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Autore: Aki_chan_97    16/03/2014    7 recensioni
Millenni fa un'antica, mostruosa creatura venne imprigionata nelle profondità della terra dal Drago Rosso Cremisi. Egli chiuse la tomba dello sconfitto con cinque sigilli, che vennero in seguito affidati a cinque diversi esseri umani. Essi divennero i custodi dei cinque frammenti di potere del drago, e grazie alla loro presenza la pace poté regnare sovrana sul mondo. Ma mai nessuno, finora, aveva tentato di ricongiungere i segni insieme. Quale minaccia è appena comparsa all'orizzonte? Il Satellite, Neo Domino e il mondo intero rischiano davvero la loro pace? Riusciranno i possessori dei cinque sigilli a scoprire cosa sta accadendo per impedire in tempo il ritorno del demone vendicatore?
(YuseixAki) !!!! DISEGNI 12, 13, 14, E 15 AGGIORNATI !!!!
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*nello studio buio e incasinato della scrittrice*

Puntata speciale: ospiti speciali, la vendetta

Io: l’altro giorno ho corso come una furia sotto la pioggia senza ombrello, causa ritardo (e pioggia in testa). Ovviamente la prima cosa che pensai fu *Feel like: Yusei nel primo capitolo* LOL °w° mi sentivo stranamente euforica, e pensai a registrare tutte le sensazioni in testa correndo ancora più veloce XD (sono pazza, che vi aspettavate ù-ù) morale della favola: adesso sono senza voce TwT

Yusei: *silenzio - la sua faccia semi-soddisfatta esprime una sottospecie di “così impari a farmi passare i guai ù_ù” *

Io: *tossisce* ah già, oggi c’è un altro ospite da presentare c:

Aki: di che serie, stavolta?

Io: spiacente per voi, ma… sempre Zexal XD

Crow: se ti azzardi a riportare quella sottospecie di cornacchia-

Misael: veramente non ci sarà quel rifiuto di Vector oggi. Mi presento: sono Misael, imperatore barian-

Crow: freeeeeeeeeena frenafrenafrena, ancora Bariani?! Ah, no, aspetta… “quel rifiuto di Vector” hai detto? Ghehe vedo che non sono l’unico a non sopportarlo! Qua il pugno amico ewe

*bro-fist*

Io: già, fa parte della squadra di quelli che le hanno date di santa ragione a Yuma, direi che meritava che accettassi la richiesta di visita u.u

Aki: quell’ala sulla maschera ti dona ‘-‘

Misael: attenta a come parli, Miss. *Yusei lo guarda storto*

Aki: …almeno risponde “normalmente” e non è pazzo <_<

Yusei: … *continua a fissare Misael*

Crow: odierà Vector ma è pur sempre un bariano, e in quanto tale non voglio vederlo qui dentr-

C107: GGGRRROOOOOOOOAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRR!!! *si vede uno dei suoi occhi grande e grosso dalla finestra*

Crow: AH-!!! *infarto* C-COS’E’ O________O”

Jack: un drago, a quanto pare o_o

Yusei: è immenso o_o

Aki: ma che razza di Shyncro è? o_o

Misael: Shyncro? Questo è un mostro numero xyz ._. il migliore, s’intende u.u

*poker faces*

Tutti: …xyz?

C107: Roarrrrrrrr…

Misael: lascia perdere, Tachyon…

Io: e pensare che ora toccherà ai Pendulum… nostalgia portami via <_< però, devo dire che la personalità di Misael è riuscita a farci condurre una puntata NORMALE, grazie al cielo x’D vi immaginavate se c’era ancora Vector?

Crow: perdeva quelle quattro penne che teneva, ecco cosa.

Io: ...bene, Crow ha reso l’idea, a modo suo XD bene, direi che è tempo di [duellare] passare alle cose serie u_u  allora, ragazzi miei… anche qui riporterò il pov di yusei sugli stessi eventi del capitolo precedente :) sarà un po’ sintetizzato, ma completo. Chiedo perdono per la lunga assenza, oltre alla scuola, ho attraversato un blocco dello scrittore parecchio impiccioso (?)
Invece faccio i miei più sinceri ringraziamenti a Keily_Neko, BML951110, eli8600, iridium_senet, CyberFinalAvatar e playstation per le recensioni ed il sostegno! Visto che ci siamo, vi consiglio anche di leggere la ff Return of the Darkness ed i suoi sequel, specialmente  per appassionati di duelli :)
Inoltre, ringrazio anche coloro che seguono la mia storia come Valix97 (carissima :3), lady_eclisse, Darkan Kuso Dragneel, karter e Anna100, di nuovo eli8600 con CyberFnalAvatar, playstation e BML951110 ^_^ infine…

Disclaimer: la qui presente Aki_chan_97 non possiede Yu-Gi-Oh 5D’s. Altrimenti sappiamo tutti come sarebbe finito l’ultimo episodio della serie çwç
Bene, direi che possiamo passare al nuovo capitolo XD buona lettuuuuuuura :3
 


POV: Yusei

Aki l’aveva presa male, molto male. Era furiosa. Furiosa perché non le avevo dato fiducia, furiosa perché si era sentita… tradita? O molto più semplicemente perché l’avevo involontariamente esposta al pericolo. Ora però stava esagerando, in fondo, non era ancora successo niente…  Aveva cominciato a stuzzicarmi con parecchia acidità, e la cosa mi stava dando sui nervi. Il mio orgoglio alla fine prevalse, e mi spinse a ribatterle a dovere.

Pessima. Idea. Lei divenne improvvisamente calma, come se si stesse preannunciando una tremenda tempesta. Ripensai a quello che aveva detto: le sue parole mi avevano colpito molto.

“…a te interessa solo questo segno, non è vero?”

“Ti preoccupi solo di questo, perché potrà servirti. A te non importa niente di me, ammettilo!”

“Se non fosse per questo segno, saresti pronto ad abbandonarmi senza pensarci due volte, non è vero?!”

Avevo per caso dato l’impressione di voler approfittare di lei? No, o almeno, non ne avevo mai avuta la minima intenzione… eppure lei sembrava averlo dato per scontato. Come se… come se l’avesse già visto accadere, più di una volta.

Scrutai i suoi occhi a fondo, in cerca di risposte. Quelle iridi castane venate d’oro, per un attimo, avevano mostrato una cosa che non avevo ancora notato: dolore. Tanto confusione, rabbia e… dolore.  Emozioni che compresi, come non mai. Quella ragazza aveva sofferto, non sapevo cosa le fosse accaduto, ma… la comprendevo, perché era esattamente come me. Quegli occhi riflettevano il me stesso di anni fa, il me stesso che girovagava solo per le strade del Satellite senza un motivo per continuare a vivere, attendendo di vedere la sua luce, prima o poi. Non sapevo per quanto tempo avrei potuto reggere quella volontà trascinata e debole, ma fortunatamente il destino mi fece incontrare Jack e Crow… Quei due non sapranno mai quanto davvero furono importanti per me in quell’istante della mia vita. Al contrario, non mi sembrava che Aki fosse stata “graziata” allo stesso modo. Era ancora sola, terribilmente sola.

