Capitolo
3
"Se
ami qualcuno, devi dirglielo.
Anche se hai paura che non sia la cosa giusta,
anche se hai paura che creerà problemi,
anche se hai paura che potrà rovinare completamente la tua
vita,
diglielo.
E diglielo con forza."
Elijah, quasi
senza curarsi dell’elegante completo che indossava,
si sedette sul marmo freddo di una tomba abbandonata e
guardò Hayley dal basso.
Le sorrise, ma lei non capì a cosa fosse dovuto quel
buonumore.
«Tu sai
qualcosa che io non so, vero?»
Quando il vampiro, con un gesto della mano, la invitò a
sedersi sulle sue
gambe, lei accettò di buon grado e si riempì i
polmoni con un profondo respiro.
Elijah aveva sempre un buon odore di dopobarba e di pulito, un odore di
cui lei
ormai non riusciva a fare a meno.
Quasi dimenticò dove si trovavano, tanto era
distratta da quell’uomo.
«So tante cose che tu non sai.» La risposta di
Elijah
la riscosse e lei si scostò di poco per poterlo guardare
negli occhi.
Gli aveva
circondato il collo con le braccia e aveva inarcato le sopracciglia, in
attesa
che lui continuasse.
Lo vide aprire la bocca, come se stesse per parlare, e poi
richiuderla.
Aveva distolto lo sguardo, per puntarlo su un angelo di marmo che
sembrava li fissasse.
La ragazza gli posò la mano su una guancia e gli
voltò il
capo verso di sé. «Elijah, che succede?»
Il vampiro le prese la mano e la voltò per baciarne il
palmo, prima di
decidersi a parlare. «Se tu da lungo tempo fossi a conoscenza
di una verità su
due persone, ma quelle persone invece facessero di tutto pur di
nasconderla,
cosa faresti?»
Hayley si prese del tempo per riflettere sulla risposta da dare a
quella
domanda che non si era aspettata.
C’era qualcosa che preoccupava il suo uomo e
che, al contempo, lo metteva di buonumore.
Avrebbe potuto vivere per altri
cento anni, ma non sarebbe mai riuscita a capire l’umore
altalenante dei
vampiri.
«Probabilmente rispetterei la loro decisione e penserei agli
affari miei.»
«Ma se tu amassi queste persone più della tua
stessa vita e vedessi che si
stanno rovinando, che soffrono a causa di quella verità
taciuta, non
cercheresti di aiutarle?» Elijah continuava a pensare a
quanto avessero
sofferto tutti quanti a causa di una verità che nessuno,
nella sua famiglia,
aveva voluto ammettere. Qualcosa che andava oltre la natura, oltre le
leggi
umane, perfino oltre quelle sovrannaturali. Andava oltre ogni cosa. E
lei,
rammentando stralci di conversazioni origliate di nascosto e di quelle
invece
avute in prima persona con i componenti della famiglia Mikaelson,
cominciò a
mettere insieme i pezzi, per comporre nella sua mente un puzzle
sconvolgente.
"Penso che quando spendi mille anni con
qualcuno e poi decidi di lasciarlo, è come se perdessi una
parte di te stessa."
Le parole di Rebekah le ronzavano ancora nelle orecchie e, forse troppo
in
ritardo, la ragazza ne capì il vero significato.
«Oh cielo, Elijah» Hayley si
coprì la bocca con una mano, guardandolo con gli occhi
sgranati, mentre il
respiro le si era bloccato in gola, «cos’hai
fatto?»
Le parole del vampiro, che aveva posato nuovamente lo sguardo
sull’angelo
marmoreo, suonarono come una condanna non solo per se stesso, ma anche
per le
persone che lo circondavano.
«Qualcosa che riuscirà a salvare la mia famiglia.
O che la distruggerà definitivamente.»
Anche se avesse
potuto allontanare la sorellastra con
facilità, Klaus non si mosse. Sostenne il suo sguardo,
sfregando tra loro i
denti.
Era un’aperta sfida quella che Rebekah gli aveva lanciato, ma
non sapeva
se coglierla o tirarsi indietro. Puntando gli occhi su quelle labbra
ferme a
pochi centimetri da sé, passò la punta della
lingua sulle proprie e le schiuse
poi in un sorriso.
«No.»
