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Autore: _That Star_    13/03/2014    6 recensioni
Rinasco oggi. Con loro. Con lui.
[Andrew Scott\Benedict Cumberbatch]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Andrew Scott, Benedict Cumberbatch, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Demons

This is my kingdom come 
When you feel my heat 
Look into my eyes 
It's where my demons hide 
[Imagine Dragons-Demons]

 

“Hai dormito?”

Ho passato tre ore o forse quattro, sdraiato sulle mattonelle ghiacciate del bagno. E non ho pensato a niente. Dentro me riecheggiava solo il suo 'Io non voglio che salti fuori questa storia' -i suoi perchè e le sue scuse non ho voluto nemmeno tenerli in considerazione-. Non voglio usare parole perfide, o superbe, o quant'altro, ma l'unica cosa che ho provato mentre parlava era una delusione patetica.

O forse una mia illusione, sempre patetica. Non l'ho capito.

Speravo tanto di capirlo stando per terra.

Ma non l'ho capito.

Dopo questa meditazione improduttiva, ho deciso di uscire dal bagno e di riposare qualche ora, anche perchè il giorno dopo ci sarebbero state le prove. Così mi sono sdraiato sul divano, ancora rannicchiato su me stesso, e sempre la sua voce che ronzava nella mia mente. Sentivo freddo, ai piedi soprattutto. Ed ero maledettamente scomodo. Non era mai stato ostile o inospitale il divano, quando c'era Benedict, e quando io mi stringevo a lui, mentre mi baciava e mi accarezzava i capelli. E' strano. Mi è venuto da pensare. Poi mi sono lamentato ancora di quanto fosse duro quel divano e ho realizzato che forse era meglio starsene sdraiati nel cesso.

Infine è venuto giorno, e io avevo ancora gli occhi sbarrati.

Vorrei tanto dirgli questo. Ma mi sale troppa rabbia: sono sei ore che non apro bocca, e tutto questo tempo l'ho passato a formulare pensieri crudeli verso di lui, se parlassi sputerei fuori cattiverie che per alcuni contraddirebbero il mio 'ti amo' di ieri -secondo me lo confermerebbero, ma comunque-. Lascio perdere.

“Hai deciso di non parlare?” Insiste Benedict e io verso il cacao nella tazza di latte, e poi prendo a girare il cucchiaio. Devo sforzare ogni singolo muscolo per non saltargli addosso e baciarlo o comportarmi come faccio sempre, minimizzare e dimenticare tutto. Perchè io sono così. Ma questa volta no, è la mia occasione, posso fare l'arrabbiato quanto voglio, è colpa sua, me l'ha fatta troppo grossa. Mi chiudo fra le spalle e continuo a rigirare il cucchiaio.

Ci siamo preparati velocemente, ognuno in stanze diverse: lui in camera, mentre io mi sono ripreso il mio bagno. Metto la giacca e lo aspetto fuori. Lui chiude casa e mi raggiunge.

Ci avviciniamo alla sua macchina, e questa volta non mi apre la portiera accanto al posto del guidatore. Mi pesa questa mancanza, non so perchè. La tentazione è quella di sedersi nei sedili posteriori, per evitare un contatto diretto, niente battute forzate, niente sguardi lacerati dall'impossibilità di accarezzare quelle mani meravigliose, niente gambe tremanti alla sola idea di averlo vicino. Niente di niente.

“Sali Andrew, siamo un po' in ritardo.” dice lui, e mi risveglia. Mi ero bloccato in contemplazione dei sedili di dietro. Sospiro e mi siedo accanto a lui, gli occhi già puntati verso il cielo. Svuoto la mente. Non c'è nessuno accanto a me. Nessuno.

Arriviamo in quella specie di capannone enorme che utilizziamo per provare, slaccio la cintura e sbadiglio. Il tragitto che io e Benedict percorriamo a piedi è molto breve, e il marciapiede molto stretto. Ma insomma, nessuno deve scoprirci, no? Piuttosto che farsi vedere accanto a me, cammina sulla strada lui, bravo. Mi mordo il labbro, 'sta volta la voglia di urlare è veramente tanta. Ma taccio.

Siamo di fronte alla porta ed entrambi ci fermiamo per trenta secondi.

“Vuoi che vada prima io, e tu entri dopo?”-non so con che forza sono riuscito a dirlo, non mi piace il sarcasmo, di solito mi limito a subirlo. Deve proprio avermi fatto arrabbiare, penso. Eppure ancora gli chiederei scusa e lo pregherei che tutto torni come prima. Stupido, stupido, stupido. Lui non si merita tutto questo. Rincaro la dose.- “In modo che se qualcuno ci vede puoi sempre dirgli ch-”

“Andiamo.”