Eppure condivideva anche lei il nostro stesso segno, il nostro stesso destino. Perché doveva soffrire così tanto? Che motivo aveva di restare in questa solitudine? Più nessuno, ora. Che cosa avrei potuto fare, io? Cosa avrei potuto fare io per farla stare bene? Darle la ragione che cercava, ecco cosa. In fondo, eravamo uniti dalla stessa sorte, perché respingersi? Perché guardare alle differenze? Era come me, come i miei amici. Eravamo tutti coinvolti nello stesso grande disegno, in qualche modo. Non avevo ancora idea di cosa si trattasse davvero, o che ruolo giocassero in tutto ciò quegli strani poteri, fatto stava che… lei non era sola, non lo sarebbe più stata. Sentii il mio cuore stringersi: le avrei fatto vedere io la luce che cercava. Le avrei dato io un posto da poter chiamare casa.

Era ingiusto che Aki soffrisse così, non lo meritava. Aveva un cuore buono, e l’aveva dimostrato. Era stata gentile con me, e io le dovevo la vita. Però, nonostante fosse una ragazza così buona e premurosa, il mondo esterno non l’aveva accettata, anzi, l’aveva costretta a rinchiudersi in quel muro di spine che ora la circondavano. Era così triste, vedere un fiore così bello così straziato dal dolore così grande di venir respinto… un dolore che lei trasmetteva a tutti quelli che le si avvicinavano, attraverso quelle stesse spine che la difendevano. Questa barriera nascondeva dei petali rossi delicati… petali che a lungo andare sarebbero appassiti.

Dovevo raggiungerla. Dovevo oltrepassare quel muro di spine, anche a costo di farmi male. Un po’ di dolore fisico non era niente rispetto a quello che le avevo visto negli occhi. Non volevo vedere quella splendida rosa appassire. Dovevo arrivare al cuore di quei petali, perché dovevo dimostrarle che quelle spine non le servivano più. Non potevo permettere che quell’anima di fronte a me andasse perduta... Le avrei dato io la persona che lei cercava, la famiglia che le mancava. Come tra me, Jack, e Crow: non eravamo uniti per sangue, ma ormai ci consideravamo alla stregua di fratelli. Questo legame era tutto ciò che avevamo, e tutto ciò che bastava. La nostra ragione per vivere, in questo luogo disperato. Avrei accolto anche Aki: ormai la sua solitudine sarebbe stata solo storia antica. Sarebbe sbocciata gioia anche nei suoi occhi.

Tuttavia, l’impresa sarebbe stata ardua.

“Bugiardo, bugiardo, BUGIARDO!”

Avevo cercato di tranquillizzarla a voce, però l’effetto era risultato opposto. Cosa c’era che non andava? Che avevo detto di sbagliato? Non le stavo mentendo! Perché non mi credeva? La situazione stava diventando terribilmente pericolosa, ora che Aki stava dando sfogo ai suoi poteri. Erano di una potenza straordinaria, ma allo stesso tempo letali. Avrei fatto meglio a pensare di difendermi.  Il vento soffiava con una potenza micidiale, creando un vero e proprio tornado, ed Aki restava in piedi al centro. Fu allora che iniziai a sentire dolore: il vento trascinava con sé numerosi… petali. Petali e foglie, in più ad altri piccoli detriti molto affilati. Che ironia. Non potendo evitarli, cercai almeno di proteggere il viso dai numerosi graffi che mi stavano iniziando a ricoprire. Non avevo idea di quanti danni mi stessi procurando, tuttavia non potevo ritirarmi adesso, specialmente non dopo aver visto di nuovo quegli occhi, all’interno del tifone, stavolta vuoti, privi di emozioni, dalle pupille sfumate, uniformate a tutto il colore nocciola delle sue iridi… Sembravano senza vita, o meglio… senza coscienza.

“Io volevo fidarmi di te! Invece sei un bugiardo come tutti gli altri!!!”

In quel momento la terra tremò, e due lunghe corde spinate spuntate dalle travi del pavimento si fiondarono contro di me. Non ebbi tempo sufficiente per evitarle: quelle si avvinghiarono alle mie braccia, affondando con forza le punte affilate nella mia carne. Mi chinai gridando dal dolore, incapace di trattenere la voce di quell’agonia dentro di me, ma cercai di tacere il prima possibile, non volevo che Aki mi sentisse… troppo. Quelle corde mi tiravano verso il basso, e altre di esse avevano iniziato ad aggrovigliarsi attorno alle mie gambe, muovendosi più lentamente. Dovevo fare qualcosa, anche perché quel dolore mi stava facendo impazzire. Stavolta lasciai che mi guidasse l’istinto: avrei cercato di attingere ai miei poteri, sperando che ce ne fossero rimasti a sufficienza da poterli utilizzare. Posai le mani sulle corde che mi bloccavano le braccia, sentendo quegli aghi penetrare ancora di più col movimento. Strinsi i denti, cercando uno sfogo per quel dolore paralizzante… Stava diventando impossibile da sopportare… dovevo sbrigarmi. Raccolsi tutti i miei pensieri e li focalizzai in un unico punto. Non ricordavo fosse così difficile. Mi ci volle un po’, ma alla fine riuscii a congelare le fruste che mi tenevano legate le braccia, frantumandole in mille pezzi; anche le altre che avevano cominciato ad assalirmi si erano ritirate. Ma la mancata presa delle spine ora permetteva al sangue di fluire con maggiore rapidità. Caddi in ginocchio, in mancanza di energie per restare in piedi. Ricorrere ai miei poteri si era rivelato più difficile del solito, e le ferite peggioravano la situazione… mi stavo stancando considerevolmente, e la vista cominciava a offuscarsi. E come se non bastasse, il braccio aveva ricominciato a far male esattamente come l’altra notte, bruciando nello stesso punto dove si trovava il segno a forma di testa di drago. Era ancora più forte di prima, e io non sapevo fino a che punto sarei riuscito a sopportare tutto quel dolore che, ben presto, avrebbe avuto la meglio anche sui miei sensi. Facevo fatica a tener aperti gli occhi…

“AKI!” per un attimo sembrò tornare luce nel suo sguardo. Essendo rimasta nell’occhio del ciclone era fuori dal pieno raggio d’azione del vento, eppure quei petali taglienti non avevano risparmiato nemmeno lei: si stava lentamente coprendo di graffi, e dalla sua espressione potevo dire che se ne fosse accorta. Quel vento doveva cessare, ma doveva essere lei a farlo tacere.

