passaggio dallo sconosciuto che l’aveva quasi ammazzata le doleva troppo la testa per cercare di pensare a qualcosa di sensato.

Si sedette sul sedile della macchina mentre un odore di menta la colpì fortemente, quell’essenza aveva qualcosa di assicurante e familiare.

Il ragazzo salì anche lui in macchina da lato del guidatore accendendo il motore, che chissà per quale potenza divina funzionava ancora.

-Come ti chiami?- domandò poi il moro per spezzare la tensione.

-Virginia.- La risposta della ragazza arrivò subito come se se la fosse aspettata.

-Non mi piace.- rispose il ragazzo mentre seguiva il ditino della ragazza che accanto a sé l’indicava la via di casa sua.

Virginia arrossì nervosamente, avrebbe dovuto rispondere con qualcosa d’intraprendente come: “Non deve mica piacere a te” ma questo non faceva parte del suo carattere quindi si limitò a scrollare le spalle.

-Vedo che sei di poche parole, non mi hai nemmeno chiesto il mio nome.-

Virginia alzò di nuovo le spalle come se il discorso non le interessasse.

-Girà a destra e dopo aver superato il semaforo vai a sinistra.-

Il ragazzo annui.

-Comunque mi chiamo Alex.-

Il nome a Virginia non piacque, ricordava uno di quei nomi dei personaggi dei telefilm che vedeva sempre sua sorella.

Rimasero in silenzio, in sottofondo solo il rumore dell'indicazione di Virginia.

-Porti le lentine?- chiese di punto e in bianco la ragazza stupendo se stessa.

-Scusa?-

-Ho detto: Porti le lentine?- ripeté stizzita lei per aver dovuto ridire di nuovo la domanda.

Alex corrugò la fronte per poi sorridere.

-Si, come hai fatto a capirlo?- domandò curioso.

La ragazza si strinse fra le spalle.

-Così, l’ho notato.- rispose abbassa voce.

-Di che colore sono veramente?- domandò poi stupendosi di star dando vita lei stessa a una discussione.

-Azzurri.- rispose brusco Alex. Virginia non rispose, non glie’era piaciuto il tono con cui aveva parlato. Sembrava il suo quando gli domandavano di sua madre.

Si limitò ad annuire.

Il silenzio cadde fra i due, di nuovo, e fu quasi assordante.

Virginia si girò verso il finestrino osservando il cielo che quella notte era di un nero cupo, la luna sembrava voler giocare ad acchiappa acchiappa. Si ricordava che quando era piccola e saliva in macchina con i suoi genitori chiedeva sempre perché la luna e le stelle continuavano a inseguirla.

Sorrise a quell’ingenuo ricordo.

-Adesso dove devo andare?- sussurrò lui.

-A destra e poi sono arrivata.- disse iniziando a riconoscere il supermarket vicino a casa sua.

-Non per farmi gli affari tuoi ma che ci facevi a quell’ora fuori casa da sola?- domandò Alex concentrato a guardare la strada.

-Pensavo.- rispose lei.

Lui annuì poco e alzò il sopracciglio, voleva aggiungere che poteva benissimo pensare a casa sua ma si morse la lingua per non dirlo.

-Fermati.- disse quasi subito Virginia.

-Sono arrivata.- concluse.

Lui fermò la macchina, la casa di lei era davvero carina. Aveva un piccolo prato e la villa era illuminata.

-Allora…io vado…ciao e grazie- disse rossa in volto lei e lui la trovò davvero adorabile.

-Buonanotte Virginia.- ripose lui sorridendole.

La ragazza uscì di corsa dalla macchina, Alex la vide inciampare su un sasso e riprendere l’equilibrio subito, mettere la chiave sulla toppa della porta ed entrare a casa.

Quando Alex la vide rientrare a casa sussultò e si rilassò.

Virginia non l’aveva riconosciuto.

In fondo non l’aveva mai davvero visto.

Si girò e poté scorgere la piccola incisione che aveva fatto lui stesso a quindici anni.

VIRGY&RYAN.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Stellyna_P