Attraversiamo il corridoio e c'è solo silenzio fra noi. Mi sembra che in ogni stanza che da sul corridoio, ci sia una festa: gente che ride, musica, amore. Io e Ben portiamo le nostre tensioni, e ovviamente nessuno vorrà prendersene cura. Verranno ignorate e trasformate probabilmente in qualcosa di idoneo a questo clima sereno. Ma va bene.

I suoi passi rallentano sempre più e scompare dal mio campo visivo. Vorrei girarmi e capire perchè si è arrestato, ma non posso per principio mio. Quindi continuo a camminare.

“Buongiorno Cumberbatch!” la Donna. Oh, 'sta donna. Accelero il passo e il nervoso che sento mi fa quasi correre. Cambia soggetto Andrew, non ci pensare. Trovati qualcosa da fare. Vai da Mark, non c'era in giro. Ma sì, cerchiamo Mark. Vago per mille corridoi, fino a quando lo vedo in tutto la sua altezza. Vado verso di lui con passo svelto.

O miseria.

L'uomo della discoteca.

Faccio una mezza piroetta -visto da lontano sembro più un idiota che scivola su una buccia di banana probabilmente-, mi metto a camminare con pietosa nonchalance, giro l'angolo e mi appiccico contro il muro. In apnea. Sono teatrale sì. Saranno i dieci anni che ho passato su un palco, ma no, poi penso, non è quello. Il punto è che io voglio diventare questo muro: fatto di calce, pietra e qualcos'altro che non so, in modo che se Lui passa di qui, io mi mimetizzo alla grande. Voglio essere il muro. E chi se ne frega se un cane mi piscia addosso o se un teppista inizia ad imbrattarmi, e loro quella la chiamano arte, arte o mio Dio sto cambiando argomento. Inizio a farlo quando sono in panico. Non puoi far sempre tutte 'ste scene Andrew- mi diceva mia mamma- se un giorno ti rapiscono tu che fai, inizi a parlargli del tempo? Non c'è niente di male nel parlare del tempo. Ma non ci devo pensare, non devo pensare proprio a niente. Corro in bagno, ma si che posso fare, l'unic-

“Moriarty.”una mano mi prende il braccio, con forza trattenuta e mi costringe a girarmi verso lui. Oh se è bello. Alto, biondo, mascolino, selvaggio, fiero. Una tigre.

“Ehy”-mi dice un po' intristito, devo sembrare un uccellino timoroso, mamma mia.-”Ti ricordi di me vero?” si scioglie in un sorriso ed anch'io lo seguo fra quei suoi denti bianchi perfetti.

“Certamente.” ahia, mi è scappato l'avverbio. E quando in una domanda diretta ti scappa l'avverbio è perchè vuoi combinare qualcosa. Controllati Andrew, controllati.

“Io sono Michael, Sebastian Moran mi dicono.”

“Sebastian Moran...” ripeto io come incantato e gli sorrido. Non ci posso credere.

Sento dei passi avvicinarsi verso noi, ma sono troppo rapito dai suoi tratti e da quel mezzo sorriso da bad boy per farci caso. I passi si fermano al mio fianco ma stranamente nessuno parla.

Passa un minuto.

Inizio a preoccuparmi un po'. Guardo chi ho di fianco e mi appare Benedict in tutto il suo splendore. I suoi occhi azzurri, perfettamente riflessi in quelli di Sebastian, saettano di qua e di là, mentre la mascella gli vibra appena. Ha appoggiato una mano sulla mia spalla e non me ne ero accorto.

“Tu devi essere Moran.”

Quel sorriso storto “Fassbender.” allunga la mano.

“Io sono Sherlock.”-Michael lo guarda ad occhi spalancati come a schernirlo 'dovrei avere paura?' sembra dirgli.-”Il mio nome è Benedict.”

“Benedict!” esclama lui e io spero taccia. Sì, sì, sì, è lui, quello che chiamavo mentre facevamo sesso, sì va bene, stai zitto per carità. Mi guarda e io lo imploro con lo sguardo di serrare le labbra. Continua a guardarmi e io vorrei sprofondare.

Cosa farebbe Moriarty in questo momento? Proporrebbe una cosa a tre probabilmente.

Arrossisco, non ci starò pensando davvero, ditemi che non è vero.

Benedict mi risveglia, prendendomi per mano e tirandomi chissà dove. Deve aver inventato una qualche scusa e ora mi vorrà rinfacciare qualcosa, che roba.

Ci appostiamo dietro ad una porta e punta un dito verso di me.

“Che cazzo fai?”

“Che faccio?”

“Lo vedo come lo guardi.”

“Che dici?”

“Lo hai contemplato per due minuti minimo, ti sei morso il labbro due volte, sei arrossito una..”

“Bravo Sherlock, bravo.” dico io ironico e, Cristo, questo è Moriarty.

