Dammi una
maschera e ti dirò chi sono.
Guardami.
Indosso la mia maschera, ma sono io.
Guardami.
Sono qui per te.
Guardami.
Non ti sono mai stata così vicino.
Guardami.
Adesso chiudi gli occhi.
Riaprili.
Ricorda.
Tre anni dopo.
**
Quella mattina la ricorda come se fosse ieri; Forse ricorda
qualsiasi cosa che riguardi quella giornata di fine ottobre.
Da quello che mi hanno detto, so che ancora oggi Virginia
continua a raccontare quella storia, a chi nemmeno lei lo sa, e chi la sente può
dichiarare che la sua storia sia abbastanza affascinante.
E chi l’ascolta può anche riconoscere la figura del giovane
di cui lei narra sempre, che ogni giorno va a fargli visita.
**
-Loredaine sei perfetta.-
La voce assonnata di Virginia la fece ridestare, era da
un’ora che continuava a specchiarsi nello specchio dell’armadietto.
I capelli rossi le ricadevano perfettamente sulle spalle
delicate, i tratti del viso erano stati evidenziati dal fard e gli occhi
castani dal mascara. Il vestito da fatina delle nevi le scivolava lungo i
fianchi rivelando le gambe toniche e lunghe.
Loredaine Lacroix sembrava appena uscita da un libro di
fiabe. Ricordava in maniera esagerata una di quelle fate madrine che davano
sempre il loro benevolo aiuto alle belle principesse.
-Sono in ansia, ho bisogno che questa festa vada bene, ci
servono soci per l’associazione.- La voce sempre decisa di Loredaine traballava
un po’ e questa scena ricordò a Virginia che anche la rossa era un essere umano
e che alcune volte aveva i suoi momenti di debolezza.
-Dai Lory andrà tutto per il meglio.- Virginia cercò di
sorridere.
Il vestito che indossava lei però non dava lo stesso
effetto che provocava in Loredaine. Virginia indossava un lungo vestito bianco,
la gonnellina era a campana e strati di velo la faceva tanto rimpiangere il
vestito da contadina che era nascosto nell’armadio.
Rilegò i lunghi capelli castani in una crocchia, lasciando
che alcune ciocche cadessero liberamente. Non aveva nessuna voglia di andare a
quell’inutile ballo. Quelle feste non facevano per lei e avrebbe preferito
andare a mangiare qualcosa nel bar vicino casa piuttosto.
-Ginny sei bellissima anche tu.- Virginia sorrise mentre
continuava a guardarsi con sguardo schivo.
-Devo venire per forza?- sbottò per la terza volta e
Loredaine non si trattene e sospirò sonoramente.
-Virgy si,devi venire, ho bisogno del tuo conforto morale.-
Loredaine aveva finalmente realizzato il suo sogno, essere
una stilista. Aveva creato la sua società, anche grazie ai soldi di suo padre che
non mancavano mai.
Adesso però toccava a Loredaine farsi conoscere. Toccava a
lei fare il grande passo. E quella festa di beneficienza era già il suo inizio.
A quel ballo avrebbero partecipato i più grandi registi del cinema.
Anche questo un piccolo regalo del padre della ragazza.
-Allora Ginny, andiamo?- domandò sorridendo, anche se la
piccola mora notò la piccola patina di paura che alleggiava nei suoi occhi.
Era consapevole di come si sentisse in quel momento
Loredaine, per una volta in vita sua voleva fare qualcosa da sola. Senza
l’aiuto di suo padre e molto probabilmente, pensò Virginia, se la sarebbe
cavata benissimo.
-Certo andiamo.- Virginia diete una piccola pacca a
Loredaine che in risposta le fece una linguaccia.
-Paura?- domandò poco dopo Virginia.
-Nemmeno un po’.- rispose Loredaine sorridente e Ginny
sorrise in risposta.
Lei le sue vere risposte gliele leggeva negli occhi.
Entrarono di corsa in macchina, cercando di non rovinare i
vestiti che strascicavano per terra.