“Aki, ferma questo vento! È pericoloso!”

“Non lo so fare, Yusei!”

Oh. No. No, no, no… fermi tutti. ‘Non ditemi che non li sa controllare!’ Ah, ora si spiegava tutto… più o meno. Diamine… Era vero che non era impresa facile imparare a dominarli, ma… possibile che a 17 anni compiuti non c’era ancora riuscita?! Io a 12 anni avevo già smesso di congelare oggetti a caso! S-sì, erano incidenti più o meno frequenti –una volta ne fu vittima anche Jack, e l’esperienza fu indimenticabile da tutti i punti di vista- però dopo un po’ riuscii a mantenerli sotto controllo fino a farli cessare del tutto. Ok, c’era solo una cosa che Aki poteva fare adesso, ed era cercare di imporre la sua volontà sui suoi poteri con tutte le sue forze.

“Concentrati! Usa la tua forza di volontà!”

Dopo poco, però, Aki sembrò dare segni di cedimento. Si teneva la testa come se le facesse male, e le sue gambe si stavano lentamente piegando sotto di lei, come se stessero sopportando il peso di un macigno troppo grande. Niente da fare, il vento non si fermava, non stava succedendo niente; i petali e le foglie infuriavano quasi peggio di prima, e lei non riusciva a fare nulla. Molto male, perché altre di quelle fruste si erano levate attorno a noi, contorte e pronte ad attaccare, come serpenti che fissano immobili la loro preda prima di assalirla con le loro zanne velenose. Così anche Aki si sarebbe esposta al pericolo, ma non sembrava accorgersi di niente, anzi, sembrava soffrire più di prima…

Poi non so bene cosa mi prese, perché in qualche modo trovai le forze per correre da lei, senza pensare, senza badare alle ferite o al dolore al braccio, né al vento che ci separava. Evidentemente doveva essermi passato per la testa l’inconscia idea -chissà, magari in memoria di qualche vecchia esperienza- che il contatto fisico potesse aiutarla ad impedire l’imminente tragedia. Aki sembrò aver perso tutte le forze in un colpo solo, perché non appena arrivai da lei mi cadde praticamente tra le braccia fino a farmi scendere in ginocchio. Sembrava aver perso i sensi, ma la situazione attorno a noi non era cambiata, quelle piante minacciavano ancora di attaccare a sorpresa. La strinsi sempre più forte, stavolta temendo il peggio. Eppure, nessuno dei colpi che mi aspettavo cadde su di noi. Anzi… quelle radici si bloccarono praticamente a mezz’aria. Il vento si era fermato. Le radici si erano dissolte.

Era finito, era tutto finito. Ce l’aveva fatta. Rimanevano solo i nostri respiri a pervadere l’aria attorno a noi. Dopo alcuni secondi netti che passarono immobili in un doloroso silenzio, sentii Aki muoversi leggermente. Doveva aver ripreso coscienza.

“Aki! Stai bene?”

“S-si…” sospirai, sollevato.

“Meno male. Mi dispiace… avevi ragione, avrei fatto meglio a dirtelo, a provarci almeno. Ti chiedo scusa.” Non avevo nemmeno riflettuto su quello che avevo detto, ero stato assolutamente spontaneo. Però dal tono di Aki potevo dire che adesso lei si sentiva terribilmente in colpa… insisteva sempre sulla stessa cosa:

“Che te ne importava se ci rimettevo io? P-Perché… non hai pensato a salvarti?”

Non potevo accettare parole del genere. Non potevo, affatto. Mi aveva preso per un tale egoista? Tuttavia, capivo il senso del suo discorso, e quanta amara verità nascondesse. Per un momento considerai l’eventualità di aprire uno spiraglio in più dalla mia anima, e rivelarle qualcosa in più di me, qualcosa di più profondo ed intimo che finora non avevo mai confidato ad anima viva: avrei giocato la mia ultima carta per riuscire ad arrivare fino al suo cuore e farle aprire gli occhi, ma parte di me continuava a fare resistenza. Optai per mettere tale capriccio a tacere: Aki si meritava questa fiducia, e soprattutto, ne aveva bisogno, adesso. Sospirai profondamente, e la staccai da me, guardandola negli occhi.

“Ascoltami, Aki. Non vedere il fatto di possedere i tuoi poteri come un male. L’ho capito, sai, quanto hai sofferto. L’ho visto, nei tuoi occhi.” Esitai, ancora in cerca di parole, ma poi mi feci coraggio ed andai avanti, man mano più convinto di prima.

“A volte mi sono chiesto, in passato, perché io avessi quegli strani poteri. Spesso non riuscivo a non provarne un certo disprezzo, perché tutti gli altri miei coetanei avevano paura di me. Pensavo che sarei rimasto solo per sempre, ma poi incontrai Jack e Crow. Furono gli unici a restare al mio fianco, gli unici a potermi capire davvero. A discapito di ogni previsione, quel marchio era riuscito a portarmi degli amici. Inoltre, vidi in quei poteri la possibilità di proteggere le persone a me più care al massimo delle mie forze. Fu quando lo realizzai, finalmente, che mi ripromisi di proteggerli tutti. Non è un caso che anche tu abbia questo segno, Aki. Nemmeno tu sei sola.”

E finalmente, l’ultima difesa cadde.

Aki scoppiò a piangere, lì su due piedi, davanti a me. Mi rattristava vederle lacrime sul viso, ma sapevo che questa volta avevano un valido motivo per cadere sulle sue guance. Mi sorprese quando mi si gettò al collo: irrigidii per un istante i muscoli ricordandomi dei vari danni che il mio corpo si era procurato, ma mi morsi la lingua e cercai di non farlo notare ad Aki, ora aveva solo bisogno di tempo per calmarsi. Tentai di confortarla il più possibile, senza parlare, accarezzandole un po’ i capelli. Percepii tanta dolcezza nell’aria. Ci stavo quasi prendendo gusto a passarle la mano su quelle ciocche rosse –benché la cosa mi facesse sentire un po’ in colpa-, erano così soffici. Sperai che almeno non dispiacesse a lei. Restammo così per molto, godendo quel silenzio scosso solo dai suoi fremiti finché lei non smise completamente di piangere.

Eppure non avrei mai potuto prevedere cosa accadde un istante dopo. Avemmo solo il tempo sufficiente a rimetterci in piedi che una folata di vento attirò la mia attenzione alle mie spalle. Mi congelai all’istante, fissando con orrore la nuova figura che occupava la stanza oltre a noi.

“Alla fine ti ho trovato”.

