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Autore: Kim NaNa    17/03/2014    7 recensioni
I vent'anni di una fanciulla.
Una crociera intorno al mondo
Un segreto in fondo al cuore.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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NdA: Ebbene sì, dopo ben quattordici mesi ho aggiornato questa fanfic! Incredibile, non ci credo nemmeno io! Chiedo scusa a tutti i lettori che hanno atteso questo capitolo e anche a quelli che aspettano gli aggiornamenti delle altre storie in corso ma, per svariati motivi personali che non sto qui ad elencare, ho pochissimo tempo a disposizione per mettere a punto e nei limiti della decenza i miei scritti. Scrivo tutte le volte che posso e mi ritrovo spezzoni di storie da dover "incollare" e inserire bene nei contesti da me inventati, quindi è un gran casino xD
Il capitolo non è granché, ma avendolo portato a compimento mi ritengo comunque soddisfatta.
A presto e buona lettura.

Kim NaNà



Maremoto per Usagi. - Parte seconda -
 
Cos’era successo?
Usagi continuava a porsi la domanda, girandosi e rigirandosi nel letto, senza trovare pace. Se rifletteva con calma, forse avrebbe scoperto perché quella bella giornata era finita così male. Mamoru era stato tanto tenero… solo per gioco! Non aveva dubbi su questo. I suoi baci erano così dolci, le aveva anche detto di essere felice, le aveva fatto dei complimenti, detto delle cose carine, era diventato più passionale… l’aveva persino accusata di essere troppo prudente! Ma dopo?
Bruscamente, senza alcun preavviso, sentì un dolore acuto alla testa. Sussultò e si portò una mano tremante alla tempia.
Era il momento? Sarebbe stato in anticipo, ma in un caso come il suo, lo specialista non poteva precisare il giorno fatale. Si alzò e si infilò una vestaglia. Lo specchio le rivelò il suo pallore, gocce di sudore le imperlavano la fronte.
Un dolore lancinante la trafisse di nuovo. Si mise a camminare su e giù per la cabina. Non riusciva a stare sdraiata, ma muoversi acuiva il suo male. Le compresse che aveva preso non le avevano fatto alcun effetto e continue fitte, sempre più terribili, l’affliggevano.
Forse… dovrei chiamare il medico di bordo. Si disse mentre si poggiava, tremante, su una poltrona. Guardò la sveglia: segnava l’una di notte. Rinunciò. Se era la fine non c’era più niente da fare e allora perché disturbarlo?
Il ricordo doloroso della scena svoltasi sul ponte si univa alla sofferenza fisica. Per dimenticare il dolore che non le dava tregua, decise di ripercorrere con la mente il dialogo avuto con Mamoru, per cercare di scoprire la ragione del loro diverbio.
«Gli ho detto che non credevo al vero significato della sua proposta.» mormorò fermandosi davanti allo specchio. «E continuo a crederci. Se mi fossi offerta a lui, avrebbe rifiutato.»
Usagi era certa di quello. Ma da dove veniva la certezza? Non era diverso dagli altri uomini.
Perché? … Perchè? … Perché? Le parole la torturavano. Se solo avesse trovato la risposta a quella domanda…
Poi rifletté su quanto era successo dopo la frase di Mamoru: Tutti gli uomini sono di quel genere. Aveva affermato che lei lo sapeva da molto tempo. Questo le ricordò un’altra frase, lui la credeva più grande di quanto fosse realmente.
«È come se mi confondesse con qualcun’altra.» disse a voce alta. «Ma è ridicolo, ovviamente…»
Si allontanò dallo specchio, ricominciando a camminare. Si aspettava di cadere da un momento all’altro… aspettava l’oscurità più profonda ed inesorabile che l’avrebbe avvolta, per portarla verso la sua fine.
Domani mi ritroveranno e la notte seguente a quest’ora… pensò.
