Disclaimer: Ville Valo,
gli HIM e chiunque di famoso sia citato all’interno della
storia non mi appartengono. I nomi dei personaggi originali sono stati
scelti senza una motivazione particolare, ergo, ogni riferimento a cose
o persone realmente esistenti non è assolutamente voluto.
Dalla scrittura di questa FF, ovviamente, non ci ricavo assolutamente
nulla.
Importante: i dialoghi
in corsivo presenti all’interno del capitolo, sono
pronunciati in inglese [eccetto alcune parole in finlandese quali
“hei – perkele - isä”].
Questo
capitolo è dedicato a musicaddict
che ques'anno
è lei ad essere reduce dalla maturità ^^
Sattumalta
Suomalainen
Kapitel
5.
†…
Sattumalta Suomalainen …†
Quella
domenica mattina, quando Abigail si alzò, erano quasi le
undici ma in quella casa stavano ancora tutti dormendo.
La
camera di Ville aveva ancora la porta chiusa e di certo non si sarebbe
azzardata ad aprirla.
In
salotto, d’altra parte trovò l’altro
Ville già sveglio intento a leggere qualcosa.
-
Buongiorno, dormito bene? -
gli domandò lei aprendo il portone di casa e afferrando il
giornale che ogni mattina veniva lasciato sul tappetino
d’ingresso.
-
Ho dormito su materassi migliori, ma non mi lamento. -
-
Mi dispiace. È un po’ vecchio. Non ho idea quanti
anni abbiano quei divani ma prima d’ora non ci era mai
servito. In questa casa non ha mai dormito tanta gente. -
-
Non preoccuparti. Fidati, è più scomodo dormire u
un tourbus in movimento che su un materasso un po’
deteriorato ma, se non altro, immobile. -
Abigail
guardò l’uomo e sorrise.
-
Colazione? -
-
Volentieri. Cosa offre lo chef? -
-
Caffè o thé caldo e torta avanzata da ieri sera.
Dovrei avere anche dei cereali ma… -
-
Va benissimo la torta. E il caffè. Si, quello solubile.
–
rispose lui, anticipando quella che sarebbe stata la successiva domanda
della donna.
Abigail
posò il giornale su un mobile della cucina e
apparecchiò la tavola alla buona dopo aver messo a bollire
l’acqua.
-
Allora? -
-
Allora cosa? -
-
Non hai nulla da dire? -
-
Niente di particolare. Che programmi hai per oggi? -
-
Rassettare la casa e passare un po’ di tempo con voi. - disse
Abigail mentre Ville prendeva posto su una sedia
all’estremità della tavola.
-
Perfetto. -
mormorò l’uomo mentre squadrava la donna da capo a
piedi.
-
Beh, che c’è che non va? -
-
Le tue tenute casalinghe fanno sempre schifo. -
ridacchiò l’uomo passandosi una mano fra i capelli.
-
Cosa c’è di male in un paio di pantaloni neri e
una maglietta smessa degli HIM? -
-
Nulla, ma è sempre un piacere vedere ancora degli heartagram
girovagare per casa. -
Rimasero
alcuni minuti in silenzio mentre l’acqua bolliva e Abigail
sfogliava velocemente il giornale alla ricerca di qualche notizia che
valesse la pena leggere.
-
Buon’horno… - mormorò una voce
assonnata proveniente dal corridoio.
-
Ciao pikku nalle. Ciao Lily. -
-
‘Giorno. -
rispose la ragazza per poi ripeterlo in inglese in direzione del padre
del suo ragazzo.
-
Thé o caffè? -
-
Caffè per me. -
-
English Breakfast. -
Abigail
finì di preparare la colazione mettendo una fetta di torta
in ciascun piatto.
-
Stiamo facendo colazione con tuo padre… Non ti fa uno strano
effetto? - domandò Lilith in direzione del ragazzo.
Lui
fece una smorfia e si concentrò sulla sua tazza di
thé fumante. Probabilmente, nonostante le apparenze,
l’idea del padre appena ritrovato non è che lo
entusiasmasse come aveva cercato di dare a vedere.
**
-
Non avevo mai conosciuto un musicista famoso in vita mia. - disse
Lilith raggiungendo Ville Senior sul balcone.
-
Non sono nulla di speciale. -
mormorò l’uomo aspirando una boccata di fumo.
