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Autore: Amens Ophelia    14/03/2014    7 recensioni
Il Team 7 danza spettralmente con le sue ossa fresche di sangue nel giardino degli eroi, per l’eternità, mentre le mie non si decidono a marcire.
Sono vivo.
Sono vivo?
Sono maledettamente vivo.

***
Mai più la sua voce, mai più i suoi occhi, mai più i suoi sorrisi.
Il mondo crollò così, senza preavviso; l'incredibile divenne realtà, la vita regredì a morte.
Erano soli, da sempre, ma non se ne resero mai davvero conto, finché lui non scomparve.
"Quanto vorrei che tu fossi qui", canta una canzone.
Naruto era comunque lì, ci sarebbe sempre stato.
-
Per Unrest ♥️
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Sabaku no Gaara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Wish You Were Here

 
 
 
«How I wish, how I wish you were here
We're just two lost souls
swimming in a fish bowl
Year after year,
running over the same old ground
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.»
 
(Wish You Were Here, Pink Floyd)
 
 

 
Konoha, primavera – credo. Anno… ha importanza?
 
Non so perché io stia scrivendo queste righe, non capisco nemmeno se siano un addio o un arrivederci.
Scrivere, poi! Come se io fossi minimamente paragonabile a Jiraiya-sama! Non ho ereditato nulla da lui, così come dal Quarto Hokage, se non gli insegnamenti e un credo ninja.
Guardate dove mi hanno portato, le mie certezze! Sull’orlo del burrone, anzi, al centro esatto di un buco nero.
Non c’è più nessuno. Mio padre, mia madre, Minato-sensei, Ero-sennin, Rin, Obito e… Naruto, Sasuke, Sakura, Sai. Non avrei mai immaginato di dover aggiungere anche i loro nomi, a quest’elenco; ne avrei fatto volentieri a meno.
Abbiamo vinto la guerra, ma a un prezzo oltremodo esoso. Non posso chiamarla vittoria, questa sconfitta che mi lacera il cuore.
Il Team 7 danza spettralmente con le sue ossa fresche di sangue nel giardino degli eroi, per l’eternità, mentre le mie non si decidono a marcire.
Sono vivo.
Sono vivo?
Sono maledettamente vivo.
 
Kakashi posò la penna, sospirando. Una lacrima solitaria, dall’occhio scuro, gli scivolò lungo la guancia ruvida ed emaciata, inaspettatamente scoperta. Aveva abbandonato la maschera; non provava più la necessità di nascondere il suo sorriso ironico, ora che era divenuto incapace di riprodurlo.
Osservò le due fotografie impolverate poste sulla scrivania, accarezzandole con uno sguardo liquido. Com’è che era ancora l’unico in vita? Perché lui? Per quale motivo la Moira, gelida e rapace, non l’aveva ancora carpito? Possedeva meriti speciali? No, nella maniera più assoluta.
Sentiva di dovere delle scuse e dei ringraziamenti ai pochi compagni reduci dalla guerra, al Villaggio intero, prima di andarsene, ma si limitò ad accartocciare quel foglio sul tavolo.
Sollevò il modesto bagaglio – uno zaino mezzo vuoto – e uscì dalla finestra della sua camera.
Avrebbe seguito il consiglio di Tsunade-sama e si sarebbe preso un periodo di pausa, per cercare di rimettere in sesto la sua esistenza. Non aveva garanzie di successo, ma avrebbe tentato, facendo ricorso alle forze rimastegli.
 
Un paese valeva l’altro perché, ovunque avesse messo piede, i ricordi di missioni più o meno recenti – e di sorrisi, di risate, di banali litigi – lo avrebbero raggiunto come una lama nello spazio fra le scapole, raggelandolo all’istante.
Acqua, Vento, Terra o Fulmine? Era una scelta indifferente, sarebbe andata bene qualsiasi alternativa, pur di lasciarsi alle spalle il Paese del Fuoco.
Il deserto gli si presentò sterminato, davanti agli occhi, e non poté evitare di ripensare a Gaara, al suo salvataggio… e Naruto. Oh, Naruto era così determinato a dare del suo meglio, per salvare il giovane Kazekage!
L’Hatake sorrise amaramente, mentre correva per il paesaggio arido, nei dintorni di Suna.
L’Uzumaki non aveva meritato quell’atroce fine, così come gli altri ragazzi.
Kakashi-sensei, non mi sottovaluti! Un giorno diventerò Kage, proprio come Gaara-kun!.
“Saresti stato un ottimo capo per la Foglia, Testa-quadra”, pensò l’uomo, prima di crollare al suolo, esausto e disidratato.
 
