Crossover
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Autore: mydaimonissnake    15/03/2014    1 recensioni
Come si stabilisce se qualcuno è buono o cattivo? Le creature della luce sono davvero tutte buone? E quelle dell'oscurità tutte malvage? La verità è che chiunque è libero di scegliere da che parte stare. Solo scacciando tutti i pregiudizi e guardando veramente nel cuore di ognuno si può capire gli altri. E nel momento del bisogno, quando il destino della Terra è in pericolo, i veri eroi si uniranno, indipendentemente dalle razze a cui appartengono.
I personaggi della fic saranno quasi tutti tratti da telefim, anime, libri e quant'altro, alcuni manterranno i loro veri ruoli altri invece avranno una storia diversa che spiegherò man mano.
Grazie in anticipo a chiunque leggerà.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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PERSONE MISTERIOSE
 


La dottoressa Kay Scarpetta era decisamente indispettita quel lunedì mattina. Il motivo era semplice, il suo capo l’aveva costretta ad accettare un’intervista per il Boston Globe. Ovviamente il problema non era il giornale, ma l’intervista, a lei non piaceva parlare con i giornalisti. Nemmeno se, come in questo caso, erano  dei bei ragazzi. Il giovane uomo con cui aveva parlato nell’ultima mezz’ora era forse uno dei più belli che avesse mai incontrato, peccato che fosse un giornalista, e che fosse decisamente troppo giovane per lei, non che  a lei interessasse. Non le interessava perché l’unico uomo al quale pensava ora, era Benton Wesley, suo marito. Kay se lo ripeté un paio di volte giusto per ribadire il concetto con sé stessa. Fortunatamente raggiunse la sala autopsie prima che i suoi pensieri scivolassero nuovamente su un ragionamento che ultimamente la preoccupava un po’, si stava davvero avvicinando ai sessant’anni. Aprendo la porta ogni precedente pensiero svanì dalla sua mente, la stanza non era affatto come l’aveva lasciata. Squadrò per bene i due uomini in piedi di fianco al cadavere, realizzando immediatamente che il più anziano aveva un’aria familiare, anche se non ricordava il suo nome. Erano comunque agenti dell’FBI, ormai li riconosceva subito, ma non facevano parte della squadra di Benton. La loro presenza non la sorprese molto, dopo l’uccisione della famiglia Wright era prevedibile che la polizia l’avrebbe chiamati. Quello che l’aveva sconvolta erano i cadaveri sui tavoli. Sicuramente non potevano essere stati gli agenti a tirarli fuori dalle loro celle frigorifere, ma allora chi poteva essere stato?
-Buongiorno dot…- l’uomo più anziano la stava per salutare ma lei lo interruppe, non c’era tempo per i convenevoli, doveva far chiarezza su quella situazione il prima possibile. –Avete idea di chi abbia tirato fuori i corpi dalle loro celle?- Entrambi la guardarono sconcertati, poi l’uomo, che se ricordava bene doveva avere come lei un cognome italiano, prese di nuovo la parola –Forse è stato il suo assistente, quando siamo arrivati era ancora qui e stava esaminando il corpo della signora Wright.-
-Il mio assistente?- la dottoressa lo ripeté con tono incerto, sembrava stranamente confusa. Quell’atteggiamento stava confondendo anche lui ora, così glielo ridisse cercando di essere ancora più chiaro –sì, il suo assistente Alexander, un ragazzo alto, moro… - tuttavia mentre parlava Rossi si rese conto che la donna non aveva idea di chi fosse questo ragazzo di cui le stava parlando. Un terribile dubbio si affacciò alla sua mente e girandosi a guardare Reid capì che anche il collega aveva il suo stesso sospetto. Fu comunque la dottoressa Scarpetta a confermare i loro pensieri, spiegando che lei non aveva nessun assistente e che nessuno dei suoi colleghi si chiamava Alexander, né corrispondeva alla descrizione che le era stata fatta.
 

