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Autore: difficileignorarti    16/03/2014    1 recensioni
Una brutta situazione da lasciarsi alle spalle.
Due ragazzi apparentemente soli.
Lo zampino di qualcuno a loro vicino.
Una storia d'amore.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Da quanto ho potuto notare, lo scorso capitolo non è piaciuto nemmeno a voi c.c
Spero di recuperare con questo, però; questo è un altro dei miei preferiti, un altro di quelli a cui sono più legata.

****
 















10.







 
 
“Sei molto silenziosa” mi fa notare Tom, mentre camminiamo distrattamente, almeno io, sulla Hollywood Walk of Fame, dopo esserci riempiti di schifezze in un Fast Food.

In effetti è vero, non ho parlato molto da quando siamo usciti dal negozio di Shay e nemmeno in macchina, se non per rispondere a qualcosa di insensato, ridacchiare, annuire o negare.

“Questo percorso è stato progettato negli anni Cinquanta e sono incastonate circa duemilacinquecento stelle, miti del cinema, della radio, della televisione, del teatro e della musica” mormoro improvvisamente. “Chissà magari un giorno anche voi avrete la vostra stella” non appena sento la sua risata blocco i miei pensieri e mi volto verso di lui, che scuote la testa divertito.

“Non mi riferivo a ciò, Ivy” avvolge le mie spalle in modo protettivo, avvicinandomi a lui. “Non mi sembravi così timida tramite le mail, mi hai praticamente insultato nella prima e ora sei il contrario” mi sento in imbarazzo.

Si, è che lui ha ragione.

“Non lo so, Tom” rispondo. “Mi metti a disagio, non pensavo fosse così” mormoro, mordendomi la lingua successivamente. “Non pensavo nemmeno di incontrarti, sinceramente” ammetto, sperando di non ferirlo, in qualche modo, so che ci teneva molto ad incontrarmi. “Non ci ho nemmeno mai pensato ad un nostro ipotetico incontro ravvicinato, e se devo dirti la verità non immaginavo nemmeno di comportarmi come sto facendo” cingo la sua vita e sorrido timidamente.

Sento nuovamente la sua risata divertita e questo mi scalda il cuore.

Sono contenta di farti ridere, Kaulitz.

“Ti sei sciolta almeno un po’, grazie” mormora facendo scontrare la sua testa contro la mia. “Io, invece, non pensavo di rimanere come una pietra nel vederti” questa volta sono io a ridere. “No, davvero, vederti qui in California, quando nei minuti precedenti avevo detto a Bill che probabilmente non ci saresti mai venuta, è stato spiazzante” mi fermo qualche secondo per accendermi una sigaretta e riprendiamo a camminare, dopo, ovviamente, averne offerta una anche a lui. “Sarei venuto a New York, sarei stato più che disposto a perdermi pur di trovarti” ammette facendomi sorridere timidamente.

Da sotto gli occhiali da sole noto molta gente, molti giovani, che ci stanno fissando, e qualcuno riconoscendoci ci sta immortalando.

“Il mio capo aveva detto di divertirmi, ma mi sa che dovrò giustificare le foto che usciranno sui tabloid” commento divertita, ma leggera, fregandomene altamente. “Il coltello dalla parte del manico ce l’ho io, metterò a tacere tutti, o almeno credo” mormoro, alzando il dito medio verso un ragazzo che ci sta fotografando, facendolo arrossire.

“C’è sempre un lato positivo nelle cose” mi dice. “Sai, non penso che il mio manager apprezzerà il fatto che mi sto sentendo e sto uscendo con una giornalista” ridacchiamo. “Ma non mi interessa più di tanto, sei innocua, vero?” mi chiede e sento un po’ di preoccupazione nella sua voce.

Alzo lo sguardo al cielo, reprimendo una risata isterica.

“Non me ne frega niente del gossip, e non sto di certo a crearlo” mormoro. “La vita privata deve rimanere tale, non sputtanata ai quattro venti, non sarei in grado di fare una manovra del genere, mi sentirei in colpa per il resto della mia esistenza” gli dico senza troppi giri di parole. “Vivi sereno e rilassati”

Noto una ragazzina avvicinarsi a noi, imbarazzata e molto timida, le sorrido dolcemente, e non appena si affianca a me, rimango spiazzata, perché vuole una foto con me e non con la rockstar.