Appena arrivarono Virginia rimase di sasso.
La festa si svolgeva in uno degli Hotel più fantastici di
New York, la sala era spettacolare.
I colori oro e argento davano un’aria di luce e di
luminosità.
I tavoli erano pieni di cibarie varie. Al centro della sala
un grande palco faceva la sua regale comparsa, dove alcune coppiette ballavano.
Era Halloween è quindi tutti erano vestiti, c’erano alcune
principesse, zombiee, vampiri, lupi e altri vestiti comuni e no.
Sentì subito Loredaine spostarsi e salutare qualcuno che
Virginia non aveva mai visto in vita sua.
Quella sala sembrava davvero uno scenario da favola, I
lampadari di cristallo mandavano riflessi di luce colorata e Ginny sorrise.
La porta si aprì e la ragazza si girò per vedere chi fosse
entrato.
Ma il sangue le si raggelò.
Un angelo era appena entrato. E non nel senso metaforico,
era proprio un angelo.
Indossava un vestito nero con delle piccole ali dello
stesso medesimo colore.
Come in ogni favola che si rispetti lui si girò per
incontrare gli occhi lei.
E Virginia, come scritto da copione, perse la testa. Quegli
occhi azzurri erano agghiaccianti.
Di un azzurro tendente al blu, il viso era coperto da una
maschera.
Vide il ragazzo distogliere lo sguardo da lei e salutare un
uomo che vicino a lui parlava animante.
Demone o angelo?
La sala era brulica di persone, Virginia seduta in un
angolo della sala poteva sentire i bisbigli delle persone vicino a lei, la
musica cercava di svuotarle la mente ma senza successo. Quegli occhi che aveva
osservato con tanta brama il minuto prima le ricordavano troppo qualcuno, il
bello è che non sapeva. Non sapeva a chi appartenessero quelle gemme, eppure
sapeva che le aveva gia viste.
Si portò il calice alle labbra, assaporando il liquido dorato.
Sentì il sapore dello champagne inebriarla, lo spumante le arrivò in gola e si
sentì bruciare appena.
Loredaine, distante da lei, stava parlando con un uomo
vestito di bianco, era abbracciata a uno di quelli che di solito Virginia
considerava i ragazzi-usa e getta di Loredaine.
Sentì dei passi avvicinarsi e meccanicamente si girò.
L’angelo nero che aveva incontrato poco fa, era lì davanti a lei. Sorrideva
come un demone tentatore. La maschera lasciava scoperti gli occhi azzurri, la
bocca e il mento.
Era angelico.
-Ti va di ballare?- le chiese mentre prendeva la mano di
lei fra le sue.
Virginia rimase colpita da quello sguardo e da quelle mani
calde e sicure, senza accorgersene annuì.
L’angelo tentatore sorrise e le porse il braccio
invitandola in pista. Solo dopo la ragazza si accorse di quello che stava
facendo. Stava ballando con uno sconosciuto, che per quanto fosse bello,
rimaneva sempre tale.
Virginia s'irrigidì e questo lo notò anche lui.
-Qualcosa non va?-
-Scusa, non posso ballare con te. Io non ti conosco.-
Lui rise, e intrappolò i suoi occhi con quelli di Virginia.
Trascinò il suo corpo in mezzo alla pista e le mise le mani
sui fianchi, sentì la dolcezza della stoffa candida del vestito con la sua
mano.
-E se invece mi conoscessi?- domandò lui smettendo di
ridere.
Virginia arrossì, quegli occhi e quell’espressione avevano
il potere di scombussolarla.
-E chi sei?- domandò Virginia titubante.
-Dopo te lo dirò. Adesso balla con me.-
Grazie alla stessa forza distruttiva di prima Virginia si
ritrovò ad annuire.
Di nuovo.
La mora appoggio le mani tremanti sul suo collo,
maledicendosi mentalmente. Sembrava una ragazzina di dodici anni alla presa con
la sua prima cotta.