Rabbrividì con violenza. Il sudore le imperlò ancora la fronte. Si asciugò il viso con un fazzoletto e si rese conto di avere le mani gelate. Le riscaldò sotto il getto dell’acqua calda e, senza quasi accorgersi di quel che faceva, se le asciugò e ripiegò con cura l’asciugamano, rimettendolo al suo posto. Lo fissò, chiuse gli occhi, lo fissò di nuovo. Si sentiva prossima a svenire, ma sapeva che, se si fosse lasciata andare, non si sarebbe più svegliata. Doveva resistere…
Forse dovrei farlo… si disse. Pensò a Mamoru, lo aveva perso per sempre senza conoscere neanche la motivazione, giacché credeva di non aver fatto nulla che potesse averlo contrariato. Il modo sgarbato con cui l’aveva lasciata dimostrava comunque che lui non provava le sue stesse emozioni e che il suo era un amore non ricambiato.
Meglio così… non soffrirà quando… quando accadrà quel che accadrà… Pensò ancora.
Il dolore scomparve a poco a poco, ma Usagi continuò a misurare a grandi passi la cabina, con un’idea fissa per la testa: come avrebbe passato i suoi ultimi due mesi?
Poteva lasciare la nave a Rio, le sarebbe rimasto denaro a sufficienza per prendere un aereo diretto a Tokyo, visto che aveva previsto di partecipare ad alcune escursioni durante gli scali successivi in California, in Canada e in Inghilterra. Ma non avrebbe più avuto di che vivere, una volta tornata a casa.
«Avevo già preso in considerazione questa eventualità» mormorò, spazientita con se stessa, «e non era fattibile. Devo rimanere a bordo.»
 
Il mattino dopo era sul ponte alle sette e mezzo. Mamoru era in piscina con Motoki e Usagi, dopo aver salutato il giovane dai capelli biondi, andò via senza aspettare che Mamoru si accorgesse di lei.
Fece colazione sola con Kaede, mentre vide Mamoru accomodarsi al tavolo di Rei.
Era una cosa che accadeva spesso al mattino, cambiare tavolo e compagnia, poiché i passeggeri si svegliavano in ore diverse.
Kaede, notata la sua espressione, la guardò con simpatia.
«È finita?» chiese.
«Sì, Kaede. È finita.»
Non poteva evitare che le si leggesse negli occhi la tristezza che provava, ma aveva cercato di dare alla sua voce un tono superficiale. Poi aggiunse, per fermare la fantasia di Kaede e schivare domande personali: «Era solo un flirt. Nessuno dei due l’aveva preso sul serio.»
«Ben detto, mia cara!» Approvò la donna con la sua solita sincerità. «Però io so che tu ci hai lasciato il cuore. Ne abbiamo parlato, ricordi? Ti avevo persino detto che Mamoru avrebbe finito per innamorarsi di te.»
Usagi si umettò le labbra e assunse un tono disinvolto.
«Non ho mai detto che fosse una cosa seria.»
«Mah… ad ogni modo, è un vero peccato. Formavate la più bella coppia di tutta la nave.»
«Grazie, Kaede.» Disse Usagi, senza poter trattenere un sorriso. «Mamoru è senz’altro l’uomo più affascinante che ci sia a bordo, ma io non sono certo la più bella.» Guardò furtivamente Rei Hino, bellissima in un prendisole dai colori fiammanti.
«Finirai per farle un buco in pieno volto, Usachan cara! Non darti troppe pene, quella Hino non ha nulla in più di te, solo qualche vestitino molto sexy… Ma bando alle ciance… cosa hai intenzione di fare, stamattina? Ti andrebbe di partecipare ai giochi che hanno organizzato sul ponte di passeggiata? Ci saranno molti premi per i vincitori… andiamo, ragazza mia! Ci divertiremo!»
Usagi acconsentì e arrivò sul ponte a giochi iniziati. Per quanto fosse imbranata e pasticciona, era riuscita ad arrivare in semifinale nella gara delle piastrelle. Fu la prima ad esserne sorpresa, dato che aveva fatto quel gioco solamente tre volte, due con Mamoru che l’aveva battuta con estrema facilità. Si ritrovò vincitrice della semifinale ed il giorno dopo si trovò di fronte l’ultimo avversario: Rei.
Fu immediatamente sicura della sconfitta.
