*****
Restai
in piedi, a riva, per quelle che mi parvero ore,
fino a quando non mi resi conto che il sole cominciava a riscaldare
l’ambiente,
anche se in cielo si vedevano ancora parecchie nuvole. E
dall’aspetto poco
amichevole, tra l’altro.
Tornai
all’ombrellone per sfilarmi sia la felpa che la
maglietta, così rimasi solamente con i pantaloni della tuta
ed il costume.
Mi
soffermai alcuni secondi a guardare la specie di tenda
da campeggio che Travis si era portato dietro e che, in quel momento,
mi
trovavo davanti. Sorrisi ancora al ricordo di Travis che imprecava al
vento,
senza sapere cosa fare.
La
scena più esilarante degli ultimi tempi,
pensai.
“Devo essere stato
veramente spassoso, se te la stai ancora ridendo”,
disse Travis con voce
tagliente.
Quasi
trasalii al suono di quella voce e, appena mi
voltai verso di lui, il mio sorriso si spense.
Lo
trovai a meno di un metro da me, con la pelle che
brillava di gocce d’acqua e i capelli ancora zuppi, incollati
alla fronte.
Diamine…
Lo
gelai ancora con lo sguardo, riducendo gli occhi a due
fessure.
Se
avessi potuto, lo avrei addirittura fulminato.
“Si, una scena
fantastica”, incrociai le braccia al petto, come
per proteggermi, ed
assunsi un espressione saccente. In qualche modo dovevo rafforzare il
muro che,
poco prima, Travis aveva scheggiato. “E
mi hai anche stupita: da te mi sarei aspettata solamente di peggio”.
Mi
voltai ancora e, davanti al mio ombrellone, mi sfilai
anche i pantaloni e sciolsi i capelli.
Cominciai
ad incamminarmi verso il mare con l’intenzione
di passare il meno tempo possibile in compagnia di Travis. Sicuramente
sarebbe
andato a beneficio della salute di entrambi.
“Dove stai andando,
Maya?”.
Mi
bloccai di colpo, a metà strada, e strinsi i pugni,
conficcando le unghie nei palmi.
Inspirai
a fondo prima di rivolgere l’ attenzione ancora
a quel ragazzo esasperante, che era impegnato a smontare la parte
anteriore
della tenda, trasformandola in una specie di capanna.
Mi
chiesi dove avesse preso quell’aggeggio tanto strano.
“Ti ho chiesto dove
stai andando, Maya”, disse guardandomi con sguardo
assente, come se fossi
degna di poca attenzione. Poi si alzò ancora in piedi,
passandosi il suo telo
da mare sul corpo.
Accidenti!
“Vado in acqua… la
tua vicinanza mi irrita!”.
L’ombra
di un sorriso aleggiò sul suo viso. “L’acqua
è gelata, Maya, e…”. Il suo
sguardo indugiò per una manciata di secondi sul mio corpo,
forse facendomi
delle analisi più che accurate. “Uno
scricciolo come te sembra destinato ad ammalarsi al minimo colpo di
freddo”.
“Oh adesso ti
preoccupi per me, Travis? Ma che dolce!”, esclamai
con il miele nella voce.
Tornai subito sui miei passi, scuotendo la testa, più
contrariata che mai. “Ciao!”,
dissi salutandolo con la mano
sollevata sopra la testa.
Quello
era stato il colmo: dopo le sentenze che mi aveva
sputato in faccia senza il minimo ritegno, nemmeno un’ora
prima, aveva avuto
anche l’accortezza di preoccuparsi per me.
Solamente
quando misi i piedi nell’acqua mi dissi che, in
fin dei conti, Travis non aveva tutti i torti: l’acqua era
davvero fredda; ma
continuai nella mia crociata, ad andare avanti e ad immergermi sempre
di più,
convinta più che mai a non dargliela vinta.
Quando
tutto il mio corpo fu coperto dall’acqua, sentii
la pelle pungere e i piedi cominciare ad intorpidirsi, ma mi dissi che
tutto
quello non poteva fare ché bene alla circolazione,
così tentai di rilassarmi.