Ricordi confusi tornarono in un colpo solo alla memoria, e poi di nuovo affidai le mie azioni all’istinto. Una frazione di secondo ed ero già sulla via d’uscita, stringendo forte il polso di Aki; corsi finché potevo, cercando di sopportare al meglio il dolore che aveva ripreso crudelmente a torturarmi, finché una specie di immenso muro dalla costituzione tristemente familiare non ci sbarrò la strada. Fummo costretti a fermarci e voltarci, notando che il nostro inseguitore ci aveva già raggiunti. Male, non volevo che mettesse le mani addosso ad Aki. Non avrebbe dovuto nemmeno osare.

“Di nuovo tu…” mormorai, incapace di controllare la vena d’ira che stava lentamente emergendo nella mia voce. Se avesse attaccato ancora come l’altra notte saremmo stati davvero nei guai. Potevo riporre qualche speranza nei poteri di Aki, ma nessuno dei due sapeva se lei aveva davvero acquisito l’effettiva capacità di controllarli. Sentivo le mie braccia tremare. La perdita di sangue non aiutava a restare perfettamente vigile… e l’immobilità di lui stava istigando inconscia paura ai miei sensi, rendendomi teso più che mai. Poi, alzò una mano vicino al suo viso, sorrise cupamente e schioccò le dita.

Qualcosa accadde, ma non riuscii a registrarlo in un primo momento. I miei occhi si posarono su una vasta area nera che ci separava dall’uomo incappucciato. Poi, sentii il mio corpo precipitare. Il buio ci sovrastava e ci attendeva, al fondo di quella voragine. Persi la presa di Aki, incapace di trovare un modo per ritornare in superficie prima di cedere definitivamente alle tenebre. Solo le onde sonore della mia voce che attraversarono la mia gola sembrarono riuscire a compiere l’impresa di quella scalata. Anche Aki aveva lanciato un lungo grido. La sua voce era davvero più acuta di quanto mi aspettassi, ma sovrapposta alla mia non faceva altro che rendere quell’incubo ancora più inquietante e reale. Sentivo il mio cuore battere più lentamente, in preda a quelle fitte di panico… odiai profondamente la gravità che ci trascinava senza pietà verso il basso, togliendoci ogni possibilità di scampo. Ed infine raggiungemmo la nostra meta, ormai incapaci di distinguere altri colori, compreso l’azzurro che si era rimpicciolito progressivamente sulle nostre teste come per concederci un ultimo addio. Il mio corpo fece contatto con una superficie liquida, densa, oscura, che presto mi sommerse. Poi anche nella mia mente ci fu solo nero.




Non appena ripresi i sensi, la prima sensazione che mi accolse fu dolore. Il fianco faceva terribilmente male –forse vi avevo ricevuto un’ulteriore botta mentre ero inconscio-, e sentivo freddo alle braccia, tremanti e doloranti. Senza la necessità guardarmi nei dintorni, potevo dire di essere steso a terra a faccia in giù, e che il pavimento era freddo e umido. Non avevo ancora mosso un muscolo, e stavo perdendo lentamente le speranze di riuscirvi. Tentai almeno di riaprire gli occhi. Nonostante le palpebre fossero pesanti, fui capace di schiuderle quanto bastava per capire che l’ambiente attorno a me era buio e nero, rischiarato da una lucina molto fioca, sufficientemente luminosa per vedere quanto ampia fosse la stanza. Anche se, più che la parete di una stanza, quella che vedevo sembrava una parete rocciosa… Mi ricordava quella di una grotta. In effetti il terreno non era liscio, ma pieno di dossi, e molto ruvido. Davvero ero in una grotta? Ma… fino ad un attimo fa ero davanti casa di Aki, come facevo a trovarmi in un posto simile? Cos’era successo mentre dormivo? No, anzi… dov’ero precipitato, esattamente?

In quel silenzio tombale mi accorsi di udire un altro respiro, oltre al mio, ma nessuno in vista o in avvicinamento.

“Aki…?” La mia gola era incredibilmente asciutta e stretta. Questo mi impedì anche di alzare il tono della voce più di tanto. Io ero ancora immobile, incerto delle forze che mi erano rimaste. Avevo una sensazione di disagio parecchio pressante, dentro. Quell’atmosfera era davvero tetra. Non c’erano pericoli, apparentemente, ma qualcosa dentro di me continuava a gridarmi che quel luogo era pericoloso, e che dovevo mettermi in salvo alla svelta. La mancanza di una risposta, intanto, mi convinse a girare la testa per cercare con lo sguardo la persona a cui apparteneva quel respiro.

Quando finalmente riuscii a compiere il movimento contro la roccia dura, intravidi vicino a me un’ombra scura, accasciata di lato, che respirava, e… a giudicare dalle curve sinuose di quei fianchi, non avrei avuto modo di sbagliarmi sulla sua identità. Bene, e adesso? Era svenuta? Forse dormiva ancora. Meglio svegliarla e andarcene via di qui. L’ideale sarebbe rialzarsi, prima… presi un bel respiro. ‘Forza Yusei, puoi farcela…’ Portai le mani all’altezza delle spalle, nella speranza di spostare il mio peso almeno sulle ginocchia. Feci pressione sui palmi delle mani, ma non appena il mio torso si sospese e perse contatto col suolo, il dolore si intensificò istantaneamente, anche sulle braccia. Mozzai il fiato e strinsi i denti, per non ricadere di nuovo di faccia sulla pietra. Vi appoggiai i gomiti e la fronte, senza sbatterci contro con troppa forza. Piegai con cautela le ginocchia, e le riportai sotto di me. E questa era fatta, ma accidenti che male... Era probabile che lì dov’ero ci fossi letteralmente ‘atterrato’. Questo avrebbe spiegato il dolore diffuso. Ma non ricordavo un impatto del genere su una superficie tanto dura, piuttosto una specie di tuffo in un’acqua molto densa, e nera come la pece… ora però non avevo modo di capirci qualcosa, l’unica cosa da fare era svegliare Aki.

Era sufficientemente vicina per arrivarci a gattoni. Non mi restava che sopportare il dolore per un po’. Non mi andava che Aki se ne accorgesse, non era un bene mostrare debolezze. Una volta che arrivai vicino a lei, la scossi un po’ per la spalla.

“Ehi, Aki, svegliati…” attesi pazientemente. Niente da fare, dormiva beata. A questo punto, meglio provare con qualcosa di più ‘drastico’. Sporgendomi un po’ di più, puntai le dita contro il fianco della sua cassa toracica esposta, e ci diedi un colpo secco a mano tesa. Il brivido fu efficace, visto che scattò seduta all’istante. Poco male, perché nel processo mi diede un bel colpo di testa in piena faccia. Potei contare le stelle una ad una… AHIAAAAA…

Per un attimo rimase completamente spaesata: si guardò intorno mormorando qualcosa, mentre si teneva la testa con una mano; solo dopo si accorse di me, che intanto, chino su un fianco, mi stavo massaggiando il punto del viso colpito. Accidenti che testa dura che aveva…

“Yusei?”

