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Autore: Lys3    14/03/2014    1 recensioni
Tutti a Capitol City amano gli Hunger Games. Tutti tranne Leo.
Lui è diverso, lo è sempre stato fin da piccolo, ma nessuno comprende le sue ragioni. E in un mondo così grande, così forte, lotterà nel suo piccolo per far valere le sue idee in una società travagliata da questi Giochi mortali.
Martia era una ragazza come tante altre. Questo prima di vincere gli Hunger Games. Ora lotta per non perdersi nei suoi incubi, per mantenere la sua famiglia che sta cadendo verso l'oblio e per dare a sé stessa una speranza di una vita migliore.
Dal testo:
“Siamo diversi. Apparteniamo a due mondi diversi. E questa cosa non cambierà mai. [...] Vuoi un ragazzo che ti salvi dagli Hunger Games, non uno il cui padre ha progettato la tua morte.” [...]
“Ti sbagli. Tu mi salvi dagli Hunger Games. Mi salvi dagli Hunger Games ogni volta che mi guardi, ogni volta che mi stringi la mano, ogni volta che mi sorridi. Ogni singola volta in cui tu sei con me, mi sento libera di nuovo, come se nulla fosse mai accaduto. [...]”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Nuovo personaggio, Strateghi, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23 - Fratelli e amici


Il treno iniziò a rallentare. La folla urlante aspettava proprio dietro la porta la nuova Vincitrice.
A Martia sembrava così strana quella situazione: era identica a quando lei aveva fatto ritorno a casa per la prima volta, solo che stavolta era il turno di Mags.
Lasciò scendere per prima la ragazza che corse ad abbracciare i suoi genitori. Poi la folla urlante si complimentò con lei e, quando quasi tutti furono andati via, anche lei scese e si diresse verso casa.
Non c'era nessuno ad aspettarla, così con lo zaino in spalla e i suoi vecchi abiti che aveva indossato la sera prima, tornò al Villaggio dei Vincitori.
Aprì la porta di casa e annunciò: "Sono tornata!"
La testa di Liz, incorniciata dai lunghi capelli, sbucò dalla porta della cucina mentre Erik e Monika si precipitavano giù dalle scale per abbracciarla.
Era incredibile quanto potessero sembrare più grandi dopo solo qualche settimana di assenza. Il piccolo Erik aveva soli sette anni ma era più alto della sua età, mentre Monika ne aveva solo sei e cercava, anche se spesso inutilmente, di sembrare grande come tutti gli altri.
"Ehi, piccoli. Come state?" domandò lei stringendoli forte.
"Bene! Anche se Sam oggi non mi ha fatto andare a pescare con lui. Dovresti dirglielo che ormai sono abbastanza grande!" protestò Erik.
"Be' proprio perché sei grande devi rimanere a casa a badare a Monika e Liz se io non ci sono" rispose Martia, solo per evitare che la discussione col bambino si prolungasse all'infinito.
"Io invece mi sono scocciata di stare a casa. Non vedo l'ora che viene l'inverno così posso tornare a scuola e vedere le mie amiche. Devono sempre aiutare le madri a pulire il pesce in estate, che pizza!" disse Monika.
"La prossima volta aiuta Liz a cucinare, così non ti annoierai" propose Martia. Poi si diresse in cucina, dove mille pentole bollivano sui fornelli e dove sua sorella minore l'accolse con un abbraccio. "Sto preparando un grande pranzo. Verrà anche Issa. Dobbiamo festeggiare il tuo ritorno" disse.
Martia fu felice di aiutarla mentre i bambini tornavano di sopra a giocare. Ne approfittò per parlare di Leo. Le raccontò tutto nei minimi dettagli, attenta a rimanere fedele alla realtà, senza esitare a descriverle attentamente ciò che sentiva quando era con lui.
Anche se lei e Liz avevano ben cinque anni di differenza, lei era molto matura per la sua età e Martia sentiva di poterle raccontare tutto, di avere la certezza che lei provasse a capirla.
Le fece anche vedere la loro foto. "Non sembra male" commentò lei. "Basta che tu sia felice per me, anche se come ben sai potrebbe portare tanti problemi una situazione del genere."