La musica continuava a scorrere, scorrere come un fiume in
piena. Quella musica dolce e ipnotizzante li accompagnava in quel ballo.
La ragazza appoggiò il suo viso sul petto di lui e senti
cuore del ragazzo battere furiosamente. Lui in tutta risposa rafforzo la presa
nei fianchi.
Virginia si sentiva protetta, quelle braccia le ricordavano
gi abbracci che sua madre le dava, erano affettuosi e la teneva stretta a lei
come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
In quel momento anche lui la teneva in quel modo.
Era un estraneo, un
estraneo.
Si ripeteva, non poteva permettersi di perdere la testa per
un uomo che nemmeno conosceva.
Era successo già la prima volta, e il suo cuore non avrebbe
sopportata un’altra accoltellata.
Quando Lucas l’aveva lasciata tre anni fa senza un valido
motivo si era ripromessa più di non ricascare in quella trappola diabolica.
L’amore.
Se l’era promesso. E per quanto fosse stato difficile fin a
quel momento ci era riuscita.
Non aveva provato nessun genere d’affetto, amore per
nessuna persona, tranne per Loredaine e sua sorella.
E il ricordo di quel
lui che aveva conservato sotto strati
e strati di polvere.
E adesso quei sentimenti oppressi stavano scoppiando, come una
pentola a pressione. E questo non era giusto.
Si allontanò da lui, facendo leva sul suo petto. Quell'angelo
tentatore la guardava, aveva il sopraciglio alzato e Virginia poté leggere nei
suoi occhi una tacita domanda.
-Scusa ma devo andare.-
Lui la trattene per un polso, non voleva che lei se ne
andasse. Non ora che l’aveva ritrovata.
Il destino stava facendo di tutto per far sbocciare quel
amore che lui teneva segreto da troppo tempo.
Non voleva che lei scappasse da lui.
-No.- disse deciso.
-Come ti permetti, mollami subito.- rispose imbarazzata ma
anche oltraggiata Virginia, con chi credeva di aver a che fare?
Se lei voleva andarsene, se ne sarebbe andata.
Provò a staccarsi da lui, ma la presa del ragazzo era
troppo solida.
-Virginia, rimani qui con me.-
Quelle parole furono come una doccia fredda, non solo
perché lui aveva pronunciato il suo nome ma anche per il modo in cui aveva
detto la frase.
Era stato dolce e quasi sofferente.
La presa dal polso scese delicatamente sulla mano, e lo afferrò
dolcemente.
Aveva paura che solo un piccolo momento falso avrebbe
causato la sua fuga e questo era l’ultima cosa che Ryan voleva.
-Vieni con me.- disse in un sussurrò Ryan.
Era lecito volerla più del dovuto?
Era lecito aver paura di un suo rifiuto?
Sapeva che un suo rifiuto l’avrebbe ucciso.
Erano così uguali.
-Chi sei? Io gia ti conosco.- domandò Virginia abbassando
la testa.
Aveva paura.
Paura di sapere chi fosse.
Paura di capire.
Paura di sperare
in una nuova vita.
Lui le accarezzò il viso dolcemente, alzandole il volto con
due dita.
-E’ così importante sapere il mio nome? E’ così importante
sapere chi sono veramente?-
Virginia rimase in silenzio.
Non sapeva cosa dire, o meglio che fare.
Se concedere a lei e al suo cuore un'altra opportunità
o se scappare come Cenerentola.
Anche se sapeva che a lui non avrebbe lasciato
nessuna scarpetta.
-Si, è importante.-
Lo vide sospirare per poi liberare la mano di
lei dalla sua soffocante ma protettiva stretta.
Virginia si preoccupò di aver fatto la cosa
sbagliata. Magari adesso lui se ne sarebbe andato lasciandola lì da sola.
Lui con pochi gesti eleganti si tolse la
maschera, permettendo a lei di capire chi fosse.
Anche se era sicuro che non ci sarebbe mai
arrivata.
