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Autore: Darik    01/07/2008    1 recensioni
Una esplorazione sospetta in un luogo sospetto. E si scatenerà qualcosa di terribile. Riuscirà Negi a salvare l'istituto Mahora? (Questo racconto si colloca tra l'8° e il 9° volumetto)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Apparenze'
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5° CAPITOLO

Il mattino seguente, Negi si svegliò di buonora.

Era stato inizialmente titubante ad addormentarsi, temendo un altro incubo.

Però la notte era proseguita tranquillamente, quindi si sentiva più rilassato.

Shinobu dormiva ancora, rannicchiata sotto le coperte, e pure Kamo.

Asuna si era già alzata, per via del suo lavoro di consegna dei giornali.

Però all’appello mancava Konoka.

“Strano, di solito io e Konoka ci svegliamo nello stesso momento. Be, pensiamo alla colazione”.

Scese dal suo letto e andò nella piccola cucina.

E lì notò un’altra stranezza: la colazione non c’era.

“Eppure Konoka la prepara sempre. Per me non è un problema, ma ora abbiamo un ospite”.

I suoi pensieri furono disturbati da un forte bussare alla porta.

“Ops. Chi è?” domandò Negi affacciandosi dalla porta della cucina.

“Sono il professor Nitta. Professor Negi, deve aprire subito la porta”.

“E’ successo qualcosa?”

“Mi è stata segnalata una presenza estranea”.

Negi sentì un brivido lungo la schiena, e non ci mise molto a fare due più due.

“Un momento che sono in pigiama. Mi vesto e vi apro subito”.


Negi aprì la porta trovandosi di fronte l’alta e severa figura del professor Nitta.

“Di cosa si tratta esattamente?”

“Ho ricevuto una segnalazione. Lei avrebbe nascosto una barbona in questo appartamento. E le avrebbe permesso persino di usare il bagno centrale. Sebbene non abbia nulla contro i barboni, sa bene che l’ingresso di estranei nell’istituto è severamente proibito”.

“Capisco, ma guardi… è solo una calunnia. Conosco bene le regole”.

“Lo so. Ma data la fonte della segnalazione, non posso esimermi dal fare un controllo. Permette?”

“Prego, prego” fece Negi invitandolo ad entrare.

L’uomo entrò nella stanza, perquisendola da cima a fondo.

Poi passò agli altri locali, guardò dentro gli armadi e persino sotto il letto a castello.

Infine guardò fuori dalla finestra.

“Effettivamente non c’è traccia di estranei. Sarà stato uno scherzo, di pessimo gusto, proveniente tra l’altro da una persona che ritenevo incapace di cose simili. Invece mi ha davvero deluso. Mi scusi per il disturbo, professor Negi. E non dimentichi che tra poco ha una lezione”.

Nitta se ne andò, e appena la porta si chiuse, Negi tirò un sospiro di sollievo.

“Uff, è anche questa è fatta. Kamo, tutto a posto?”

Sul secondo piano del letto a castello comparvero all’improvviso Kamo e Shinobu, ancora addormentata.

“Capo, hai avuto davvero un’ottima idea. Il mantello dell’invisibilità del tuo amico Harry è stato davvero utile”.

“Ma anche la tua magia che ha impedito a Shinobu di svegliarsi è stata molto utile. Se si fosse svegliata durante il controllo di Nitta, chissà come si sarebbe spaventata”.

“Eheheh, la mia bolla insonorizzante non perdona”.

“Comunque adesso dobbiamo portarla via da qui. Temo che questo appartamento non sia più sicuro”.

“Chissà chi è stato a fare la soffiata a Nitta. Forse ieri sera non siete stati abbastanza guardinghi”.

“Forse. Però…”

“Però cosa?”

“Niente. Un sospetto assurdo. Muoviamoci, mi è venuto in mente un luogo perfetto”.


Negi adagiò Shinobu su un sacco a pelo.

Erano dentro una grossa tenda.

La ragazza dormiva ancora, e il giovane mago schioccò le dita.

Shinobu si destò lentamente.

“Buongiorno” la salutò Negi.

Shnobu rispose con un timido sorriso, ma quando si accorse che si trovava in un luogo diverso, si alzò spaventata.

Negi la afferrò per le braccia: “No, tranquilla, tranquilla. Ascoltami, per favore. C’è stato qualche problema, quindi ho dovuto portarti qui. Ti trovi in una tenda che appartiene ad una mia carissima amica. Qui sarai al sicuro. Non devi preoccuparti di niente. Ti ho portato anche del cibo, e uno dei vestiti di Asuna, e tra qualche ora verrò a trovarti, cosi risolveremo ogni problema. Lascerò Kamo a farti compagnia. Va bene?”

Shinobu annuì lentamente.

Negi sorrise: “Bene. Te la affido, Kamo. Ci vediamo più tardi”.

Negi uscì dalla tenda e sotto lo sguardo di Shinobu entrò nella grande foresta che ricopriva tutta la zona.

Appena fu certo di non essere più in vista, si alzò in volo sul suo bastone.

