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Autore: Hope19972308    16/03/2014    0 recensioni
In un futuro apocalittico, dove l'America ha sottomesso tutta l'Europa, s'incontrano Alice e Shin.
Lei, abitante del Distretto 23, prima noto come Italia.
Lui, figlio dell'ambasciatore americano.
Non è la solita storia di lei che è una brava ragazza e lui è il 'bad-boy' che cambia per merito suo.
No.
Shin ed Ice sono due anime oscure, che scappano dal loro passato, detestano il loro presente e non credono in un futuro.
***
- E' così? Tuo padre ti ordina di rapire delle persone innocenti per degli stupidi esperimenti genetici e tu lo segui? - gridò la ragazza.
- Si, è così.- rispondo atono.
- Mi fai schifo.- dice con una faccia disgustata.
***
Guardai attentamente le sue mani, le nocche erano sbucciate e vi erano piccole cicatrici ovunque. Allora capì che io e Shin eravamo uguali.
[..]
- Perché lo fai? - dice guardandomi i polsi a sua volta.
- Per sentirmi ancora viva, sempre che questa possa essere definita vita. Tu perché lo fai? -
Parve sorpreso. Forse nessun altro si era accorto di quei tagli, oppure a nessuno era importato.
- Per la stessa identica ragione. Il dolore è pur sempre meglio di niente, giusto?-
Io annuì.
Si, noi eravamo uguali.
-
Genere: Drammatico, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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AMORE AMARO

CAPITOLO PRIMO
 
Non appena mi sveglio, mi ritrovo in una sala completamente bianca. Stranamente non sono legata, ma non vedo alcuna via d’uscita. Non ci sono finestre e la porta deve aprirsi dall’esterno, perché neanche la vedo.
Continuo a guardarmi intorno, ma l’unica cosa che noto, sono delle telecamere agli angoli del soffitto e un numero nella parete: 0431.

- Cosa diavolo volete da me? – grido guardando verso la telecamera. – Fatemi uscire! Io voglio uscire! – nessuno mi calcola, nessuno mi risponde.

Indosso una tuta, anch’essa bianca. Tutto questo bianco mi sta mandando in paranoia, sono stata sempre abituata ad usare colori scuri, poco accesi.
Sento uno strano rumore, mi volto e vedo un pezzo di parete, a quanto pare è quella la porta, alzarsi. Entrano il ragazzo con cui mi ero scontrata e altri due, tutti in giacca e cravatta.
Subito vado verso il ragazzo, ma uno dei suoi scagnozzi mi fa bloccare di colpo estraendo una pistola.

- Cosa diavolo vuoi da me? – urlo, questa volta al ragazzo.

Quello non risponde e fa un cenno all’altro scagnozzo che ha una sorta di tablet in mano. Quello annuisce e inizia a cercare qualcosa.

- Alice Bianchi, gruppo sanguigno 0 Rh-, altezza centosettantuno centimetri, peso cinquantuno kilogrammi. Colore occhi non identificato, capelli castano chiaro. – dice.

Il ragazzo si avvicinò a me, iniziò a girarmi intorno, lo seguivo con lo sguardo. Mi si parò davanti e mi guardò dritto negli occhi.

- Ghiaccio.- dice.
- Come scusami? – chiedo facendo un passo indietro.

- I suoi occhi, 0431, sono color ghiaccio.- dice tornando al suo posto. – E’ stata portata in laboratorio? Le hanno fatto le prime iniezioni? – dice rivolgendosi ai due, che scuotono la testa.

– No Signor Shin, ancora non ha ricevuto alcuna iniezione, ma presto verrà il suo turno e scopriremo se potrà esserci utile o meno.-
- Utile per cosa? – mi intrometto.
- Non sono fatti che le riguardano, 0431.- risponde il ragazzo, io mi incavolo. – Mi riguarda eccome! Sbaglio o parlate di me, del mio futuro e di fami iniezioni? –

- Cambio di programma: faremo la prima iniezione adesso. Voglio vedere se continuerà a parlare anche dopo con tanta determinazione.- dice il Ragazzo guardandomi.

Il suo sguardo è vuoto. Privo di qualsiasi emozione. Come al solito, mi sono complicata la vita. Che sciocca che sono.
Vengo immediatamente ammanettata e spinta lungo i corridoi di quel posto, il Ragazzo, Shin, cammina davanti a me mentre le guardie mi stanno alle spalle. Qui dentro è tutto così bianco, tutto così morto e uguale che mi stupisco di come coloro che lavorino qui riescano ad orientarsi.
Shin si ferma davanti a un piccolo aggeggio, si piega e fa sì che lo riconosca dall’occhio. Si apre un’altra porta che non ero riuscita a distinguere a causa di tutto quel bianco uniforme.
Entriamo in una stanza enorme che deve essere una sorta di laboratorio, mi guardo intorno: apparecchiature strane, gente immobilizzata mentre degli pseudo scienziati gli iniettano sostanze da colori strani.
Uno dei due agenti mi spinge e mi rendo conto di essermi fermata ad osservare, sconvolta.
Più andiamo avanti più la paura si impossessa di me e mi maledico mentalmente per aver risposto male al Signor Shin. Ci sono persone che si comportano in modo strano. Una donna sta gattonando, un bambino si comporta come un animale, dai ruggiti che emette, penso si tratti di un leone. Una ragazza corre furiosamente in tondo: sono quasi tutti chiusi in delle gabbie laser.