Cominciai
a galleggiare, bagnando i capelli e
rabbrividendo.
Mi
immersi e nuotai, fino a quando riuscii, godendomi
quei pochi momenti di tranquillità assoluta. Aprii gli occhi
sott’acqua e
quello che trovai davanti a me fu il nulla: la sensazione di pace e
calma, che
mi avvolgeva come una coperta, non poté che aumentare.
Tornai
in superficie e gli occhi bruciavano a causa del
sale, tuttavia, almeno il mio corpo cominciò ad abituarsi
leggermente al freddo
dell’acqua.
Continuai
quella mia piccola routine per un tempo che mi
parve infinito, fino a quando non si alzò una lieve brezza
che rinfrescò ancora
di più la giornata.
Lanciai
un’occhiata al cielo sopra di me e notai che le
nuvole cominciavano ad addensarsi, ma la prospettiva di tornare
all’asciutto,
con Travis a fianco, mi faceva preferire nettamente il gelo e il vento
in
acqua.
Cominciava,
però, a farsi sentire davvero tanto, il
freddo, e i capelli zuppi d’acqua non aiutavano di certo.
Ad
un certo punto mi voltai verso la spiaggia e notai che
Travis non era più al suo
“accampamento”, e il mio primo pensiero
andò alla mia
auto, ma poi vidi spuntare la sua testa dall’acqua ad una
decina di metri da
me, così il mio panico venne sostituito da disapprovazione.
Mi
chiesi per quale assurdo motivo mi stesse
raggiungendo.
L’acqua
mi arrivava quasi al mento, così decisi di
avanzare qualche passo verso la spiaggia, ma così facendo mi
trovai
praticamente faccia a faccia con Travis.
Lo
guardai per alcuni secondi, cercando di restare
impassibile, prima che lui cominciò a parlare. “Trovi l’acqua di tuo gradimento, Rambo?”,
mi chiese, con un sorrisetto
compiaciuto sulle labbra, alla vista della pelle d’oca delle
mie spalle fuori
dal livello dell’acqua.
“Rambo?! Il tuo
senso dell’umorismo si limita a questo?”,
dissi ridendo, ma di una risata
sarcastica, di scherno.
Ricominciai
a camminare verso la spiaggia, decisa più che
mai a mettere più distanza possibile tra me e lui.
Man
mano che mi avvicinavo a lui, mi resi conto di come
le apparenze potessero davvero ingannare: sembrava un bravo
ragazzo… un gran bel
bravo ragazzo, ma si era dimostrato
arrogante già dal primo momento e le cose, con il passare
del tempo, non erano
per nulla cambiate.
Quando
arrivai al suo fianco, mi bloccò il braccio con la
mano e cominciò a fissarmi con uno sguardo che non ero
ancora riuscita a
scorgere: pareva andasse tra il disprezzo e… il desiderio?
Non riuscivo a
dargli un nome.
Quella
era una delle tante volte in cui Travis mi
sembrava pericolosamente vicino.
Aveva
abbassato il suo viso verso di me, in modo che
fossero davvero pochi i centimetri a separarci.
In
quel momento mi sentii davvero piccola e quasi
insignificante al suo fianco, così alto e possente.
Qualcosa
sembrava essersi acceso nel suo sguardo e,
proprio quel qualcosa, mi fece salire un brivido lungo la schiena.
Ricordai
la vicenda dentro la stanza delle scope, dove
Travis mi aveva fatto davvero paura… e sospettavo che anche
in quell’occasione
si potesse ripetere una cosa simile, ma lì, al mare, ero da
sola. Anche se
avessi avuto la forza di urlare e di scappare, non sarei riuscita ad
andare
molto lontano.
Non
riuscivo a capacitarmi del perché si rivelasse
così
lunatico, quel ragazzo: iniziava a diventare snervante.
“Che cosa vuoi,
Travis?”, riuscii finalmente a ripescare un
po’ di fiducia in me stessa e
biascicai quelle poche parole. Quella, però, non mi
sembrò affatto la mia voce.