“Quella tenda è il rifugio segreto di Nagase per gli allenamenti da ninja. Il permesso glielo chiederò in classe, ma non credo che se la prenderà per la mia iniziativa. Speriamo non ci siano altri problemi”.


Dopo pochi minuti, Negi arrivò a destinazione, sentendo la solita confusione e il solito vociare.

Si rasserenò sentendo tutto questo, perché preannunciava una giornata come tutte le altre.

Entrò nella classe, accolto dal caloroso e abituale saluto di tutta la classe.

“Buongiorno a tutte”.

Mentre le altre si ricomponevano, Negi fece per andare da Konoka, però sembrava titubante.

“Ehilà, Negi, cosa c’è?” gli chiese sorridente Konoka, accortasi di essere fissata da lui.

“Eh… ecco… oggi…”

“Ah, parli della colazione? Scusa se non ho potuto preparartela come le altre volte, ho avuto un impegno davvero improvviso e urgente. Ma domani mi farò perdonare, promesso”.

“Uhm.. veramente… ma no, non preoccuparti. Non volevo chiederti questo, ho solo pensato una stupidaggine”.

Negi fece l’appello, le ragazze c’erano tutte tranne Evangeline e Chachamaru.

“Strano. Evangeline manca ancora. Dopo dovrò andare a trovarla. Per non essere venuta anche oggi, allora sta davvero male”.

Iniziò la lezione, e tutto andò normalmente.

Appena cominciò l’intervallo, un Negi pensieroso fu avvicinato da Asuna.

“Negi, stamattina tornando dal lavoro non ho trovato nessuno, proprio nessuno. Che è successo?”

Negi fece segno ad Asuna di avvicinarsi: “Qualcuno ha detto a Nitta della presenza di chi sai tu, e quindi ho dovuto portarla altrove” le sussurrò.

“Oh no! E chi può essere stato? Qualcuno ci avrà visto ieri sera”.

“Forse, stavo riflettendo proprio su questo. Comunque oggi pomeriggio ne parlerò col preside. E andrò a trovare Evangeline, che manca ancora”.

“Ehilà, di cosa confabulate soli soletti?”

“Yahh! Ma chi… Haruna?!”

“Esatto, la vostra fumettofila d’assalto. Cosa vi stavate dicendo prima? Era forse una confessione d’amore?”

“Ma quale amore! Questo qui ha solo dieci anni!” sbottò Asuna picchiettando nervosamente sulla testa di Negi.

“Asuna, piantala di trattare male il professore!” intervenne la capoclasse.

“Non sto maltrattando nessuno! E tu fatti gli affari tuoi!”

“Ti faccio vedere io!” sbottò Ayaka mettendosi in posizione d’attacco.

“Figurati se mi fai paura!” replicò Asuna.

“Attenzione, gente. Combattimento! Si accettano scommesse!” esultò Haruna.

“Ehm, Haruna, una lite in classe non mi sembra sia una cosa entusiasmante” obbiettò Negi.

“Non si preoccupi professore, tanto sa bene che quelle due non si fanno male veramente. E’ solo spettacolo, gratis per di più” rispose ammiccando Haruna.

E subito cominciò la rissa, abile mescolanza di arti marziali, wrestling e un pizzico di pugilato.

Le altre ragazze avevano fatto un cerchio intorno alle due combattenti, godendosi lo spettacolo.

Fu allora che Asuna notò qualcosa di strano.

Un lampo negli occhi di Ayaka, che fece per afferrare qualcosa nascosta sotto la giacca.

L’istinto di Asuna reagì prima del suo io cosciente, e spostò la testa di lato.

Giusto in tempo.

Perché altrimenti un lungo pugnale, anziché ferirle la guancia, le avrebbe infilzato la faccia.

Tutti i presenti rimasero pietrificati, un silenzio tombale calò nella classe.

Il silenzio era cosi totale, che si poteva sentire chiaramente il sangue di Asuna che gocciolava dalla lama impugnata da Ayaka.

“Asuna!” gridò Negi correndo dalla sua amica.

Il suo gesto ruppe l’immobilità della classe, le ragazze si strinsero intorno ad Asuna per aiutarla.

Solo Ayaka restava ferma ed impassibile.

E dopo qualche attimo, qualcuno si ricordò di lei.

“Capoclasse, ma sei impazzita!?” esclamò Yue.

“Stavi per infilzarla in faccia!” continuò Nagase.

“Avresti potuto ucciderla” accusò severamente Setsuna.

“Ed è un peccato che non ci sia riuscita” rispose sdegnata Ayaka mollando il pugnale e uscendo dall’aula.

“Voglio credere che stesse solo scherzando” disse Haruna.

“No, temo proprio di no. Ora capisco cos’era quello strano lampo visto nei suoi occhi. Era un’intenzione omicida” spiegò Asuna mentre Negi cercava di tamponarle il sangue con un fazzoletto.

“Comunque adesso ti porto in infermeria. Ragazze, la lezione è sospesa”.

“No, professore, non serve. Ci penso io a curare Asuna”.

Le altre lasciarono passare Konoka, smaniosa di agire, che si avvicinò alla sua amica.