Senza scomporsi, la vampira chinò il capo di lato, guardando
con intensità quel
volto tanto familiare.
Era come guardarsi allo specchio, tanto bene lo
conosceva. E, a differenza di tutti gli altri, sapeva anche come
prenderlo.
Sapeva quale corda toccare per farsi dare ciò che voleva.
«Sei sempre il solito
codardo» sussurrò, chiudendo gli occhi per un
momento, per puntarli subito dopo
su di lui.
Proprio come due fari in grado di scovare e illuminare la
verità e i
segreti più profondi di un individuo.
«Una volta mi hai detto che non imparo
mai dai miei errori, ma evidentemente non sono
l’unica.»
«Fare ciò che mi dici, comporterebbe un errore
più grave della mia codardia.»
Fissando un’ultima volta le labbra della bionda,
l’ibrido si scansò,
lasciandola a rimuginare su ciò che aveva appena fatto.
Aveva cercato di
costringere Klaus ad ammettere qualcosa che forse aveva solo
immaginato. E
sperato. Perché dentro di sé sapeva che, per
tutta la vita, aveva sperato di
scatenare la gelosia di quell’uomo tanto instabile. Si
voltò, aprendo e
chiudendo il pugno della mano libera e posò con poca
delicatezza il bicchiere
accanto a quello di lui.
«Perché non vuoi ammetterlo?» gli
domandò arrabbiata,
la voce che le si alzò di un’ottava.
Klaus afferrò un pennello e la tavolozza dei colori e, con
una calma che non
gli apparteneva, cominciò a tracciare diverse linee di
colore. «Hai mai visto
un fratello geloso della sorella?»
Assorto nei giochi di luce creati dai colori
sulla tela, trattenne a stento una risata al sibilo frustrato della
sorellastra.
«Rispondere a una domanda con un’altra domanda,
tipico di Niklaus!» Ormai
Rebekah aveva perso la pazienza.
Era agitata, arrabbiata e con pollice e indice
si massaggiò le palpebre calate in un gesto che esprimeva
tutta la frustrazione
che provava.
«Rispondere a una domanda con un’accusa, tipico di
Rebekah» cantilenò lui,
sporgendosi verso il pianoforte per afferrare il telecomando dello
stereo. Un
attimo dopo, una malinconica melodia riempì la stanza, ma la
vampira si mosse
veloce per afferrare bruscamente il telecomando dalla sua mano e
lanciarlo
contro il muro, lasciando che cadesse sul pavimento in mille pezzi
mentre una
voce maschile si mescolava alla melodia. Lo guardava furibonda adesso,
con il
torace che si alzava e si abbassava a ogni respiro veloce sotto la
camicetta
bianca. L’ibrido, simulando una noia che non provava
perché in realtà si stava
divertendo più in quel momento che negli precedenti sei mesi
messi insieme,
roteò gli occhi e le rivolse un sorrisetto condiscendente.
«Ti farebbe stare
meglio se lo ammettessi?»
«Elijah, è una cosa disgustosa!» La
licantropa scattò in piedi e si portò le
mani ai fianchi, non credendo alle proprie orecchie.
«E tu non eri il vampiro nobile
e virtuoso? Lo sei così tanto, che a volte tendi a risultare
un po’ moralista.
E adesso mi dici queste cose?» Stava sognando, ne era certa.
Oppure il vampiro
che aveva di fronte non era davvero Elijah, ma solo
un’allucinazione.
«Anche uccidere è una cosa disgustosa, eppure io
lo faccio da mille anni e tu
non ti sei ancora lamentata.»
Impassibile, l’Originale si spolverò la giacca
scura e strinse le labbra, sperando che la compagna provasse a capire
ciò che
le aveva detto. Le aveva raccontato tutto o quasi della vita trascorsa
insieme
ai due fratelli, soffermandosi soprattutto sull’insano
rapporto che da sempre
legava Niklaus e Rebekah.
«Ma questo è… è illegale,
non capisci? E anche parecchio..»
Hayley non trovava
le parole e, guardandola, Elijah avvertì un moto di
tenerezza.
«Disgustoso? L’hai già detto.»
La ragazza tornò a sedersi sulle gambe del compagno e gli
afferrò le mani che
ancora stavano spolverando la giacca, «È
sbagliato. E tu, come fratello
maggiore e capofamiglia, non dovresti permetterlo. Invece li stai
aiutando, non
riesco a crederci!»
