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Autore: beagle26    14/03/2014    4 recensioni
New York. Elena fa da assistente in un importante studio di PR di Manhattan. E' indipendente, determinata, ma dal punto di vista sentimentale è molto fragile ed immatura, a causa di una serie di situazioni che hanno messo alla prova le sue rigide convinzioni e minato le sue certezze.
Damon è tornato in città dopo un lungo viaggio in giro per il mondo. Si porta dietro un bagaglio di esperienze straordinarie, ma non è riuscito a liberarsi di ciò che lo tormenta. Tende a mettere alla prova le persone, a mostrare solo il lato peggiore di sé nascondendo un profondo bisogno di essere accettato.
Dal testo:
"Da qui posso vedere bene il profilo della Statua della Libertà, una piccola sagoma verde immersa tra le nuvole. Così ben piantata a terra, lo sguardo fiero puntato all’orizzonte, mi ricorda un po’ me stessa fino a poco tempo fa.
Oggi però la mia libertà la voglio immaginare diversamente.
Come una piuma che ondeggia nell’aria e si appoggia su un ramo per godersi un raggio di sole.
E poi, in una giornata di pioggia, un’improvvisa folata di vento la porta via con sé… ma non fa niente. Potrebbe essere un bel volo."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 10
 
I’m looking for a place to start,
But everything feels so different now.
Just grab a hold of my hand,
I will lead you through this wonderland.
Water up to my knees,
But sharks are swimming in the sea.
Just follow my yellow light
And ignore all those big warning signs.
***
Sto cercando un posto da cui cominciare
Ma ora tutto sembra così diverso.
Prendi la mia mano e basta,
Ti condurrò in questo paese delle meraviglie
L’acqua mi arriva alle ginocchia,
Ma gli squali nuotano nel mare.
Segui la mia luce gialla
E ignora tutti quei grandi segnali di avvertimento.
 
Yellow Light – Of Monsters and Men
 
 
“Mi chiamo Will. Will Nolan.”
 
Abbasso le mani sul tavolo di fronte a me, mi ci aggrappo con tutte la forza che ho. Mi gira la testa.
Cerco di mantenere una calma che è solo apparente, perché dentro mi sta divampando un fuoco.
Will mi fissa con quegli occhi di ghiaccio, gli occhi di suo figlio. Riesco a odiarli esattamente quanto amo quelli di Damon. E ora tutto il resto perde definizione: la nostra lite, la perfidia  di Rebekah, le parole dure con le quali siamo stati in grado di ferirci.
Tutto questo non ha più importanza, ci metto una frazione di secondo a capirlo.
Adesso conta solo Damon.
 
Devi essere forte per lui, Elena, e lo farai perché ne sei innamorata. Perché lo ami, con le sue luci e le sue ombre. Non importa quello che lui prova o non prova per te, non puoi permettere che questo fantasma venuto dal passato gli faccia ancora del male.
 
Continuo a ripetermelo, mentre osservo ancora per qualche secondo l’uomo che mi trovo di fronte.
Il suo sorriso di cortesia non fa altro che accrescere il mio disgusto.
 
“Cosa è venuto a fare qui?” sibilo a denti stretti, la voce distorta dal disprezzo.
 
“Come dice prego?” chiede, visibilmente disorientato dalla mia reazione aggressiva.
 
“Ho detto, cosa è venuto a fare qui. Tutto il coraggio che le è mancato per trent’anni è saltato fuori proprio adesso?”
 
Lo vedo boccheggiare per un attimo, completamente spiazzato dalle mie parole e dalla consapevolezza che conosco il suo segreto. Il suo sguardo diventa liquido, colmo di una tristezza che non merita di provare.
 
“Chi è lei?”
 
“Non è importante chi sono io. Mi fa schifo, anzi no, al diavolo l’educazione, mi fai schifo razza di bastardo.”
 
