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Autore: Earth    15/03/2014    2 recensioni
Vecchio titolo: Afterword.
Come ha fatto quel libro a finire in quella giacca? Come andarono le cose prima e dopo/dopo e prima di Manhattan?
Piccola ff di 4 capitoli sul Dottore senza il Dottore in cui ti racconterò la mia versione dei fatti e se pensi che non ci sia nulla di meglio da fare se non girovagare qui su efp prego: questa storiella è fatta a posta per te ^.^
Dal testo:
"...La città era già lontana, i binari curvarono a destra, ed eccola lì che apparve, come per un ultimo saluto, avvolta dai suoi palazzi che sfioravano il cielo, la bella e frizzante Grande Mela, mentre diventava sempre più piccola. E, come un bruco, che a pancia piena esce da un buco nella rossa buccia di quel malcapitato frutto, il treno si allontanò da New York..."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Amy Pond, River Song, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 3

In cui Amy ricorda le stelle




I passi di Rory si allontanarono, la porta della cameretta di Anthony sbatté e poi non si sentì più nulla. Amelia si alzò e cominciò a sparecchiare bicchieri, bottiglie e piatti, sistemò il sale sulla mensola delle spezie, in quello che ormai era il suo posto di diritto, tra il rosmarino e il peperoncino, ma poi si fermò.
Si voltò e si appoggiò al piano della cucina, mentre River raccoglieva dal tavolo una manciata di posate e le faceva scivolare sbatacchiando nel lavandino.
Non le piaceva quel silenzio, incrinato solo dal rumore delle stoviglie, le metteva una strana sensazione addosso, come un brutto presentimento, a cui non voleva dare retta. Ad un tratto si sentì la voce di Anthony che gridava qualcosa a proposito di un mostro che non pagava l'affitto dell'armadio e poi il rumore di un giocattolo di plastica che cadeva per terra.
« C'è qualcosa che non va? » le chiese River, avvicinandosi.
Sì, molto probabilmente c'era qualcosa che non andava, come un allarme che stava suonando nella testa di Amy già da un po', ma di cui lei non si era accorta, oppure aveva deliberatamente deciso di ignorare.
Alzò lo sguardo e incontrò il sorriso della figlia.
« Non lo so » le rispose un po' confusa « Dimmelo tu.»
« Io? » chiese River, ma il tono della sua voce non era esattamente quello di una domanda « Amy, non c'è niente che non vada. »
E allora, perché glielo aveva chiesto? Amelia cercò di capire da dove stesse suonando quel campanello d'allerta: forse era il forno che si era dimenticata acceso o la porta d'ingresso aperta, oppure qualcosa da ritirare in pasticceria, i biglietti d'auguri da mandare, o il gatto della signorina Hada che era scapato. Ma il micetto bianco e nero si era rifatto vivo quella mattina miagolando così forte da svegliare tutto il pianerottolo e gli auguri natalizi erano stati spediti con due settimane di anticipo, la pasticceria aveva finito tutti i panettoni con l'uvetta, la porta di casa era stata sbattuta fragorosamente quel pomeriggio e il formo era ormai freddo da almeno mezz'ora.
No, quel campanello non veniva dalla sua quotidianità, nè dalla sua realtà: quello che lo aveva fatto scattare era proprio lì davanti a lei e la stava osservando. Amelia sentì lo sguardo di River scansionarla dalla punta dei piedi fino alla sommità della testa, poi la vide sorriderle.
Sgranò gli occhi quando comprese che la dottoressa Song si era accorta che lei aveva capito e come quando giocava a mosca e sentiva le voci degli altri bambini gridare “fuochino – fuoco – fuochissimo” e poi ridere perché lei li aveva trovati, il campanello smise di suonare.