«Anche l’omicidio è illegale,
così come costringere le persone a fare qualcosa
che non vogliono fare. Eppure noi lo facciamo comunque, uccidiamo e
soggioghiamo. Quando sei al mondo da tanto quanto lo sono io, riesci a
scorgere
delle cose che agli altri invece passano inosservate.» Elijah
sospirò stanco e
accarezzò una guancia della ragazza.
«Questa storia va avanti da quando eravamo
ancora umani e ha distrutto la mia famiglia. I miei fratelli fanno di
tutto per
detestarsi, perché l’odio è
l’unico sentimento che riescono a provare senza
rischiare di compromettersi. Il loro rapporto è sempre stato
un concentrato di
gelosia e possessività e non solo da parte di Niklaus,
credimi. È distruttivo per
loro e insopportabile per chi, come me, è stato insieme a
loro per mille anni.» Il vampiro ricordò i tragici
eventi che, in quei mille anni, avevano colpito la
sua famiglia.
Un ragazzo cresciuto senza l’amore di un uomo per il quale
nutriva affetto e rispetto, e con la vicinanza di una persona dalla
quale aveva
sempre desiderato più del semplice amore fraterno.
E poi c’era Rebekah, sempre
alla ricerca di qualcuno che la amasse; qualcuno cui legarsi anima e
corpo,
senza però riuscirci appieno perché il suo cuore
era già occupato. E per
questo, a causa di quelle verità taciute, i suoi fratelli
ricorrevano alle
recriminazioni, ai tradimenti e –questo però solo
Niklaus- ai pugnali.
«A
volte, quando la situazione diventava davvero insostenibile, li
lasciavo da
soli. Questi allontanamenti non duravano molto, ma mi davano la
possibilità di
liberarmi da quella tensione che si respirava accanto a loro. Quei due
invece,
nonostante si azzuffassero in ogni momento, non si sono mai separati.
Tranne
nei periodi in cui Niklaus la teneva inerme con un pugnale nel petto,
ma anche
in quei frangenti la teneva con sé. Questo potrebbe sembrare
inquietante, ma
era il suo modo di starle sempre vicino, di proteggerla. L’ha
sempre protetta
da tutti, ma non ha mai imparato a proteggerla da se stesso.»
Era tutto così complicato e surreale, che Hayley ebbe
bisogno di qualche
momento di silenzio per digerire ciò che l’uomo le
aveva appena detto. Vederlo
abbattuto, la fece sentire sconfitta.
Non voleva che Elijah soffrisse a causa
dei suoi fratelli. Non voleva che lui soffrisse in generale.
Per lui, Hayley voleva
rappresentare una boccata d’aria fresca, qualcuno che ti sta
vicino dopo una
giornata difficile e ti ascolta senza giudicare. Lei invece aveva
giudicato e,
nonostante le sarebbe servito un po’ di tempo per accettare
quella situazione,
non voleva più farlo. Voleva sostenerlo. Per questo motivo
gli sorrise e lo
abbracciò, per poi posare il capo sulla sua spalla.
«Se tutto questo servirà a
renderti felice, starò dalla tua parte.»
«Tu mi doni una grande felicità, Hayley. Ma non
potrò mai essere completamente
felice se non lo saranno anche i miei fratelli.»
«Sì, mi farebbe sentire meglio.» Rebekah
lo fissava, con le braccia incrociate
al petto e le labbra imbronciate.
Non sopportava essere relegata in secondo
piano, soprattutto se a rapire l’attenzione di Klaus era uno
stupido quadro.
E
proprio le spalle di quel maledetto si mossero come se stesse ridendo
silenziosamente.
«Allora credo proprio che non ti dirò
nulla.»
Ormai al limite della pazienza, la vampira approfittò della
distrazione di
Niklaus e si mosse a velocità sovrannaturale alle sue
spalle, afferrandolo per
la maglietta e lanciandolo contro la parete.
Gli corse poi incontro, sentendo
il sangue affluirgli agli occhi e le vene inspessirsi.
«Non prenderti gioco di
me!» ringhiò, soffiando tra le zanne e premendogli
un braccio contro la gola.