Per un lungo istante ci fronteggiamo in silenzio. Fatico a tenere a bada il mio respiro, agitata da una rabbia furibonda che fino ad oggi credevo di essere incapace di nutrire. Il cuore mi sta esplodendo nel petto, devo aprirmi il bottone della giacca per poter respirare meglio.
 
“Signorina, non so cosa le abbiano raccontato ma la prego, ho bisogno di parlare con Damon.”
 
“Per fare cosa, ferirlo ancora?”
 
“Voglio solo sapere se sta bene.”
 
“Non sta bene affatto, ok? Gli hai rovinato la vita.”
 
I suoi occhi vacillano, scrutano i miei per un lungo istante, per poi abbassarsi, accompagnati da un profondo sospiro. Lo vedo portarsi le mani tra i capelli in un gesto nervoso, che ricalca alla perfezione quello che più volte ho visto fare a Damon.
 
“Lo so, ho sbagliato tanto, ho sbagliato tutto. Ma mi permetta di parlare con mio figlio, per una volta. Non mi neghi questa possibilità.”
 
Suo figlio. Certo che ha una bella faccia tosta.
 
“È troppo tardi. Non devi azzardarti a fare richieste. Come puoi pretendere una possibilità quando a lui non ne hai offerta nessuna?”
 
“La prego…” chiede di nuovo, con voce supplicante.
 
E adesso non so cosa fare. Non è la sua insistenza a rendermi insicura, ma il pensiero di Damon.
Incontrare il padre è quello che ha sempre desiderato. Guardarlo in faccia per la prima volta, riconoscersi, gridargli il suo odio, poter dare un nome a quell’angoscia che porta dentro.
Ma è anche ciò che nessuno di chi gli vuole bene ha mai ritenuto giusto per lui. Né sua madre, né suo fratello, né il suo migliore amico. E nemmeno io.
Da una parte so che il confronto con Will sarebbe pericoloso e deleterio per lui, per il suo equilibrio già così precario. Damon è fragile, ha sofferto, non riesce a guardare avanti schiacciato da un passato troppo ingombrante. Eppure io non sono nessuno per potergli negare di affrontare la realtà. Devo avere fiducia in lui, consentirgli di scegliere.
Per l’ultima volta guardo l’uomo davanti a me, i suoi occhi che implorano una pietà che non può meritare.
 
“Seguimi.”
 
Sento il suono ritmico dei miei tacchi sul parquet chiaro, seguito da quello più ovattato dei passi incerti di Will, che mi viene dietro senza dire una parola. Dopo aver attraversato una porta a vetri, ci ritroviamo nella sala adiacente, circondati dagli sguardi delle donne fotografate da Ric. Sguardi cupi, impauriti, speranzosi. Tutte le emozioni incombono su di noi da quelle grandi immagini in bianco e nero e si riflettono dentro di me.
 
“Siediti lì e non muoverti.” gli intimo, con un gesto secco della mano ad indicare un divanetto poco più in la.
 
“Grazie.”
 
“Non ringraziarmi. Non lo sto facendo per te.”
 
Quando entro nella sala riunioni, la conferenza stampa è in pieno svolgimento.
Ric sta parlando alla platea dal tavolo dei relatori, piuttosto emozionato e notevolmente in conflitto con il nodo della sua cravatta, mentre alcune diapositive scorrono alle sue spalle.
Lo osservo sconsolata, pensando a quanto avrei bisogno del suo sostegno e della sua pazienza in questo momento. In prima fila posso scorgere Damon che siede a fianco a Stefan. Cammino rasente al muro per non farmi notare, fino a raggiungere una posizione da dove entrambi possono vedermi.
Quando Damon si accorge di me mi rivolge un’occhiata cupa e nervosa. Gli chiedo di avvicinarsi con un cenno della mano, per poi fare la stessa cosa con Stefan, che sembra perplesso, perfino più del fratello. Entrambi però ascoltano la mia muta richiesta, si alzano e mi raggiungono.
 