Martia non rispose. Le aveva raccontato tutto così rapidamente perché aveva una domanda che le ronzava in testa da troppo tempo. "Come lo dirò a Sam?" Le sembrava qualcosa di impossibile da fare. "Prima di tutto questo credevo sarebbe stato difficile confessargli di avere un ipotetico fidanzato. Ma adesso che lui è di Capitol City mi sembra assurdo anche solo dirglielo. Lo sai com'è protettivo, dopo tutto quello che è successo. Se fosse per lui nessuno di noi uscirebbe mai più di casa."
"Deve capire che questa è la tua vita. Se tu sei felice deve esserlo anche lui. Alla fine questo Leo è un bravo ragazzo. E poi sei tu la sorella maggiore, non può importi proprio un bel niente" rispose Liz.
La verità era che Sam non sembrava affatto più piccolo di lei. Avevano solo un anno di differenza ma lui aveva la stazza di loro padre, alto e con le spalle larghe e le braccia forti. Lei aveva il fisico di sua madre, di media statura. Così, all'apparenza, lui sembrava essere il più grande in famiglia. E poi era lui a pensare alla maggior parte delle cose.
Dalla morte di Paul e della loro madre, Sam si era caricato le più grandi responsabilità, cercando di alleggerire il peso che già gravava su di Martia.
Dal momento in cui era tornata, che lo aveva visto piangere per Paul, non si era mai lasciato andare. Era sempre stato imperturbabile, anche di fronte alla notizia di un suo ritorno a Capitol City.
Quando spalancò la porta di ritorno dalla pesca, si lasciò sfuggire un ampio sorriso nel vedere sua sorella e corse ad abbracciarla. Martia lo strinse forte, nonostante l'odore di pesce che per lei ormai era odore di casa.
Poco dopo arrivò la sua migliore amica, Issa, e anche altri amici e iniziò il grande pranzo. Il pensiero di Martia, però, era sempre lo stesso. Era ansiosa e non riusciva proprio a mangiare. Così quando Sam si alzò per andare a posare i piatti in cucina, lei lo raggiunse di corsa. "Sam, devo parlarti."
"So che devi, ricordo perfettamente. Non preferiresti aspettare che gli altri vadano via?" rispose lui.
"No, Sam. Devo dirtelo ora. Ti prego." Adesso sembrava disperata, davvero disperata. Suo fratello la guardò con aria preoccupata: quel suo atteggiamento faceva presagire qualcosa di grave. In realtà l'unica cosa che preoccupava Martia era la reazione di lui.
Le prese il volto tra le mani  e la fissò con aria seria. "Cos'è successo?" Gli occhi blu di suo fratello, identici ai suoi, la osservavano attentamente. "Martia se c'è un problema dillo, lo risolveremo insieme."
"Sam... Io..."
"Ti puoi fidare di me, lo sai."
Non doveva dirglielo. Era tutto quello che le passava per la testa in quell'istante. Era una follia. Si sarebbe arrabbiato a morte e avrebbero finito col litigare. Da quanto non litigavano? Da prima che lei partisse per gli Hunger Games. Le circostanze successive avevano impedito loro di allontanarsi o anche solo di discutere. Non poteva rovinare tutto. "Ho un ragazzo ed è di Capitol City."
Aveva pronunciato quella frase tanto velocemente che Sam adesso la guardava con aria confusa. "Tu cosa?! Ho capito male, vero?"
Martia si discostò da lui. "Ecco, lo sapevo."
"Sapevi cosa? Che avrei dato di matto nello scoprire che stai con uno di quegli svitati? Be' non mi sembra una cosa strana" rispose lui, brusco.
"Sei proprio come tutti gli altri. Ti fermi solo alle apparenze" fece lei.
Provò ad andarsene, ma Sam l'afferrò per un polso e la costrinse a voltarsi. "E tu? Non vai forse troppo in là con le cose? Hai forse dimenticato che sono loro che ci lasciano morire di fame? Per colpa loro è morto papà, Paul e la mamma. Perché loro hanno tutti quei privilegi e noi no? Hai dimenticato che sono stati loro a spedirti in un'Arena?"
"Se solo avessi voglia di ascoltarmi mi avresti fatto finire di parlare e io ti avrei detto che il ragazzo di cui sto parlando è diverso dagli altri" protestò lei.
"Oh, be' sono tutti diversi all'inizio. Ma poi? Cosa cambierà? E cosa hai intenzione di fare adesso? Scaricarci qui e scappare via con lui per vivere nella lussuosa capitale?"
Il tono acido di Sam la stava infastidendo fin troppo. "Ecco perché ne ho parlato con Liz e non con te. Lei ha pensato prima di sputare giudizi a casaccio." Si liberò dalla stretta e andò in camera sua, sbattendo la porta. 