L’ibrido non reagì, ma non smise di sorridere.
Forse era un completo idiota, ma
gli piaceva vederla tanto arrabbiata. E coraggiosa, al punto da averlo
messo
con le spalle al muro. Se Rebekah fosse stata una ragazzina indifesa e
impaurita, non avrebbe mai provato ad attaccarlo.
«E perché non dovrei? Mi sto
divertendo!» Aprì e braccia e le
accostò al muro, come se stesse chiedendo
pietà.
E non aveva smesso di sorridere, perché era vero che quella
situazione
lo stava divertendo, ma anche perché più lui
sorrideva, più lei si arrabbiava.
E il gomito premuto contro il suo collo, gli suggeriva che Rebekah era
furiosa.
«Mi hai sempre sottovalutata, derisa. Hai fatto di me
ciò che hai voluto e
adesso vuoi giocare?»
Mentre il suo aspetto tornava a una parvenza di umanità,
dentro Rebekah era completamente soggiogata dalla furia.
«Sei solo un piccolo
bastardo spocchioso e arrogante.»
Dopo quelle parole cariche di veleno, fu Rebekah ad essere prigioniera
di una
stretta decisa.
Klaus, in un istante, era riuscito a liberarsi e a farla
voltare.
Adesso una mano stringeva forte entrambi i polsi della vampira, mentre
l’altra le scostò i capelli dal collo.
Era dietro di lei e Rebekah poté
sentirne il respiro veloce infrangersi sul suo collo in una carezza
calda.
«Perché
vuoi saperlo? Sembra quasi che la tua stessa vita dipenda dalla mia
risposta.»
La sua voce era un sibilo e la mano che le aveva scostato i capelli, si
spostò all’altezza
del diaframma della vampira, premendo e costringendola a gettare fuori
il
respiro che stava trattenendo. Lei alzò il viso e chiuse la
bocca, respirando
dal naso.
«Perché è stata la tua gelosia a
causare la mia infelicità» rispose a
denti stretti, strattonando i polsi e cercando di liberarli dalla sua
morsa.
Klaus però la teneva con troppa forza e, anche se lei non
riusciva a vederlo,
poté sentire il respiro profondo che aveva fatto.
L’ibrido chiuse gli occhi,
tramortito dal buon odore della sorellastra.
I suoi capelli avevano un profumo
dolce, come di iris appena colti nei campi in cui erano soliti giocare
da
bambini.
E la pelle del suo collo, morbida e vellutata, gli ricordava le more
succose.
Affondò i denti nel labbro inferiore, per resistere
all’impulso di
posare le labbra su quel collo tanto invitante.
«Mi dispiace che la mia gelosia
ti abbia causato tanta pena.»
La voce gli si era fatta roca, ma non vi badò,
preso com’era dalla vicinanza che lui stesso aveva causato.
La mano aperta, si
alzava e si abbassava insieme al torace di Rebekah. Ad ogni respiro,
ogni
parola.
«Quindi ammetti di essere geloso.» Non era una
domanda. Rebekah non era
concentrata a sufficienza per porne.
La sua mente era completamente immersa in
quella stretta decisa e nel respiro di Klaus che gli solleticava la
pelle.
"Thought it was me and you, babe. Me
and you until the end, but I guess I was wrong."
«Sai, anche io pensavo che saremmo stati solo io e
te, fino alla fine»
Quella frase lo aveva colpito e adesso Klaus pensava a quanto fosse
profonda e
veritiera. Continuava a contare i respiri di Rebekah attraverso la
pressione
della mano, lasciandosi cullare da quel ritmo incalzante. «Ma
forse questa canzone dice il vero: mi ero sbagliato.»
La ragazza era rimasta in silenzio, ad ascoltare la canzone che
sembrava
parlasse proprio di loro. Lei era andata via, senza neppure dirgli
addio. Aveva
visto le lacrime solcargli il volto, aveva sentito con quanta
difficoltà lui
l’aveva resa una donna libera.
«Eppure sono ancora qui con te, Nik. Anche se mi
hai detto di non tornare mai più.»
«Sei tornata per me?» La domanda venne colta con
uno scatto che però provocò
una stretta maggiore ai polsi della vampira.
«No, sono tornata per la bambina.»