“Che c’è Elena?” chiede Damon a denti stretti, gli occhi gelidi e un tono che, per quanto stia parlando a bassa voce, tradisce comunque uno strascico dell’irrequietezza provocata dalla nostra lite di poco fa.
 
“Dobbiamo parlare.”
 
“Adesso?”
 
“È importante.”
 
Lo prendo per un braccio e lo trascino fuori con me. Stefan non capisce ma ci segue comunque.
 
“Allora, mi vuoi dire che ti prende Elena? Se hai intenzione di fare una cosa a tre con mio fratello per vendicarti di ieri sera, sappi che le mie perversioni non arrivano fino a quel punto e…”
 
“Tuo padre è qui, Damon. Will è qui. È venuto a cercarti.” dico, tutto d’un fiato, senza mollare la presa sul suo braccio. I suoi occhi si svuotano in un istante, mentre serra i pugni. Posso sentire i muscoli contrarsi sotto la giacca, il suo respiro accelerare.
 
“Che stai dicendo Elena?”
 
“Ha letto della mostra… è qui.”
 
“Ma come… Damon sta calmo. Avevi deciso di non incontrarlo, il fatto che lui sia qui non significa niente. Non devi vederlo se non vuoi.”
 
La voce di Stefan mi giunge alle orecchie come un rumore indistinto, intenta come sono a controllare le reazioni di Damon che sembra essere ogni secondo più sconvolto. Ci metto un attimo di troppo a realizzare.
 
“Avevi deciso di non incontrarlo? Cosa… quando… perché?” gli chiedo confusa, cercando una spiegazione nei suoi occhi.
 
Dalla profondità del suo sguardo, che si incolla silenziosamente al mio, la risposta mi arriva forte e chiara, quasi come se me la stesse urlando nelle orecchie: “Per te, Elena.”
Ed è allora che capisco tutto.
La telefonata di ieri, il suo bisogno di dirmi quella cosa importante, il suo disappunto che poi forse ha sfogato con Rebekah. Ma poi… sarà andata veramente così? Adesso non sono più così sicura di aver capito bene, di averlo ascoltato veramente.
E poi le sue parole, la sua richiesta di fiducia.
E le mie, di parole.
La mia rabbia nell’accusarlo di non saper accettare l’amore degli altri, la sua reazione sconcertata.
Tutto mi scorre davanti agli occhi come un film che si riavvolge al contrario, giusto il tempo che mi serve per rendermi conto che ho rovinato tutto con la mia assurda gelosia e la mia mancanza di tatto.
Il tempo di rendermi conto che ormai è troppo tardi.
 
“Dimmi dov’è.”
 
***
 
Quando entro nella sala lo trovo seduto su un divanetto di velluto rosso, gli occhi bassi, i gomiti appoggiati sulle gambe e le mani intrecciate fra di loro.
 
“Guardami in faccia bastardo.” gli urlo, prima che la vista mi si annebbi del tutto. E lui lo fa. Solleva lo sguardo. Nei suoi occhi posso vedere il riflesso dei miei, proprio come ho sempre immaginato.
Mi assale una profonda fitta di disgusto.
Quando si alza per venirmi incontro perdo definitivamente ogni forma di autocontrollo.
Serro il pugno e lo colpisco alla mascella con tutta la forza che ho. Lo vedo barcollare e poi cadere a terra stordito e disorientato. La mano mi fa male, ma il percepire la sua paura mi riempie di una soddisfazione intensa, che si stempera nel mio stomaco insieme alla rabbia e al risentimento.
 
“Damon ti prego, calmati. Non fare così.”
 
La voce di Elena mi arriva smorzata, così come la sensazione della sua mano che sfiora lieve la mia spalla, scendendo piano ad afferrare la mia. I suoi grandi occhi cercano i miei, le sue dita si stringono attorno al mio pugno.
 