“Senza contare che ci hai limonato assieme per una notte intera!”-alza la voce lui cercando di darsi un contegno.-”E magari avete anche scopato.” abbassa lo sguardo e io indietreggio. Non deve saperlo, per nessuna ragione al mondo. Non voglio che creda che io sia una persona facile, o sempliciotta, anche perchè se sapesse i veri motivi del mio gesto forse...No, no, non c'è scusa che regga. E' stato un mio errore.

Rialza gli occhi e li pianta nei miei. Aggrotta le sopracciglia. “Lo avete fatto?”

Perchè pensi questo vorrei dirgli. Ma che dici. Oppure ancora grazie per la fiducia eh. Fare un po' il bastardo per rinfacciargli il male che ha fatto a me ieri sera. Invece dico “Scusa”.

Ride amaramente, fa una smorfia disgustata e ricaccia coraggiosamente le lacrime che premono per scorrere giù sulle guance pallide. Se ne va velocemente.

 

Scendo dalla macchina e mi avvio verso la porta di casa. Casa mia, Benedict non mi vuole vedere evidentemente. Non mi ha più rivolto parola per tutto il giorno, ha parlato solo a Jim, ma in questo caso lui non conta. Conto io, cavolo. Conto io e il mio cuore spezzato.

Entro in casa e subito sento delle urla tremende.

Lascio lo zaino a terra, salgo le scale, seguo le grida, apro la porta della mia camera e ci trovo mia sorella, mani al muro, viso stravolto schiacciato contro la parete da una mano sudicia. Dietro a lei Gary che si accorge di me, e smette di spingersi nel suo corpo.

“Che cazzo vuoi?”

Ha parlato prima lui. Non io. Dovevo fare la parte dell'eroe. E invece, ancora, zitto.

“La-lascia...”inizio a piangere.-”Puoi...Puoi lasciarla andare?”

Gary si allaccia i pantaloni e si avvicina a me minaccioso.

“Per favore” gli chiedo un'ultima volta io con voce quasi stridula, mentre metto le mani in avanti. Si avventa su di me, il pugno gli parte quasi involtario, poi i due calci alle gambe ed io sono già per terra. Mi pesta le spalle e la schiena con quei suoi stivali, prende il collo della giacca per tirarmi un altra botta sul naso e io sento il sapore del sangue su di me. La vista non risponde più. Non riesco a vederlo. Non riesco..a sentire cosa dice mia sorella. Voglio svenire, voglio svenire. Fatemi svenire. La testa continua a girare, e cerco di appoggiarmi alla parete. Niente da fare, un altro colpo allo stomaco e torno supino sul pavimento, inerme.

“Sei la mia puttana, va bene! Cosa mandi, gli amichetti a salvarti?”

“E' mio fratello!!!”

“Non me ne frega un cazzo di chi è! Oh! Tirati su troia, sta bene! Dobbiamo esserci solo io e te in questa storia mi hai capito?” Silenzio. Mani su di me. “Sta bene Hannah, cazzo! Non gli ho fatto niente. Rispondi alla domanda.”

“Gary.”

“Solo io e te va bene?”

“Solo io e te.”

 

Il collo non riesce a sostenere la testa. Sono sempre stati pesanti i miei pensieri ma mai come oggi. Affondo tutto d'un fianco e cerco di alzarmi con le braccia. Mi fa male ogni singolo muscolo. Traballante, mi alzo in piedi e sento mia sorella piangere.

“Scusalo Andrew scusalo. Non lo fa apposta, lui non-” la allontano, ma forse lo faccio troppo bruscamente, perchè nell'immediato torna a disperarsi.

Se c'è un modo per scappare, mostratemi la via, e non esiterò. Me ne andrò come un codardo che non ha mai avuto la forza di affrontare le difficoltà, non ne farò un dramma e voi non ne risentirete. L'unico sbocco ora, mi sembrano le scale. Scendo pendolando da un piede all'altro e schivo le mani di mia sorella come peste. Non voglio far pesare su di lei questa cosa. Non è colpa tua le continuo a ripetere. Ora si tratta di me.

Io umiliato, io ingannato, io furioso, io picchiato.

Sono io. Io. Io. Io.

Questa volta sono io.

Finalmente finisco i gradini, riprendo lo zaino, ma non oso mettermelo sulle spalle, sono troppo doloranti. Lo trascino fino a fuori dalla porta e mi chiudo fuori. Corro sbilenco, cado, mi rialzo, apro la macchina, salgo e parto.

Arrivo.

Apro una porta.

La chiudo.

Ne riapre un'altra.

“Curami Ben ti prego. Prenditi cura di me. Preoccupati. Perchè io non sto bene.”

Inizio a piangere, mentre due braccia forti mi avvolgono il capo.

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