“Non lo so nemmeno
io, ma il tuo atteggiamento mi… oddio… non lo so,
Maya, ma mi fai innervosire!
In un modo in cui nemmeno mia madre riuscirebbe!”,
esclamò stizzito.
Si
voltò verso di me e me lo ritrovai davanti. Avevo un
muro umano davanti agli occhi.
Il
vento continuava a soffiare leggero, ma fastidioso e
freddo, facendomi rabbrividire ancora una volta.
Volevo
tornare alla spiaggia, asciugarmi e avvolgermi
ancora nella mia felpa. Solo quello e magari tornare nel mondo
immaginario del
mio libro.
Avevo
la tremenda sensazione che quel particolare momento
non avrebbe portato nulla di buono.
“Allora lasciami in
pace, Travis! Ci odiamo a vicenda, oramai è
palese…”.
Mi
liberai dalla sua presa che, nel frattempo, era
rimasta ben salda sul mio braccio.
Gli
rivolsi un ultimo sguardo truce prima di incamminarmi
a rilento verso la riva, con i passi frenati dall’acqua che
mi arrivava poco
più su della vita.
La
frustrazione mi attanagliava: il mio non riuscire ad
inquadrare quel ragazzo non faceva altro che innervosirmi. Non riuscivo
a
capire cosa volesse, ma poi pensai che, probabilmente, non lo sapeva
nemmeno
lui.
Finalmente
uscii dall’acqua e il mio corpo fu scosso da
tremiti, così corsi fino all’ombrellone per
coprirmi con il mio telo il prima possibile.
Mi
abbassai sulla mia borsa e scoprii che erano quasi le
undici e trenta. Il telefono, oltre a segnalarmi l’orario, mi
spiattellava in
faccia il nulla: nessuno mi aveva cercata, nemmeno mio padre. Poi dissi
a me
stessa che, nessuno, avrebbe avuto un buon pretesto per cercare proprio
me.
Forse
questa maledetta sincerità non è una
“qualità” vera e propria…
Tornai
dritta e mi resi conto che Travis mi aveva già
raggiunta e che, anche lui come me, si stava avvolgendo nel telo per
proteggersi da quel vento pungente.
Mi
squadrò ancora, come se fosse pronto ad insultarmi e a
prendermi a parolacce. Ancora.
Lo
ignorai vistosamente, tamponandomi i capelli zuppi e
voltando lo sguardo verso la massa d’acqua gelata di fronte a
me.
“Maya…”, disse
lui dopo poco.
Basta!
Non
avevo voglia di stare a sentirlo: ne avevo abbastanza
dei suoi monologhi da lunatico. Mi voltai di scatto verso di lui,
fulminandolo
con gli occhi.
“Travis smettila!”,
esclamai esasperata. “Non ne posso
più
dei tuoi continui cambiamenti d’umore e dei tuoi discorsi.
Basta, davvero! Per
fortuna con le foto ho finito, ora, quindi tutta questa storia termina
qui!”.
Cominciavo ad alterarmi. “Tu non mi
piaci
e viceversa, da quanto mi hai fatto capire, di conseguenza non sei
costretto e
volermi essere amico”, aggiunsi mimando le
virgolette con le mani.
Lasciai
cadere le braccia lungo i fianchi e presi un
profondo respiro, esausta.
Pensavo
che, dopo aver detto tutto quello in faccia a
Travis, mi sarei sentita meglio, ma la realtà era ben
diversa: non era cambiato
nulla, anzi mi sentivo ancora più nervosa.
Mi
accorsi del leggero tremore alle mani e sembrava
essersene accorto anche lui, da come faceva viaggiare i suoi occhi
dalle mie
mani al mio viso, inoltre sembrava che con quel suo strano sguardo
fosse pronto
a divorarmi, come se fossi una facile preda. E probabilmente in
quell’occasione
lo ero davvero.
Non
riuscivo ancora a capacitarmi di come, a volte, lo
sguardo di Travis riuscisse a destabilizzarmi in quel modo, a fermare
il flusso
di pensieri che occupava costantemente la mia mente.