“Per favore. Non ne vale la pena.” mi prega, senza distogliere lo sguardo. Ma è come se non la vedessi veramente. Stefan ci osserva poco distante senza dire una parola.
Will tossisce e si massaggia piano la guancia dolorante. Eppure mi affronta, ha ancora una volta il coraggio di sollevare gli occhi nei miei.
 
“Assomigli tanto a tua madre.”
 
“Proprio commovente! Non nominarla. Non ti conviene darmi un altro motivo per spaccarti la faccia.”
 
“Ti prego Damon, lasciami parlare. Non credo che tu sappia la verità.”
 
“Oh Stefan hai sentito? Un altro paladino della verità. Quante ne devo sentire ancora? Perché sto perdendo il conto.” rispondo furiosamente, rivolgendomi a mio fratello che rimane in silenzio, le braccia abbandonate lungo i fianchi e l’espressione colpevole.
 
“Forza, raccontami come hai fatto ad lasciare sola una ragazzina di sedici anni dopo averla messa incinta. O di come l’hai derisa davanti a mio zio quando è venuto a cercarti, trattandola come una puttana.”
Lo sfido con le mie parole dure, ma sento la mia voce incrinarsi.
La mano di Elena non abbandona la mia, la stringe sempre più forte. Sono costretto ad aggrapparmi a lei per non prenderlo a calci mentre lo vedo sollevarsi dal pavimento e avvicinarsi a me di un passo.
 
“Non è così che è andata Damon. Lasciami parlare, poi sarai libero di fare quello che vorrai, anche ammazzarmi di botte. Ne hai tutto il diritto.”
 
Non ho più voglia di rispondergli. Guardo prima mio fratello, poi Elena, cercando in loro una forza che sento mancarmi. Perché è tutto così diverso da come me lo ero immaginato? Perché adesso che lo ho colpito, che l’ho insultato non riesco a sentirmi meglio?
 
Avevano ragione loro.
 
Non è così che riuscirò a riempire i miei vuoti. Ci sono arrivato troppo tardi, ma lo avevo capito anche io. Allora perché il destino ha deciso di giocarmi questo scherzo?
 
“Ascoltalo Damon.”
 
La voce di Elena interrompe il filo intricato dei miei pensieri. Mi fissa con i suoi occhi grandi e fiduciosi, e sono sicuro che stia cercando di trasmettermi tutto il suo coraggio, quello che a me manca in questo momento.  
È di nuovo vicina, presente, lucida. Ho ricominciato a sentirla, come l’ho sentita ogni giorno, ogni minuto da quando è entrata nella mia vita. È di nuovo lei, la mia Elena, testarda, audace e forte.
E adesso so che ci crede ancora, con quelle dita che afferrano le mie, mi parlano, mi promettono che lei è e resterà qui con me, per me.
 
“Avanti, dì quello che devi dire e facciamola finita.” ribatto a denti stretti.
 
Will prende fiato, completamente spaesato, e cerca di avvicinarsi di un passo, ma lo blocco aprendo la mano libera di fronte a me e rivolgendogli un’occhiata tagliente.
 
“È vero, tuo zio è venuto da me a dirmi della gravidanza. Su questo hai ragione. Io e tua madre non stavamo più insieme e io non ne ero innamorato, lo ammetto. Ma quando l’ho lasciata non avevo idea che fosse incinta e sono certo che non lo sapesse ancora nemmeno lei. Ed è vero, quando tuo zio me l’ha detto ho avuto paura. Una paura terribile, non sapevo cosa fare.”
 
“Così ti sei tolto il pensiero dicendogli che non eri sicuro di essere il padre, giusto? Complimenti sei un vero uomo. Cosa vuoi adesso, un applauso?”
 
Per tutta risposta lo vedo scuotere la testa demoralizzato, per poi tornare a guardarmi con aria dispiaciuta.
 
“Lo accetto Damon, sul serio. Hai tutto il diritto di odiarmi, ma quello che ti hanno raccontato non è del tutto esatto. Quel giorno tuo zio non era solo. C’era anche Giuseppe con lui, il tuo padre adottivo. E non sono venuti per convincermi a farti da padre, semmai il contrario.”
 