In fondo non l’aveva mai visto veramente.
Appena Virginia vide il viso di lui carruggio la fronte, il
ragazzo senza maschera era ancora più bello di quando pensassi.
Sembrava veramente un angelo tentatore.
Il suo.
Porti le lentine?
Si, come hai fatto a notarlo?
Di che colore sono veramente?
Azzurri.
Comunque mi chiamo Alex.
Virginia.
-Sei Alex? Il ragazzo che mi stava uccidendo.-
Lui rise, e Virginia si ricordò di come fosse bella la sua
risata.
Anche quella di Alex era bella.
-E’ impossibile, ti ricordi di Alex ma non di me.- sospirò
fra il divertito e l’amareggiato.
Si ricordava di un ragazzo incontrato tre anni prima, ma
non dell’uomo che fin da piccolo le andava dietro.
Era pazzesco.
Era cieca.
-Cosa vuol dire?-
-Dio Ginny, sei pazzesca. Sono Ryan. Non Alex.- disse per poi
riprendere fiato, mentre lentamente si allontanava da lei.
-Quando tre anni fa ti ho incontrato non potevo crederci,
pensavo ti saresti ricordata di me e invece no. Quindi ho inventato un nome lì
su due piedi.-
-Nome che nemmeno mi piace.- continuò lui.
Virginia chiuse un attimo gli occhi.
-Ehy tu bambina dammi la palla.-
-Io non sono una bambina. Ho sei anni.-
-Ok allora principessa, dammi la palla.-
-Non sono nemmeno una principessa. Sono Virginia.-
-Ok, ok ho capito. Virginia dammi la palla.-
-Ecco, tieni.-
-Comunque io sono Ryan.-
-Ryan dove ti sei cacciato?-
-Principessina scusa, ero con Tom e Lidia.-
-Lidia?-
-Si, la mia ragazza.-
-Ah…-
-Io... non voglio…
non voglio che se ne vada.-
-Non se ne andrà, ci
sono io qui con te.-
-Ryan saremo per
sempre amici?-
-Certo… Amici…-
-E’ morta… mamma, no… no..-
-Smettila.-
-Calmati.-
-Cosa vuoi da me? Eh? Vattene-
-No, non me ne andrò. Te lo prometto.-
-Ginny…-
-….-
-Ginny parlami.-
-…-
-Ginny è passato un anno. Riprenditi.-
-E’ morta…-
-Si.-
-Voglio rimanere da sola.-
-No, non me ne andrò.-
-Virginia, non è
colpa mia. Devo andare via. Sai, Londra. A papà hanno offerto questo lavoro.-
-Vattene, allora-
-Non è colpa mia.-
-Lo so.-
-Virginia, non
andare. Aspetta.-
-Avevi promesso.-
-Cosa avevo promesso?-
-Che tu non te ne saresti mai andato.-
E il tempo passava, e lei
conservava in uno scatolone i suoi ricordi.
Sigillati da lucchetti arrugginiti.
La chiave era sua, era di Ryan.
Perché anche se sembra impossibile
la vita continua, e non aspetta che tu ti rimetta in gareggiata con il mondo.
Ryan.
Ryan.
Era difficile abituarsi a quelle quattro sillabe.
Era difficile ricordare quella piccola parentesi
della sua vita.
-Ryan... – sussurrò.
Il suo Ryan era cresciuto, e adesso di quel magrolino
sedicenne non c’era più traccia.
Solo gli occhi rimanevano invariabili.
Puri e dolci.
Come solo lui sapeva essere.
-Si?-
-Baciami Ryan.- disse arrossendo.
Lui anche se stupito non se lo fece ripetere, e se la tirò
addosso a lui affondando la sua bocca nella sua.
Virginia si sentì viva.
Viva da come non succedeva da molto, quei sentimenti che
aveva chiuso in quello scatole si riaprirono, fuoriuscendo con una folata di
aria fresca.