Quella risposta lo ferì e la pressione sotto il torace di
Rebekah aumentò, fino
a farle emettere un lamento.
«Non lo so se sono tornata anche per te!» Per
quanto la stretta le permise di alzare la voce, lei lo fece, ma subito
dopo le
si affievolì per la mancanza di aria. «Forse
sì, non lo so.»
Klaus, soddisfatto da ciò che aveva appena sentito,
chinò il capo e posò le
labbra sulla scia di pelle sensibile del collo della vampira.
Le strofinò e
premette la punta della lingua sulla vena pulsante, che batteva tanto
veloce
quanto il cuore di Rebekah. Non si domandò cosa fosse
cambiato in quegli ultimi
istanti. Erano immersi nel silenzio assoluto, adesso che la musica era
terminata.
E Klaus non voleva pensare, stava solo assecondando il proprio
istinto.
Con gli occhi chiusi, Rebekah sentì il cuore batterle tanto
veloce che poté
giurare stesse rischiando di scapparle dal petto.
«Nik» soffiò, tentando di
mandar giù il groppo che aveva in gola.
«Vedi quant’è facile farsi dire la
verità?» La ragazza era ancora tesa, ma non
cercava più di divincolarsi, per questo Klaus sciolse la
stretta e le lasciò
andare i polsi. «Tu invece l’hai ottenuta solo
perché io ho voluto concedertela.»
Rebekah rabbrividì quando la mano dell’uomo le si
posò su un fianco, ma non
accennò a compiere alcun movimento. Rimase ferma, sotto le
carezze del
fratellastro i cui comportamenti erano tutt’altro che
fraterni.
«L’hai ottenuta
grazie alla forza bruta.» Piegò di lato la testa,
per permettere che quella
dolce e lenta tortura continuasse, come un muto permesso del quale
però lui non
aveva bisogno. L’aveva attirata più vicina a
sé, facendole accostare la schiena
al suo petto. Rebekah era completamente appoggiata a lui. Si
lasciò andare alle
carezze circolari al fianco e a quelle umide e lente al collo.
Klaus era perso
nella scoperta di un corpo che desiderava e che non poteva avere; nella
conoscenza di una persona che amava e che, per uno strano scherzo del
destino,
gli era assolutamente proibita.
«Perché sono un bastardo spocchioso,
giusto?»
«E arrogante.»
L’ibrido sorrise sulla pelle della ragazza, mentre una
leggera risata di gola
le accarezzò le orecchie.
Non poté darle torto e per questo, proseguendo con le
labbra verso il retro dell’orecchio, Klaus le
domandò ciò che più gli premeva.
«Hai
trovato ciò che cercavi? Una casa, una famiglia, qualcuno
che ti ami.»
«Non mi hai permesso di trovarli.» Gli occhi le si
inumidirono, sotto le
palpebre abbassate, perché avrebbe voluto dargli
un’altra risposta. Voleva
mostrargli la sua forza e dimostrare che lui non riusciva ad esercitare
più
alcun potere su di lei. Una bugia.
«Ma ti ho lasciata libera.»
Era vero, l’aveva lasciata libera di andarsene e di non
tornare più. Nei suoi
numerosi viaggi, però, Rebekah non era riuscita a trovare
ciò che aveva desiderato
e che desiderava con tutta se stessa.
A ogni passo che faceva, ogni luogo che
visitava, la voce di Nik era sempre con lei a ricordarle ciò
che si era
lasciata alle spalle con un sorriso e il vento tra i capelli. No, lui
non
l’aveva lasciata davvero libera.
Le aveva solo dato l’illusione di qualcosa che,
in verità, lei non desiderava. Non lontana da casa e dalle
persone che amava.
Aveva cercato troppo lontano e troppo a lungo qualcosa che Klaus non le
avrebbe
mai concesso, perlomeno non davvero. E questo perché era
sempre nella sua
testa, un pensiero fisso che non la abbandonava mai.
Quando lui le prese il
lobo tra i denti, un lungo brivido la colse impreparata. Non avrebbe
dovuto
provare simili emozioni, sensazioni tanto forti. E lui non avrebbe
dovuto continuare.
«Nik, cosa stai facendo?» gli domandò in
un sussurro.
«Cosa sto facendo?»
«Fermati.»