Aaron Hotchner aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di molto strano, un qualcosa che gli sfuggiva. Era da un po’ che si era seduto alla scrivania, che i poliziotti di Boston avevano assegnato alla sua squadra, per stare solo a riflettere. Guardò di nuovo l’orologio, che segnava le quattro e cinquanta, erano trascorsi altri cinque minuti, gli pareva che il tempo stesse passando un po’ troppo in fretta. Aveva cominciato a sfuggirgli di mano già dalla mattina, subito dopo la telefonata di Reid che gli comunicava che avevano un sospetto, un certo Alexander con cui lui e Rossi avevano anche parlato un po’, credendolo un assistente della dottoressa Scarpetta. Chi era in realtà questo ragazzo? Hotch aveva detto loro di fare un identikit e mostrarlo poi a tutte le persone presenti in ospedale, ma nessuno l’aveva riconosciuto. Nemmeno Garcia era riuscita a trovare nulla, per ore aveva cercato notizie sul suo computer ma non ne aveva ricavato niente. Si erano sentiti un paio d’ore prima e la donna gli aveva assicurato che avrebbe continuato a cercare, ma a quel punto Hocth era convinto che non sarebbe servito a molto. In effetti l’unica cosa certa che sapevano di lui era il suo aspetto, Hocth era sicuro che il nome fosse falso, quindi in realtà erano punto e a capo. Tutte le loro speranze di catturarlo erano in mano ai cittadini di Boston, l’identikit era stato mostrato a tutti tramite il telegiornale a mezzogiorno e  all’una, e si erano accordati per farlo apparire anche a tutti quelli successivi.  JJ si era occupata di tutto con la sua solita efficienza. Avevano ricevuto già moltissime chiamate che i poliziotti avevano controllato scupolosamente, ma anche queste si erano rivelate tutte dei fallimenti.
Stavano facendo davvero tutto il possibile, Hotch era stato attento a non tralasciare nessuna possibilità, e nell’ipotesi che il misterioso Alexander non fosse l’S. I. che stavano cercando aveva chiesto a Prentiss e Morgan di seguire altre piste. Tuttavia le due famiglie uccise non avevano nulla in comune e parlare con tutti i loro vicini era servito a poco. Riepilogando la situazione e ricontrollando le mosse fatte, non riusciva a trovare niente di sbagliato, ma la sicurezza di aver gestito tutto al meglio delle loro possibilità non attenuava la fastidiosa sensazione che gli stesse sfuggendo qualcosa di importante. Facendo un sospiro sconsolato diede un’altra occhiata all’orologio, le cinque del pomeriggio, guardò poi fuori dalla finestra, il sole era ormai tramontato.
 

Alex spense la televisione e si alzò dal divano stiracchiandosi, da quando era tornato a casa dall’ospedale non aveva fatto altro che starsene seduto a guardare la tv. Non riusciva a ricordarsi l’ultima volta in cui si era annoiato così tanto, probabilmente risaliva a prima di incontrare Simona, da quando lei l’aveva accettato nel suo gruppo, la solitudine e la noia che riempivano le sue giornate erano svanite. Sorrise al ricordo del loro primo incontro, avviandosi ad aprire la porta, poi si concentrò sul suono dei passi fuori dalla villa a cui fece coincidere i propri, in modo che raggiungessero il portone nello stesso istante. Quando le aprì, la sua compagna non si sorprese minimamente, entrando in casa senza nemmeno rallentare il passo.  
-Bentornata mia signora, ed anche voi ragazzi. Prego entrate pure.- Alex parlò con tono solenne, mentre si spostava di lato per lasciarli entrare, e proprio come un perfetto maggiordomo fece loro anche un profondo inchino. Una volta chiusa la porta si offrì di prendere le loro giacche per appenderle, cosa che Oscar accettò ringraziandolo con un sorriso, chiaramente divertita dalla sua sceneggiata. Gli altri due non furono altrettanto gentili e invece di passargli le giacche preferirono tirargliele direttamente sulla testa, ridendo della sua performance.
-Ma che razza di modi!- si lamentò, -credevo che le persone di alto rango come voi fossero più educate! Nemmeno quando facevo lo stalliere mi lanciavano le cose in faccia in questo modo!- -Scusa Alex, hai ragione…- André era davvero mortificato, ma Simona lo interruppe –non ti devi scusare, ha iniziato lui a comportarsi come il buffone che in effetti è, se ora fa l’offeso è solo perché si diverte a lamentarsi, ormai dovresti saperlo.- -Sì, ma lui è molto più grande di me, dovrei ricordarmi di portargli più rispetto.- Intanto Alexander aveva appeso le giacche, e stava nuovamente aprendo la porta, -tranquillo André, Simo ha ragione non mi sono veramente offeso, poi lo sai in una famiglia conta più l’affetto del rispetto- lo rassicurò, facendogli un occhiolino e un grande sorriso.
 Poi si voltò a guardare i due fuori dalla porta e li invitò ad entrare.
 
 
Note:
Breve spiegazione, per chi non lo sapesse Benton Wesley è veramente il marito di Kay Scarpetta e lavora per l’FBI. Anche lui come gli agenti di criminal minds si occupa dei profili psicologici dei criminali. Oscar e André invece sono i protagonisti dell’anime Lady Oscar, mentre Simona è una mia invenzione. Spero sia tutto chiaro, in caso contrario chiedete pure, un saluto,
Snake
 
  
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