-
Io non conosco bene la musica degli HIM a differenza di mia madre o di
Abigail, ma ho sentito parlare di voi e, beh… E’
curioso. -
disse lei semplicemente, accettando dal pacchetto
-
Come vi siete conosciuti tu e Ville? -
domandò il finlandese cercando un argomento di conversazione
che non potesse rivelarsi imbarazzante o fastidioso. Benché
Abigail gli avesse raccontato quasi vita, more e miracoli della vita di
suo figlio, quello era comunque un buon argomento di conversazione che
gli dava anche la possibilità di sentire un’altra
campana rispetto chi fosse veramente quel ragazzo e non solo i commenti
di parte della madre.
-
Siamo compagni di classe da cinque anni. I primi due anni non ci
eravamo quasi mai parlati, poi abbiamo iniziato a chiacchierare di
musica e film e siamo diventati amici. -
-
Non state insieme da molto però… -
-
Qualche mese. E a farmi innamorare di lui è stata anche
questa sua doppia nazionalità che comunque non smette mai di
ostentare. -
-
Davvero? -
domandò Ville sorpreso, voltandosi verso la ragazza e
spalancando gli occhi. Non credeva che suo figlio potesse essere fiero
di vantare origini finlandesi grazie – o per colpa
– di un padre che non aveva mai conosciuto.
Lilith
non si aspettava una reazione del genere, ma se ne compiacque.
Si
sentiva la portatrice di una grande verità che forse, in
qualche modo, avrebbe potuto avvicinare due persone che oltre al nome e
qualche cromosoma – beh, a giudicare dall’aspetto
forse ben più di qualcuno -, sembravano non avere nulla in
comune.
-
E’ sempre orgoglioso quando deve spiegare a qualche nuovo
professore che ha quei nomi strani perché è nato
ad Helsinki, gli piace dire qualche frase tipo “ciao, come
va?” o “ti amo” e poi beh… Da
il meglio di sé quando deve insultare qualcuno. -
-
Tutto sua madre. -
ridacchiò l’uomo spegnendo la sigaretta nel
posacenere.
**
-
Quand’è che se ne va? - aveva domandato Ville alla
madre approfittando di un momento in cui Lilith aveva iniziato a
chiacchierare con l’uomo.
-
Parte domani. Ma… Non ti ha fatto piacere incontrarlo. -
-
Piacere è una parola grossa. Non lo conosco, è un
estraneo che è venuto qua con una quantità
consistente di regali costosissimi ma… Per me non
è nessuno. È una faccia, un vecchietto di non so
neanche quanti anni che per la prima volta in diciotto anni ha voluto
giocare a fare il padre. Io ho te. E anche se ora so chi è
quel tizio… Non cambia niente. -
-
Mi dispiace tesoro. -
-
Non ce l’ho con te Mutti, il fatto è
che… Beh, sapere di essere il figlio illegittimo di una
rockstar di certo non è che mi esalti particolarmente. -
-
Non è colpa sua. Ho scelto io… Il massimo della
sua colpa è stato tradirmi ma sono io che ho voluto che tu
fossi solo mio figlio, che portassi il mio cognome. E sono io che ho
deciso di portarti via dalla Finlandia. -
-
Lui però non ha mai fatto niente per fermarti. -
commentò amaramente il ragazzo.
-
No. Ma è stato meglio così. -
-
La mia vita mi piace, ma il fatto che questo tizio che ha il mio stesso
nome abbia giocato per un giorno a fare il padre modello l’ho
trovato inutile. E fuori luogo. -
-
Non sei costretto a rivederlo. Ci tenevo che v’incontraste.
Lui mi aveva esposto i suoi dubbi cercando di farmi capire che la
visita di un giorno e mezzo al figlio diciottenne che non aveva mai
sentito parlare di lui in tutta la sua vita non avrebbe avuto un esito
positivo. -
-
Neanche lo conosco eppure abbiamo le stesse idee… -
osservò il ragazzo sarcastico.
-
Ecco perché voi due siete quelli che pesante e riflettete
mentre io agisco e basta. -
-
Va bene così. Grazie per avermi dato questa
possibilità. E comunque tranquillizzati, non lo odio.
È solo che… -
-
E’ un estraneo e un estraneo rimarrà. E lui la
pensa come te. -
-
Eccellente. Lascia fare a me, le taglio io le cipolle, tu tira fuori il
pesce. -
-
Eh, no! Le cipolle le taglio io. - mise subito in chiaro la donna
afferrando un coltello e iniziando a tagliuzzare.