Erano trascorsi
solo pochi minuti da quando avevano lasciato
il cimitero ed erano tornati nel quartiere francese.
Elijah teneva le dite
intrecciate a quelle della giovane compagna che era immersa nel suo
silenzio.
Non sapeva con certezza cosa la sua decisione avrebbe comportato. Ci
sarebbero
state ripercussioni su loro due, sulla bambina che era riuscita a
portare un
po’ di allegria nella loro casa?
O le ripercussioni ci sarebbero state solo su
quei due fratelli che lui aveva tratto in inganno? Lo aveva fatto per
il loro
bene, ma anche per una sottile vena di egoismo che lo attraversava
sempre da
capo a piedi.
«Stiamo tornando a casa?»
La domanda di Hayley lo strappò alle sue riflessioni e il
vampiro le rivolse un
breve sorriso che le fece arricciare le labbra.
Elijah si fermò, adocchiando
uno dei numerosi turisti che giravano per il quartiere, affascinati
dall’alone
di mistero e magia.
Si avvicinò all’uomo di mezza età e
catturò il suo sguardo,
esercitando il proprio potere mentale.
«Sarebbe così gentile da prestarmi il
suo binocolo?»
Il turista, soggiogato, annuì e si sfilò il
binocolo dal capo,
porgendolo al vampiro che lo ringraziò con un cenno del
capo, mentre la
licantropa alzò gli occhi al cielo.
«Adesso hai anche intenzione di spiarli? Cosa
ne hai fatto del mio Elijah?»
«Non li spierò,» guardando dritto
davanti a sé, le porse il binocolo, «lo farai
tu.»
Sbuffando, la ragazza glielo strappò dalle mani e tolse i
coperchi dalle lenti.
Non sapeva proprio negargli nulla, dannazione!
Quando si portò il binocolo agli
occhi e puntò la casa, proruppe in un lamento alla vista
della cameretta vuota.
Avevano lasciato la sua bambina da sola, non c’era da fidarsi
di quei due. Ed
Elijah era anche riuscito a convincerla a fare una passeggiata da soli.
Quando
lui gli chiese cosa fosse accaduto, Hayley scosse la testa e
tornò a
concentrarsi sulla sua opera di spionaggio.
«Oh, wow» mormorò, sentendosi avvampare.
Li aveva trovati e non avrebbe dovuto
spiare un momento tanto intimo. Se qualcuno avesse spiato lei ed
Elijah,
sarebbe andata su tutte le furie. Si domandò come quei due
fossero riusciti a
resistersi per anni, senza rischiare di impazzire. Poi però
ricordò che Klaus
non era mentalmente stabile e ne capì subito la ragione.
Nonostante Hayley
fosse a un centinaio di metri di distanza da quella stanza, dentro di
sé
avvertì il riflesso della tensione che aleggiava tra di
loro.
Le mani
dell’ibrido ferme sul tessuto candido della camicetta e il
volto affondato nel
collo della ragazza.
Il capo di Rebekah tirato indietro, le palpebre abbassate
e le labbra schiuse.
Fino a pochi minuti prima, Hayley avrebbe affermato che
ciò che Elijah sperava per i fratelli fosse sbagliato,
disgustoso.
Dopo averli
visti, invece, dovette ammettere con se stessa che due persone tanto
prese
l’una dall’altra non le aveva mai viste.
Fatta eccezione di se stessa e
dell’uomo che amava, ovviamente.
Klaus e Rebekah, oltre ad averle provocato un
vuoto allo stomaco, inconsapevolmente le avevano donato la visione di
una
sensualità e di un amore che trascendevano il tempo, lo
spazio e perfino i
legami di sangue.
Costretto all’attesa, Elijah batté un piede,
palesando quella curiosità che lo
divorava.
«Stanno cercando di uccidersi? Non riesco a sentire le
urla.»
«No, non stanno cercando di uccidersi» Hayley
distolse lo sguardo e porse il
binocolo a Elijah, che lo riconsegnò al proprietario. L’umano,
come se avvertisse
dentro di sé una minaccia, si allontanò
velocemente e li lasciò soli in mezzo alla
confusione.
Per loro due era sempre così, riuscivano a ritagliarsi spazi
di
totale intimità anche in mezzo alla folla.