“Mh-h...” confermai, tenendo ancora la faccia coperta dalle mani.

“Aaah, scusa! Ti ho fatto tanto male?” Scossi la testa. Lei sospirò.

“Almeno… Uff, colpa tua! Mi hai fatto prendere un infarto!” non resistetti al non lanciarle un’occhiataccia. ‘…Qualcuno mi spiega perché è sempre colpa mia?’ Peccato che al momento ero un tantino impossibilitato a ribattere decentemente –causa dolore alla faccia-... Optai per un bello ’sgrunt’ esasperato sotto i baffi che lei, puntualmente, ignorò.

“Ma dove siamo…?”

“Nonnehoidea…” mormorai a voce bassa, senza togliere le mani. Quanto ci voleva a farlo passare? Lei cercò di rimettersi in piedi, barcollando un po’. Le ci vollero dei secondi per trovare un equilibrio appropriato: evidentemente non ero l’unico ad aver subito un certo impatto atterrando su quel suolo. Non si vedeva quasi niente, ma la luce diffusa sembrava provenire da un unico punto. Osservando meglio, notai che c’era una specie di tunnel davanti a noi che curvava a destra, nascondendoci così proprio la fonte di quella luce. Ormai la vista si era abituata a sufficienza: studiai con gli occhi i dintorni per capire infine che quella che avevamo davanti era l’unica strada percorribile, non essendoci attorno a noi altre aperture. Sopra di noi c’era troppo buio per distinguerci qualcosa, molto probabilmente era chiuso anche lì. Il saper di non avere altre strade alle spalle mi faceva stare meglio. Fui costretto a lasciare in sospeso la questione del “come avevamo fatto a finire in un posto del genere”, in mancanza di risposte. Dunque, l’unica opzione era quella di andare in suddetta direzione.

“Che facciamo adesso?” chiese lei, un po’ a me, un po’ a vuoto.

“Andiamo lì.” Le risposi freddamente, sentendo che il dolore al viso iniziava a scemare.

“Sicuro?”

“Preferisci restare qua?” …Nessuna risposta, dunque significava ‘no’.  Ok, toccava a me rialzarmi… sperando che il male non si riaccendesse con la forza di prima, certo. Puntai un ginocchio a terra, l’altro su, e poggiando una mano sul suolo, mi spinsi verso l’alto. Dolore in più ce n’era, ma potevo sopportarlo stavolta. Mantenni l’equilibrio per qualche secondo, finché, non appena sentii di averlo perso, venne Aki trattenendomi per mano. Sembrava un déjà-vu… Aveva delle mani davvero delicate… un’altra me l’appoggiò sulla spalla, così da darmi un po’ di stabilità in più.

“Sei ferito…” mormorò lei. Va bene, capivo la preoccupazione, ma cosa potevo fare adesso? Eravamo dispersi in un luogo non ben –affatto- identificato e senza uno straccio di idea su come tornare indietro… Non mi restava che pazientare e sopportare, no? Magari andando avanti avremmo trovato qualcosa…

“Non preoccuparti, non fa così male.” Era inutile negarlo, così magari si convinceva di smettere di preoccuparsi.

“Mi dispiace...” sussurrò. Colsi nel suo tono molta tristezza, e senso di colpa. Sembrava pronta a singhiozzare ancora. Imprecai contro me stesso e la scelta di parole che avevo fatto un momento prima. Non volevo sentirla parlare così, non volevo farla stare così. Faceva star male anche me sentirla con quella voce.

“Ehi, ehi. Ti ho detto che va tutto bene. Non fare così.”

“Ma se stai sanguinando! È… è tutta colpa mia…”

“Ssh. Basta, smettila. Non è stata colpa tua.”

“Sì, invece!”

“No, non sapevi come controllare i tuoi poteri, e io ho forzato la mano… semmai, la colpa è mia. E poi…”

Mi ricordai del metodo collaudato la notte dell’attacco: usare il ghiaccio sulla ferita. Non era un rimedio definitivo, ma almeno avrebbe bloccato il flusso sanguigno per un po’. Perché non ci avevo pensato prima? Misi la mano sinistra sul bicipite sinistro e cercai di far affluire quanta energia possibile sulle aree danneggiate. Lentamente, le schegge si allargarono sulla pelle, fino a ricoprire ogni zona scavata dalle spine. Non sopportavo sentirmi così debole, ma ero impossibilitato a fare di meglio, causa circostanze… Ripetei il gesto sull’altra metà del mio corpo, tuttavia continuavo a sentirmi le braccia intorpidirsi progressivamente. Se avessi avuto i miei pieni poteri sarei riuscito a proteggermi meglio… forse era la prima volta che formulai un pensiero simile. Ma ovviamente, quando ne avevo più bisogno dovevo ritrovarmi senza!

Almeno ero riuscito a far smettere ad Aki di piangersi addosso. Lei abbassò il capo, lasciando un ultimo piccolo singhiozzo, come se volesse dire ‘e va bene, la smetto’. Non aggiunse altro, e ci incamminammo lentamente verso la fonte luminosa. Lei mi seguì passo passo senza lasciarmi, la distanza dalla meta non era molta. Infine voltammo l’angolo, ritrovandoci davanti ad una… galleria costellata di cristalli luminescenti. WOW. Ad Aki si mozzò il fiato dallo stupore. Erano davvero meravigliosi, di colori sia simili che diversi; scintillavano in quel tunnel come stelle in un cielo notturno, e le pareti erano circolari, strette e irregolari. Ma … da quando le pietre brillavano come lampadine?

Aki mi fece un cenno e lasciò la mano per un momento, avvicinandosi incuriosita. Io rimasi dietro di lei, preferivo non avvicinarmi, per cautela. Lei appoggiò con grazia le dita sulla superficie liscia di uno di quei cristalli, tutto verde, che sbocciava da una parete: immediatamente, la luce si intensificò, ed anche il segno sul braccio di lei brillò del suo colore cremisi. Spaventata, staccò subito la mano dalla pietra, e tutto tornò come prima, braccio compreso. Un momento… quella cosa aveva reagito col segno di Aki, perché? Cos’era? Lei si stava tenendo la mano protettivamente con l’altra, eppure sembrava più intenta a scrutare quella pietra che a badare ad altro.

“Tutto bene Aki?”

“Quella cosa, era così… strana.” -La guardai un po’ confuso. Lei continuò- “Eppure, non mi sembrava cattiva. Anzi, il tocco era quasi piacevole…” senza staccare gli occhi dal masso, riappoggiò le dita sullo stesso cristallo, e quello brillò di nuovo, ma stavolta non tolse la mano: intravidi delle specie di lingue di fuoco fluide scaturire come scintille dalla luce intensa dentro quella specie di cameretta di vetro, danzando e fischiando. La cosa mi intimoriva ed intrigava allo stesso tempo.