**
-
Mutti, ci dai uno strappo fino a scuola? - domandò Ville
alla madre buttando i libri a casaccio nella borsa di tela nera che
usava al posto dello zaino.
-
Non vuoi sfruttare la tua neo-maggiore età per saltare un
giorno di scuola e venire con noi in areoporto? -
-
Non posso. Alla prima ora abbiamo matematica e l’insegnate mi
odia dal primo giorno di scuola, se oso saltare le sue lezioni non si
farà grossi problemi ad abbassarmi la media. Cosa
tutt’altro che difficile, visto che in matematica sono una
capra quanto te. -
-
Questione di sfortuna. Tuo padre è sempre stato bravo.
Invece la memoria da elefante che ti ritrovi la devi a me. - disse
Abigail cercando le chiavi della macchina che le erano cadute dietro il
mobile del salotto sul quale le lasciava ogni volta.
-
Sei un disastro… -
-
Comunque nessun problema, appena avrò finito di litigare con
la polvere… Cazzo, ci abbiamo pulito ieri, come fa ad
esserci ancora tutto questo schifo?! Oh, eccole!... Possiamo andare
ragazzi! Ville, accompagnamo prima a scuola i ragazzi e poi
andiamo all’aeroporto… Per te va bene? -
-
Sei tu che guidi. -
ridacchiò l’uomo mettendosi sulle spalle il
borsone che si era portato dietro.
**
-
Io ODIO questa strada. E questa città. - si
lamentò Abigail inserendo la freccia per svoltare a destra
ed accostarsi poco dopo per permettere a due ragazzi di scendere. -
Mi dispiace che vi dobbiate salutare così di fretta, ma
purtroppo la strada è quello che è. -
-
Non importa. Grazie mille Mutti, a stasera… Ciao
isä. –
-
Ciao Ville, è stato un piacere conoscerti. -
-
Anche per me. -
-
Arrivederci. - lo
salutò Lilith.
-
Ciao sweetheart. -
La
ragazza chiuse la portiera dell’auto e, prendendo la mano di
Ville, attraversarono la strada dirigendosi verso il portone
infernale.
-
Mi spiace che le cose che Ville non siano andate come speravo. -
-
Non importa, dovevamo immaginarcelo. Te l’ho detto, siamo
entrambi due estranei, mica potevo pretendere mi saltasse al collo e
iniziasse a farmi le feste. -
-
Anche perché quello lo fanno i cani, non i ragazzi
diciottenni. -
-
Vero. -
-
Bene caro… Tu hai un aereo da prendere e io una
città schifosamente trafficata da attraversare… -
disse Abigail lanciando uno sguardo all’edificio dove aveva
visto entrare suo figlio.
Per
la prima, e anche unica, volta nella sua vita aveva accompagnato suo
figlio a scuola insieme al padre.
Le
cose forse non erano andate come aveva sperato che andassero, ma in
fondo non aveva mai voluto che Ville divenisse co-protagonista della
vita di suo figlio.
Sulla
strada verso l’aeroporto si rese conto che quello che aveva
avuto davvero importanza era che ora Ville era a conoscenza della
verità che stava dietro la sua identità di finlandese
per caso…
Note
dell’autrice:
Potrei
anche finirla qui…
Teoricamente
questa storia avrebbe un seguito infinito ma… Sono le 5.58
del mattino e ho appena scritto l’ultima frase rendendomi
conto che potrebbe anche funzionare come conclusione.
Le
cose hanno preso una piega diversa rispetto a com’erano state
progettate inizialmente – si parla di un anno fa –
e, credo che alla fine questa sia la conclusione migliore per rimanere
fedele al titolo.
Non
è un lavoro eccezionale, ma in questi giorni ho fatto un
tour de force per portare avanti un po’ delle giacenze che da
tempo immemore erano lì a guardarmi con i loro occhi bovini
nella speranza di essere prese in mano e aggiornate: kaulitzest,
originali, qualcosa su Queer as Folk…
A questo punto, tralasciare gli HIM sarebbe stato
blasfemo XD
Volevo
ringraziare musicaddict per il supporto che mi ha
sempre dato per scrivere questa storia, a Shioli
per aver commentato il precedente capitolo e a Judeau
che è stato quello che mi aveva dato una mano a buttare
giù la storyboard e, in qualche modo, è anche per
lui che ho voluto continuare a scrivere [nonostante il suo abbandono
forzato dopo la pubblicazione del primo capitolo].
Direi che è tutto ^___^