Se ne fregava della festa, se ne fregava di cosa avrebbero detto gli altri. Voleva stare da sola.
Avrebbe voluto chiamare Leo, ma non poteva. Si erano accordati che avrebbe telefonato solo di sera, sperando che ora sua fratello non riversasse su di lei la collera impedendole di telefonare.
Era nemmeno un giorno che non si vedevano e già le mancava, terribilmente. Lui adesso sarebbe stato lì al suo fianco, pronto ad ascoltarla o anche solo a stare in silenzio accanto a lei.
Se ne stette sdraiata sul letto, il viso affondato nei cuscini o rivolto verso il soffitto, fin quando non arrivò la sera. Sentì bussare alla sua porta e sentì qualcuno entrare.
Era convinta fosse Liz, ma quando si voltò vide Sam che nella luce fioca del corridoio se ne stava sulla soglia. "Possiamo parlare?"
"Parlare sì, se vuoi litigare puoi anche uscire" rispose lei.
Sam andò a sedersi accanto a lei e rimase un po' in silenzio. "Mi dispiace" disse d'un tratto. "Ho parlato con Liz e mi ha spiegato meglio la situazione." Martia non sapeva cosa dire. Era arrabbiata per il modo in cui l'aveva trattata ma non si sentiva nemmeno nelle condizioni di criticarlo: probabilmente lei avrebbe fatto lo stesso. "E' solo che... Sai bene quanto abbiamo sofferto per tutte le cose che ci sono accadute. E questa non può portare altro che continui problemi."
"Sam io non sto dicendo che ho intenzione di sposare questo ragazzo, di abbandonarvi o altro. E' solo che... Mentre ero lì l'ho conosciuto, lui c'è stato per me, è stato carino e gentile e insieme stiamo bene. Ora le cose non so come andranno, non ne ho idea. Ma non vi lascerò, mai, perché siete voi la mia famiglia. Non chiedo tanto. Voglio solo la vostra comprensione. Questa cosa non cambierà la situazione tra di noi."
Sam la guardò, senza dire una parola. Poi si chinò e l'abbracciò più forte che poteva.

Le dita di Martia tremavano nel comporre il numero. Non aveva mai usato il telefono e l'idea di parlare con Leo l'agitava molto. Quando il ragazzo rispose riconobbe subito la sua voce, ma ne percepì anche la stanchezza. "Ciao" disse lei in un sussurrò.
"Ciao" rispose lui dall'altro lato. Rimasero in silenzio, straniti da quella situazione.
"Il viaggio di ritorno è andato bene, a te come è andata?" domandò Martia.
Leo sospirò e raccontò brevemente gli ultimi avvenimenti. "Sono stato costretto a dire che sto con Verin, spero tu capisca."
In verità lei capiva, ma non accettava. "No, capisco. E' solo che... Adesso cosa succederà?"
"Nulla. Ne parlerò con lei, cercherò una soluzione. Ti prometto che tutto andrà per il verso giusto." Ma Martia rimase in silenzio, la cornetta vicino all'orecchio, incapace di reagire a quella notizia. "Ti farò sapere domani come è andata. Guarda il lato positivo: mi lasciano usare il telefono senza fare nemmeno una domanda." Di fronte al silenzio prolungatò, continuò: "E tu? Ne hai parlato con... Tuo fratello?"
"Sì. Non so dirti se mi aspettavo una reazione migliore o peggiore, ma alla fine è andata."
Stavolta fu Leo a rimanere in silenzio. Aveva tante cose da dire, ma nessuna sembrava adatta alle circostanze né tantomeno gli sembrava opportuno dirle attraverso il telefono. "Prometto che risolveremo questa situazione. In un modo o nell'altro troveremo un modo per essere felici."
"Sinceramente? Non credo ci sia un soluzione. Ci stiamo solo illudendo di poter modificare la realtà, di poter annullare la distanza, le differenze e i confini che ci dividono" rispose Martia, sperando in cuor suo che quello appena detto non fosse vero.

Leo aveva dato appuntamento alla ragazza in un bar poco distante dal centro. Lei si era presentata in perfetto orario e vestita di tutto punto.
"Ciao, vedo che ti sei ripreso alla grande" commentò Verin non appena arrivata.
"Sì, ma se sono qui è solo perché ho fatto qualcosa che non dovevo fare" rispose lui guardando le sue mani che si contorcevano nervosamente.