Mi mormora un “grazie” e se ne va, contenta, con le sue amiche.

“Pensavo volesse te e non me” ammetto riprendendomi. “A New York è normale, qui mi sento fuori luogo, anche se non è la prima volta che vengo, la conosco bene Los Angeles” mi fermo da un ambulante per comprare un sacchetto di caramelle gommose.

Adoro le caramelle, le loro forme, i loro colori; una tira l’altra.

“Sei sfonda” ridacchia il ragazzo affianco a me, rubandomene una.

“Ehi” mi lamento come una bambina. “Ha parlato lui” lo stuzzico, continuando il nostro giro tra le diverse vetrine e la gente normale, proprio come noi.

Si perché noi siamo ragazzi normalissimi, solo che facciamo un lavoro che ci porta, diciamo, ad essere famosi, ma siamo, comunque rimasti gli stessi.

 
“One of the reasons why I don't like the word famous, it's because then people use it afterwards.
Like I was a guy before. I was the same guy during and I'm the same guy afterwards.”


 
“Lasceresti mai New York?” mi chiede improvvisamente, pieno di curiosità.

Mi ritrovo a riflettere, perché non ci ho mai pensato, non ho mai riflettuto su un possibile allontanamento dalla mia città, l’Ombelico del Mondo, il mio tutto.

“Devo avere una ragione ben precisa per abbandonare la Grande Mela” rispondo poco dopo, sicura di me, credo. “Non so, un lavoro migliore, un fidanzato, un amore più grande di New York” balbetto qualche esempio, ritrovandomi ad arrossire, ricordandomi che una volta ho pensato di trasferirmi qui, con lui. “New York è difficile da lasciare, è l’amore più grande e se fosse una persona, probabilmente sarebbe mio marito

Ci sediamo su una panchina, in un piccolo parco dove ci sono diversi bambini che giocano e si divertono, persone che fanno jogging, vecchiette che portano a spasso i loro cani.

“Quindi rimarrai piantata li? Faresti trasferire il tuo ragazzo li?” mi chiede mormorando.

Mi volto verso di lui, curiosa, e osservo i suoi lineamenti, e mi sembra leggermente più triste di qualche attimo fa.

“Dipende dal lavoro di entrambi” rispondo. “Io trovo tranquillamente ovunque, ma lui, bè dipende dal suo lavoro, se può spostarsi” faccio spallucce. “Altrimenti mi muovo io, ma deve essere una storia importante, non vorrei ritrovarmi a fare avanti indietro continuamente” mi rilasso contro il legno della panchina e mi guardo intorno. “Vuoi dirmi qualcosa?” chiedo curiosa, avvicinandomi di più a lui, che abbassa lo sguardo, imbarazzato.

Porta lo sguardo su di me, e nonostante gli occhiali da sole, riesco a vedere la paura nei suoi occhi.

Il tocco leggero e caldo delle sue dita scorre sulla mia mano, appoggiata sul suo ginocchio, mentre il silenzio torna a regnare su di noi ed intorno a noi.

È come se i bambini e le persone presenti nel parco sono scomparsi, e ci siamo solo noi due, su questa panchina, mentre i nostri occhi si parlano, si sussurrano ciò che vogliamo dirci, ma che, forse, per timidezza o per paura di un rifiuto, non diciamo.

“Cosa dovrei dirti, Ivy? Non è ovvio?” mi chiede, continuando a sfiorare la mia mano, a giocare con le mie dita tatuate, senza guardarmi in faccia. “Non so come sia successo, non me lo so nemmeno spiegare, ma tu sei diventata importante per il sottoscritto” mormora. “Dopo Briana pensavo di aver chiuso con l’amore, ma la tua prima mail ha fatto nascere una nuova emozione, quell’emozione che provavo solamente con lei” abbasso lo sguardo, ritrovandomi muta. “Sei entrata tu nella mia vita, Ivy, e non ho intenzione di farti allontanare, anche se dovessi aspettare tutta la vita” conclude.

Deglutisco, chiudendo gli occhi.