“Ho un rimedio che eliminerà subito questa ferita”.

“Aspetta, non puoi usare… quella cosa… davanti a tutte” l’avvertì Negi.

“Oh no, professore, non intendo usare quella cosa. Ho un rimedio migliore”.

La ragazza tirò fuori dalla tasca dell’ovatta e una boccetta scura, versò molto del contenuto di quest’ultima sull’ovatta e la avvicinò alla guancia ferita di Asuna.

Asuna però la fermò.

“Un momento. Mi sembra che qualcosa non vada”.

“E cosa sarebbe? Io voglio aiutarti, lasciami fare”.

“E quello che voglio credere, ma qualcosa non mi convince”.

“Asuna, stai diventando paranoica!”

“La tua boccetta non mi convince! E non mi convince il fatto che tu sia cosi preparata, come se avessi già previsto tutto”.

Konoka cercò di applicare con sempre maggiore insistenza l’ovatta sulla ferita.

E Asuna con sempre maggiore forza le bloccava la mano.

Poi con un gesto improvviso le strappò dall’altra mano la boccetta e la allontanò con un leggero spintone.

Asuna osservò la boccetta.

“Ecco cosa c’era che non andava. Questa boccetta l’ho già vista tante volte, è un solvente chimico che usano nel mio club di disegno per effettuare dei restauri. Konoka, e tu volevi curarmi mettendomi sulla ferita un acido corrosivo?!”

Konoka guardò circospetta tutte le altre, che, Negi incluso, la fissavano chi più chi meno con occhi traboccanti di incredulità.

Un’incredulità che aumentò quando la nipote del preside scoppiò a ridere.

Non una risata allegra, bensì una risata sguaiata e crudele, da malvagio dei cartoni animati.

“E brava la cagna, te ne sei accorta. Non credevo che una persona ottusa come te potesse avere un simile spirito d’osservazione. Ho fatto male a credere che sarebbe bastato togliere l’etichetta. Pazienza, sarà per un’altra volta. Ayaka, lo scherzo è andato male”.

Da dietro la porta sbucò la capoclasse.

“Non… non eri andata via?” le chiese Yue.

“Certo che no, stupida. Io e Konoka avevamo organizzato tutto alla perfezione, e quella stronza di Asuna ha rovinato tutto. Per stavolta ti sei salvata, cagna, ma la prossima volta non ti andrà cosi bene”.

Detto questo, Ayaka se ne andò insieme a Konoka, che si voltò un’ultima volta verso Negi.

“Caro professore, adesso posso far disinfestare la nostra stanza, vero?”

“Eh? Ma… ma allora…”

Konoka sorrise soddisfatta mentre lasciava l’aula.

Le altre restarono ad osservare sbigottite la porta vuota.

Haruna borbottava qualcosa.

“Sto… sto sognando? Certo che sto sognando. Mi do un pizzicotto e mi sveglio”.

“Allora… dallo anche a me” mormorò Asuna “Le… le mie… se non hanno cercato proprio di uccidermi, ci sono andate vicine”.

“Va… va bene, ragazze, io… io porto Asuna in infermeria…”

Negi uscì dall’aula insieme ad Asuna.

“Non ci posso credere. Questo è un incubo!”

Il giovane mago era cosi smarrito che ad un certo punto Asuna dovette quasi trascinarlo.

“Negi, non puoi abbatterti cosi. Sono io che dovrei sentirmi come te, dato che sono io la vittima”.

“Asuna! Professore!”

“Tatsumiya! Setsuna!”

Le due ragazze li raggiunsero correndo.

“Professore, lei sa cosa è successo a Konoka?” domandò Setsuna.

“No, proprio no. E non so neanche cosa è successo alla capoclasse”.

“Potrebbe forse centrare quella Shinobu” suggerì Tatsumiya.

“Eh? Come fate a sapere di Shinobu?”

“Perché stamattina io e Setsuna abbiamo visto Konoka che parlava con Nitta a proposito di una barbona di nome Shinobu che ospitavate nel vostro appartamento, Asuna”.

“E credetemi, ho fatto la stessa faccia che tutti hanno fatto prima quando l’ho sentita descrivere quella Shinobu”.

“Che intendi dire, Setsuna?”

“Be, Negi, l’ho sentita definire quella Shinobu una ‘puttana lercia e bastarda’. Io conosco Konoka sin da piccola e mai, dico mai, l’ho sentita insultare qualcuno”.

Negi e Asuna ammutolirono.

“E’ stata davvero Konoka ad avvertire Nitta. Lo avevo pensato, ma mi sembrava talmente incredibile che ho rifiutato tale idea” pensò il professore.

“Chi è là?!”

Al suo grido, Tatsumiya fece seguire una pallottola sparata sopra una finestra.

Era stata talmente rapida nell’estrarre una delle sue pistole, che sembrava l’avesse avuta sempre in mano.

Una figura li stava osservando dalla finestra colpita, una persona che subito scappò.

“Quella… quella era Shinobu!” esclamò Negi.

E tutti le corsero dietro.

  
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