Mamoru era tra gli spettatori e si morse un labbro immaginandolo tra i sostenitori della bellissima Hino.
Invece vinse… e proprio Mamoru fu il primo a complimentarsi.
«Brava, Odango Atama! Bella partita!» le gridò.
«Non chiamarmi in quel modo! E comunque… grazie. La mia è stata solo fortuna.»
«Per niente! Che ne direbbe di una tazza di caffè, come premio ulteriore?»
Sorpresa per l’invito, esitò. Poi scacciò ogni dubbio scuotendo appena il capo e rispose: «Con grande piacere, Mamoru. Dove andiamo?»
Usagi si voltò verso Kaede che le era al fianco e sorrise.
«Complimenti, mia cara!» disse la donna, gettando un’occhiata cattiva a Mamoru. «Così, me la porti via? Divertitevi. Ci vediamo in giro.» e si allontanò.
Usagi alzò timidamente gli occhi su Mamoru e disse: « Se vuoi, possiamo andare vicino alla piscina.»
«Volentieri.» rispose lui, indicandole la direzione con un gesto della mano.
Parlarono entrambi con estrema calma e formalità, ma quando furono seduti ad un tavolo un po’ in disparte, Mamoru si chinò verso di lei e, con tono volutamente impersonale, disse: «A proposito dell’altra sera, Usako, non potremmo riprendere la conversazione proprio dal punto in cui era prima che me ne andassi?»
Né dispiacere, né scuse. Mamoru parve solo un po’ teso.
Di nuovo, Usagi ebbe la sensazione di essere in parte attratta da quell’uomo, mentre qualcos’altro le diceva di opporsi a quell’attrazione.
Usagi credeva che Mamoru potesse sbarazzarsi di lei in qualunque momento, ma sentiva anche che c’era qualcosa in lui che lo spingeva a restargli accanto.
Quella complessità di sentimenti era sorprendente in un uomo come lui… eppure lei non era abbastanza sicura di sé per ritenere che fosse proprio il suo fascino ad attrarre un uomo dalla forte personalità come Mamoru Chiba.
«Suppongo, in effetti, che potremmo tornare indietro.» Mormorò lei, alla fine, senza gran convinzione. «Perché ti sei comportato in quel modo, Mamoru? Dimmelo. Voglio saperlo!»
«Non lo so…» rispose lui. Eppure lei ebbe l’impressione che lui le stesse nascondendo qualcosa.
Per tutte le lune! Cosa dovrei fare adesso? Si chiese.
La sola cosa ragionevole era quella di accettare quanto la vita le offriva. Se avesse avuto un futuro, forse la sua risposta sarebbe stata diversa. Era evidente che niente di definitivo poteva derivare dai suoi rapporti con lui.
Lei non poteva sposarsi e di sicuro lui non nutriva i medesimi sentimenti che erano ormai sbocciati nel cuore di Usagi.
Si strinse nelle spalle e si lasciò sfuggire un flebile sospiro. Si disse che non doveva pensarci più e che avrebbe dovuto approfittare al massimo dei preziosi momenti che le venivano offerti.
Donò a Mamoru uno dei suoi sorrisi più belli e con tono gentile disse: «Non importa, Mamochan. Non è una cosa davvero importante. Che ne dici di ricominciare da zero?»
Lui sorrise e lei si sentì pervadere da un’ondata di gioia.
«Usako… Usako.» Cominciò lui. «Sarà meglio cominciare dal caffè che ti ho promesso.»
Il resto della giornata trascorse in perfetta armonia. Presero il sole sul ponte vicino alla piscina, bevvero una limonata ghiacciata, ascoltarono un concerto nel Salotto della Princess.
Il pranzo fu delizioso e nel pomeriggio si fecero servire il tè accompagnato da pasticcini squisiti. Non smisero mai di parlare.
Prima della cena, si lasciarono andare per cambiarsi. Non era stata detta una sola parola sulla notte del loro litigio. Come se Mamoru avesse deciso di dimenticarlo completamente,  si ritrovò a pensare lei. E non aveva mai avuto, durante la giornata, né un’espressione sarcastica, né un’osservazione acida, né uno sguardo di disprezzo.
