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Autore: wiston87    14/03/2014    1 recensioni
Il protagonista viene assunto come lavoratore in un campo agricolo di proprietà del Supremo. Presto si renderà conto che qualcosa non quadra, e che gli ortaggi che spuntano dal terreno sono troppo ricchi perché si possa pensare ad una normale concimazione... qualcosa di tremendamente strano e grottesco si nasconde sotto terra a nutrirli. Scenderà allora per più e più piani per decine di chilometri di profondità, ma dovrà pagar a caro prezzo quella curiosità spasmodica...
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Almeno una cosa poteva fare, per cominciare. Controllare in prima persona i reali confini della cosa-insetto, in modo da poter dedurre lungo il perimetro se c’era qualche passaggio che conduceva al centro adibito alla nutrizione.
Circumnavigò le gote con quella pupilla enorme che lo fissava, era grande come un palone da calcio solo quella. Chissà come lo percepiva la cosa-insetto dalla sua prospettiva di gigante. Come una mosca ronzante per un essere umano? Solo per quanto riguardava le proporzioni spaziali, non anche la natura del rapporto. Anzitutto non aveva alcuna certezza che la cosa-insetto fosse pienamente cosciente di quel che la circondava. Sembrava stranamente assente, come quei grassoni al ristorante dopo cinque portate più due bottiglie di vino rosso e digestivo, talmente sonnolenti che potrebbe crollargli il mondo addosso e loro neanche se ne accorgerebbero. Inoltre, nonostante vedesse poco meno della metà superiore del suo corpo, aveva come ‘impressione che il resto fosse per così dire bloccato, che non potesse avere l’agilità di muoversi come preferiva, magari liberandosi dalla sua prigione schiacciando in un sol botto tutti i suoi servi indaffarati. Era allora a tutti gli effetti un corpo animale da sfruttare da cima a fondo, senza il benché minimo diritto all’autonomia. A Paul vennero in mente tutte quelle dicerie su alcune catene di fast food, sul  fatto presunto che vi fossero intere schiere di mucche e vitelli senza le zampe e gonfiati come palloni aerostatici per poterne trarre il maggior quantitativo di carne possibile.
Come se non bastasse, all’affollarsi di quelle visioni angoscianti e alla relativa responsabilità nella morte dello zio, cominciò ad avvertire pure un estraneo senso di lascività, come se quella sudditanza al mostro che dapprima aveva intuito negli altri, stesse cominciando a fare i primi effetti anche su di lui. Se voleva svolgere le dovute indagini del caso doveva affrettarsi.
S’incamminò per la passerella giungendo alle costruzioni cubiche ancorate nella sabbia gialla come in un deserto. Dentro c’erano vari operai dormienti, e all’aperto altri stavano visionando varie cartine inereti la topologia della cosa insetto, per stabilire dove si sarebbe dovuto intervenire l’indomani. Giunse al limite di quella che poteva essere definita, sulla base di un parallelismo fin troppo antropomorfo come la base del collo, o in quel caso la dura corazza squamata verdastra rilucente come una pietra preziosa che stava ad attaccar la testa al corpo.
Sentiva un roteare di ingranaggi al di là della parete insabbiata. Avvicinò l’orecchio per sentir meglio. Non poteva trattarsi di una zona dove erano racchiuse le altre parti della cosa-insetto, dato che dovevano presumibilmente trovarsi ai piani inferiori, e non a lato. Forse aveva inavvertitamente premuto un tasto o forse no, fatto sta che si aprì un passaggio nel muro senza dare alcun segno di preavviso e lui fu catapultato al di là, per una discesa buia e scoscesa che sarà durata si e no qualche minuto.
Atterrò sul pavimento soffice appositamente reso tale per attutire le cadute. Fortunatamente. Da un altoparlante all’angolo una voce ringhiò: “ne è arrivato un altro!”. E una voce di sottofondo commentò: “erano due settimane che non succedeva… mi stavo preoccupando!”.
Paul era di ghiaccio, come fosse stato inghiottito dalla bocca del diavolo. Attorno a lui si dispiegava solo il buio e il grigiore di quello che sembrava un piccolo ufficio a… quale profondità? Cercò di fare un rapido calcolo mentale sulla base del tempo della caduta e della velocità che doveva aver raggiunto a grandi linee… duecento chilometri orari per cinque minuti dovrebbero dare… dovrebbero dare…
Le luci si accesero accecanti. Fu come la visione del sole riarso del deserto appena dopo un periodo di cecità latente. Attorno, un paio di scrivanie ricolme di cartelle ordinate, documentazioni, un computer ed una macchina da scrivere. E davanti a lui il supremo ridente. Padrone di tutto quel che esiste nel raggio di decine di chilometri. Benché non l’avesse mai visto dal vivo, aveva adocchiato alcuni saltuari rotocalchi sbiaditi nelle foto sui giornali, in cui comunque non si mostrava mai a pieno la sua oscura presenza. nel rendersi conto di aver a che fare con una personalità così famosa e potente, da cui peraltro dipendeva la propria sopravvivenza esistenzial-lavorativa, e che aveva pure avuto a magnanimità di assumerlo nonostante (nonostante cosa?), si sentì come il ragioniere Ugo Fantozzi al termine del primo capitolo della saga, quando si ritrova nell’ufficio del mega direttore galattico (conte! Duca! Altezza! Sire! Maestà! Santità!) a chieder pietà e perdono per la propria disdicevole condotta, consistente solo, in fin dei conti, nel pretendere quel che era suo di diritto: esser trattato come un umano e non come un animale. Paul decise allora che avrebbe dovuto tener la spina dorsale dritta, qualunque cosa il supremo gli avesse detto.