Il mio sguardo rimbalza da lui a mio fratello, a Elena, che mi stringe più forte la mano e ne accarezza piano il dorso col pollice.
 
“Calmo, va tutto bene. Fallo finire Damon.” la sento bisbigliare sottovoce.
 
Stefan è pallido, ha gli occhi spalancati e l’aria confusa. Si avvicina a me e mi poggia una mano sulla spalla prima di rivolgersi a Will con un tono rabbioso che non gli appartiene.
 
“Cosa stai cercando di insinuare?”
 
Will sospira, lanciando un’occhiata fugace a mio fratello per poi ritornare a concentrarsi sul mio viso.
 
“Giuseppe era innamorato di tua madre, Damon. A quanto ho capito per lui era una vera e propria ossessione. Voleva sposarla, voleva averla a qualunque condizione. Mi ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di renderla felice, che ti avrebbe cresciuto, amato, senza chiedermi niente.
E tuo zio era d’accordo con lui. Sono stati bravi, hanno fatto leva sulle mie insicurezze. Io ero solo uno squattrinato, non avevo nulla da offrire né a lei né a te. Non me ne sono reso conto subito, ma è evidente che anche tuo zio ha tratto i suoi vantaggi dal tagliarmi fuori. Perché è questo quello che volevano che facessi. Mi hanno chiesto di sparire per sempre dalla tua vita e da quella di tua madre, di farle perdere completamente le mie tracce in caso lei mi avesse cercato, e io ho accettato.”
 
Respiro a fondo, sperando che eliminare quell’aria pesante dai polmoni mi aiuti a restare lucido. Credevo di aver toccato il fondo dopo il racconto di Stefan, ma a quanto pare mi sbagliavo. Sembra che non ci sia fine al peggio nella squallida storia del mio fottuto ingresso in questo mondo.
Ed è pena ciò che provo adesso di fronte al mezzo uomo di fronte a me, che parla concitato con la voce malferma e le mani che gesticolano nervose. Un uomo insicuro, diverso da come l’ho sempre immaginato, ma non meno colpevole. Più sento la sua voce esporre altri miseri dettagli sul mio passato, più la rabbia lascia spazio alla commiserazione per la debolezza che traspare dalle sue parole. E se possibile mi fa ancora più schifo di prima.
 
“Così hai pensato bene di scegliere la via più facile, lasciando agli altri il compito di gestire i tuoi casini. Credi di impietosirmi? Rimani sempre un bastardo. Patetico, ma sempre bastardo.”
 
“Forse hai ragione, all’inizio lo sono stato. Ma cosa avrei potuto fare? Ho creduto che sarebbe stata la soluzione migliore. Solo più tardi ho capito che avevo fatto un terribile errore e sono tornato a cercarti. Ho scoperto che Giuseppe aveva fondato un’azienda qui, a New York e sono andato da lui chiedendogli di poterti conoscere. Desideravo davvero farlo Damon. È stato lui a impedirmelo. Ha detto che stavi bene, che non dovevo intromettermi e che non avrei mai dovuto azzardarmi a mettere piede in casa vostra. Ho avuto paura, non volevo farti del male. Oggi venendo qui mi sarei accontentato di conoscerti, accertarmi che stessi davvero bene, senza sconvolgere il tuo equilibrio. Non avevo idea che tu sapessi di me.”
 
Ho smesso di ascoltarlo. Adesso la mia attenzione è tutta per Stefan, che sento vacillare al mio fianco. E lo so cosa sta pensando. Si sente in colpa per gli errori di suo padre, ancora una volta. Un uomo egoista, che per tutta la vita ha mentito alla donna che diceva di amare per paura di perderla. Ripenso a lei, a mia madre, che ha vissuto sempre nella menzogna, che è stata ingannata dalla sua stessa famiglia per convenienza. Però Stefan è una vittima quanto me, e adesso tocca a me sostenerlo.
 
