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Autore: Tury    16/03/2014    1 recensioni
La vita si è impossessata di questo corpo, di questa mente, di quest’anima. E con essa il dolore, la solitudine. La malattia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi. Di fronte ad uno specchio che riflette la mia immagine. Venuta al mondo, senza aver chiesto di esserci, senza aver chiesto di far parte di questo luogo, di questo tempo, di questa gente. La vita si è impossessata di questo corpo, di questa mente, di quest’anima. E con essa il dolore, la solitudine. La malattia. Eccomi, venuta al mondo, perché la vita ha deciso di impossessarsi di questo corpo. E la malattia con lei. Cammino nei deserti corridoi dell’esistenza, immagine corrispettiva degli infiniti corridoi di questo reparto. Vuoti, nonostante le presenze. Presenze, umane, calde, pulsanti ma non vitali. Camici bianchi, come spettri, fuggono a questo sguardo, a questi occhi, a questa esistenza che non ha chiesto di esserci eppure c’è. Nubi bianche, come nuvole leggere su di uno sfondo azzurro. Mentre io, qui, immobile, ho addosso il grigiore della tempesta, l’incombenza di un quesito senza risposta. Perché, vita, ti accanisti tanto contro questa esistenza che nulla ti chiese, nemmeno la semplice presenza. Perché la condannasti ad un grigiore così tetro, doloroso, opprimente. Perché, vita, perché scegliesti me. E, un giorno, la risposta arrivò, inattesa, inaspettata, come un arcobaleno nel diluvio, assordante, come un tuono. Illuminante, come un fulmine. O come quel sorriso, che accompagna ogni mio giorno. Come quegli occhi, che non abbandonano mai questo corpo. Perché il candore di una nuvola bianca decise di sopportare il grigiore di questa esistenza. E ho compreso, finalmente ho compreso. Ho compreso che io non sono la mia malattia, che la vita non è confinata in una definizione medica. Ho capito che noi esistiamo, in questo momento, in quest’attimo. E che il mondo, il dolore, la solitudine non possono entrare se noi decidiamo di escluderli da noi stessi. Ho capito che, anche se non avevo chiesto alla vita di impossessarsi di questo corpo, anche se non avevo chiesto di esserci, posso adesso, in questo momento, decidere di esserci. Decidere di esistere. Di essere una parte dell’eterno. Nonostante, il dolore, nonostante la solitudine. Nonostante la malattia.

Perché l’infinito si veste di noi. E noi, ci vestiamo di infinito.
  
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