La ragazza lo fissava attentamente. "Cosa è successo?"
Leo esitò. Poteva fidarsi di quella ragazza? Cosa gli diceva che lei non avrebbe dato di matto e avrebbe spifferato tutto? Ma del resto lei era la sua unica possibilità. "Ti ho chiesto di venire per un motivo preciso. Il dottor Minos credeva che io stessi cercando di farmi ammazzare l'altra sera, ma non è così. Il discorso è che ho trovato una ragazza, ma tra noi le cose sono molto complicate. Ho provato a spiegarlo a Minos ma ho dovuto mentire sulla sua identità perché i miei non devono sapere chi è lei."
"Perché mai?"
"Perché non aproverebbero. Così ho mentito. Gli ho detto che eri tu la mia ragazza." Alzò lentamente lo sguardo, pronto alla reazione di Verin. Lei, invece, se ne stava seduta composta, con una calma sovrannaturale e lo guardava senza batter ciglio. "Me?" si limitò a dire.
"Ti prego non dirmi perché me o cose del genere. Tu sei una delle poche persone di cui posso fidarmi e per questo ho fatto il tuo nome. So che magari a te non sta bene, che tu avrai intenzione di frequentare qualche altro ragazzo, ma almeno per un po' ti sarei grato se solo assecondassi il mio gioco. Anche solo per qualche settimana."
Verin sospirò. "In realtà non ho programmi per quanto riguarda i ragazzi in questo periodo, anzi... A dirla tutta non mi dà nemmeno tanto fastidio quello che hai detto, anche se..." fece una pausa, durante la quale tenne gli occhi puntati direttamente in quelli di Leo. Poi abbassò lo sguardo e disse: "Anche se avrei preferito che fosse reale."
Leo non sapeva cosa dire. Non si aspettava una risposta del genere che ora lo lasciava perplesso e incapace di rispondere.
"Hai ragione, comunque. Ti puoi fidare di me e reggerò il tuo gioco. Ma voglio che tu faccia lo stesso con i miei genitori o con vari amici. Se te le chiedo devi fingere. Non pretendo baci in pubblico o altro, solo la tua parola come conferma. Noi nel frattempo continueremo ad essere amici."
Il cuore di Leo batteva all'impazzata. Gli sembrava impossibile ciò che stava accadendo. "Grazie, davvero. Vorrei tanto poter fare qualcosa per ricambiare."
"In effetti qualcosa c'è" si affrettò a dire lei. "Ma prima voglio che tu risponda con sincerità: è Martia, non è vero?" Gli occhi di Leo ebbero un guizzo improvviso nell'udire quel nome. "Lo sapevo" commentò la ragazza. "Si vede lontano un miglio."
"Ti prego nessuno lo deve sapere" disse lui avvicinandosi a lei per evitare che qualcuno lo sentisse.
Verin sospirò. "Sai, per solo un istante avevo creduto che forse la situazione tra di noi potesse aggiustarsi, migliorare. Comunque puoi fidarti, tranquillo. E devo anche proporti una cosa: ti interessa andare nei vari Distretti?"
Leo pensò di non aver capito bene e si limitò ad osservarla con aria sorpresa. Di fronte al sorriso sincero di lei, non solo capì che quella ragazza era davvero fantastica e che con lei sarebbe stato al sicuro, ma che non gli stava mentendo. "Come, scusa?"
"Se ti interessa conosco un modo per farti visitare tutti i Distretti. Senza la minima esclusione."
"Accetto" si affrettò a dire, senza nemmeno conoscere i piani della ragazza. Era disposto a tutto pur di rivedere Martia.






Buon pomeriggio gente! Premetto che ho riletto il capitolo molto in fretta perché sono con il pc di mia sorella e non  posso trattenermi a lungo, quindi perdonate eventuali errori. Come seconda cosa mi scuso se il capitolo vi sembrerà troppo lungo ma ho deciso di dare un taglio ai capitolo corti, insignificanti e che non fanno altro che allungare la storia. Se a qualcuno turba il dover leggere troppo probabilmente non dovrebbe essere su efp. Quindi... Credo che in cinque capitoli la storia finirà, anche perché ora, dato che Leo e Martia non si possono vedere, non c'è molto da raccontare. Il finale credo vi lascerà molto sorpresi o almeno lo spero. Ringrazio chi continua a leggere e recensire. A presto ^^
 
  
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