«Amore mio» la ragazza riprese a parlare, mentre lui faceva di
tutto pur di non
posare lo sguardo sulla grande casa dall’altro lato della
strada, «capisco che
secondo te Klaus e Rebekah si amino molto, ma sono sicura che tu non
voglia
davvero sapere cosa stiano facendo.»
«Quindi ho sempre avuto ragione su di loro.» Una
consapevolezza che lo fece sospirare
e gli fece accostare le spalle alla facciata di un negozio di souvenir.
Hayley
lo guardò e la preoccupazione le strinse lo stomaco.
Artigliò le dita ai
risvolti della sua giacca e lo tirò verso di sé,
«Sembri pallido… più del
solito.»
«Immagino dovrò cominciare ad abituarmi a questa
situazione.»
«Ma sei stato tu a farli ritrovare!»
Hayley non capiva, quella situazione era troppo complicata per riuscire
a
uscirne fuori senza impazzire.
Vedeva Elijah tanto confuso, che non poté fare
altro che unirsi a lui nella confusione mentale che li stava
imprigionando
entrambi.
E dire che avrebbe dovuto essere ormai abituata agli amori
impossibili, visto che ne stava vivendo uno!
«Sì, ma immaginare sarebbe accaduto che i miei
fratelli…» il vampiro esitò,
circondando le spalle della compagna. Le posò un lieve bacio
soffiato sul capo
e guardò dritto davanti a sé,
«è diverso dal sapere che è accaduto
davvero.»
Se Rebekah
glielo avesse detto con decisione, probabilmente
lui avrebbe obbedito e l’avrebbe lasciata andare.
Lei invece gli posò il capo
sulla spalla e, a quella piccola vittoria, Klaus sentì il
cuore mancare un
battito.
«Fermami.»
C’era una frase che a Klaus aveva sempre causato rabbia,
perché la trovava
priva di logica e totalmente diversa dalla sua concezione del mondo. “Se ami una persona, devi lasciarla
andare. E se torna, allora è tua per sempre.”
In quel momento, si rese conto di aver seguito proprio quel consiglio.
L’aveva
lasciata libera di andare via e, in silenzio, aveva aspettato che lei
tornasse.
E adesso che lei era lì, immobile tra le sue braccia e con
il respiro corto,
sapeva che non le avrebbe più permesso di andare via. Una
volta era bastata. E
quella lontananza era riuscita a renderlo il fantasma di se stesso.
È vero che
capisci quanto ami una persona solo dopo averla persa? Tutti quei
cliché
cominciavano a fargli girare la testa e odiava ammettere che,
però, sostenevano
la verità.
Se lasci andare due volte la stessa persona, ben sapendo che la ami
più di ogni altra cosa, sei un idiota!
A quelle riflessioni, Klaus fermò la
mano che non aveva fatto che accarezzare il fianco di Rebekah e le
mosse la
punta del naso sul collo. Che fosse arrivato il momento, dopo mille
anni, di
ammettere a voce alta ciò che sentiva? L’aveva
invitata a fermarlo, con una
punta di sfida nella voce e la speranza che lei non cogliesse quel
suggerimento.
Il timore del rifiuto lo catturò quando la mano di Rebekah
si
posò sulla sua.
E lui tirò un sospiro di sollievo, nel sentire che quella
mano
non aveva scostato la sua.
Le loro dita si intrecciarono quasi timidamente e la
ragazza voltò il capo a guardarlo, mentre la grande mano che
per tutto quel
tempo era rimasta ferma tra il torace e l’addome,
scivolò sulla sua pancia.
«Se non hai trovato ciò che cercavi, è
perché lo possiedi già» Entrambi
riaprirono gli occhi e Klaus si scostò dal collo della
vampira per poterla
guardare, «Hai questa casa, una famiglia.»
Sorrise, intensificando la presa
sulla sua mano, «Me.»
Rebekah lo guardò negli occhi e capì cosa lui
stava cercando di dirle con la sola
forza dello sguardo, senza pronunciare neppure una parola di quel
discorso che
lei era comunque riuscita a comprendere.
«Te?» Con lo sguardo puntato sulla
bocca carnosa di Klaus che assentì, lei prese coraggio e si
fece avanti.
«Dimostralo.»
Non ebbe il tempo di finire di parlare, che le labbra di lui si
schiusero sulle
sue in un bacio breve e dolce.