Ne concluse che si accontentava di quello che gli veniva offerto, così come faceva lei e che voleva trarne il maggior piacere possibile dal loro rapporto senza guardare oltre.
Quella sera si sarebbe tenuto un ballo in maschera. I passeggeri ne erano stati avvisati prima della partenza. All’inizio Usagi aveva deciso di non partecipare, poi all’ultimo minuto, Kaede le aveva portato un magnifico costume principesco che ricordava l’antico peplo greco. Bianco, dalle linee morbide, con decorazioni in oro sul petto e un fluttuante fiocco che le adornava la schiena.
Ne fu incantata e decise di indossarlo, acconciando i suoi lunghi capelli biondi in semplici odango che impreziosì con la corona che suggellava la regalità dell’abito.
Prima di uscire si guardò allo specchio e, nonostante si trovasse davvero molto bella, pensò di sembrare più grande di quel che realmente fosse e si domandò cosa ne avrebbe pensato Mamoru.
Quasi tutti i passeggeri, a cena, erano già in maschera, chi con costumi ridicoli, chi più serio ed elegante. All’arrivo di ogni nuovo travestimento i commenti e le risate si sprecavano. Sebbene cosciente del suo aspetto, Usagi non era preparata all’accoglienza che ricevette quando fece il suo ingresso nella sala, perfettamente decorata per l’occasione, con i cristalli e l’argenteria che scintillavano.
Mentre si avvicinava, aveva sentito il brusio delle voci e le risa dei commensali e, con il sorriso sulle labbra, aveva gioito in anticipo al pensiero dello spettacolo offerto dalla mascherine comiche. Ma quando apparve sulla soglia della grande porta a doppio battente e si diresse verso il suo tavolo, dall’altra parte della sala, fu accolta dal silenzio più assoluto. Non se ne accorse subito. Fece qualche passo, poi si guardò intorno, stupita di non sentire più l’allegro brusio e improvvisamente si rese conto che tutti gli sguardi erano concentrati su di lei. Si sentì terribilmente a disagio, ma si sforzò di non abbassare mai lo sguardo e raggiunse il suo tavolo, attenta a non incontrare gli occhi di nessuno.
Il cameriere, con premura, le scostò la sedia e la fece accomodare. Solo allora si guardò intorno e arrischiò un timido sorriso: lo sguardo di Mamoru era l’unico che voleva incontrare.
«Da mozzare il fiato!» esclamò Motoki.
Kaede gli fece eco.
«Lo sapevo, lo sapevo! Mia cara, quando sei passata tra i tavoli… mamma mia… eri la regina in persona, arrivata sulla nave dalla luna!» Dagli occhi della donna traspariva tutta la sua ammirazione.
«E tu come mi trovi nei panni della Marchesa di Pompadour?»
«Magnifica, Kaede!»
Poi Usagi si complimentò con Motoki per il suo costume da pirata e solo allora si accorse di Mamoru. Indossava un elegantissimo completo nero, la camicia immacolata delineava la sua figura alta ed atletica, il cilindro gli donava un aspetto imponente e regale e una rosa rossa spiccava sull’occhiello della giacca, mentre sugli occhi aveva appoggiato un mascherina bianca. Lei gli sorrise senza dire niente. Lui la guardava fisso, come se la vedesse per la prima volta… abbassò gli occhi intimidita, desiderando di avere la sicurezza della bella Rei Hino.
«Ben fatto.» le disse infine Mamoru.
Poi non le parlò più fino a quando non ballarono insieme. La musica era dolce e romantica, le luci tenui davano alla sala da ballo una sfumatura rosata e lui aveva tolto la mascherina dagli occhi.
«Sei bellissima.» le disse con la sua calma abitule. «Sembra tu sia nata per essere una principessa.»
«Oh, no. Non ho proprio nulla di regale…» ammise lei, nascondendo il viso sul suo petto.
«La regalità spesso è celata nell’animo delle persone…» constatò lui, stringendola.