“Mi dispiace, Damon.” mi dice con un filo di voce, le pupille ridotte a due punte di spillo annacquate dalle lacrime.
 
“Va tutto bene, Stef. Sta tranquillo. È tutto a posto.” lo rassicuro, staccandomi per un attimo da Elena, per stringergli una spalla con forza.
 
“Dimmi qualcosa Damon. Prendimi ancora a pugni se vuoi. Me lo merito.”
 
La voce di Will mi giunge alle spalle, costringendomi a voltarmi nella sua direzione. E per la prima volta non sento niente. Né rabbia, né pena, né schifo, né fastidio. Solo indifferenza e vuoto.
 
“Non ho più nulla da dirti. Sei un povero codardo e io non ho intenzione di perdere altro tempo con te. Stai già facendo i conti con la tua coscienza e questo mi basta.”
 
Proprio in quel momento la porta si spalanca e la sala si riempie di persone. La conferenza stampa è terminata. Stefan rimane immobile, ancora visibilmente scosso.
 
“Vieni Stef, usciamo un attimo.”
 
“Damon..”
 
Due voci mi stanno chiamando contemporaneamente, ma riesco a sentirne soltanto una. 
 
“Elena è tutto a posto, mi serve solo un minuto con mio fratello. Aspettami qui e dai una mano a Ric. “
 
La vedo annuire, poi varco la porta senza più voltarmi indietro.
 
***
 
“Complimenti Rebekah, è stato un incontro molto interessante. Pubblicherò sicuramente la notizia nel numero in uscita.”
 
Il mio capo rivolge un sorriso trionfale e assolutamente fasullo all’uomo che ha appena parlato, mentre io gli porgo il cappotto e una busta con la cartella stampa.
In questo momento sono sinceramente grata che i miei compiti si limitino a gesti puramente meccanici. Non ho la forza né la presenza di spirito per parlare con nessuno.
Dopo che Damon è uscito con Stefan, Will ha iniziato a farneticare, supplicandomi di stare vicino a suo figlio come lui non ha mai potuto fare.
La mia nota compassione per il prossimo deve essersi presa una vacanza: non sono nemmeno riuscita ad ascoltarlo. Mi sono semplicemente allontanata ignorandolo, alla ricerca di Ric, che quando ha saputo quello che è successo ha abbandonato la sala per cercare Damon e Stefan, facendo ritorno mezz’ora dopo.
Avrei voluto seguirlo, ma non me la sono sentita di interrompere un momento così delicato, così privato.
Una volta salutato l’ultimo giornalista Rebekah se ne va, non prima di avermi piazzato davanti il telefono di Damon con un sorrisetto sarcastico.
 
“Ci pensi tu a restituirglielo?”
 
Non sono caduta nella sua provocazione. Adesso sono sicura che c’è una spiegazione a tutto.
Se Damon mi ha chiesto di fidarmi di lui deve esserci un motivo. Voglio credergli, e mi aggrappo alle sue parole, a tutto quello che abbiamo vissuto insieme, con ogni parte di me.
Questa volta saprò aspettarlo, saprò ascoltarlo. E nel frattempo mi farò bastare i suoi sguardi di prima, quando quei pezzi di cielo che ha al posto degli occhi cercavano coraggio nei miei.
Mi affaccio alla grande vetrata che dà  sul cortile interno, ormai buio. Questa giornata infinita sta finalmente giungendo al termine.
La sagoma del palazzo getta un’ombra bluastra sulla coltre di neve immacolata che ricopre il piccolo spiazzo. Tutto sembra immobile, congelato e silenzioso, mentre cristalli candidi continuano a scendere dal cielo plumbeo, accumulandosi gli uni sugli altri, trovando ognuno il proprio posto. Allora respiro, mi lascio travolgere dalla serenità di questa immagine, sperando che riesca a calmare tutte le paure che si agitano dentro di me.
 