“Bene bene!”, esordì lui. “A quanto pare ti sei intrufolato nei sotterranei per vedere Clara, anche se il regolamento prevedeva come minimo l’esperienza annuale!”. Per una frazione di secondo, Paul si perse scorgendo delle strane movenze al di là della vetrata che percorreva per una quindicina di metri la parete dietro al supremo. Questi continuò: “sia chiaro, non me ne sono accorto spiandoti in qualche modo. È se mai il puro e semplice fatto che ti trovi qui a fornirmi in modo inequivocabile quest’informazione. Vedi, un esperto ipnotizzato da tutto il potere della cosa-insetto dopo tutto il tempo che ci aveva passato accanto, non si sarebbe mai distaccato dalla retta via andando a curiosare in giro. È proprio per impedire ai ficcanaso come te di sbrodolarsi addosso che abbiamo dotato alcune sezioni non frequentate dai degni di un passaggio obbligatorio per giungere fin qui. Zac! Come la morsa dio una pianta carnivora! Questo prescindendo dal fatto che avendoti appena assunto, sapevo comunque che non eri degno di frequentare i sotterranei”.
“Che cosa vuoi fare con me? Uccidermi perché ho scoperto che quel mostro orrendo è il vero nutrimento della terra, prima di esser tanto succube del suo potere da costringermi a tacere? Temi che possa andare in giro a spifferare il tuo bel segreto, se esco di qui?”.
“Lo faresti? Non rispondere, è inutile. Ti ammazzerei in ogni caso. Se mi dici di si sarei costretto a farlo, e se mi dici di no a farlo con doppia efferatezza, a causa della rabbia generatami dalla balla colossale. Nessuno può vivere tra gli uomini che la ignorano per anni evitando la tentazione di spifferarla a chicchessia prima o poi. Nessuno! Ma prima del tuo triste epilogo… voglio farti vedere una cosa molto interessante. Tu credi di aver scorto una grande verità? E invece non hai saputo che trarre fortuitamente la sola punta dell’iceberg! L’angolo scoperto di un sistema immensamente più grande! Vieni, sporgiti con me”.
Si diresse innanzi alla vetrata rilucente e contemplò compiaciuto quel che stava al di là. Paul intravedeva qualcosa muoversi lento e pesante. Si avvicinò con cupa circospezione.
Di là, c’era uno spazio cilindrico profondo decine di chilometri, quasi completamente occupato da quella che a prima vista pareva una massa gelatinosa verdastra lievemente tremolante per quant’era molliccia, era invece a ben vedere costellata di centinaia e centinaia di occhietti, socchiusi per la maggior parte, mentre altri ricolmi di vene rossastre si guardavano pigramente attorno. Per quel poco che c’era da vedere. Quella cosa vivente era a forma cilindrica, e si estendeva verso l’alto e verso il basso per un numero imprecisato di chilometri. Da quell’esigua postazione, era persino difficile valutarne a grandi linee la circonferenza.
Lo sbalordimento di Paul, o per meglio dire il punto in cui i nodi venivano al pettine, non raggiunse l’apice in quel punto riflesso ove la meraviglia si trasforma in angoscia e viceversa fino a che non vide quelle tubazioni flaccide che si stagliavano verso l’alto in direzione della cosa-insetto.
“Il nutrimento di Clara!”, strillò il supremo come per dar voce ai suoi pensieri riflessi. “E non solo il suo. Ci sono anche Vanessa, Federica, Noemi… eccetera. Tutta una lunga serie di signorinelle che, fino a centinaia di chilometri da qui, concimano le mie proprietà! E tutte sono sapientemente nutrite dal qui presente Max Barattolo, un tempo conosciuto come primo cancelliere del pianeta Nubek”.
Paul si domandò per quale diavolo di motivo tutti si ostinassero a chiamare quelle… cose, con dei nomi propri di persona. Che quello fosse il segno più risibile dell’effetto delle creature sulle loro menti, circuite al punto tale che arrivavano più che naturalmente a considerarli come esseri senzienti loro pari, nonostante la palesità del contrario. Solo quando questa considerazione fu sedimentata a pieno, si prese a considerare l’ultima affermazione del supremo, il fatto cioè che l’ammasso gelatinoso e occhiuto fosse l’ex cancelliere di un altro pianeta.