Lei si abbandonò contro il corpo di Mamoru e si concesse la leggerezza di quella piacevole serata. Le parve di galleggiare, di essere avvolta costantemente in una soffice nuvola…
Qualche minuto prima della mezzanotte, vennero premiate le maschere più belle e rumorosi applausi accolsero Usagi, che vistosamente arrossita, venne condotta sul palco da Mamoru per ricevere il premio dal Comandante della Silver Millenium.
«Oh, Usagi cara! Ti abbiamo scattato delle foto incantevoli, così potrai ricordarti di questo momento per tutta la vita!» esclamò Kaede, abbracciandola.
Già… per tutta la vita. Pensò tristemente la ragazza, abbassando il capo. A Mamoru non sfuggì il cambiamento di umore di Usagi e, sorridendo, le prese discretamente la mano portandola sul ponte.
Il mare era calmo e con delicatezza la prese tra le braccia.
«Grazie per questa meravigliosa giornata.» Le disse, accarezzandole piano i capelli. «Però, adesso è il caso che ti lasci andare, Usako… Eri così pallida poco fa! Devi essere stanca…»
La voce era tenera e preoccupata.
Mamochan… sei davvero in pensiero per me o fingi di interessarti al mio stato di salute? Si disse Usagi, guardandolo di sbieco.
«Sono un po’ stanca, effettivamente.» disse lei, sorridendo. «Ti ringrazio anche io per questa deliziosa giornata…»
«È stato un trionfo per te!» esclamò lui, e negli occhi aveva una luce di orgoglio che riempì Usagi di gioia. «Eri il fuoco di tutti gli sguardi… e hai reso gelose tutte le donne!» Si misero a ridere insieme, mentre Mamoru continuò a farle complimenti, tenendo saldamente la mano di lei, facendola sentire forte e al riparo.
Restarai al mio fianco, Mamochan, quando sarà arrivato il momento? Se ci sarai tu non avrò paura…
«Non tremerò….» mormorò rannicchiandosi contro il suo petto. «Sarò più coraggiosa se mi terrai stretta tra le tue braccia…»
«Usako…» Mamoru l’allontanò un poco da sé e la guardò negli occhi. «Stai tremando… cos’hai?»
«Freddo.» Mentì lei. «Non ti sembra che si sia rinfrescato?»
Mamoru aggrottò le sopracciglia.
«Non mi pare. Sei stanca… o forse non stai bene? Anche se mi auguro si tratti solo di stanchezza…»
«Oh! Ma io non mi ammalo mai!» rispose lei, fingendosi allegra.
«Rientriamo!» ordinò lui, deciso. «A letto, ragazzina. E non ti azzardare a leggere…»
Parla come un dottore. Pensò lei, costatandolo nuovamente.
«Me lo prometti, Usako?» insistè lui.
Lei rise.
«Ti prometto di non leggere, Mamochan…»
«Sei una brava ragazzina ubbidiente.»
L’attirò a sé e le depose un tenero bacio sulle labbra. Poi le tenne la mano fin davanti alla cabina, e ancora una volta lei sperò ardentemente di avere l’appoggio di quella mano forte e calda al momento della fine.
 
L’indomani parteciparono tutti insieme ad uno spettacolo offerto dal team di danzatori presenti sulla Silver Millenium ed Usagi fu grata al cielo per l’allegra compagnia della quale le era stata fatta dono.
Avrò dei bei ricordi a cui pensare quando sarà giunto il momento… pensò.
«Accidenti! Ma quanti ballerini ci sono?!» Esclamò Kaede, prendendo posto al fianco di Usagi.
«Circa centocinquanta.» disse Mamoru.
Si sedette alla sinistra della fanciulla dagli occhi color cielo, il braccio intorno alla vita di lei, le mani che si incontrarono all’istante, l’intreccio che ne venne spontaneo.
«Balleranno tutti insieme sul palco?» domandò stupita la donna.
«Certo che no!» esclamò Motoki.
Kaede si lasciò andare ad un liberatorio sospiro.
«Che spavento! Temevo saremmo affondati per colpa di centocinquanta ballerini scatenati…»
Il gruppo rise allegramente e Kaede appoggiò la testa sulla spalla di Usagi, ridendo a sua volta.