« River, che cosa è successo? » si sentì esclamare.
« Niente! stai tranquilla » ribatté sua figlia, evidentemente sorpresa dalla risposta improvvisa.
« Non è vero! » le intimò « Vanno bene le chiacchiere, giocare a riapparire e raccontare la storia della nostra vita ad Anthony, potrai ingannare Rory, ma non me! » e forse quella reazione fu esagerata, tanto che vide River indietreggiare di un paio di passi, ma solo adesso era riuscita a mettere a fuoco il nocciolo della questione e non aveva alcuna intenzione di rimandare la faccenda ad un moneto indefinito che non era certa sarebbe arrivato « Cosa sei venuta veramente a fare? »
« Adesso uno non può nemmeno fare una visita di cortesia ai propri genitori? Che ingratitudine! » le rispose la donna, voltandosi e dirigendosi verso la porta della cucina.
« River » sospirò Amy « va bene, scusami, non volevo essere così brusca, è solo che sei apparsa così dal nulla e ho passato una bella serata, ma non avrei mai creduto che ci saremmo riviste. »
« Quello è colpa mia. Volevo arrivare per il dodicesimo compleanno di Anthony, ma credo che qualche circuito del manipolatore del vortice si sia guastato; dovrò dargli un occhiata al più presto se non voglio finire con l'andare a zonzo a casaccio » disse, avvicinandosi al divano del salotto e cominciando a rovistare nella sua borsa.
Amy si appoggiò alla porta della cucina; quindi quella non sarebbe stata l'unica volta che sarebbe venuta, sarebbe tornata, di tanto in tanto, e a quel pensiero si trovò a sorridere. River frugò ancora per qualche istante nella sua borsa poi ne estrasse una cartellina marrone piena di fogli che scappavano di qua e di là.
« Senti...» disse, tornando verso di lei « A dire il vero c'è una cosa... »
Amelia sentì una morsa stringerle lo stomaco: perché non poteva essere passata solo per fare una visita di cortesia ai suoi genitori?
E quel Dottore? Amy sentì le parole pronunciate da Anthony solo pochi minuti prima riempirle la testa e solo allora si accorse del perché Rory aveva deciso che si era fatto tardi e aveva portato il bambino a dormire: non era veramente tardi e, nonostante il fatto che forse Anthony avesse veramente avuto sonno, non era per questo che lei e River si erano ritrovate a sparecchiare la tavola da sole.
« Tu fai la scrittrice, vero? » le chiese River, lanciando uno sguardo alla libreria di mogano scuro, carica di vecchi libri, che riempiva l'ingresso.
« Come, scusa? » le chiese Amy.
« Fai già la scrittrice? »
« Si, più o meno. Ho pubblicato un paio di racconti, ma adesso questo cosa c'entra? » chiese, non essendo certa di aver capito dove stesse cercando di arrivare.
« Va bene » le rispose River, passandosi una mano tra i ricci « Diciamo che a tempo perso ho voluto seguire il tuo esempio » e così dicendo le allungò la cartellina marrone.
Amy, anche se un po' titubante, la afferrò e se la rigirò tra le mani per qualche secondo, tastandone, sotto i polpastrelli, il cuoio liscio e, in alcuni punti, graffiato. Guardò River e poi di nuovo quel singolare mucchietto di fogli.
« Credo tu sappia già di cosa si tratta »
Amy la osservò interrogativa, poi si avvicino al tavolo del salotto, ricoperto di matite colorate, su cui erano appoggiati i suoi occhiali da lettura. Se li infilò con un gesto, che ormai era diventato automatico, e la aprì.
La prima pagina non era altro che un foglio bianco con al centro stampate solo due righe in una calligrafia leggermente sfumata:

“Melody Malone
Il bacio dell'angelo”


Amelia si voltò tanto velocemente che vide i suoi capelli rossi correre nell'aria. Conosceva quel nome e conosceva quel titolo: era quello del libro che stava leggendo il Dottore l'ultima volta che lo aveva visto: era la storia del loro addio.
« Che cosa significa? » chiese Amy.
River la osservò perplessa « Credevo lo sapessi » disse dopo qualche istante « prima o poi sarei stata io a scrivere il libro che...» ma Amy la interruppe: « Sì, lo so che cos'è, solo che non capisco. Perché me lo stai dando?»
River le sorrise e fu un sorriso piccolo e gentile.
« Quando sei scomparsa » disse « E il tuo nome si è inciso su quella pietra scura, accanto a quello di Rory, l'universo gli è crollato addosso. Tu eri qualcuno da cui tornare, una piccola certezza, l'idea di ordine in un universo che è in continua crescita e riduzione, che si crea e si distrugge e non rimane uguale neanche per un millisecondo. Eri un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi e quando sei scomparsa...»
« Io non sono scomparsa, io... » ma le parole le si incastrarono in gola. Il ricordo del Dottore che la chiamava, che la pregava di tornare nel TARDIS, di non sparire, di restare, le affollò il cervello.
« Hai fatto una scelta » riprese River « Ed è stata la scelta giusta. Ma per far sì che rimanga per sempre la decisione migliore ti chiedo un favore.»
Amy la guardò interrogativa: Un favore? Che favore?
« Dissi al Dottore che ti avrei chiesto di scrivere la postfazione, e lui corse via.» spiegò River « Si precipitò fuori dal TARDIS e, quando tornò, aveva in mano un foglio stropicciato. Non lessi cosa c'era scritto su quel pezzo di carta, ma credo che ora sia arrivato il momento per me di scoprirlo. »
Per qualche secondo nella stanza cadde il silenzio, mentre Amy cercava di convincere le sue corde vocali a darle ascolto.
« Che cosa devo fare? » riuscì a chiedere.
« Lasciagli qualcosa per non affogare. »
Amelia osservò il manoscritto che aveva in mano: in quelle pagine era scritta anche la sua storia, la fine di un capitolo della sua vita. Solo che lei non era finta con quel capitolo, volente o nolente si era ritrovata ad andare avanti. Ma forse questo il Dottore non lo sapeva.
« Amy? » River le poggiò una mano sul braccio, lei la guardò e le sorrise.
« Va bene » le disse « Fammici pensare solo qualche minuto. » e così dicendo sgattaiolò via verso il corridoio, stringendo quel mucchietto di fogli incastrati in quella cartellina di cuoio marrone.
Incrociò Rory che, molto probabilmente, aveva ascoltato buona parte del loro discorso, e gli lanciò uno sguardo e un sorriso, cercando di essere il meno malinconica possibile, mentre entrava nello studio.
Richiuse la porta dietro le sue spalle e si guardò intorno: la stanza era semibuia e l'unica luce proveniva dalla finestra dietro la scrivania. Vi si avvicinò e accese la piccola lampadina che vi era poggiata sopra.
Posò il manoscritto di Melody, tra la lampada e la macchina da scrivere, nella quale un foglio bianco se ne stava paziente ad aspettare che qualcuno si decidesse a colorarlo. E, dopo aver preso un bel respiro, si sedette. Non era sicura di aver capito cosa dovesse scrivere, ma in fondo aveva visto il Dottore strappare l'ultima pagina di quel libro, quel libro che stava leggendo solo perché gli piaceva la copertina.
Chissà se allora c’erano già le sue parole, quelle che doveva ancora scrivere, o se sarebbero apparse solo dopo che le avrebbe messe nero su bianco.
Amy si tolse gli occhiali e guardò dritto davanti a sé; oltre il vetro della finestra il suo sguardo attraversò la strada, si arrampicò sui palazzi e superò le case. Arrivò sui tetti bianchi e corse lungo il bordo della città che cresceva in lontananza fino a che non incontrò il cielo.
Era blu. Era ovviamente blu. Quello stesso cielo macchiato di stelle con il quale aveva aspettato per tutta una vita, per un frammento della sua vita. Eppure quello stesso universo, con i suoi pianeti, le sue stelle e i suoi abitanti non le era mai sembrato così vicino come adesso.
Lei lo aveva toccato e ascoltato e ricordava ogni istante di quello che era stato. Lei e Rory erano scappati. Forse solo lei era scappata, lui non aveva fatto altro che rincorrerla. Amy era stata pronta ad abbandonare tutto, anche quando credeva che sarebbe potuta restare ed era scappata di nuovo, ma quando Rory era svanito nel nulla, portato via da quell'angelo di pietra, non aveva potuto fare altro che raggiungerlo, perché sapeva che, nonostante tutto, non avrebbe mai potuto fuggire da sola.
Lui, il suo Dottore stropicciato, adesso era lì, ne era certa, da qualche parte in quell'universo disordinato, a salvare pianeti e a correre tra le stelle a bordo della sua magica cabina ovviamente blu.
Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Doveva scrivere l'ultima pagina di un libro.
L'unico libro che non avrebbe dovuto neanche aprire, ma che invece avrebbe letto fin troppo bene.
In fondo, però, sapeva esattamente cosa doveva dirgli.
Così Amy lasciò andare, ancora una volta, il cielo e le sue stelle e osservò il foglio bianco appoggiato davanti a lei, si rimise gli occhiali sul naso e picchiettò sui tasti metallici di quella nuova vecchia macchina da scrivere le prime tre parole di quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la postfazione di Amelia Williams:
Ciao, vecchio amico...







NdA:
Eccomi qui, in questo assolato sabato mattina a pubblicare il terzo apitolo ^.^
Spero tanto che la storia vi stia piacendo, o che almeno non vi faccia troppo schifo, e in qualunque caso sappiate che le recensioni sono sempre ben accette che esse siano negative, neutre o positive ^.^ Conoscere il vostro parere, cari lettrici/ori effepiani, è sempre utile, a migliorarsi e a capire dove si sta andando!

Bene, spero di non avervi annoiati troppo! un bacione e alla settimana prossima XD

   
 
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