Distolsi
il mio sguardo dal suo, stendendo sulla sabbia
ancora calda il mio telo e sedendomi sopra di esso. Cominciai a
districarmi i
nodi tra i capelli tra le mani, a volte imprecando mentalmente per il
dolore,
ma sempre senza azzardarmi a guardare in volto Travis. Non ne avevo le
forze.
Mi
misi a pensare a tutto quello che lui poteva aver
fatto e detto di sbagliato nei miei confronti e mi resi conto che, a
parte la
scenata di poco prima, avevo davvero pochi motivi per incolparlo di
qualcosa,
ma non ero ancora riuscita a capire per quale motivo il suo
comportamento mi
infastidisse tanto.
Avevo
la pelle d’oca su tutto il corpo: il vento ancora
non si era deciso a smettere di soffiare ed il sole coperto dalle
nuvole non
era di grande aiuto.
Dopo
essermi asciugata, indossai i miei pantaloni
sportivi, mentre Travis si sistemò all’interno
della sua tenda senza fiatare.
Quando
alzai lo sguardo verso il cielo vidi le nuvole
cominciare a farsi più nere e mi dissi che non promettevano
nulla di buono.
Nemmeno loro.
Decisi
di lasciar perdere il mio continuo pensare senza
fine e mi sistemai sotto il mio ombrellone a leggere, a lasciarmi alle
spalle
quel mondo e quel momento tanto strano, a lasciarmi alle spalle tutto
il resto
per immergermi nel mondo immaginario del mio libro.
Riuscii
finalmente a rilassarmi e a svuotare la mia mente
che, nei giorni precedenti, era sempre stata piena di pensieri e di
paranoie.
Avevo
passato un periodo difficile e snervante, ma in
quel momento continuavo a leggere, e a leggere, e a leggere,
estraniandomi dal
mondo esterno per entrare in uno tutto mio.
In
un mondo tutto mio, si… peccato che le palpebre
cominciarono a farsi pesanti…
Si,
andiamo in un altro mondo, solo per cinque minuti.
Qualcuno
mi stava scuotendo la spalla.
Sarà
papà. Non voglio andare a scuola!
E
continuava ad agitarmi come un giocattolo, ma io non
volevo andare via, però avevo freddo, tanto freddo.
Dov’è
la coperta?!
“Maya!”.
Quella non sembrava affatto la voce di mio padre. “Maya, svegliati!”.
Aprii
leggermente gli occhi e vidi qualcuno chino su di
me, senza capire bene chi fosse.
Si,
sicuramente è papà!
“No, ancora cinque
minuti”, mugugnai.
“Maya, svegliati!
Sta piovendo!”, sbottò infine la voce.
“Cosa… Travis!”.
Aprii gli occhi e vidi Travis chino su di me, con i capelli bagnati e
un’espressione stizzita negli occhi. “Cosa
vuoi?”, chiesi mettendomi seduta e ritrovandomi con
il suo volto poco
distante dal mio.
Alle
mie parole sgranò leggermente gli occhi, schiudendo
appena le labbra. Sembrava sconvolto e, in quel momento di silenzio
assoluto,
dove i nostri sguardi rimasero stranamente incollati gli uni agli
altri, capii
per quale motivo lui mi stesse guardando attonito.
Mi voltai lentamente e, guardandomi attorno, capii che una forte pioggia si stava abbattendo sulla spiaggia. “Oh…”
*
Scusate se ho tardato un po' a pubblicare questo capitolo... Comunque, spero vi piaccia anche se è un piccolo capitolo di transito! Ne succederanno delle belle (muahahah io so tutto e voi no!).
Scusatemi, sto dilagando... Fatemi sapere cosa ne pensate e come procede la storia, mi raccomando, ci conto! :)
Come sempre ringrazio TUTTI VOI, "miei" piccoli e bellissimi lettori! Mi riempite di felicità!
GRAZIE DI CUORE a chi recensisce, a chi aggiunge la mia storia tra le sue preferite/seguite/da ricordare e chi legge in silenzio! <3
Detto questo, vi lascio... Al prossimo capitolo!
Un abbraccio a tutti,
Chiara :)