“Y-Yusei, guarda! I miei graffi stanno sparendo!” Spalancai gli occhi. COSA?! Mi precipitai a vedere da più vicino: aveva ragione, da una delle sottili linee rosse sotto il suo guanto tagliato potevo vedere la pelle ritornare compatta, finché non rimase quasi nulla di quella striscia scura. Credetti di aver appena trovato la soluzione ai problemi. Ottimo. Lei tolse la mano, osservandosi le braccia alla sua luce. Anche il taglietto che aveva sul viso era scomparso, era rimasta solo una lineetta chiarissima al suo posto. Magari non era una guarigione perfetta, ma era sufficiente per restituirmi un po’ di forze. O almeno, lo speravo.

Appoggiai anch’io la mano su quella pietra; tuttavia, nessuna delle mie aspettative trovò conferma: una scarica elettrica esplose dal gioiello illuminatosi furiosamente, così forte da respingermi fino a scaraventarmi due metri più indietro. Atterrai pesantemente sulla roccia. Altro, atroce dolore –accompagnato sicuramente da graffi e ferite- si aggiunse alla schiena e al retro della mia testa, e sul momento mi stordì parecchio. Era alquanto probabile che avessi gridato nel processo, ma non ero molto sicuro di quanto era accaduto, mi faceva male la testa…

“YUSEI!” Aki si precipitò vicino a me, cercando di sollevarmi dal terreno la testa e il busto doloranti. Stavolta cercai di fare un po’ da solo, rimettendomi in piedi con almeno parte delle mie forze, senza rendermi subito conto che avevo poggiato il palmo proprio su un cristallo, più piccolo e azzurro, posizionato ad angolo tra la parete ed il pavimento. All’improvviso, lo sentii: uno strano formicolio mi percorse il braccio, come un brivido, spandendosi per tutto il corpo. Avvertii un immediato senso di benessere pervadermi, cancellando man mano la sensazione di dolore che aveva corroso i miei sensi fino a poco prima. Ruotando la testa, potei vedere i solchi sui miei bicipiti riempirsi e richiudersi lentamente, e lo stesso sapevo stesse accadendo sul fianco; mi sentii completamente rinvigorito. Riempii i polmoni con rinnovato ossigeno, sorridendo senza volerlo.

Di nuovo in piene forze, finalmente! Avevo quasi cominciato a dimenticarmi come ci si sentiva, e potevo confermare che essere deboli era qualcosa di orribile. Era ora che tornassero le energie! Per essere sicuro che quella non fosse un’illusione, intanto che Aki si era allontanata contemplando la scena, feci un salto facendo leva sulle mani, slanciando le gambe prima all’indietro, poi tutt’in avanti. Compiendo un arco a mezz’aria, atterrai rimettendomi in piedi. Se ero riuscito a fare questo, potevo essere sicuro di essere assolutamente a posto. Aprii e chiusi le mani più volte. Graffi e ferite, tutto sparito. C’erano ancora delle leggere ombre scure, simili a cicatrici, ma potevano passare senza problemi. Stiracchiai un po’ le braccia verso l’alto, torcendo un po’ la schiena. Mi dispiaceva un po’ per i vestiti, quelli erano ancora strappati in punti sparsi, ma pazienza. Sentivo il bendaggio sotto la maglia allentarsi e perdere aderenza, forse la mancata presa del sangue della ferita lo aveva fatto staccare. Ormai non serviva più. Sollevai la maglia e iniziai a sfilarlo via, man mano. Era ancora bagnato di sangue, forse quando le ferite che si erano richiuse si erano semplicemente rigenerate daccapo. Avevo ragione, di quello sfregio ormai era visibile solo un contorno più scuro.

“Ha funzionato, guarda!” dissi con un sorrisetto non più tra me e me, contento di condividere la felicità con qualcun altro. Alzai gli occhi verso Aki, ma mi accorsi che lei aveva lo sguardo perso a contemplare quelle gemme, zampettando a destra e sinistra. Avvicinatasi ad una di quelle, potevo vedere alla loro luce una tonalità più rossiccia colorarle le guance nascoste dai capelli… E un’idea mi passò per la testa. Ma… per favore! Non avevo fatto niente di male! Rimisi giù la maglia, e come per magia, lei riportò gli occhi verso di me. Piuttosto, la sua ‘innocenza’ mi colpiva parecchio. A vederla così mi ricordava una bambina.

 “Guarda che non mordo.” Le feci in tono leggermente provocatorio, a braccia conserte, chinando un po’ la testa di lato. Ero curioso di vedere come avrebbe reagito a questo. Prevedibilmente, scattando immediatamente con la testa mi guardò storto, serrando le labbra e incrociando le braccia sul petto, assolutamente bordò. Ogni suo sforzo di apparire controllata e disinvolta era stato vano. Una bambina indispettita, insomma. Che carina. Sul serio, non avevo mai visto nulla di più dolce. Era così bella.

“C-che vuoi dire?” fece lei, senza cambiare espressione, la sua bocca ancora ridotta ad una linea stretta. L’avrei abbracciata teneramente ben volentieri. La luce che si rifletteva nelle iridi dei suoi occhi scintillanti le dava un’espressione adorabile.

“No, niente. Vieni, andiamo avanti.” Un po’ mi dispiaceva a metterla così in imbarazzo… eppure avrei mentito se avessi detto che non era divertente. Le feci cenno di venirmi dietro, e lei mi seguì zitta zitta, ancora con la testa incassata tra le spalle, nascondendo appositamente gli occhi dietro ad altre ciocche libere di capelli –un po’ potevo immaginare cosa le passasse per la testa. (Io: siamo seri, davvero credete che Aki non abbia buttato per niente per niente un’occhiatina? <3) Quella galleria era abbastanza lunga, e non avevo idea di dove portasse. Mi chiesi come mai il primo cristallo mi avesse respinto così brutalmente. Ma riflettendoci, arrivai alla conclusione che a giudicare dal colore esterno quelle gemme erano diverse, e molto probabilmente erano in sintonia particolare con i tipi di poteri che possedevamo. Aki ne aveva toccato uno verde, io uno azzurro, era logico. In giro ce n’erano anche di viola-neri e rossi-arancio, ovviamente. Eppure ne avevo visti anche di chiarissimi, tendenti dal giallo al bianco trasparente. Chissà a chi erano legati.

Arrestai il passo. Un momento… Un altro colore significava un’altra persona. Cinque? E come mai, chi era la quinta?