***
 
«Kakashi-sensei». Nessuna risposta. «Kakashi-sensei!», chiamò più forte di prima, una voce profonda e matura, totalmente inadatta per quel diciottenne.
«Mmh?», mormorò frastornato il jonin, risollevando la palpebra destra.
«Ha avuto un nuovo incubo, chiedo scusa per il risveglio brusco. Si sente bene?», domandò il Kazekage, preoccupato.
L’Hatake si prese qualche secondo, prima di rispondere, e si guardò attorno. Era in una stanza ben illuminata, di piccole dimensioni e ammobiliata con un semplice letto – su cui era disteso da chissà quanto tempo – un comodino e una sedia, da cui Gaara si era appena alzato.
«Sono ancora vivo?», domandò monocorde.
Il rosso non capì il senso di quella domanda: il trentenne sembrava quasi deluso nel constatare che il suo cuore battesse anche allora.
«Naturalmente», sorrise lievemente il ragazzo, inarcando le impercettibili sopracciglia. «L’ho trovata in mezzo al deserto, due giorni fa, privo di sensi».
«Avresti dovuto lasciarmi là». Nessuna emozione, nemmeno una minima traccia di riconoscenza. «Finalmente sarei morto pure io».
«Kakashi-sensei, non può dire certe cose…», sbottò stupito.
«Mi ricordi Naruto», sussurrò il Copia-ninja, abbozzando un sorriso.
Gaara chiuse gli occhi, rammentando il primo, unico amico, morto fra le sue braccia, un anno prima. Mancava tanto anche a lui, quanto un fratello.
«Ciò che ha detto è un onore, per me, ma un insulto alla sua memoria», affermò in tutta sincerità.
«Non essere modesto, Kazekage». Quell’espressione, finalmente, gli riportò nelle corde vocali la consueta tonalità serena; non riusciva ad essere formale, né irrimediabilmente affranto, di fronte a quel ragazzo che aveva visto crescere. Era stato un modello - oltreché una pietra miliare da raggiungere e sorpassare - per l’Uzumaki.
 
«Sono morto pure io, mi creda. Posso apparire in salute, quasi imperturbabile, ma è mera finzione. Tante volte mi chiedo perché io non sia deceduto sul campo, dal momento che non sono riuscito a salvarlo. Lui ha fatto tanto, per me! Voi tutti, anzi. Neji, Gai-sensei, Sakura… erano accorsi per debellare l’Akatsuki e liberarmi, o meglio, riportarmi in vita, mentre ora…». Si bloccò, strizzando gli occhi.
Kakashi si sollevò a fatica, puntando le mani aperte sul materasso e facendo forza sulle braccia. Strinse i denti, acuendo l’intensità di quel sorriso che, poco prima, gli aveva solcato il volto.
«Sei vivo, Gaara, e loro non potrebbero desiderare di meglio», affermò deciso, stringendogli una mano.
«Vorrei crederci, davvero, ma non posso», fremette, fra le lacrime.
 
L’Hatake l’obbligò a chinarsi con il busto in sua direzione, per regalargli un abbraccio inaspettatamente caloroso.
«Sei vivo, Gaara», ripeté in un sussurro, tra i suoi capelli cremisi, profumati di vento e sabbia.
Gli asciugò le lacrime con i pollici, guardandolo in quegli occhi incredibilmente chiari, contornati da occhiaie ancora più marcate di quelle che ricordava.
Eccolo lì, il dodicenne fragile che si nascondeva dietro la furia del demone Tasso! Finalmente era venuto allo scoperto, sciogliendo la frustrazione e il dolore in un pianto silenzioso, ma imperterrito.
Kakashi osservò le sue iridi color verde acqua e, per la prima volta, non vi vide riflessa la propria deplorevole immagine.
Sentì il rosso tirare su con il naso, esprimendo gratitudine, con la bocca sprofondata nell'incavo della sua spalla.
Quel ragazzo, con il volto di giovane uomo già temprato da troppi dolori, possedeva l’anima incontaminata, fanciullesca e vulnerabile che nasce solo dalla sofferenza. Nel giro di pochi secondi, Kakashi comprese che lo sguardo del diciottenne era la sua stessa salvezza perché, senza temere di dare dimostrazione della grande afflizione che lo costernava, era stato in grado di risanare le sue forze. 
Non aveva voce per ringraziarlo, ma poteva contare ancora sulle proprie braccia, seppur indebolite. Lo strinse forte, proprio come avrebbe fatto con un membro della sua squadra.
L’Hatake ebbe la certezza che la morte era lontana, finalmente.
«Sei vivo quanto lo sono io, ora, Gaara?».
 
Suna, torrida primavera. Anno… che importanza aveva?
Erano vivi, entrambi.

 


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 Questa fiction è nata ieri sera, per scommessa. S h i n  mi ha sfidata ("Maaaa... una KakaGaa, già che ci sei?"), e io non ho potuto tirarmi indietro XD Ecco, sì, era una shonen-ai, ma non mi convinceva troppo ahahah 
Così l'ho rimaneggiata e ho scritto una pura storia di sostegno, dolore, amicizia e ricordi. Uomini in fuga dai propri pensieri, ma ben consapevoli che i ricordi sono fondamentali per mantenersi in vita :) Oddio, non che ora mi convinca più di tanto, ma non importa :D 
La canzone... beh, chi non la conosce? Chi non la ama? Chi non prova i brividi, fin dalla prima nota? *-* Capolavoro assoluto! Mentre rivedevo la one-shot, la riproduzione casuale me l'ha iniettata nelle cuffie e nelle vene, perciò non potevo non citarla :)
Grazie a tutti per la visita! Spero di potervi sentire! 
Un bacio, 

Ophelia

 
   
 
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