Posò le sue mani sul collo, sfiorando i capelli neri che
aveva sempre amato.
Non si accorse nemmeno della gente che li guardava, anche
se senza accorgersene arrossì di più.
Loredaine dal suo angolino rideva.
Era stata davvero una brava fatina, aveva invitato Ryan
alla festa.
Anche se non si era aspettata quei progressi così dolci.
Virginia aveva finalmente trovato l’ultimo tassello del suo
puzzle.
Adesso la sua storia era finita.
C’erano tutti.
La principessa, la fata turchina, il cattivo e soprattutto
il principe azzurro.
Virginia voleva fermare il tempo.
Non gli interessava se non lo vedeva da anni, che se ne era
andato spezzandolo il cuore adesso era lì con lei.
E questo forse era la cosa più importante.
Si staccarono, forse solo per prendere fiato, mentre
rimanevano abbracciati.
-Vieni con me.- le sussurrò in un orecchio, procurandole un
brivido che le attraversò in tutto il corpo.
Lei annuì.
Ryan andò nella Hall dell'hotel, mentre Virginia l’aspettava
alla porta della sala. Lui tornò pochi minuti dopo, dandole la mano.
Entrarono in una stanza, la stanza che aveva pagato prima lui.
Era tutto così strano per Virginia, il minuto prima era in una
sala ad annoiarsi il minuto dopo sentiva la bocca sensuale di Ryan baciare delicatamente
il suo collo, il suo seno.
Sentiva la sua lingua nell’ombelico e un gemito scappò dalle
sue labbra.
E quando finalmente lui scivolò in lei, Virginia si sentì bene.
Finalmente completa.
Non si preoccupò minimante di aver accelerato i tempi, l’unica
cosa che aveva registrato il suo cervello era che Ryan, il dolce Ryan era suo e
fra le sue braccia.
-Amore ti accompagno io a casa?- la voce cristallina di
Ryan la fece sussultare.
Era così presa dai suoi pensieri che non aveva ascoltato
niente del suo discorso.
-No, vado con Loredaine. Tu vai a casa, ci vediamo domani
ok?- domandò dolcemente Virginia rossa come un peperone al ricordo di quella
notte.
Lui sorrise.
-Sicura di non voler essere accompagnata?-
Lei annuì e si salutarono con un bacio appassionato.
“Ginny io vado a casa di Matt… ci vediamo a casa.
Ps: devi raccontarmi tutto.”
Lei rise leggendo il messaggio che le aveva appena mandato
Loredaine, adesso, però il suo unico problema era: Chi l’avrebbe accompagnata a
casa?
Eliminò il problema pensando di tornarci da sola, in fondo
l’hotel era a due passi da casa sua.
Quando uscì dall’hotel un sorriso stupido faceva da
comparsa sul suo viso. Una macchina le passo accanto. Ricordando l’incontro avvenuto
tre anni prima con Ryan.
Sorrise pensando a come fosse stata stupida a non
accorgersi di lui.
Girò l’angolo attraversando una stradina desolata e tutto
questo le procurò una specie di deja vù.
Quando svoltò l’angolo sentì solo il rumore di un clacson
che impazzito si avvicinava a lei.
Troppo vicino.
Questo era un altro deja vù.
Un lampo giallo e poi un dolore fortissimo.
In fine il buio.
In fondo c’erano tutti…
La principessa, la fata turchina, il cattivo, lo scenario
da favola e il principe azzurro.
L’unica cosa che mancava era il lieto fine.
Ma quella era la sua favola e così doveva essere.
Forse era destino.
Note: Questo è stato il penultimo
capitolo. Lo so, lo so è parecchio ma per me va bene così
qualcosa.
Spero che a qualcuno sia piaciuto, anche se ripeto non è niente di speciale.
Un bacio e grazie alle 3 persone
che hanno inserito la fanfiction nei preferiti e a NovemberThree, Purple, clodiina85.
Spero che questo capitolo non vi abbia deluso.
Al prossimo e ultimo capitolo.