“Yusei, cosa c’è?” non le risposi subito, ancora assorto nei miei pensieri. Non mi pareva di aver distinto altri colori, quindi il numero complessivo era davvero cinque. Che razza di posto era questo, perché era legato ai nostri segni? Mi voltai, facendo per parlarne ad Aki, ma altro mi bloccò all’improvviso: un basso e profondo ululato riecheggiò minaccioso in ogni angolo della galleria, scuotendo l’atmosfera. Qualcosa non andava. Sembrava trattarsi di vento, ma non poteva essere tanto forte da far tremare la roccia… Un’imponente corrente d’aria, senza il minimo preavviso, ci investì, inondando il tunnel con il suo soffio e inghiottendoci nelle sue spire. Sollevai le braccia parandomi il viso e cercando di piantare i piedi a terra, spinto dalla truce forza di quel vento: in balia di quel cupo soffio, voltandomi cercai Aki, prima con lo sguardo, poi con la voce.

“AKIIIIIIIIII!”

“Yusei, sono qui! Ah-!” La voce era distante, e non riuscivo a vederla; quell’aria che ci stava asfissiando non era trasparente, ma nera, nera come la notte, e stava riempiendo man mano ogni metro cubo di atmosfera attorno a noi. La luce dei cristalli stava svanendo dai dintorni, e l’immagine confusa di Aki era sempre più lontana.

“AKIIIIIIIIII!” Feci il percorso a favore di vento cercandola, ma niente, era sparita. L’ululato continuava a fischiarmi nelle orecchie, e non sembrava avere intenzione di arrestarsi… mi voltai di nuovo verso la sorgente del vento e rimasi bloccato dov’ero, proteggendomi il viso, mentre venivo lentamente sommerso dalle tenebre di quella tempesta, incapace di impedirne l’afflusso. Continuavano a soffiare con potenza, e il solo respirarle mi dava una sensazione orribile. Non era ossigeno quello che stavo inalando. Qualunque cosa fosse, tutto era meno che benefico. Portai una mano sul viso contro naso e bocca, l’altra sul collo, nella vana speranza di impedire il flusso di quella sostanza soffocante nel mio corpo, e caddi su un ginocchio. Non mi dava l’impressione di essere propriamente ‘tossica’ o ‘mortale’, tuttavia la mia poteva essere una semplice illusione… ad un certo punto ebbi l’impressione che il vento che agitava quel vortice si calmasse. Il sibilo ininterrotto andò affievolendosi, poi scomparse. La tempesta era passata.

Riaprii gli occhi. L’aria era tornata normale, apparentemente, e ciò mi permise di buttare fuori il fiato di quell’aria inquinata, riacquistandone di nuovo. La sensazione sgradevole era sparita. Nei dintorni c’era tanta luce, accecante rispetto al buio di prima. Guardai in alto: sole, terribilmente brillante, ma… freddo. Nei dintorni, una città distrutta. Calce e cemento erano sparsi ovunque in cumuli di macerie e travi d’acciaio esposte; non c’era anima viva. Sembrava proprio il Satellite. Conoscevo il panorama: era uno dei luoghi peggio devastati dall’esplosione di tanti anni fa, e mai nessuno si era curato di riportare a galla quel quartiere abbandonato. Ma che diav…? Prima una grotta, adesso di nuovo il Satellite. Non ero davanti casa di Aki, il che significava che non ero tornato esattamente ‘indietro’. Bene. ‘Qualcuno mi spieghi cosa sta succedendo, perché io non ne ho la più pallida idea.’

Mossi qualche passo nei dintorni per esplorare l’ambiente. Qualcosa non mi convinceva pienamente, era tutto… troppo uguale per essere davvero il Satellite. Questo posto era diverso, prima. Era davvero reale? Beh, la ghiaia dove poggiavo stava facendo di tutto per mostrarsi convincente. Tirai un calcio ad una pietruzza bianca con la punta dello stivale: questa rotolò per parecchi metri saltellando, unica fonte di suono udibile al momento, finché non si arrestò. Anche tutto quel silenzio era innaturale. C’erano buone probabilità che quel posto non fosse vero. Un sogno? O-

Sentii dei Passi. Qualcuno si stava avvicinando. L’ambiente era simile ad un grande spiazzo, quindi non mi fu difficile individuare la persona che stavo cercando. L’unico problema era che mi sarei aspettato che arrivasse chiunque, persino quel tizio incappucciato, ma non…

“Jack?”

Ero completamente spaesato, c’era da ammetterlo. Che ci faceva Jack qui?! No, aspetta… Jack era qui? Stava bene allora! E Crow? Ma…se loro stavano bene, come mai il tizio cattivo era ancora in circolazione? Non lo avevano sconfitto? Perché era…? Le mie stesse domande mi stavano confondendo. Non c’era un tassello che combaciasse… Meglio non fare nulla e badare al presente. Poi avrei pensato a far chiarezza sulla faccenda.

“…Jack?” Ripetei, con l’intento di richiamarlo. Lui non mi rispondeva. Era lì fermo, lontano da me, e non potevo vedere bene il suo sguardo. Il suo modo di avvicinarsi lento e solenne non era il tipo di passo che avrebbe fatto sapendo dell’agguato a sorpresa avvenuto due giorni prima, e questo non mi incoraggiava a raggiungerlo. Come minimo, avrebbe risposto al richiamo…

Lui sollevò una mano, e in essa accese una scintilla che originò una fiamma, simile ad una sfera, attivando di conseguenza anche la luce dei nostri marchi –o almeno, calore nel mio braccio-. Pessimo segno. Il ghiaccio fluiva già nel mio sistema: feci appena in tempo a creare uno scudo sul braccio abbastanza grande e a porlo di fronte a me che il bolide vi si schiantò sopra, spandendo lingue infuocate tutt’attorno alla barriera e lasciandoci una zona spezzata e sfondata, liquefatta. Nonostante la potenza, avevo mosso un solo passo dietro, per conferire più stabilità alla mossa difensiva. Questo colpo era stato lanciato col preciso scopo di far danno, magari per uccidere. Jack non mi avrebbe mai colpito così forte senza un valido motivo –e in questo caso, di validi motivi non ce n’erano, affatto.
Questo non era Jack, come questo posto non era reale.