Quando lo spettacolo fu terminato, Mamoru prese Usagi per mano e tutti insieme s’incamminarono lentamente verso la prua.
Kaede, che vigilava sulla coppia alla quale sperava di poter dare la propria benedizione, propose a Motoki e gli altri una partita a Bridge lasciando soli Usagi e Mamoru i quali  andarono sul ponte superiore, com’era ormai loro abitudine.
Lei stava per ringraziarlo per il tempo che le aveva dedicato, ma lui la precedette posandole una mano sulle labbra per farla tacere. Usagi sorrise. Lui la baciò, dapprima con dolcezza, poi sempre più con maggior impeto. Ad Usagi meraviglia la sensazione di incanto che Mamoru riusciva a donarle, ma un attimo dopo, con sorpresa e delusione, lui la respinse.
Era tornato. Il Mamoru freddo e distante del quale Usagi aveva paura, l’uomo controllato, imperturbabile, l’uomo di quella freddezza che, latente da ore, tornava di tanto in tanto in superficie.
Sospirò decisa a non lasciarsi turbare da quegli strani sbalzi d’umore, non poteva permettere al tempo di scivolarle dalle mani. Ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo avevano vitale importanza per lei. Mamoru riusciva a farla sentire in pace e l’aveva preferita persino alla bella Rei Hino. Lo guardò di sbieco, cercando di zittire il suo cuore.
«Pioverà?» chiese per rompere il silenzio opprimente che li circondava.
«Non credo.» Poi Mamoru alzò gli occhi: il cielo si era incupito e grosse nubi si muovevano davanti al sole. «Forse.» Si corresse. «Queste nubi non promettono nulla di buono.»
Il tono secco, la mano, posata sul braccio di lei, indifferente.
Usagi ricacciò con fatica una lacrima che le pungeva l’iride azzura e scosse appena il capo.
Quello che ti tormenta oggi domani sarà già passato. Si disse.
Usagi finse di trattenere a fatica uno sbadiglio e, inventando una notte insonne, disse di voler riposare prima dell’escursione nella città di Rio De Janiero.
Mamoru la guardò perplesso, poi sospirò appena e le accarezzò una guancia.
«Riposati, Odango Atama… nel primo pomeriggio faremo un giro della città.»
Usagi sorrise, felice. Era sempre un regalo passare del tempo con lui.
Mamoru l’accompagnò alla sua cabina e lei volle osservarlo mentre si allontanava. Le venne l’irrefrenabile voglia di abbracciarlo, di stringerlo forte a sé, senza parlare e di correre a nascondersi in camera sua, così, come presa da un improvviso desiderio infantile, risalì sul ponte e cercò Mamoru tra la gente.
Era lì che sognava ad occhi aperti il calore del corpo di lui, la melodia prodotta dai battiti del suo cuore, quando udì le voci di Mamoru e Motoki. Incuriosita si avvicinò piano, nascondendosi nell’ombra provocata dai nuvoloni neri che sovrastavano ormai l’intero cielo.
I due uomini appoggiati al parapetto discutevano con veemenza, ma la voce di Motoki era più chiara di quella di Mamoru.
«…È lei, ne sono sicuro!»
Mamoru rispose, ma Usagi riuscì soltanto a cogliere la parola dubbi alla fine della frase.
«È evidente» disse ancora Motoki. «Altrimenti non saresti…»
Il seguito fu sovrastato dal vociare di una famiglia che stava attraversando il ponte. Usagi voleva andarsene senza farsi notare e, soprattutto, senza farsi vedere da Mamoru che la credeva in cabina.
«…pazzia, Chiba-kun.»
Di nuovo la voce di Motoki. Dal tono sembrava stesse dando un consiglio fraterno all’amico.
«So che hai ragione, eppure…»
I due giovani si allontanarono e la loro conversazione si ridusse ad un mormorio.
«No, no! Non può essere! Quella conversazione non mi riguarda!» si disse Usagi, scuotendo il capo.
«Ma allora perché mi tremano le gambe?»
E vennero giù le lacrime che aveva taciuto, insieme a quei dubbi che nascondeva dietro ad un sorriso che pesava tonnellate di tristezza.

 
   
 
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