“Cosa intendi dire?”, domandò Paul.
“Le notizie a proposito si perdono nella notte dei tempi. Dal padre di mio padre di mio padre di mio padre eccetera, un mio lontano avo di cui di volta in volta a turno abbiamo ereditato l’azienda, deve aver svolto qualche viaggietto nello spazio con la Xsas, la società statale aerospaziale che imperava a quei tempi, e in uno di questi era capitato su quell’allegro pianeta sempreverde dal nome Nubek. Una volta comprese in fretta le enormi potenzialità del Max, dato che nonostante non si fosse ancora avviato all’imprenditoria ne possedeva già tutte le doti sotto il profilo dell’intuizione, aveva ben pensato di portarlo con sé sulla navicella, e sotterrarlo in questo anfratto non appena tornato sulla terra. Oh, di certo non era così grosso a quei tempi, era ancora un germoglio. Lo abbiamo rincoglionito per bene con dei tranquillanti, in modo che neanche volendolo possa mandare tutto al catafascio. Anche se dubito fortemente che lo farebbe mai, in fondo ci vuol bene… e anche noi gliene vogliamo”:
“E come ha fatto a diventare così grosso? Come lo nutrite?”.
“A parte le dosi quotidiane di tranquillanti e antiossidanti non gli diamo proprio un bel niente. Di che avrebbe bisogno un essere tanto perfetto?”.
Paul si schiantò addosso ad un déjà vu da stordimento: quella era la stessa idea dello zio al piano di sopra in merito a Clara.
Fece una smorfia di disgusto e disse: “Mi perdoni ma… non ho ben capito se mi sta prendendo in giro o cosa. Ha appena finito di bollare come degli scemi cosmici quelli al piano di sopra, perché vivono nell’ingenuità di considerare la loro bella Clara come a se stante e completamente autonoma, e ora fa la stessa identica cosa col qui presente Max Barattolo?”.
La sua sorpresa mista rabbia era tanto più schizzata verso l’alto dal momento che aveva sempre istintivamente disprezzato gli atteggiamenti simili, nel campo della politica o della comprensione della storia per esempio. Quelli che sono in grado di grattare di un poco sotto la coltre delle verità ufficiali, propagandate, per poi elevare quel che si trova appena sotto come verità rivelata senza rendersi conto che è anch’essa condizionata. Così facendo, assumono l’identico atteggiamento di chi vorrebbero contrastare, il che è doppiamente disdicevole.
Dietro a questa considerazione, talmente stringente che gli mandava in pressione un immane quantità di sangue raggrumato nella parte retrostante del cervello, sospettò però che anche il supremo, pur con tutto il suo argentario di carattere, fosse ipnotizzato dal gran potere della sua bestia. Eppure, posto che vi fosse qualcosa al di sotto del Barattolo a nutrirlo, per quale motivo i molti che erano discesi lì di sotto non l’avevano mai trovato? Se l’avessero fatto, ne avrebbero fatto parola. A meno che sul fondo angusto di quel percorso a ostacoli non si trovasse un fiume di sangue. Questo pensiero incrinò di un poco il suo ottimismo nelle possibilità dio risolvere l’enigma. Lui non aveva niente di più degli altri per farcela.
Il supremo disse: “non c’è niente qui sotto che nutre il Barattolo. Come potrebbe esserci? Hai mai studiato l’ABC della geologia? Anche i bambini sanno benissimo che nessun essere vivente può sopravvivere poco al di sotto di questa profondità. Dovrebbe esser pieno zeppo di metalli disciolti e schifezze varie, là sotto!”.
“Posso andare a dare un occhiata?”, domandò di getto Paul. Subito si rese conto di non saper render conto del perché l’avesse detto così d’istinto, senza la benché minima valutazione dei rischi. Fu la risposta del supremo a rincuorarlo… se così si può dire.
“Non vedo perché no. Dal momento che devi morire, tanto vale che tu lo faccia con le tue mani”. Sarà stato anche un ragionamento estremamente cinico, ma in fondo aveva ragione. E poi, era tanto elevata la sua curiosità giunto a quel punto, che se il supremo non avesse acconsentito gli si sarebbe lanciato addosso per una lotta impari ed una sconfitta certa, stritolato dai suoi famosi arti d’acciaio. “Dovrebbe esserci una porticina con apertura elettronica, a lato. Percorri la scala dietro di essa, e il resto sono fatti tuoi. La usavamo un tempo per iniettare i tranquillanti a Barattolo, prima di installare il sistema automatizzato”.
Abbassò l’apposita leva nel quadro di controllo e la porta si aprì, riassorbita orizzontalmente dal lato sinistro. Un aria gelida e pungente come vento invernale li avvolse. Barattolo fece una lieve contrazione spastica, aprendo sonnolente di un poco gli occhietti, segno del fatto che si era accorto della loro presenza.
“Accomodati!”, ringhiò il supremo ironicamente, come gli stesse mostrando la sua camera da letto in un hotel a cinque stelle.
  
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