Quando entro nella sala per recuperare alcuni documenti ci trovo Damon, seduto di spalle proprio di fronte alla grande foto che lui stesso ha scattato. Mi prendo un attimo per osservare in silenzio la sua sagoma scura e immobile, prima di avvicinarmi e sedermi al suo fianco. Mi guarda per un secondo, per poi rivolgersi di nuovo all’immagine di fronte a noi.
 
“Ehi.” mormoro, quasi impaurita di distoglierlo dai suoi pensieri.
 
“Ehi.”
 
“Sembri…”
 
“Fammi indovinare. Affascinante? Bellissimo? Irresistibile?” scherza, con un lieve sorriso a sollevargli un angolo della bocca. Sorrido anche io. È sempre lui, con la sua capacità innata di sdrammatizzare anche i momenti pesanti come questo.
 
“Mmmh. Si anche. Ma stavo per dire tranquillo. Stefan sta bene?”
 
“Un po’ scosso ma gli passerà. È Stefan, è forte… Senti Elena, ho bisogno di parlarti. Riguardo a Rebekah. Non è successo niente, non so cosa ti abbia detto. Ci siamo presi un caffè insieme e nient’altro. Beh lei ha bevuto il caffè, io un bourbon. Ero incazzato nero. Forse un po’ ho voluto farti del male, almeno all’inizio, perché ero arrabbiato con te. Ma non ce l’avrei mai fatta ad andare fino in fondo e forse non era quello che voleva neanche lei. In realtà credo che le interessasse solo capire cosa c’è fra e me e te, per fartela pagare.”
 
Sospiro, e non so se sia più per il sollievo di sentire queste parole o per commiserazione verso me stessa. Quanto sono stata stupida? Mi sento colpevole mentre lo guardo, invece lui sembra rilassarsi. La sua calma innaturale mi provoca una strana sensazione di ansia, come se avessi paura di veder esplodere la sua rabbia da un momento all’altro.
 
“Scusami Damon. Non ti ho lasciato nemmeno il tempo di spiegarmi. Ero così gelosa, arrabbiata, dispiaciuta, che non ho capito più niente. Perdonami. A proposito, questo è tuo. Me l’ha dato lei.”
 
Gli allungo il cellulare. Lo prende e lo mette in tasca, però non lascia andare la mia mano. La trattiene fra le sue. Un gesto che mi scalda il cuore, anche se non scaccia del tutto la sottile inquietudine che continua ad agitarmi.
 
“Credevo di averlo perso. Me lo avrà fregato quando sono andato a pagare. Che stronza. Comunque, ora che l’inaugurazione è stata fatta, ho intenzione di tagliare i ponti con lei anche a livello lavorativo.” sbuffa con irritazione.
 
“Mi dispiace solo per la sua assistente sexy…” aggiunge poi, strizzandomi l’occhio.
 
“Non importa adesso… vorrei solo sapere come stai.”
 
I suoi occhi si posano di nuovo su di me. Così limpidi credo di non averli mai visti. E come sempre mi imprigionano, mi confondono. E mi mancavano tanto, come tutte le volte che non ce li ho addosso. Lo vedo alzarsi, camminare nervosamente avanti e indietro portandosi le mani alle tempie.
 
“Come sto? Non lo so Elena. Sai, per tutta la vita, ogni fottuto giorno da quando ho ricordo, mi sono sentito incompleto. Credevo che incontrare Will mi avrebbe riallacciato a quella parte di me che mi mancava, che mi faceva sentire solo. Poi ho capito che sbagliavo, che volevo andare avanti. E questo è successo quando sei arrivata tu.”
 
Sorrido alle sue spalle, e proprio adesso le lacrime che per tutto il giorno non ne volevano sapere di uscire, si affacciano tutte insieme appannandomi la vista. Cerco di parlare, ma lui mi blocca con un gesto brusco.
 