Non mi interessava sapere chi –o cosa- era, bastava essere consapevole del fatto che non era lui. Doveva trattarsi di una completa illusione, eppure qualcosa mi lasciava ancora perplesso. Feci evaporare il pannello ghiacciato: il cristallo che mi aveva guarito prima doveva avermi anche restituito parte dei miei poteri. Non erano totali, ma sufficienti a sostenere un combattimento. Se l’avversario era Jack –più o meno-, non mi tiravo indietro: avevo il vantaggio di conoscere il suo modo di combattere, anche se non potevo essere sicuro della sua di consapevolezza. Era un osso duro da tutti i punti di vista, specialmente considerando il fatto che fosse avvantaggiato in partenza rispetto a me. Ghiaccio e fuoco erano nemici naturali; tuttavia sapevo di avere a disposizione diversi metodi per batterlo. Potevo contare sul fatto che ero più agile di lui; inoltre, era vero che le fiamme potevano sciogliere il ghiaccio, ma non per forza quest’ultimo era costretto a cedere con la solita facilità a cui cede il ghiaccio naturale. Anzi, avevo scoperto che potevo manipolarne la densità, fino a portarla ad una resistenza pari a quella del ferro. Era assai probabile che una cosa del genere andasse contro tutte le leggi della chimica e della fisica –o molto più semplicemente, della natura stessa-, ma l’intera questione era fuori dal campo scientifico e razionale fin dall’inizio, quindi…

Tutto stava nel giocare d’anticipo e a gran velocità senza farsi toccare –rischio: pesanti scottature. Ma dovevo trovare il modo di evitare di portarlo a lanciare attacchi di grande portata, e un modo per riuscirci era cercare di non allontanarsi. Era un’idea assai pericolosa, e richiedeva molta concentrazione, ma a questo punto, tanto valeva provare.

Nel frattempo, lui aveva deciso prima di me di passare all’azione: mosse dei passi in corsa verso di me per poi slanciarsi in lungo salto con la chiara intenzione di usufruire delle fiamme attorno al suo braccio destro per raggiungere un livello di forza superiore. Ma stavolta sapevo come muovermi.

A passo svelto, mi spostai rapidamente dalla sua mira e munii le mie braccia di protezioni ghiacciate, ricche di spuntoni affilati. Sulla destra l’involucro che avvolgeva la mia mano si era prolungato fino a formare una specie di spada. Scansai il colpo di pochissimo, restando quanto più vicino possibile a lui per rispondere alla sua offensiva: mentre lui si abbassava sempre più verso il terreno, spinto dall’eccessiva forza impressa nel colpo che non era riuscito a fermare, lo colpii dall’alto con il dorso della mano destra indurita dal ghiaccio alla nuca, senza che potesse reagire. L’azione era stata rapidissima, ma per qualche strano motivo Jack si rialzò praticamente subito, colpendo parte delle protezioni sulle mie braccia mentre riportavo distanza tra noi.
Questo era impossibile. Il colpo che aveva ricevuto doveva bastare per fargli perdere i sensi! Come aveva fatto a rialzar-

Mi arrestai non appena li vidi: vidi i suoi occhi freddi, distanti e cupi, assenti. Non stavano guardando me, ma il vuoto davanti a loro. Erano una mera imitazione dell’ametista che ornava normalmente le sue pupille, ma la cosa che più mi colpì fu l’ombra che le circondava. Di bianco non era rimasto niente, nemmeno la goccia del riflesso dei raggi solari che battevano su di noi senza calore. Pareva la faccia di una marionetta. E se fosse stato davvero Jack? In tal caso doveva esserci qualcuno a manipolarlo, ma chi? Un’immagine si presentò in risposta nella mia mente, suggerendomi due pupille verdi e malevole incorniciate da un volto nero che ghignavano soddisfatte. Imprecai sottovoce. Che diamine stava succedendo?

*nello studio buio e incasinato della scrittrice*

Io: fare ju-jitsu serve a qualcosa, LOL

Aki: difenderti?

Io: naaah, scrivere scene d’azione per combattimenti ravvicinati èwé (nota: per chi non ne ha mai sentito parlare, il ju jitsu è un’arte marziale il cui principio sarebbe quello di usare la forza dell’avversario contro se stesso… detta in modo spicciolo XD)

Aki: -_-

Yusei: io non ho mai fatto arti marziali in vita mia ._.

Io: però a combattere a istinto ci sai fare U_U

Yusei: il Satellite era il Satellite, cosa credi?

Io: proprio per questo :D Yugi e Jaden dovrebbero prendere esempio :’3

Yusei: avrei preferito vivere in un posto normale T_T

Io: ah già, onesto… scusa ^^” ma almeno alla fine avete riunito le città, no?  Avete realizzato un sogno! Direi possiate scoppiare di gioia adesso :I

Yusei: affronta tu i predestinati oscuri e Goodwin messi insieme rischiando di crepare una miriade di volte  -_-“

Io: …

Aki: Yusei: 2 Aki-chan: 0 …ti sta facendo brutto, Aki-chan

Io: colpa mia che non so ribattere… contro di lui specialmente TwT ah, sappi caro Yus che in questo capitolo ho evitato apposta numerose imprecazioni da parte tua che avrebbero fatto invece una splendida e sensatissima figura, ma capiscimi se non voglio far imprecare TE in modo esplicito XD non potrei mai y.y

Yusei: dovrei ringraziarti?

Io: di sicuro non meriterei offese XD sarebbe anche una contraddizione y.y tipo, “accidenti che male” sarebbe dovuto essere “ca***, che male”, oppure qualche “oh me***” sparato qua e là ecc… sono esempi x’D imprecare fa sopportare meglio il dolore, scientificamente dimostrato ù_ù

Aki: scostumata -_-“”

Yusei: ok, “grazie” <_<

Crow: scusate se interrompo, ma… che fine ha fatto il biondino col suo bestione-occhi-gialli fuori dalla finestra?

Io: ha erroneamente sbirciato nel mio pc… poi è sgattaiolato via

Aki: ….non oso immaginare cosa abbia visto sul tuo computer…

Io: non saprei …aspetta, la cronologia dice che è andato su Tumblr! …Un momento… TUMBLR?! Ok ragazzi, l’abbiamo perso
Crow: dunque, fuori uno?

Aki: perché? ._.

Io: MAI mettere piede in un fandom senza essere mentalmente preparati <____< Io stessa sono sopravvissuta a diversi traumi (in genere, immagini PESANTEMENTE YAOI, è non è stato piacevole, tutti su Tumblr), credo che per Misael sia stato fatale <.<

Yusei: …

Aki: mi spiace per Misael  <.<

Io: scommetto che avrà beccato per sbaglio uno yaoi con Vector

Crow: …e allora è morto sul colpo ._.

Io: …Crow non ha tutti i torti… mannaggia, e adesso?

 
Un minuto di attenzione!
Tempo fa ho chiesto di votare la proposta di una One-Shot sul passato dei nostri eroi (gli amici d'infanzia intendo XD), e alla fine l'ho pubblicata *^* cliccate sul mio nome se volete leggerla, si chiama "In memoria dei vecchi tempi", spero vi piaccia :D










EVVIVA! Disegno numero 7! Forse vi chiederete "3 mesi per questo disegno?" io: SI' e non sapete quanto mi abbia fatta dannare e_e non è ancora perfetto per giunta e3e ma vabbé, io sono perfezionista, quindi... spero sia lo stesso di vostro gradimento XD (le scene di battaglia sono tostissime da disegnare, come caspio fanno quelli che disegnano i manga a farne ventordici mila alla settimana? o_O")





  
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