Arrivano a farmi sdraiare forzatamente in una sorta di sedia di quelle che hanno i dentisti, ma se tutti gli aggeggi di lato mi avevano spaventata, questi mi terrorizzavano.
- Colton, vai con la prima iniezione.-
- Ma Signor Shin, vostro padre desidera che le cavie vengano visitate prima di qualsiasi iniezione o esperimento.- cerca di intralciarlo Colton.

- Mio padre desidera anche che io vada nei distretti a prelevare gente per questi esperimenti. Quindi procedi.- dice con uno sguardo che non avrebbe ammesso alcuna replica.

- Come desidera lei, Signor Shin. –

Colton inizia a fare vari miscugli, alla fine viene davanti a me con una siringa piena di un liquido bluastro. Nei suoi occhi leggo un briciolo di rimorso, di malinconia. Sento le lacrime scorrermi lungo le guance, e mentre sento l’ago penetrarmi la vena e il liquido iniziare a scorrermi in essa, trovo la forza di girare la testa e guardare Shin, scoprendo che anche lui mi sta osservando.
 
(Shin Pov)
 

La Ragazza sta piangendo, mi guarda e io continuo ad osservarla a mia volta. Nessuno mi aveva mai risposto, e non sapevo se la cosa mi confortasse o mi desse fastidio.
La vidi cercare di aprire la bocca e parlare, sapevo fosse difficile, se le fosse andata bene avrebbe resistito alla prima iniezione, lei era una delle tre cavie avente il sangue Rh- e se la cura non avesse fatto effetto neanche stavolta, potevo dichiararmi morto. Non che la cosa mi potesse importare più di tanto , comunque.
Colton finisce l’iniezione, dovrebbe aver già perso i sensi, invece mi sta ancora fissando e non appena la guardia la libera, consapevole che è innocua, si riesce addirittura a mettere a sedere.
Le braccia penzolanti fra le gambe, lo sguardo basso e i capelli che le ricoprono gran parte del viso a causa della posizione.

- E' così? Tuo padre ti ordina di rapire delle persone innocenti per degli stupidi esperimenti genetici e tu lo segui? - grida la ragazza con non so quale forza.

- Si, è così.- rispondo atono.

- Mi fai schifo.- dice riuscendo ad alzare la testa. Sul volto, un espressione disgustata. Poi perde i sensi e Colton è costretto a sorreggerla.

- Porta 0431 nella sua camera.- gli ordino e lui facendo uno strano inchino, poiché sta reggendo la ragazza, si ritira.

Percorro ancora una volta quegli insulsi corridoi uguali e bianchi, colore che per giunta ho sempre odiato, e mi dirigo nel mio appartamento.
Ad attendermi all’interno, vi è mio padre.

- Padre, cosa fa lei qui? – chiedo con estrema calma.
- Ho saputo della ragazza, 0431 se non sbaglio. –
- Le voci corrono in fretta a quanto pare.- dico sciogliendo il nodo della cravatta e iniziando a sbottonare i polsini della camicia.

- Figliolo, se va male anche questa volta, sarò costretto a prendere il tuo, di sangue. Se l’iniezione invece di raddoppiarle i globuli rossi per donarmi del sangue, anche in questo caso li polverizza, sarò costretto a prosciugare te. Il mio povero corpo inizia a indebolirsi, Shin. – dice tossendo.

Si, perché quest’uomo che chiamo ‘padre’ non è realmente mio padre. Ha ucciso il mio padre biologico a furia di iniezioni e prelevazioni sanguigne. Poi, però aveva pensato bene di dire alla stampa che si era suicidato e lui, per fare un’opera benevola, mi aveva adottato.
La verità era che avevo semplicemente il suo stesso gruppo sanguigno e casomai avesse finito le cavie, allora sarei diventato io stesso la sua cavia.
Poi magari, alla mia morte avrebbe sotterrato il tutto come aveva fatto con mio padre biologico. Magari chissà, mi sarei suicidato anch’io.
Ma ciò che il mio ‘paparino’ non sapeva, era che avevo pensato sul serio al suicidio tantissime volte. E avevo deciso che avrei preferito uccidermi, che farlo vivere con il mio sangue. 


 

AUTRICE:

Eccomi con il primo capitolo della mia nuova storia.
Cosa ve ne pare?
Aspetto un vostro giudizio.

Sara.
xx
  
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