Klaus non aveva mai baciato una donna con la
stessa calma che provava adesso, con il cuore tanto pieno e con anche
un lieve
timore.
E lei, quando le loro labbra si separarono, lo guardò
sorpresa. Non
avrebbe mai immaginato che lui, un giorno, l’avrebbe baciata.
E di certo non si
aspettava che un bacio donato da Klaus potesse essere tanto gentile,
come una
carezza e un soffio insieme.
Rebekah, con gli occhi incollati a quelli
dell’uomo, alzò un bracciò e
affondò una mano tra capelli di Klaus e lo spinse
verso di sé, per poterlo baciare ancora. L’ibrido
le sorrise sulle labbra,
mordicchiandole quello superiore e scostandole la mano dalla pancia per
accarezzare quel braccio teso che gli teneva ferma la testa.
Rebekah si voltò lentamente tra le sue braccia e
giocherellò con i corti ricci di
Niklaus, prima di staccarsi da quelle labbra che sembravano esistere
apposta
per baciare le sue.
«Ho davvero creduto di essere felice della mia
libertà» gli disse, accostando
la fronte alla sua.
«A cosa ti serve la libertà se non puoi litigare
con me?»
La vampira ridacchiò e gli tappò la bocca con una
mano, lanciandogli
un’occhiata ammonitrice.
«Ti avverto adesso, Niklaus Mikaelson» mostrando
una
sicurezza che al momento non provava, continuò solo dopo che
lui ebbe
assentito, «Se provi a deludermi, a ferirmi, a tradirmi o ad
avvicinarti a me
con un pugnale…» strinse le labbra e mosse piano
la testa, trattenendo a stento
un sorriso quando gli tose la mano dal viso e lui sbuffò,
«io ti ammazzo.»
«Tranquilla, dolcezza» Klaus sogghignò,
quando si attirò addosso un’altra
occhiataccia assassina, «credo proprio che, quando
scoprirà tutto questo, ci
penserà Elijah ad uccidermi.»
Rebekah scattò come punta da uno spillo, pensando -per la
prima volta da quando
era tornata a casa- a quel fratello che, sicuramente, avrebbe dato di
matto se
l’avesse vista stretta tra le braccia di Nik. Stretta tra le
sue braccia e,
soprattutto, desiderosa di baciarlo.
Poi però pensò a quanto il fratello fosse
felice con la nuova compagna e a quanto lei desiderasse di vivere una
felicità
tutta sua, con lo stesso uomo che per mille anni l’aveva
ferita e che,
nell’ultima ora, le aveva fatto toccare il cielo con un dito.
«Che ci provi.»
Imbronciata e battagliera com’era sempre stata, e forte e
fiera come lui amava
vederla, gli tirò i capelli e lui rispose con un sibilo che
si tese in un
sorrisetto compiaciuto, «Solo io posso avere la soddisfazione
di farti fuori.»
Klaus, a quelle parole, si sentì montare dentro un moto di
orgoglio che lo
sorprese tanto era potente.
Non era normale sentirsi compiaciuti e felici a una
minaccia di morte, ma vedere Rebekah tanto seria e letale, gli diede
alla
testa.
E quando lei gli circondò il collo con le braccia e gli
morse un labbro
in un bacio forte e possessivo, lui dimenticò ogni cosa.
"Rimarrò sempre accanto a te,
Rebekah. Non importa cosa accadrà."
Era trascorso un millennio da quando, in una notte
tempestosa, un bambino
coraggioso aveva fatto quella promessa a una bambina spaventata. Le
aveva
donato la piccola statua di legno che aveva intagliato, ed era rimasto
a
tenerle la mano fino al mattino dopo.
Adesso che Klaus stringeva tra le braccia
quella bambina ormai cresciuta, sperò con tutto se stesso
che quel momento
rasente la perfezione durasse per altri mille anni.
E se fosse durato di più,
non si sarebbe di certo lamentato!
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E dopo
quest’ultimo capitolo, finalmente siete liberi!
Come sarà il futuro di Klaus e Rebekah?
Magari
continueranno ad azzuffarsi, a litigare furiosamente, a prendersi a
calci e ad
andarsene sbattendo le porte.
Però poi faranno la pace, eh!