“Tom” soffio. “Non affrettiamo le cose, per favore” mi mordo il labbro inferiore, pensando a come continuare. “Sono più che disposta a provarci, senza fretta” metto in chiaro, posando lo sguardo su di lui, che mi fissa con un sorriso dolce sulle labbra; forse è quello che voleva che dicessi.

“Ho fatto le cose in fretta già una volta, non voglio ripetere lo stesso errore” sento le sue labbra sulla mia tempia, e un braccio avvolge le mie spalle, avvicinandomi a lui, di nuovo. “Sono disposto a fare avanti e indietro continuamente, per te, per un futuro noi” chiudo nuovamente gli occhi, reprimendo le lacrime, e sorrido timidamente.

Forse, è la volta buona.

 
*****
 

La osservo mentre chiacchiera al telefono con il suo capo, con addosso dei pantaloni della tuta troppo larghi e usurati, e una canotta bianca, mentre mangio la pizza, stravaccato sul divano della sua camera d’albergo.

Sorrido scioccamente,  continuando a bearmi della sua presenza, finalmente felice, sereno e rilassato.

Abbiamo deciso di provarci: faremo tutto con calma, cercando di conoscerci ancora meglio, e chissà, magari costruirci un futuro.

Personalmente parlando, lo spero proprio.

La vedo appoggiare il suo palmare sul tavolino, prima di accoccolarsi al mio fianco, con la testa sulla mia spalla; ovviamente il mio sorriso diventa ancora più sciocco.

La stringo a me, prima di posare, nuovamente, lo sguardo sulla sua mano tatuata, e la sfioro, sentendo la sua pelle morbida sotto al mio tocco ruvido.

“Quanti ne hai?” chiedo improvvisamente curioso, mentre mi lancia un’occhiata confusa. “Di tatuaggi, intendo” sorride annuendo.

“Non li ho mai contati se devo essere sincera” ammette. “Mi piace tatuarmi, il primo penso di averlo fatto a sedici anni, e poi da li ho continuato” ridacchia. “Possono essere due o tre all’anno, il mio tatuatore di fiducia è sempre contento di lavorare su di me, e io lo sono altrettanto, visto che non mi ha mai delusa” sgrano gli occhi, pensando a quanti potrebbe averni.

“Non sono molto contento del fatto che lui ti abbia vista senza abiti addosso per tatuarti” faccio una smorfia, mentre la sento ridere. “Non c’è niente da ridere, mi sembra normale” mi offendo, e sento il su dito accarezzarmi la guancia.

“Sciocco” mormora, ridendo nuovamente. “È un amico, e poi è normale che mi abbia vista senza maglia o senza pantaloni, deve fare il suo lavoro” mi volto verso di lei scioccato.

“Senza pantaloni?” sbotto.

“Smettila di comportarti come un bambino di cinque anni” mi rimprovera, mettendomi a tacere. “Ne ho un paio sulla coscia, è normale non credi?” mi chiede e mi ritrovo ad annuire, in trance, perdendomi nei suoi occhi scuri e caldi. “Il mio ex non era geloso, però non gli piacevano i tatuaggi” racconta, riappoggiandosi su di me.

“Il tuo ex è stupido” mi ritrovo ad annuire da solo. “Si è perso una delle ragazze migliori, povero idiota” alza il viso verso di me, mentre mi sorride timidamente.

Siamo così vicini, così stretti l’uno all’altro, e i nostri sguardi si rincorrono, sono così curioso di assaggiare le sue labbra, sapere se sono morbide come immagino; voglio sapere se sanno di rossetto.

“Posso baciarti?” mi ritrovo a domandare, continuando a fissarla, mentre appoggio la fronte alla sua, inalando il suo profumo e il suo respiro tremolante.

“Un bacio non si chiede, Tom” mormora, lasciandomi perplesso. “Si da e basta” soffia, mettendo in chiaro le cose, prima di poggiare le labbra sulle mie.
 
Intorno a noi si crea un vortice di emozioni, di fantasia, di suoni e sapori, di colori e brividi, e tutto il resto si annulla.



 
*********

 
Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, almeno un pochino :')
Ovviamente, le vostre recensioni sono sempre molto gradite, e mi lasciano sempre contenta.

Besos :*


Montii
   
 
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