“Fammi finire Elena. Devo cercarla in me stesso, quella parte mancante. L’ho capito solo adesso. Altrimenti non smetterò mai di sentirmi… difettoso. Se ti usassi per riempire i miei vuoti, farei l’ennesima cazzata della mia vita. Non posso appoggiarmi a te solo perché mi fai sentire meglio. Come farei se poi tu andassi via, come è successo prima? Non so… mi sembra di aver sempre vissuto in funzione degli altri. Non so nemmeno cosa voglio fare della mia vita, faccio un lavoro che mi fa schifo solo perché volevo assecondare Giuseppe. Se ci penso… sono proprio un grandissimo coglione. Capisci quello che voglio dirti?”
 
Ho rotto definitivamente gli argini. Le lacrime mi bagnano le guance. Resto immobile guardandolo vagare davanti a me e mi rendo conto che se non parlo adesso non riuscirò mai più a dirgli quello che voglio. Quello che so.
 
“Certo che lo capisco. E ti starò vicino, non voglio andare via da te, perché io… mi sono innamorata di te, Damon.”
 
Mi avvicino a lui e porto le mani al suo viso, cercando i suoi grandi occhi sgranati e confusi, agitati come un mare in tempesta. Il suo sguardo sorpreso viaggia su di me. Sulle mie gambe scoperte, sulla scollatura della mia camicia, sulle mie labbra. Poi sento il suo respiro affannato sulla mia bocca e il suo odore così vicino che mi da alla testa. Le sue dita si aggrappano ai miei capelli e le sue labbra si incollano alle mie in un bacio pieno di passione, di voglia, di noi. E finalmente posso sentire di nuovo il suo sapore sulla lingua, i suoi denti che mi mordono con delicatezza, le sue mani che scivolano sotto la camicia e mi stringono, mi pretendono. Riesco a sentire bruciare le sue carezze fino al centro del mio corpo. Credo di non averlo mai baciato così prima di oggi. Allora perché è tutto così pieno di assenza? Perché sa tremendamente di addio?
 
*********
Zzzz zzz zzz… guardate che vi sento! State russando? Svegliaaaa è finito! :D
Scherzi a parte, perdonatemi se è tanto lungo questo capitolo e se è stato noioso (spero non eccessivamente). Non vi nascondo che ho fatto un po’ fatica a scriverlo, sia perché è pieno di dialoghi e avevo paura fosse monotono, sia perché mi ha provata un po’ emotivamente (Non ci crederete ma è proprio così!)… siate buone please, che lo sapete che sono nuova e inesperta!
Allora stavolta un po’ di spiegazione ci vuole.
Will alla fine non è il perfido che tutti ci aspettavamo, non per questo è meno colpevole. È un uomo talmente debole che Damon non ci prova neanche gusto a sfogarsi con lui. Il vero mostro è sempre Giuseppe.
Però l’incontro con Will e perfino la lite con Elena a causa di Rebekah, che si rivela essere tutta una montatura della bionda, fanno fare un passo decisivo a Damon. Ha capito che la soluzione dei suoi tormenti non verrà mai dall’esterno ma deve partire da lui. Insomma deve fare pace con sé stesso. Avete mai sentito dire che non puoi amare gli altri se prima non ami te stesso… ecco io ci credo parecchio in questa cosa.
Sicuramente gli incontri che si fanno possono innestare un cambiamento in noi, ma tutto deve venire prima da dentro, altrimenti è impossibile una vera condivisione con l’altro. Vabbè meglio che per oggi mi ritiri eh??!!
Prima una parolina per Elena, che è stata brava e alla fine ha deciso di dare un nome ai suoi sentimenti.
Ragazze spero che la storia continui a piacervi anche se a volte può risultare strana…riflette la personalità di chi la sta scrivendo :0) … vi annuncio inoltre che l’epilogo è abbastanza vicino (penso.. boh!).
Chi è arrivato sveglio fino a qui vince un premio! :D
Bacio
Chiara
  
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